LA CASA DEI LIBRI
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

          La mia abitazione dista pochi isolati della Biblioteca Civica di Vicolo Santa Maria. E' una vera fortuna quella di avere a disposizione una siffatta collezione di libri nei paraggi di casa. Un lusso che poche persone in città possono vantare, ma per chi come me è abituato ad abbandonarsi alla lettura di libri, giornali, riviste, depliant o qualsiasi altro foglio di carta che contenga caratteri di stampa, è un privilegio che mi sento di meritare.
   Considero la Biblioteca Civica più di una seconda casa, lo sostiene anche Mariangela, mia moglie, e ha ragione. L'edificio che l'accoglie è un antico monastero recentemente ristrutturato. I soffitti, con le volte a doppia curvatura, attribuiscono all'immobile un fascino molto particolare che lo rende unico nell'Oltretorrente, il quartiere che lo ospita. 
   Fra le mura della biblioteca trascorro gran parte del tempo libero, un'ora al giorno, all'incirca, perché non è soltanto un luogo dove sono raccolti e conservati libri per la lettura e la consultazione, ma è qualcosa di molto più importante.
   La Biblioteca Civica è soprattutto un luogo d'incontro che occupa un posto di primo piano nella realtà culturale della città, uno spazio vivo dove è possibile scambiare idee e fare nuove conoscenze, ma è anche un luogo dove quotidianamente germogliano amori e si consumano struggenti passioni. Chi concepisce la biblioteca come un ambiente asettico, dove sono conservati soltanto dei testi per la consultazione e la lettura, sbaglia di grosso perché è qualcosa di immensamente più complesso.
   La Biblioteca Civica è una libreria aperta in cui è possibile, per chiunque ne abbia l'intenzione, consultare le opere custodite negli scaffali scegliendo i libri direttamente, senza l'ausilio di intermediari, diversamente da quanto accadeva anni addietro nella maggioranza delle biblioteche pubbliche, e come accade tuttora in talune biblioteche universitarie e in quelle di pregio storico.
   Da alcuni giorni ho sospeso le visite pomeridiane alla biblioteca. Sembra impossibile, lo so, ma è la verità. Mariangela mi ha chiesto il motivo di questa rinuncia, ma le ho raccontato delle bugie. Che altro avrei dovuto fare? Essere sincero e raccontarle la verità? E poi? Mettermi a piangere rivelandole che sto soffrendo le pene dell'inferno per amore di un uomo che non vuole più saperne di me? Confessarle le passioni consumate in tutti questi anni nei cessi della biblioteca, raccontarle che il più delle volte andavo lì per succhiare il cazzo a degli emeriti sconosciuti? Sì, certo, avrei potuto renderle conto dei baci rubati, degli ammiccamenti, delle carezze, dei cazzi stretti nella mano e nella bocca al chiuso delle latrine della biblioteca. Ma non ho avuto il coraggio di rivelarle quest'altra mia identità, perché svelandogliela avrei messo fine al nostro matrimonio e io non posso fare a meno di Mariangela. 
   Thomas, l'uomo per cui ho smarrito la ragione, è uno studente iscritto al terzo anno della facoltà di medicina che ho conosciuto fra le mura della biblioteca. Per chiunque sarebbe stato difficile non accorgersi della sua presenza nei locali della biblioteca, stante il colore della pelle che è scura come la tonaca di una castagna.
   Davanti al distributore automatico del caffè, posto in un locale della biblioteca adibito a punto di ristoro, Thomas e io abbiamo gettato le basi della nostra amicizia, se così posso definirla. Prima c'eravamo scambiati soltanto dei cenni di saluto o poco più, come spesso succede con chi s'incontra nei locali della biblioteca, poi è accaduto ciò che da lungo tempo desideravo realizzare con lui.
   Prima di conoscerlo provavo repulsione per il colore di tabacco della sua pelle, eppure Thomas con la sua dolcezza, le treccioline alla Gullit, e gli occhi celesti, mi seduceva. Me lo sarei fumato tutto di un fiato, quel nero. Per lui sarei stato pronto a fare qualsiasi pazzia pur di rimorchiarlo dentro un cesso.
   Prima di flirtare con Thomas non avevo mai fatto sesso con un uomo di colore. Lui invece aveva fatto di tutto per sedurmi lusingandomi con le sue labbra adescatrici che mi si aprivano davanti come una voragine.
   Gli avevo lanciato più di una occhiata peccaminosa lasciandogli intendere quali fossero le mie intenzioni. In cambio non avevo ricevuto risposte incoraggianti, tant'è che mi ero rassegnato a non scoparlo 'sto nero del cazzo. Un pomeriggio, durante uno dei miei giri di perlustrazione nelle latrine, me lo ero ritrovato alle spalle.
   Superata la soglia dell'antibagno mi ero incamminato verso gli orinatoi incastonati nella parete dirimpetto alle porte dei gabinetti. Thomas mi era venuto appresso silenzioso come una talpa. Avevo percepito l'ingombrante presenza dei suoi passi alle mie spalle senza scompormi. Il cuore sembrava uscirmi dal petto, avevo il respiro in affanno e tremavo per l'eccitazione. Ero andato a occupare uno degli orinatoi e abbassato la cerniera dei pantaloni.
   Thomas aveva preso posto sul poggiapiedi dell'orinatoio accanto al mio. Scimmiottando i miei gesti aveva liberato dalla patta dei pantaloni l'armamentario di cui la natura lo ha dotato e me lo aveva messo sotto gli occhi. Eravamo rimasti alcuni secondi senza orinare guardando ciascuno il cazzo dell'altro, poi un getto d'urina era uscito dalla cappella di Thomas. L'avevo imitato e lasciato che il piscio uscisse dall'uretra del mio cazzo. Quando aveva gettato lo sguardo nella mia direzione e sorriso, mi era stato chiaro quello che ambiva fare, allora l’avevo seguito nel cesso dove mi aveva preceduto.
   Nella latrina avevo accostato la schiena a una parete e mi ero trovato a stringere nella mano il cazzo scuro di Thomas, lui aveva fatto altrettanto col mio. Mi ero dilungato a masturbarlo senza mai staccare lo sguardo da basso, desideroso di stringere al più presto fra le labbra la cappella.
   Tutt'a un tratto, senza che lo sollecitassi, Thomas si era chinato ai miei piedi e aveva cominciato a leccarmi le palle. Quando aveva avvicinato le labbra alla cappella mi era sembrato di morire. Un tuffo al cuore, ecco cosa avevo provato.
   Nessun altro prima di lui me lo aveva succhiato in quel modo, il cazzo. Merito delle labbra debordanti, forse. Gli avevo preso la testa fra le mani e governato i movimenti della bocca sincronizzandoli con quelli del mio bacino che conducevo in avanti affondandogli la cappella nella gola. Ero stato costretto a rallentare il moto delle anche più di una volta a causa dei ricorrenti rigurgiti, frutto della mia irruenza, ma non avevo esitato a sborrargli in bocca una volta raggiunto l'orgasmo.
   Avevo accompagnato l'acme del piacere con un inconsulto tremore alle gambe, poi mi ero inginocchiato ai suoi piedi e fagocitato la cappella nella bocca, infine avevo contraccambiato il suo gesto spompinandogli il cazzo. 
   E' sul letto di Thomas che ho consumato una intensa primavera di passione e sesso. Adesso sto male e non oso più mettere piede nella biblioteca. Trovarmi di fronte a Thomas mi metterebbe a disagio. La nostra storia è andata avanti a lungo, fintanto che ho scoperto che oltre al mio cazzo gli piaceva succhiare quello di chiunque gli facesse annusare il profumo di una cappella. E' questa la ragione che adesso mi spinge a non rivederlo.
   Negli istanti in cui facevamo sesso, preso com'ero dalla passione, ho creduto che il suo cazzo appartenesse soltanto a me, invece era solo una illusione. Non oso credere che Thomas stia in attesa che io ritorni da lui, ma lo rimpiango.

 

 

 

 
 

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