VENTO D'ESTATE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  

   

  Il progetto mio e di Carlo consisteva nel raggiungere la Bretagna in automobile, dopodiché in sella alla bicicletta avremmo percorso a tappe la strada litoranea che da Mont Saint Michel conduce sino a Saint-Malo, e proseguire il viaggio sino a Brest.
   Un programma ambizioso che ci aveva tenuti impegnati per tutto l'inverno e la primavera percorrendo più di tremila chilometri in sella alle nostre biciclette, pedalando sotto la pioggia e il gelo della neve, effettuando escursioni di una sessantina di chilometri a ogni uscita, infine dopo tanto allenamento ci sentivamo pronti effettuare l'impresa.

   L'alba era spuntata da poco quando lasciammo l'Italia per raggiungere la Francia. Verso sera, dopo avere percorso all'incirca 1200 chilometri, arrivammo a Rennes, in Bretagna. Trascorremmo la notte in un albero economico e il mattino seguente, muniti di grande spirito di avventura, salimmo in sella alle nostre biciclette determinati a raggiungere la meta che c'eravamo prefissati.
   Il percorso che da Rennes conduce a Mont Saint Michel, indicato sulla cartina turistica come pianeggiante, era pieno di saliscendi. L'eccessivo carico di materiale di supporto che c'eravamo portati appresso, affastellato sul portapacchi delle biciclette, contribuì non poco a rallentare la nostra corsa.
   Il cielo di colore turchino ci fece compagnia durante il primo giorno di viaggio, nessuna nube venne a cancellare le ombre dei nostri corpi sull'asfalto. Dopo alcune ore di pedalate l'abbazia fortificata di Mont-Saint Michel ci apparve in lontananza in tutta la sua magnificenza.
   La moltitudine di turisti che a quell'ora del pomeriggio occupavano la strada che dalla terra ferma conduce alla cima dell'antico borgo medievale, non ci permise di effettuare una accurata visita dell'abbazia come era nelle nostre intenzioni, ci accontentammo di effettuare una breve escursione soffermandoci a visitare soltanto alcune delle botteghe che si affacciano nel percorso che conduce all'apice dell'abbazia.
   Trascorremmo la notte in una piccola pensione, distante pochi chilometri da Mont-Saint Michel, riposando in soffici letti. Il mattino seguente, di buon'ora, riprendemmo il viaggio.
   Il tempo, come spesso succede nel nord della Francia, era mutato al peggio rispetto al giorno precedente. Mentre pedalavamo un ammasso di nubi scure, sospinte dal vento, si muovevano spedite sulle nostre teste.
   Soltanto chi ha l'abitudine di viaggiare in sella a una bicicletta è in grado di intendere quanto sia faticoso pedalare col vento che spira in senso contrario alla direzione di marcia. Talvolta la sua forza può raggiungere una tale intensità da rendere persino inutile la spinta delle gambe sui pedali, allora è meglio fermarsi e cercare un rifugio.
   Quando ci rendemmo conto dell'inutilità dello sforzo che stavamo producendo cercammo asilo in una delle buvette che incontrammo lungo la strada. Rimanemmo rinchiusi nel locale un paio di ore in attesa che il vento diminuisse d'intensità. Nel primo pomeriggio, quando ormai il vento era calato d'intensità, riprendemmo il viaggio.
   La strada che da Mont-Saint Michel conduce a Saint Malo costeggia lunghi arenili sabbiosi che al sopraggiungere della bassa marea si fanno ancora più estesi. Lo spettacolo che si aprì ai nostri occhi fu di una bellezza sorprendente. Il vento, per quanto diminuito d'intensità, seguitò a disturbare la nostra corsa sollevando una grande quantità di granelli di sabbia dalle spiagge. Ancora una volta ci fermammo lungo il percorso. Trovammo un momentaneo riparo fra le dune di sabbia dove ci trattenemmo a lungo a osservare il profilo del mare.
   Stretti una all'altro, nascosti dietro una duna di sabbia, ci scambiammo un poco di calore sniffando l'aria impregnata di salsedine. Raggiungemmo Saint-Malo soltanto verso sera, nel momento in cui la bassa marea stava per raggiungere il livello più basso. Rimanemmo conquistati dallo spettacolo delle imbarcazioni intraversate sui fondali privi di acqua di mare. Non mi era mai capitato di assistere a un simile evento della natura.
   Il giorno seguente abbandonammo gli arenili sabbiosi per avventurarci per le strade tortuose a strapiombo sul mare che da Saint-Malo conducono a Brest.
   Una leggera pioggerella accompagnò il nostro viaggio quando abbandonammo l'albergo. La giornata era uggiosa, ma eravamo sufficientemente attrezzati per fare fronte a qualsiasi evento atmosferico, almeno questo era ciò che pensavamo. Seguitammo a pedalare sotto la pioggia protetti dagli impermeabili incerati senza perderci d'animo.
   Uno stretto sentiero ci condusse fino a Cap Frèhel. Sugli speroni di roccia protesi sul mare, corrosi dai violenti assalti delle onde dell'oceano, trovammo raggruppati migliaia di uccelli che fra le rupi andavano a nidificare. Tutta l'area appariva di una selvaggia bellezza. Ne rimasi sbalordita, mai avrei immaginato d'assistere a un simile spettacolo della natura.
   Lasciate le biciclette in prossimità del faro, caricammo sulle spalle zainetto e stuoino, e ci avventurammo per uno dei tanti sentieri che s'intrecciavano nei faraglioni. Il paesaggio, aspro e selvaggio, aveva l'aspetto di un immenso giardino roccioso. Una sconfinata distesa di piante d'erica, dai fiori porporini, ricoprivano le coste che sembravano acquistare maggiore bellezza ogniqualvolta venivano illuminate dai raggi del sole che si liberavano fra le nubi.
   Un vento gelido, proveniente dal mare, spirava contro le rocce frastagliate. Su di un terrazzo di roccia a strapiombo sul mare srotolammo gli stuoini e ci sedemmo per ammirare il paesaggio d'intorno.
   Dal nostro punto di osservazione il panorama era stupendo, faceva specie sentire il canto di migliaia di uccelli confondersi con il rumore del vento e delle onde del mare che si rifrangevano contro le rocce. Dallo zainetto presi il binocolo intenzionata a effettuare del bird-watching.
   Tutt'intorno la nostra postazione non c'era nessuna presenza umana. Il vento era intenso e piovigginava. Le correnti d'aria avvolgevano i nostri corpi da ogni lato. Ero eccitatissima per la strana condizione in cui c'eravamo venuti a trovare. Da tempo memorabile sognavo di fare l'amore in un'atmosfera simile a quella.
   - Ho voglia di fare l'amore, con te, adesso. - sussurrai a Paolo nell'orecchio.
   - Tu sei pazza! Non senti l'aria come è gelida?
   - Ma dai, non fare lo sciocchino, a me il vento fa uno strano effetto. Mi eccita tantissimo.
   Sfilai le brachette da ciclista e rimasi con addosso il maglione e il giubbotto antivento, ma con la parte inferiore del corpo nuda.
   Durante le escursioni in bicicletta non sono solita indossare le mutandine. E' una abitudine che ho appreso dagli altri cicloamatori per non ritrovarmi, sudando, con noiose irritazioni al soprasella.
   Alzai le ginocchia e appoggiai la pianta dei piedi sulla roccia, divaricai le cosce e lasciai che il vento penetrasse nella passera.
   Il flusso dell'aria accarezzò i recessi più nascosti del mio corpo. Iniziai a tremare per il freddo, ma non mi arresi. L'eccitazione che mi portavo addosso era così intensa che non feci troppo caso alle possibili conseguenze di quel primitivo sentore. Abbassai i pantaloncini di Paolo e liberai l'uccello. Era raggrinzito per il freddo e il vento, ma dopo averglielo palpato raggiunse una certa consistenza.
   Coricata accanto a Paolo rimasi a osservare le nubi che a grande velocità scorrevano sulle nostre teste e iniziai a toccarmi il clitoride. La sensazione di piacere che provai nel masturbarmi fu ubriacante.
   Le continue folate di vento contribuirono ad accrescere il desiderio di essere penetrata dal cazzo che tenevo ben saldo nell'altra mano. La voglia di scopare si fece così impellente che mi rovesciai addosso a Paolo. Divaricai le gambe sopra il suo addome e appoggiai il bacino sulle sue ginocchia, poi afferrai il cazzo fra le dita e lo infilai nella vagina.
   Iniziai a muovermi ruotando e contorcendo il bacino, mantenendo inchiodato Paolo a terra con le unghie affondate sui capezzoli.
   Con le spalle rivolte verso il mare non potevo annusare a pieno il profumo della salsedine che l'aria sospingeva verso terra. In compenso percepivo in modo chiaro il flusso del vento che s'incanalava lungo il mio fondo schiena rinfrescandomi culo e fica.
   Alcune gocce d'acqua presero a cadermi sulla pelle, presagio dell'imminente temporale. Per niente condizionati dall'imprevisto acquazzone seguitammo a scopare anche quando la pioggia aumentò d'intensità. Spinsi con forza le mani sul torace di Paolo accompagnando i suoi movimenti con quelli del mio bacino.
   In quella posizione la cappella mi sfiorava il fondo della vagina. A ogni movimento i muscoli della vagina si contraevano per l'azione del cazzo che mi penetrava. Iniziai ad ansimare intensamente. Le vene della testa presero a pulsarmi in maniera disordinata. Una profonda sensazione di calore mi salì dal basso ventre verso l'addome fino al cervello impadronendosi del mio corpo. Iniziai a urlare in preda a un violento orgasmo. Il suono delle grida fu coperto dalle onde del mare che si frantumavano sugli scogli. Mi accovacciai sul mio compagno e seguitai a spingere il bacino avanti e indietro.
   Stanco del ruolo passivo a cui l'avevo relegato, Paolo si mise carponi sullo stuoino. Da quella posizione mi infilò il cazzo nella vagina e iniziò a scoparmi mantenendo le mani appoggiate sulle mie natiche, penetrandomi a un ritmo forsennato. Tutt'a un tratto arrestò la sua azione. Avvertii le sue dita sfiorarmi l'orifizio dell'ano. Esitai qualche istante prima di oppormi. Quando puntò la cappella contro lo sfintere, allora mi ribellai.
   - Ti prego, non lo fare! Non voglio! - dissi con dolcezza, ma altrettanto decisa nel rifiuto.
   Lui non si diede per vinto e seguitò a inumidirmi l'ano di saliva cercando ancora una volta di penetrarmi. A essere sincera non ricordo cosa sia successo. Quello di cui sono certa è che a seguito della sua insistenza mi girai su me stessa e lo allontanai con una spinta. Lui perse l'equilibrio e scivolò nel precipizio sottostante rotolando sulle punte rocciose protese sul mare.

   Da più di quindici giorni sono ricoverata nella clinica pneumologica dell'ospedale di Saint-Brieuc. Un focolaio broncopolmonare mi costringe a letto. Paolo si è rotto un femore, un gomito e un polso. Attualmente è ricoverato nel reparto di ortopedia di questo ospedale.
   Davanti a me ho lo spettro di una lunga convalescenza, ma come disse uno scaltro sindacalista: meglio avere qualcosa davanti, piuttosto che dietro.

 

 

 
 

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