|
UNO
DEI DODICI SEGNI
DELLO ZODIACO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
S ono una donna
timida, carina, e sensuale. Ho
ventiquattro anni, sono appetita da
molti uomini, e sono ancora vergine.
C'è stato un periodo della mia vita in
cui, la sera, prima di addormentarmi, mi
perdevo a fantasticare augurandomi di
svegliarmi, l'indomani, in un'altra
vita, possibilmente diversa da quella
che conducevo. Sapevo bene che la cosa
non era fattibile, ma seguitare a
illudermi che potesse accadere mi era
indispensabile per seguitare a vivere.
Ormai, alla mia età, ho smesso di
sognare e nemmeno mi va di angustiarmi
con progetti a lungo termine che mi
farebbero soltanto stare male.
Chi mi avvicina ha la
sensazione di avere a che fare con una
donna grintosa, ribelle, e soprattutto
generosa per la considerazione che la
gente ha di chi svolge la professione
dell'infermiera. Invece la mia vera
natura di donna la nascondo dietro una
maschera, infatti, sono completamente
diversa da
quella
che appaio, poiché sono una donna piena
di dubbi, triste e maledettamente
insicura.
Sono nata per sbaglio. E'
questo ciò che un giorno, da
arrabbiato, mi ha urlato addosso mio
padre. Mia madre invece mi ha sempre
ripetuto che sono l'errore più grande
della sua vita. Ho trascorso l'infanzia
accanto a dei genitori che non mi hanno
amata, né successivamente hanno saputo
accettarmi per quella che sono; una
ragazza fragile e forzatamente chiusa in
me stessa.
All'età di quattordici
anni, quando il mio corpo ha iniziato a
mettere in mostra gli attributi sessuali
secondari, seppure un po' in ritardo
rispetto alle mie coetanee, ho
cominciato a essere corteggiata dai
maschi al pari delle altre ragazze.
Successivamente, da adolescente, ho
imbastito storie con parecchi ragazzi e
con tutti mi sono sempre limitata a fare
del petting, scambiando soltanto qualche
bacio e nulla più. A quell'età non
sentivo la necessità di andare oltre,
anche se a casa, nella solitudine della
mia cameretta, mi masturbavo anche più
volte al giorno; pratica che non ho mai
abbandonato perché ancora mi delizio
nel godere del piacere che so darmi da
sola accarezzandomi il clito.
Mentre frequentavo l'ultimo
anno di liceo ho fatto conoscenza con un
ragazzo speciale. C'eravamo conosciuti
nel bar-latteria ubicato poco distante
dall'abitazione dei miei genitori, e
subito fra noi è nata una amicizia.
Paolo, questo il suo nome, era un tipo
grintoso, dalla bellezza grossolana,
dotato di enormi pettorali frutto delle
molte ore trascorse in palestra. Era
perso di me e anch'io ne ero pazzamente
innamorata, soprattutto per il senso di
protezione che sapeva trasmettermi con
la sua presenza.
La prima volta che ci
siamo baciati mi è sembrato di toccare
il cielo con un dito, tanto ero felice
di ricevere le sue attenzioni e per
avermi scelta fra le ragazze che gli
giravano intorno. E' a lui che ho
fatto il primo pompino della mia vita,
in precedenza, con gli altri ragazzi, mi
ero sempre rifiutata di prenderlo in
bocca, il cazzo, anche se di seghe ne
avevo fatte parecchie, sino a
infiacchirmi le mani. A Paolo
invece, oltre ad affaccendarmi con la
bocca attorno alla cappella, facendogli
dei pompini, gli avevo permesso di
toccarmi anche fra le cosce, lasciando
che mi coccolasse il clitoride, ma
allontanandogli la mano ogniqualvolta si
azzardava a penetrarmi la fica con le
dita.
La storia con Paolo è
durata soltanto un paio di mesi. Quando
ha capito che non avevo alcuna
intenzione di cedergli la verginità, ha
messo fine alla nostra relazione senza
darmi alcuna spiegazione. Dopo di lui ci
sono stati altri ragazzi nella mia vita.
A tutti quanti mi sono concessa, senza
tuttavia perdere la verginità, fintanto
che, oltre a succhiargli il cazzo,
sollecitata da uno di loro, sono giunta
al compromesso di farmi scopare nel culo.
Ancora oggi, essere
sodomizzata, mi eccita da morire, specie
quando il mio partner, prima di
penetrarmi, mi lecca il buco del culo e
lo insaliva per bene in modo da
facilitare l'ingresso della cappella
nell'ampolla rettale, anche se, più di
tutto, nei preliminari, mi piace che gli
uomini si giovino degli umori della mia
fica per ammorbidire l'ingresso
dell'ano.
Quando mi piego a questa
pratica sessuale, lasciando che gli
uomini mi sodomizzino, obbligo i miei
compagni a leccarmi l'ano a lungo, anche
per una decina di minuti, e insisto
perché lo insalivino per bene
spingendosi con la punta della lingua in
profondità. Soltanto allora li invito a
penetrarmi con un dito e subito dopo con
un secondo, e mi fermo lì, in modo che
le pareti dell'ano si dilatino, poco per
volta, prima che il cazzo vi penetri
dentro.
La prima volta che ho
accettato di assoggettarmi a questa
pratica sessuale ero paralizzata dalla
paura d’essere penetrata. Da allora ho
imparato a rilassarmi per non sentire
troppo male, e poi col tempo il mio
buchetto si è elasticizzato quanto
basta da non farmi male quando vengo
sodomizzata.
Ogni volta che accetto di
essere inculata chiedo ai miei compagni
di letto di penetrarmi delicatamente,
spingendosi col cazzo dentro l'ano poco
per volta. Infine, quando lo sento tutto
dentro, pretendo che procedano in modo
cauto e delicato, e soprattutto che non
abbiano troppo fretta di venire.
A ventiquattro anni ho
finalmente preso coscienza che sto
vivendo in maniera assai poco naturale
la mia sessualità. Tutte le volte che
mi trovo a fare amicizia con un uomo,
specie se verso di lui provo una forte
attrazione, ho paura a iniziare una
nuova relazione. Oramai non ho nemmeno
più bisogno di chiedermi se la mia vita
sentimentale è normale o sballata perché
so già che risposta potrei darmi.
Quello che al momento
desidero maggiormente dalla vita è di
avere accanto una persona con cui stare
bene insieme. Non cerco il Principe
Azzurro, ma un uomo capace di accendere
nel mio cuore qualcosa di speciale,
perché nessun altro, finora, è stato
in grado di scaldarlo. Mica posso
seguitare per tutta la vita a farmi
inculare a sangue!
Da un po' di mesi conduco
una vita piuttosto ritirata. La sera
esco raramente di casa. Quando succede
lo faccio per stare in compagnia delle
mie amiche, e se esco con qualche uomo
non ho rapporti con nessuno che mi
attragga. Sono conscia del fatto che più
passa il tempo e più mi sarà difficile
rivelare a un uomo che sono vergine. Quando
accadrà mi vergognerò da morire a
parlargli della mia illibatezza, anzi
penso che non crederà alle mie parole e
mi considererà una bugiarda.
Perdere la verginità è un
passaggio importante della mia vita
sessuale e di relazione con gli uomini,
mentre invece per qualsiasi donna
normale non dovrebbe esserlo. Non ne ho
mai fatto una questione morale o
religiosa, ma quando papà e mamma mi
hanno rivelato che sono venuta al mondo
da indesiderata ho giurato a me stessa
non rimarrò mai incinta.
Il giorno che perderò la
mia verginità voglio che succeda da una
mia consapevolezza interiore,
all'interno di una relazione di coppia,
e non per colpa di una scopata finita
malamente con un maschio incontrato per
caso durante una di quelle notti in cui
ho bevuto più del normale.
Se sono ancora vergine è
soltanto per colpa mia e della difficoltà
che incontro nell'instaurare con gli
uomini delle relazioni durature. Se dopo
un po' che li frequento si dileguano
sono certa che non è soltanto perché
non so darmi completamente a loro. Il
mio problema è che ho paura di mostrare
le mie emozioni e non so vivere in
maniera totale la mia sessualità,
preoccupata come sono di mantenere
l'imene intatta.
Le difficoltà che ho
nell'interagire con i maschi sono frutto
delle deludenti relazioni affettive che
ho avuto fin dall'infanzia con i miei
genitori, soprattutto con mio padre, lo
so bene. Magari se un giorno riuscirò a
ricucire un rapporto figliale con mio
padre allora sarò finalmente in grado
d'instaurare un rapporto affettivo anche
con un uomo.
Da una settimana sto
insieme a Lorenzo. E' un medico
specializzando, neolaureato, impegnato a
fare tirocinio nella clinica dove presto
servizio come infermiera. Sarei stupida
se sostenessi che me ne sono innamorata
in così poco tempo, la verità è che
sto bene insieme a lui come non lo sono
mai stata con nessun altro uomo.
E' con lui che vorrei perdere la mia verginità. Se succederà
non voglio che sia un atto forzato, ma
il più possibile spontaneo e naturale
come si conviene a due innamorati.
Non voglio che la storia
che sto conducendo con Lorenzo sia un
buco nell'acqua o l'ennesima sconfitta
da aggiungere a tutte le altre della mia
vita. Ormai non so più cosa fare per
sconfiggere le mie paure. Se mi guardo
intorno vedo tutte le mie amiche felici,
serene e innamorate, mentre io sono
sempre più incasinata con me stessa,
con l'opprimente peso della verginità
che mi porto appresso.
Sino a oggi ho sbagliato
nella scelta degli uomini da avvicinare,
ho sempre preferito scegliere quelli
meno disponibili a condividere con me
una vita futura soltanto per confermare
a me stessa che io amo, mentre sono gli
altri a non amarmi a sufficienza.
E’ giunto il momento che impari ad
amare in maggior misura me stessa,
acquisendo più autostima, lasciandomi
andare e concedere amore agli altri,
anzi a un uomo solo: a Lorenzo.
|
|
|