UN ESODATO COME TANTI:
LA STORIA DI GIUSEPPE

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  

      Il giorno in cui Giuseppe aveva lasciato l'impiego, a seguito di una ristrutturazione aziendale dell'istituto di credito per cui lavorava, era convinto che sarebbe riuscito, nel lasso di breve tempo, ad accedere al trattamento pensionistico, così come aveva pattuito con i rappresentati della banca quando gli era stato proposto un licenziamento concordato, invece, col passare dei giorni, aveva visto allungarsi a dismisura questa possibilità a causa della riforma del sistema pensionistico voluta in prima istanza da duo Tremonti - Berlusconi e in un secondo tempo ritoccata dal governo presieduto da Mario Monti.

   Da quando la Camera del Lavoro aveva messo a disposizione degli esodati uno sportello a hoc, Giuseppe si recava, almeno una volta alla settimana in pellegrinaggio (così gli piaceva definirlo) presso la sede del patronato CGIL, divenuto punto di riferimento degli esodati di tutta la provincia, per ricevere informazioni e aggiornamenti sulle direttive aggiuntive, emanate dal Ministero del Lavoro, che riguardavano i lavoratori potenzialmente salvaguardati dalla riforma, con la speranza di essere fra coloro che avrebbero potuto accedere al trattamento pensionistico sulla base delle norme in vigore col vecchio ordinamento previdenziale, e non con quelle della riforma pensionistica legiferata dal governo Monti che, da un giorno all'altro, senza alcun preavviso, aveva cambiato le regole di accesso alla pensione introducendo uno scalone che lo avrebbe costretto a rimanere per un lungo periodo privo di reddito.

   Giuseppe stava preparandosi a uscire di casa, intenzionato a fare visita al patronato della CGIL, quando, volgendo lo sguardo attraverso i vetri della finestra della stanza da bagno, si avvide, con un pizzico di delusione, che aveva iniziato a piovere. Salutò distrattamente la moglie, impegnata come ogni mattina a eseguire le pulizie dell’appartamento, si tirò dietro la porta alle spalle, e scese di fretta le scale senza servirsi dell'ascensore. Da quando gli era caduta sul capo la tegola della riforma pensionistica era stressato e perfino collerico. La sera faticava a addormentarsi, mentre la mattina si svegliava spossato. Colpa delle preoccupazioni generate dalla situazione in cui era venuto a trovarsi che, in qualche modo, stavano influendo negativamente anche sulla sua sessualità e messo in difficoltà il rapporto affettivo che lo teneva legato alla moglie. Infatti, se un tempo erano soliti affrontare i problemi della vita superandoli insieme, scambiandosi anche delle coccole, adesso stentavano persino a parlarsi preferendo rifugiarsi in un preoccupante mutismo. E quando parlavano era soltanto per discutere a proposito delle bollette di acqua, luce e gas, e poi delle spese condominiali e del lavoro che non aveva più.
   
   Prima di diventare un esodato aveva sempre mantenuto una attività sessuale normale, seppure rapportata all'età, scopando una volta o due alla settimana. Da un po' di tempo non intratteneva rapporti sessuali con la moglie, infatti, si era convinto che la mancanza di stimoli sessuali fosse provocata dallo stress cui era sottoposto dai problemi pensionistici, scartando l'idea che la responsabilità fosse d'ascrivere all'andropausa sopraggiunta a causa dei suoi 58 anni.
   Non voleva credere di essere diventato impotente. Sentiva il bisogno di mettersi alla prova e cacciare dalla mente i cattivi pensieri che lo mortificavano. Una avventura extraconiugale avrebbe potuto essere un ottimo rimedio per risolvere il suo problema. A questo aveva pensato in più di una occasione, convincendosi che quello di cui aveva realmente necessità era di rompere la monotonia della vita che stava conducendo, aggiungendo delle emozioni alla sua vita sessuale perché sua moglie non sapeva più offrirgli nessuno stimolo.
   In più di una occasione, scorgendo le prostitute dell'Est che si prostituivano lungo la Via Emilia, a qualunque ora del giorno e della notte, gli era balenata l'idea di mettersi alla prova facendo sesso con una di loro. Ma avvertiva il bisogno di sentirsi desiderato da una donna con cui instaurare una storia perché in quel caso avrebbe recuperato la serenità e l'equilibrio psicologico, anche sessuale, che oramai sentiva di avere perso. Amava sua moglie, ma la freddezza che si era instaurata fra loro lo stava uccidendo lentamente.
 
   La pensione, secondo quanto risultava scritto nell'accordo di licenziamento concordato, da lui firmato con i dirigenti della banca per cui aveva lavorato, sarebbe dovuta scattare dal 1° gennaio 2014. Invece a distanza di tre anni, dal momento che aveva lasciato il posto di lavoro, gli era arrivata fra capo e collo una grande fregatura perché l'inizio della pensione gli era stato spostata a fine 2015. Un buco di almeno due anni durante i quali sarebbe rimasto senza stipendio e privo dell'assegno di pensione.
   Tutto sommato, alla luce delle vicende raccontate da altri esodati con cui era venuto a contatto, si poteva ritenere fortunato perché fra loro c'erano lavoratori, incentivati a uscire dalle fabbriche con la prospettiva di approdare in un secondo tempo alla pensione, che avevano un buco di quattro, cinque, o anche sei anni durante i quali non avrebbero percepito alcun reddito.
   Dopotutto lui non era alla disperazione. Nel corso della vita era stato parsimonioso e un risparmiatore oculato, cosa che gli avrebbe permesso di seguitare a vivere senza troppe difficoltà sino al momento della pensione, ma essendo la sua una famiglia monoreddito, dopo che l'unico figlio era uscito da casa già da dieci anni, aveva dovuto abbassare il tenore di vita. 

   Il traffico veicolare, principale imputato dell'inquinamento atmosferico, era più congestionato del solito a causa della pioggia che con insistenza seguitava a cadere sulla città. In sella alla bicicletta, servendosi delle piste ciclabili, raggiunse, l'area del Palasport, nelle cui adiacenze era situata la sede del patronato CGIL.
   Il parcheggio, confinante con l'ipermercato Panorama e la sede della CGIL, era gremito di autovetture. Senza troppa fatica trovò uno stallo libero dove sistemare la bicicletta, dopodiché, sotto una fitta pioggia, protetto dall'ombrello, si incamminò verso l'ingresso della sede del sindacato.
   La sala d'aspetto era gremita di uomini e donne che occupavano le diverse file di poltroncine. Ritirò dal distributore il biglietto su cui era stampato il numero progressivo per accedere all'ufficio creato a hoc per chi come lui era esodato. Col biglietto numero 85 ben stretto fra le dita trovò un posto a sedere accanto a una finestra.
   Era trascorsa più di un'ora da quando era in attesa di essere convocato e cominciava a essere stufo. Durante tutto questo tempo si era distratto leggendo le pagine di un romanzo di Georges Simenon che apposta si era portato appresso, consapevole che sarebbe trascorso parecchio tempo prima di essere chiamato. Tutt'a un tratto, mentre stava voltando una pagina del libro, udì una voce.
   - Ciao.
   Sollevò il capo dal libro che stava leggendo e i suoi occhi incapparono nella gonna di una donna. Guardò verso l'alto e riconobbe il volto di Roberta Bussoni nonostante fossero trascorsi parecchi anni dall'ultima volta che si erano incontrati.
   - Ciao. - disse contraccambiando il saluto, sbilanciandosi in un cordiale sorriso.
   - Beh, non sai dire nient'altro? - disse Roberta.
   Giuseppe si mostrò titubante, non sapendo quale atteggiamento assumere nei confronti della donna. Infatti, non gli andava di mostrarsi eccessivamente euforico dopo quanto era accaduto fra loro anni prima, ma nemmeno voleva sembrarle del tutto indifferente. Ignorarla sarebbe stato sciocco, ma il semplice "Ciao." con cui l'aveva salutata gli era sembrato poca cosa.
   Si alzò dalla sedia e accettò di scambiare un doppio bacio sulle guance. Baci assai diversi da quelli che quarant'anni addietro si erano scambiati da morosi. Una storia, la loro, durata un paio di anni, ma finita in modo brusco quando gli aveva preferito la compagnia di un altro ragazzo.
   - Mi fa piacere averti ritrovata perché ci siamo completamente persi di vista.  - fu tutto quello che riuscì a dirle sorpreso dalla presenza di Roberta in quel posto.
   - Anche a me. Oggi, venendo a Parma, non avrei certo immaginato d'incontrarti, anzi non ci avrei creduto nemmeno se qualcuno me lo avesse predetto.
   - Perché?
   - Sono andata a vivere a Zibello, nella Bassa, quando ho conosciuto mio marito e di rado mi capita di mettere piede in città.
   - Non sapevo che ti fossi trasferita in campagna. Tuo marito è originario della Bassa?
   - Sì, te l'ho detto, abito a Zibello. Ho la casa a ridosso di uno degli argini del Po.
   - E tuo marito che mestiere fa? L'agricoltore?
   - Mio marito è morto cinque anni fa. - rispose Roberta mettendo in imbarazzo Giuseppe. - Lui era cresciuto in quel piccolo paese di campagna e io l'ho seguito là. Ti dirò che mi sono trovata subito bene. La gente della Bassa è semplice e cordiale, e non ho mai rimpianto la vita della città.
   - Hai figli?
   - No e tu?
   - Ho un unico figlio, maschio, sposato, che cinque anni fa mi ha fatto l'onore di diventare nonno di due bellissimi gemelli.
   - Ah, complimenti!
   - E nella vita cosa combini di bello?
   - Poco o niente.
   - Lavori?
   - Sono una esodata.
   - Anche tu?
   - Vuoi dirmi che sei nella merda come me? - disse Roberta mettendosi a ridere.
   - Sì.
   - Io sono una esodata di Poste Italiane. Nel marzo del 2011, quando ancora non si parlava di riforma delle pensioni sono andata in esodo con 58 anni di età e 34 di contributi. L'azienda secondo quanto a suo tempo abbiamo concordato mi accompagnerà con un incentivo economico sino a luglio 2014, data in cui avrei dovuto percepire il primo assegno pensionistico. Invece con l'avvento della riforma pensionistica, che come ben sai ha avuto effetto retroattivo, andrò a percepire la pensione a ottobre del 2020. Sai cosa significa questo? Che resterò per sei anni senza percepire un Euro, sempre che nel frattempo non cambino le regole come mi auguro possa accadere.
   - Accidenti!
   - Da alcuni mesi vivo nell'incertezza ho l'ansia e non dormo più la notte. Ho lavorato tutta la vita con serietà e profitto. In 34 anni di lavoro alle Poste ho accumulato soltanto un mese di malattia. Alla mia età non credo che troverò tanto facilmente un lavoro in grado di riempire questi sei anni che mi mancano alla pensione.
   - Speriamo che le cose si aggiustino, siamo qui per questo, no?
   - Sì, certo.
   Mentre prestava attenzione alle parole che uscivano dalle labbra di Roberta ebbe la sensazione, dopo tanto tempo, di sentirsi di nuovo considerato da una donna. Ai suoi occhi era ancora una femmina piacente nonostante lei pensasse il contrario. Il viso leggermente truccato, privo di rughe, le conferiva un aspetto seducente al pari di un petto non troppo appariscente che nascondeva sotto il golfino, ma facile da accendergli la curiosità che pensò dovesse esserci anche da parte di Roberta verso di lui da come seguitava a guardarlo con particolare interesse.
   - Non hai pensato di rifarti una vita con un nuovo compagno e magari sposarti?
   - No grazie, ho già dato. 
   - Eppure sei ancora una donna piacente, capace di mandare in subbuglio gli ormoni di qualsiasi maschio, te l’assicuro. E poi i tuoi anni non li dimostri, affatto, hai il corpo di una ragazzina.
   - Detto in confidenza ti assicuro che non ho smagliature né segni di cellulite, ma ho altri difetti. - replicò Roberta come se volesse inviargli dei segnali d'interesse verso la sua persona.
   - Mi piacerebbe poterlo costatare di persona.
   - L'ultima volta che mi hai visto nuda avevo appena vent'anni, adesso sono certa che ne rimarresti deluso nonostante quello che ti ho appena detto a proposito della mancanza di cellulite. Il mio corpo non è più come allora, sono cambiata, molto, però mi piaccio lo stesso.
   - E fai bene perché tu assomigli un po' a Juliette Binoche. Hai la stessa grazia, te lo ha mai detto nessuno?
   - No.
   - E se invece di starcene qui, in attesa di essere chiamati, andassimo a prenderci un caffè? Che ne dici, ti andrebbe?
   Roberta girò lo sguardo verso il tabellone luminoso dove comparivano i numeri corrispondenti ai biglietti in possesso delle persone in attesa di accedere nei vari uffici, fece una smorfia, dopodiché si rivolse a lui.
   - Sul tabellone è appena comparso il numero 83. Il prossimo a essere chiamato è il numero 84, il mio. Tu che numero hai? 
   - L'85.
   - Bene! Quando esco dall'ufficio resto in attesa che esci e ce ne andiamo da qualche parte. Ti sta bene?
   - Sì, facciamo così. - rispose Giuseppe entusiasta della proposta dell'amica mentre sul tabellone aveva preso a lampeggiare il numero 84.
   Roberta abbandonò la sedia accanto a lui e andò dritta verso l'ufficio che si occupava di previdenza sociale, creato a hoc per fare fronte ai problemi degli esodati. Giuseppe seguì con interesse il movimento ancheggiante dell'amica le cui forme, ora che era in piedi, gli apparvero più abbondanti rispetto a come le ricordava, seppure ancora abbastanza seducenti.

   Emozionato e soprattutto un po' nervoso, Giuseppe stava sorseggiando il secondo caffè da quando insieme a Roberta aveva preso posto al tavolo della caffetteria. Conversando con l'amica si rese conto che nonostante fossero rimasti lontani per tanti anni avevano molte affinità in comune. Roberta mostrò molto più interesse a parlare di quanto ne aveva lui, a cui non rimase per tutto il tempo che fare dei continui cenni con la testa per darle a intendere che era attento all'ascolto, incoraggiandola, di fatto, a seguitare a parlare, fissandola dritta negli occhi, ripetendo di tanto in tanto alcune parole o frasi da lei pronunciate in modo da darle a intendere che stava seguendo con interesse i suoi discorsi.
   - Da qualche parte, dentro casa, ho ancora delle fotografie che ci ritraggono insieme. Testimonianza di quanto di bello c'è stato fra noi. - disse Roberta.
   - In effetti, fare l'amore con te era bello, non sai quanto ti ho rimpianto. - disse Giuseppe allungando nel contempo una mano sul tavolo sino a adagiarla su quella dell'amica.
   Dopo l'avvenuto contatto lei sembrò turbata. Infatti, seguitò a guardarlo con il mento chinato e la testa piegata un po' di lato, e iniziò a mordersi le labbra.
   - Scommetto che ti andrebbe di fare di nuovo l'amore con me. E' quello a cui stai pensando, vero? - disse infine Roberta.
   - Perché no.
   - Anch'io potrei averne voglia, ma non so se ne avrei la forza per farlo.
   - Ti piacerebbe riprovarci? Magari per una sola volta. - buttò lì Giuseppe.
   Diedero seguito a uno cambio di sguardi senza farfugliare una sola parola. Forse era col suo silenzio, pensò Giuseppe che Roberta intendeva fargli capire che desiderava per davvero farlo anche lei, ma evitando di doverglielo comunicare esplicitamente, probabilmente perché non riusciva a capire se stesse scherzando oppure se era sua intenzione rimorchiare per davvero.
   - Hai mai tradito tuo marito?
   - In effetti, mi è capitato di farlo.
   - Adesso che sei libera scopi ancora?
   - Di tanto in tanto se mi si presenta l'occasione. Da esodata capisci bene che ho ben altro a cui pensare.
   - Mi piacciono soprattutto i ragazzi poco più che ventenni che gironzolano per le strade del paese. Qualcuno di loro me lo scoperei volentieri.
   - Lo hai mai fatto?
   - No.
   - E non ti vergogneresti ad approfittare di loro?
   - No. 
   - Ah.
   - Credi davvero che un maschio di quell'età possa venire a letto con me? Potrei essere la loro nonna... 
   - E io che effetto ti faccio? 
   - Tu?

   Giuseppe non aveva più fatto sesso nell'abitacolo di una automobile da tempo memorabile. Prima di sposarsi lui e la moglie avevano l'abitudine di appartarsi in qualche carraia di campagna, ma il più delle volte avevano trovato rifugio nel box di un garage, opportunamente lontano da occhi indiscreti, occupando il sedile posteriore di una Fiat 128, dove si erano dati da fare a mettere in praticare le diverse posizioni del Kamasutra. 
   Vogliosi di entrare in intimità dopo essersi fiutati a lungo nella caffetteria, cedettero ai loro istinti, salirono in macchina e presero la direzione dell'aperta campagna. Roberta arrestò la Fiat Punto all'ombra di alcune piante di gaggia, a ridosso delle mura di un cimitero, pressappoco nello stesso posto dove poco meno di quarant'anni prima avevano l'abitudine di appartarsi. Location discreta ma sicura. Durante il viaggio che li fece arrivare in quel posto avevano seguitato a toccarsi affondano le mani fra le cosce dell'altro. 
   Appena fermi lasciarono che fosse l'istinto a guidarli. Si baciarono a lungo, fintanto che lei cominciò a spogliarsi liberandosi della camicetta e subito dopo della gonna. Giuseppe non perse tempo e la imitò denudandosi completamente. Una volta che ebbero finito di spogliarsi a Giuseppe non gli rimase che scegliere se abbassare i sedili anteriori dove consumare il rapporto per cui erano finiti lì, oppure rifugiarsi nel sedile posteriore. Preferirono quest'ultima soluzione, ma mentre effettuavano il trasferimento trovarono non poche difficoltà a metterlo in atto stante il limitato spazio dell'abitacolo. 
   Roberta si distese sul sedile e Giuseppe le fu sopra. Lei allargò le gambe e lui si tuffò con le guance fra le cosce, dopodiché incominciò a leccarle la figa. Gli era sempre piaciuto farlo ai tempi in cui erano stati morosi, aveva bene impresso nella memoria le urla di piacere che le uscivano dalla bocca ogniqualvolta raggiungeva l'orgasmo accompagnandole con interminabili scosse di piacere, invece con sua moglie aveva cessato di farlo da molto tempo e non sapeva nemmeno spiegarsi come era potuto accadere.
   Mentre era impegnato a leccarle la figa, rimanendo faticosamente inginocchiato, col muso infossato fra le cosce, non ricordava come fosse scomodo fare sesso in quelle condizioni, anche se farlo nel sedile posteriore della vettura gli offriva dei margini di manovra molto più ampi rispetto ai sedili anteriori, consentendogli se ne avesse avuto il tempo e la voglia di mettere in pratica diverse posizioni, dando spazio alle proprie fantasie erotiche a patto di sapersi arrangiare in quell'abitacolo. Ma il suo corpo non aveva più l'elasticità di un tempo e stare chinato a leccare e succhiare il bozzolo del clitoride era una fatica non indifferente, soprattutto a causa della pancia che gli era d'ingombro nei movimenti. 
   Per sua fortuna Roberta era il tipo di donna che raggiungeva l'orgasmo abbastanza facilmente se veniva stimolata con la lingua sul clitoride. Questo lui lo ricordava bene per questo s'impegnò a succhiarglielo mentre lo sentiva rigido ed esteso fra le proprie labbra. Accompagnò il movimento della bocca, stretta sul bozzolo di carne, col movimento delle mani stese sulle tette che si incaponì a carezzare stringendo a lungo i capezzoli fra le dita, producendole uno stato di dolore e piacere.
   Roberta venne stringendo le ginocchia intorno al capo di Giuseppe che, intrepido, seguitò a leccarle la figa, nonostante lei fosse venuta, riprendendo dopo un po' di tempo a succhiarle il clitoride certo di farle piacere. Quando ebbe raggiunto l'orgasmo una seconda volta Roberta lo obbligò a mettersi seduto sul sedile posteriore, dopodiché gli si sedette sopra le ginocchia e gli stese le braccia attorno al capo disponendosi con le gambe ben divaricate.  
   Giuseppe era consapevole che quella era una delle posizioni preferite dalle donne, infatti, sua moglie gli aveva sempre detto che il sedile posteriore dell'automobile, per la posizione dello smorzacandela, era il massimo, anzi meglio di qualsiasi letto e anche del divano. 
    La figa di Roberta non era bagnata quasi per niente. Quello della secchezza vaginale era un problema tipico del climaterio che lui aveva vissuto con la moglie dopo che era andata in menopausa, ma che avevano risolto con l'utilizzo di lubrificanti.
   La mancanza di secrezione vaginale avrebbe potuto rendere difficoltoso il rapporto sessuale, determinando dolore a entrambi nella penetrazione sino a renderla impossibile poiché si sarebbero potute verificare microabrasioni della mucosa vaginale e sulla cappella sino al sanguinamento, ma non lo considerò un ostacolo insormontabile. In mancanza di gel idratanti o di lubrificanti vi rimediò sputando più di un grumo di saliva sulla cappella prima di cominciare a scopare, confidando in questo modo di non farle male. Infine si lasciò cavalcare da Roberta eccitato dagli sbuffi di piacere che le uscivano dalla bocca, mentre anche lui gemeva di piacere. 
   Mentre Roberta lo cavalcava incominciò ad avvertire un po' di bruciore all'uccello a causa della scarsa lubrificazione della vagina, ma per nessuna ragione al mondo avrebbe interrotto quella strana scopata. Quando fu prossimo a raggiungere l'orgasmo le gridò in faccia tutto il proprio godimento e le venne dentro.

   Qualche minuto dopo mezzogiorno fecero ritorno al parcheggio del palasport dove Giuseppe aveva lasciato incustodita la propria bicicletta. Si salutarono scambiandosi un doppio bacio sulle guance. Nessuno dei due fece cenno a un prossimo incontro, nemmeno si scambiarono il numero del cellulare.
   Mentre l'ascensore saliva verso la sua abitazione pensò che dopotutto amava ancora sua moglie, ma quello che gli stava creando dei problemi con lei e il mondo che gli gravitava intorno era l'ingiustizia che lo Stato, trattandolo da esodato, aveva fatto verso di lui e di tutte le altre persone che si trovavano nella medesima condizione, una scelta iniqua che lo stava distruggendo lentamente giorno dopo giorno..

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore.
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.