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L'ULTIMA
DIMORA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
nebbia ingrigiva la città dal primo
mattino. Quando misi piede al Cimitero
Monumentale della Villetta la coltre
aveva tutta l'apparenza di un ostacolo
impenetrabile, infatti era così densa che
sarebbe stato sufficiente impugnare un
coltello per tagliarla a fette.
Con una certa difficoltà,
districandomi fra sentieri sterrati che
si dipanavano fra le tombe del complesso
cimiteriale, raggiunsi quella dove era
tumulata Anna.
Muovermi in mezzo al
labirinto di sepolture mi aveva messo
addosso una forte apprensione. Le mie
paure si tramutarono in angoscia quando,
davanti alla lapide della tomba dove
stava sepolta mia moglie, notai la
cornice argentata che ospitava la sua
fotografia.
Non avevo fatto visita alla
tomba dal giorno del suo
funerale. Sua madre si era fatta
carico delle pratiche burocratiche
connesse al funerale e alla sepoltura
della figlia.
Ancora prima del decesso la
sua malattia mi aveva fatto precipitare
in uno stato di confusione mentale. Ero
indifferente a tutto e piangevo per un
nonnulla. Solamente il lavoro riusciva a
distrarmi. Avevo persino trascurato i
miei due figli perché li percepivo come
possibili nemici. Ma per fortuna
c'era stato chi, mia madre, si era preso
cura di loro sostituendomi nei miei
doveri di padre.
Emozionato m'inginocchiai
sul terreno erboso, prospiciente la
tomba dove riposava Anna, nell'attimo in
cui un raggio di sole fece capolino fra
la densa coltre di nebbia rendendo
limpido il marmo sepolcrale. Avvicinai
le dita verso la fotografia di mia
moglie e accarezzai l'immagine custodita
nella cornice. Le lacrime iniziarono a
inumidirmi le palpebre, incontenibili,
rigandomi il viso. Piansi a lungo
sgravandomi dell'ansia accumulata nei
lunghi mesi in cui ero stato lontano da
lei, infine mi asciugai le guance
strofinandoci sopra l'avambraccio.
Quando tornai a guardare la
foto di Anna la nebbia ingrigiva di
nuovo il paesaggio tutt'attorno la
tomba. Anche la mia vita era dello
stesso colore: grigia o forse anche
nera.
Un uomo perso, una cosa
inutile, ecco come mi sentivo. Tutt'a un
tratto nella mia mente presero forma le
immagini di mia moglie e dei miei due
figli. Mi persi a ricordare i momenti
gioiosi trascorsi insieme a loro. Stavo
passando al setaccio quei frammenti di
ricordi quando si avvicinò una donna
alla tomba accanto a
quella di mia moglie. Volsi lo sguardo nella sua
direzione e rimasi a guardarla mentre si
premurava di ripulirla asportando le
erbacce che infestavano il marmo
tutt'attorno.
Lì per lì non feci troppo
caso alla sua presenza. Seguitai a
rincorrere le mie fantasie fino a
quando, depositati dei fiori freschi
davanti all'immagine che ritraeva il
defunto, la donna lasciò cadere sulla
pietra sepolcrale una copia del Corriere
della Sera, piegata in due parti, con
l'intestazione del quotidiano bene in
evidenza, dopodiché tolse dalla borsetta,
che in precedenza aveva appoggiato sul
prato, una Polaroid e si affrettò a
eseguire un paio di fotografie della
tomba.
Incuriosito dagli strani
modi della donna mi soffermai a
guardarla con crescente interesse.
Mostrava d'avere una quarantina d'anni o
forse anche meno. Un foulard stirato
attorno il capo, annodato sotto il
mento, le nascondeva la chioma dei
capelli e in parte il viso.
Bella non la era granché e
la cosa non mi sorprese. Un impermeabile
con cintura alla vita, il bavero
rialzato, le giungeva sotto le ginocchia
e dissimulava le forme tonde del corpo.
Una volta eseguite le
fotografie raccolse il giornale, lo
ripose nella borsetta, e rimase per qualche
istante a contemplare la tomba, dopodiché
indietreggiò di qualche passo, girò le
spalle, e se ne andò via.
La inseguii con lo sguardo
mentre si allontanava fintanto che
scomparve alla mia vista, avvolta dalla
nebbia, sul sentiero ghiaioso che
conduceva a un altro spazio del
complesso cimiteriale. Deviai lo sguardo
dalla sua figura e focalizzai
l'interesse sulla sepoltura che ospitava
le spoglie di mia moglie. Presi atto che
non c'era traccia di erbacce attorno
alla tomba. Un bouquet di ciclamini,
sistemati sotto la fotografia, dava a
intendere che qualcuno, di recente, era
passato a farle visita e provveduto a
mantenere in ordine la sepoltura: mia
madre o forse mia suocera, pensai.
La nebbia ristagnava nello
spazio cimiteriale in una immobilità
solo apparente. Non mi soffermai a lungo
dinanzi alla tomba di mia moglie. La
temperatura dell'aria era di qualche
grado sopra lo zero ed ero intirizzito
dal freddo. Sollevai il bavero di pelle
del giubbotto e lo avvicinai alle
orecchie. Mentre procedevo verso
l'uscita del complesso cimiteriale
considerai l'opportunità di recarmi più
spesso a fare visita alla tomba dove
Anna riposava, se fosse servito a
liberarmi dallo stato di depressione in
cui ero precipitato dopo la sua
scomparsa.
La domenica seguente,
infatti, tornai a fare visita al
cimitero. Stavolta rimasi dinanzi alla
sepoltura per una decina di minuti, non
di più. Senza accorgermene mi ritrovai
a parlare ad Anna come se
fosse viva. Lo stesso accadde la
domenica seguente e quella dopo
ancora. Una domenica mattina, mentre ero
impegnato a raccontarle di un episodio
divertente, con protagonista nostra
figlia, qualcuno venne a occupare con un
paio di borse lo spazio che teneva
separata la tomba di mia moglie con
quella accanto.
Girai lo sguardo nella
direzione della altra tomba e mi accorsi
della presenza della medesima donna che
tempo addietro avevo scorto impegnata a
fotografare la sepoltura. Anche stavolta
si premurò di riordinare la tomba
liberandola dal terriccio e dalle
erbacce che l'infestavano, poche in
verità, dopodiché, sistemato sul
lastricato di marmo una copia del
Corriere della Sera, con l'intestazione
del quotidiano bene in evidenza, e scattò
un paio di fotografie servendosi di una
fotocamera Polaroid.
Non la persi di vista, la
seguii con lo sguardo, fino a quando fu
lontana dalla tomba. Rimasi un paio di
minuti a fare compagnia a Anna,
portando a termine il discorso che avevo
iniziato, a proposito di nostra figlia,
dopodiché mi congedai.
Stavo procedendo verso una
delle uscite del cimitero, distante un
centinaio di metri dalla tomba di mia
moglie, quando mi imbattei in Francesco,
un collega di lavoro, e mi soffermai a
parlare con lui.
Eravamo fermi sotto le
volte di uno dei porticati che ospitano
i loculi, intenti a conversare, quando
intravidi la donna che poc'anzi aveva
fotografato la tomba posizionata a lato
di quella di mia moglie. Stava pulendo
la lapide di una tomba e la cosa mi
meravigliò. Seguitai a osservarla
fintanto che la vidi deporre una copia
del Corriere della Sera sul marmo della
sepoltura, allo stesso modo che l'avevo
vista fare in precedenza nella tomba
accanto a quella di Anna, poi si mise a
fotografarla.
Seguitai a parlare con
Francesco, seppure distratto dalla
presenza della donna che inseguii con lo
sguardo mentre, abbandonata la tomba che
si era premurata di fotografare, imboccò
il porticato dove mi stavo intrattenendo
con Francesco. Si avvicinò a una delle
scale a castello, provviste di
corrimano, che consentono di raggiungere
i loculi più elevati e si mise a
spingerla per una paio di metri. Una
volta collocata nel posto desiderato,
distante pochi passi da me, ci salì
sopra.
Mi ritrovai a guardarle le
cosce mentre saliva gli scalini, con la
speranza di scorgere le
mutandine oppure il tanga che presumevo
avesse addosso. Raggiunto un loculo si
premurò di tirare a lucido la lapide,
poi tolse dalla borsa che si era
portata appresso dei fiori che si
premurò di mettere al
posto di quelli appassiti. Anche
stavolta, come l'avevo vista fare in
precedenza, eseguì un paio di
fotografie, ma non utilizzò la
Polaroid, bensì una fotocamera digitale
provvista di flash.
Distratto dalla vista delle
sue cosce seguitai a condurre la
conversazione con Francesco in modo
distratto, fintanto che un colpo di
vento sollevò la gonna alla donna. Lei
si premurò di mantenerla in sede con
una mano, ma feci in tempo ad
accorgermi che indossava delle comuni
mutande bianche.
Una volta eseguite le
fotografie scese in tutta fretta
i gradini della scala a castello. Si
allontanò dal porticato e prese la
strada che conduceva verso un'altra zona
del cimitero monumentale.
La inseguii con lo sguardo
intrigato dal suo strano modo di fare.
Mi congedai in tutta fretta da Francesco
e tallonai d'appresso la fotografa
rincorrendola per i viali del cimitero.
Tutt'a un tratto si fermò dinanzi a un
loculo e ancora una volta si premurò di
pulire il marmo, cambiò i fiori, ed
effettuò un paio di fotografie.
Avrei voluto bloccarla per
chiederle la ragione di quello strano
contegno, invece mi allontanai dal
cimitero ripromettendomi di farle quella
domanda se mi fosse capitata
l’occasione d'incappare nella sua
presenza.
Una domenica d'inizio
primavera, dopo molti mesi che non
mettevo piede nel cimitero, rividi la
donna che tempo addietro avevo notato
mentre puliva e fotografava lapidi e
marmi di numerose tombe. Ancora una
volta era impegnata nel sostituire i
fiori appassiti con boccioli di viole
nella tomba posta accanto a quella di
Anna.
Effettuata la pulizia della
sepoltura, sistemò la pagina iniziale
del Corriere della Sera sul piano di
marmo ed eseguì un paio di fotografie.
Lo fece servendosi di una Polaroid come
l'avevo vista fare nelle occasioni
precedenti. Un impulso prepotente mi
indusse a rivolgerle la parola
distraendola dalla sua azione.
- Magari le sembrerò
maleducato, ma darei curioso di sapere
perché seguita a fotografare questa
tomba? Gliel'ho visto fare in altre
occasioni e la cosa mi ha incuriosito.
- E' una mansione di
responsabilità quella che mi è stata
affidata dai parenti e io cerco di
eseguirla nel migliore dei modi.
- Non capisco.
- E' un compito per cui
sono lautamente ricompensata.
- Vuole dirmi che c'è chi
la paga per pulire le tombe e
fotografarle?
- Sì, che c'è di strano?
- Beh, tanto normale la
cosa non la è.
- Anch'io la pensavo come
lei prima di intraprendere questa
attività lavorativa, ma le assicuro che
è una attività come un altra, anzi,
per certi versi anche più gratificante.
Prima che potessi
risponderle avvicinò l'oculare
collegato al mirino della Polaroid
all'occhio, inquadrò il soggetto da
fotografare e scattò una di seguito
all'altra un paio di fotografie,
dopodiché, editata la foto, ripose la
macchina fotografica e il quotidiano
nella borsa.
- Un lavoro? Non capisco? -
dissi conquistato dal candore della sua
voce, ma anche dagli occhi adescatori
che ballonzolavano come quelli di una
lucertola.
- Ho dato avvio a questa
attività una decina di anni fa. L'idea
mi è venuta assistendo alla proiezione
di un film dove la protagonista
manteneva in ordine le tombe di chi,
causa i troppi chilometri di lontananza,
non poteva prendersene cura di persona.
Assistendo alle scene esilaranti della
pellicola mi sono messa a ridere a
crepapelle, anche a più riprese, poi a
casa ho ripensato alla cosa e mi è
partita la scheggia. Pareva inverosimile
che qualcuno potesse pagare un'altra
persona per mantenergli in ordine una
tomba, invece...
- Dica. Non s'interrompa,
vada pure avanti, mi ha incuriosito con
le sue parole.
- Ho fatto delle inserzioni
su alcuni tabloid a diffusione gratuita,
e non solo su quelli locali, ma anche su
quelli a distribuzione nazionale che è
facile reperire in qualsiasi bar o
caffetteria, indicando il mio numero di
cellulare, l'indirizzo e-mail e la
disponibilità a mantenere in ordine
qualsiasi sepoltura ospitata nel
cimitero di questa città. So che non ci
crederà, ma dopo una sola settimana
dalla pubblicazione dell'annuncio sono
stata raggiunta da una decina di
richieste di chiarimenti, il resto è
avvenuto in modo piuttosto facile.
- Ha molti clienti?
- Circa duecento.
- Sono tantissimi!
- Beh, in verità miro a
espandere maggiormente la mia attività.
Vorrei occuparmi anche dei cimiteri
sparsi nella nostra provincia, specie di
quelli disseminati per la montagna
oppure nei piccoli paesi di pianura.
Questo perché nei territori dove in
passato c'è stata una forte migrazione
della popolazione ci sarà sicuramente
da guadagnare. Sbaglio?
- No, affatto, ha ragione,
ma in cosa consiste il suo lavoro?
- Innanzitutto mi occupo di
mantenere in ordine la tomba indicatami
dal cliente ripulendola e liberandola
dalle erbacce, poi se mi viene richiesto
sostituisco i fiori appassiti con altri
appena sbocciati.
- E le foto?
- Le interessa davvero
sapere il perché delle foto che eseguo?
- Sì, anche se in parte
l'ho già intuito.
- Allora avrà fatto caso
che prima di scattare le fotografie mi
occupo di sistemare sulla tomba, bene in
vista, la prima pagina di un giornale a
tiratura nazionale.
- Sì, certo, è la cosa
che più mi ha incuriosito.
- Serve a identificare il
giorno esatto in cui la fotografia è
stata eseguita, dopodiché mi premuro di
spedirla per posta al cliente nel caso
l'abbia scattata con la Polaroid, oppure
per posta elettronica, allegando un
file, se ho utilizzato una fotocamera
digitale.
- Se non fossi stato
testimone oculare di quanto mi sta
raccontando non avrei mai dato credito a
questa storia.
- Eppure si è palesata una
idea abbastanza semplice da realizzare,
glielo assicuro.
- Non ho dubbi su questo.
- Beh, adesso la saluto, ho
molte altre tombe da visitare.
- Mi ha fatto piacere
parlare con lei, non immagina quanto. A
proposito il mio nome è Lorenzo, il
suo?
- Michela.
- E' un bel nome. - dissi,
e senza rendermene conto l'accompagnai
verso la tomba successiva che doveva
riordinare.
- Ha qualcuno in
particolare cui fa visita quando viene
qua?
- Mia moglie.
- Oh!
- E' morta un anno fa. Se
l'è portata via un tumore alla
mammella.
- Quanti anni aveva?
- Trentacinque.
- Come i miei.
D'istinto mi soffermai a
guardarle il profilo del viso con
maggiore insistenza rispetto a quanto
avevo fatto fino a qualche istante
prima.
Camminavamo appaiati su un
sentiero sterrato che manteneva separate
una serie di tombe scavate di recente.
Non era granché bella, infatti, avrebbe
fatto migliore figura se si fosse
truccata il viso e con abiti più
decenti rispetto a quelli che aveva
indosso, ma qualcosa di speciale lo
possedeva altrimenti non avrebbe
attirato la mia attenzione e poi mi
sembrava di conoscerla da sempre.
- Era bella?
- Non saprei dirle.
- L'amava?
- Molto.
- Le manca?
- Tantissimo.
- Cosa le manca
maggiormente di sua moglie? - disse
abbandonando il sentiero sterrato per
avvicinarsi a una tomba.
- Mi riesce difficile
rispondere a questa domanda perché
eravamo in perfetta simbiosi, tant'è
che parlando di lei dovrei parlare anche
di me stesso.
- Figli ne ha?
- Due. Un maschio e una
femmina, il primo ha nove anni l'altra
undici.
- Adesso chi li accudisce?
Lei?
Seguitò a parlare mentre
era intenta a lucidare la cornice di
vetro che custodiva l'immagine di un
uomo di una ottantina di anni assicurata
al marmo della tomba dove c'eravamo
fermati.
- Mi aiuta mia madre, da
solo non saprei come accudirli, ho
troppe cose da fare.
Lei è giovane e pieno di
vita, non ha mai pensato che potrebbe
innamorarsi di un'altra donna, una che
potrebbe fare da madre ai suoi ragazzi.
- No. Lo escludo.
- Perché? - disse
sorpresa.
- Dopo la morte di mia
moglie sono precipitato nello sconforto
e da allora non mi sono più ripreso,
soltanto di recente ho trovato il
coraggio di fare visita alla sua tomba.
- E i suoi figli?
- Loro vengono spesso al
cimitero, seppure accompagnati da mia
madre o da mia suocera. Io non ho ancora
trovato il coraggio di condurli con me.
- Avranno patito tantissimo
la scomparsa della madre, magari più di
lei, come hanno reagito?
- Un giorno, quando mia
moglie era ancora in vita, mia figlia
entrò in bagno mentre Anna stava
facendo la doccia. Guardando la grossa
cicatrice che le deturpava il torace la
piccola le disse: "Anche senza un seno
sei bella lo stesso, e poi sei la mia
mamma". Quando mia moglie mi ha
raccontato quell'episodio non sono
riuscito a trattenere le lacrime e l'ho
abbracciata. Le sto raccontando tutto
questo per farle capire quanto sono
stati coraggiosi i miei figli. Io al
contrario non lo sono stato né prima né
dopo la sua morte. Quando i medici mi
comunicarono che il corpo di mia moglie
era devastato, dalla presenza di
metastasi, un abisso di terrore si è
aperto d'improvviso dinanzi a me. Sono
rimasto per una intera notte con gli
occhi spalancati, sdraiato sul letto, al
buio, a guardare il soffitto con accanto
mia moglie invocando l'aiuto di Dio.
- La morte fa parte della
nostra esistenza, nel senso che ne è un
aspetto imprescindibile, dà perfino
significato alla nostra vita perché è
un momento di trasformazione verso
un'altra forma organica.
- Ne è convinta?
- Sì.
- Questa esperienza mi ha
insegnato tante cose, soprattutto a dare
valore alla vita perché quando si sta
bene non si capisce quant'è grande il
suo significato.
- Da quanto tempo non fa
l'amore?
La domanda mi colse di
sorpresa, esitai prima di risponderle.
- Tre anni. - mentii.
- L'ultima volta l'ha fatto
con sua moglie?
- Sì. - mentii di nuovo
perché mi vergognavo a raccontarle che
avevo scopato con più di una prostituta
dopo che mia moglie si era ammalata, ma
soprattutto lo avevo fatto dopo la sua
morte.
- E non ne ha voglia?
- Adesso? - risposi
incuriosito dalla domanda.
- Sì, che c'è di strano?
- Niente, è che...
- Mi segua. - disse
dirigendosi verso un monumento
sepolcrale che aveva tutta l'aria di
essere una tomba di famiglia. - Beh, sta
ancora lì? Su, venga. - tornò a
ripetermi quando si accorse che non mi
ero mosso dalla mia postazione. - Che
aspetta? Venga... venga...
Si premurò di togliere
dalla borsetta un mazzo di chiavi e
mentre si attardava ad aprire il
cancello che dava accesso al sepolcro la
raggiunsi.
Non mi lasciò pronunciare
una sola parola, mi prese per mano e mi
trascinò nel locale che ospitava le
spoglie mortali appartenenti ai
componenti di un'unica famiglia,
peraltro a me sconosciuta, dopodiché
chiuse la porta del cancello alle nostre
spalle.
La scarsa luce che
rischiarava l'ambiente, dove trovavano
posto i lavelli, filtrava attraverso la
porta a vetri, provvista di inferriate
di metallo, da cui eravamo entrati.
- Cosa posso fare per
alleviare il tuo dolore? - disse dandomi
del tu, assumendo con la voce un tono
particolarmente sensuale.
- Non so. - risposi
eccitato dalla strana situazione in cui
mi ero venuto a trovare.
Stupendomi non poco calò
la mano sulla patta dei miei pantaloni e
prese a tastami il cazzo che già mi era
divenuto duro quando avevo ricevuto
l'invito a seguirla, poi mi spinse
contro la pietra sepolcrale che stava
alle mie spalla.
- Ce l'hai bello duro, eh?
- Sì. - dissi mentre si
occupava d'abbassarmi la cerniera della
lampo. Liberò il cazzo e me lo strinse
nella mano, dopodiché prese a menarmelo
ansimando.
Se fino a quel momento
avevo mantenuto un atteggiamento
diffidente verso di lei, quando
s'inginocchiò ai miei piedi e prese a
succhiarmi il cazzo, allora lasciai da
parte ogni remora. Le cinsi il capo con
tutt'e due le mani e accompagnai il
gesto della bocca che mi scopava con i
movimenti del bacino, spingendole la
cappella più che potevo dentro la gola.
Stavo prendendo il ritmo
giusto, indispensabile per raggiungere
in breve tempo l'orgasmo e venirle in
bocca, quando Michela staccò le labbra
dal cazzo. Si sdraiò sul pavimento,
sollevò la veste e spostò verso il
basso il minuscolo tanga e lo fece
scorrere fino alle caviglie, dopodiché
allargò le cosce facendo sfoggio di un
fitto triangolo di peli scuri.
- Scopami! - disse.
Seguitammo a scopare per
una buona mezzora fintanto che,
all'apice del primo di una serie di
orgasmi, si lasciò sfuggire un urlo e
m'implorò di chiamarla con il nome di
Marilyn, identico a quello di Marilyn
Monroe. La accontentai stupendomi nel
costatare che ogni volta che pronunciavo
quel nome avevo l'impressione di
accrescere il suo piacere.
- Marilyn... Marilyn...
Marilyn... - dissi a più riprese mentre
il suo corpo fremeva fra le mie braccia
e seppellivo il cazzo fra le sue cosce.
La visita al monumento
sepolcrale, con annessa scopata, è
stata la prima di una lunga serie
d'incontri che abbiamo condotto fra le
tombe di famiglia di cui Michela è
custode. A lei piace scopare elaborando
atti sessuali immaginari compiuti da
attrici famose e io accondiscendo alle
sue stravaganze pronunciando il nome del
personaggio femminile da lei
interpretato, e questo non manca di
provocarle i più soddisfacenti degli
orgasmi.
Non mi aspetto nulla da
Michela e mi riesce persino difficile
pensare a un futuro insieme, forse perché
non mi sono ancora abituato a fare
l'amore esclusivamente fra le mura del
cimitero, come pretende lei, ma potrei
anche sbagliarmi. Chissà!
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