RICORDATI DI SANTIFICARE
LE FESTE

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
  E
ra mezzogiorno quando io e mia moglie raggiungemmo Villasotto, piccolo paese sulla riva lombarda del Po, rallentati durante il viaggio da un muro di nebbia che ci aveva sorpreso appena dopo avere lasciato Parma. Il mercatino di modernariato, motivo che ci aveva spinti a visitare la cittadina lombarda, avrebbe chiuso i battenti verso l'una e avremmo avuto poco tempo a disposizione per fare delle compere.
   Un labirinto di bancarelle, confuse nella caligine, occupava il corso principale del paese inibito per l'occasione al traffico delle automobili. Roberta, come al solito, si mostrò interessata all'acquisto di statuette, sculture e busti, posti in bella mostra sui bancali degli ambulanti. Di patacche come quelle ne possiede una intera collezione, ma ogni occasione è buona per rimpinguarla con nuove acquisizioni. Dopo una breve trattativa si lasciò convincere ad acquistare una coppia di mini ballerini, in roccia calcarea, al prezzo di cento euro soddisfacendo la passione per questo genere di oggetti.
   - Beh, adesso dove andiamo? Gli ambulanti hanno già iniziato a chiudere i banchi. Qui fra poco non ci sarà più nessuno. - dissi.
   - Non mi va di andare a pranzo in un ristorante. Cerchiamo piuttosto una caffetteria dove scaldarci e bere un buon caffè caldo.
   - Ma dai... neanche con quindici giorni di completo digiuno riusciresti a smaltire il grasso in eccesso che hai addosso!
   - Sei il solito stronzo! Ecco quello che sei.
   - Scherzavo! Dai, era solo una battuta la mia.
   Roberta allungò il passo precedendomi nella piazza medievale del paese. Arrestò la corsa sotto le volte del porticato che conduceva nella parte più antica della piazza, in corrispondenza di una torre con orologio. Sul davanzale di una finestra, appena sotto l'inferriata metallica, alcune cassette di terracotta, traboccanti di viole del pensiero, facevano bella mostra di sé.
   - Carine non trovi? - disse Roberta aprendosi in un ampio sorriso.
   - Verrebbe voglia di coglierne qualcuna.
   Incuriositi dalla luce che filtrava dalla finestra guardammo all'interno del locale attraverso l'inferriata. Solo allora ci accorgemmo che era una caffetteria. L'ambiente, parzialmente illuminato da lucerne a muro, dava l'idea di un posto molto intimo.
   - Cosa facciamo? Entriamo? 
   - Ma sì, dai, consumiamo un caffè e ci togliamo di dosso 'sto freddo.
   La porta d'ingresso del locale era ubicata dietro l'angolo della casa, fuori dalla nostra vista. Appena varcata la soglia della caffetteria fummo assaliti da un intenso profumo di pane fresco e croissants. Sul bancone di legno massiccio, al riparo di una lastra di vetro, trovammo esposte una grande varietà di dolci prelibatezze.
   Tartufi pralinati alle mandorle, mignon glassate, nocciole al cioccolato, petali di rosa canditi, cremini alle noci, assabesi alla nocciola e numerosi assortimenti di dolci erano sistemati sui vassoi in primo piano davanti ai nostri occhi. Poco più in là, dentro delle campane di vetro, intravidi una torta tartufata di gianduia, e poi una Sacher, una Saint Onorè e alcuni frutti di marzapane.
   L'arredo in stile liberty conferiva alla caffetteria un aspetto particolarmente cordiale e la cosa mi mise di buonumore.
   - Buongiorno! Desiderate?
   La voce apparteneva a una esile vecchietta. Il volto solcato da profonde rughe lasciava intendere una età piuttosto avanzata della donna, seppure mascherata dall'eleganza dei suoi modi. Indossava un abito a tinta scura, forse nera, che le giungeva fino alle caviglie. Un grembiule bianco, orlato di pizzo, le cingeva la vita. Il sorriso con cui aveva accompagnato il saluto ci mise subito a nostro agio.
   - Accomodatevi a uno dei tavoli, sarò subito da voi.
   Due coppie di anziani sedevano ai tavoli ed erano gli unici clienti presenti nel locale. L'ambiente, piuttosto accogliente, era riscaldato da una stufa a legna. Sulle pareti, a dare tono alla caffetteria, erano esposte dei quadri copie di dipinti di Tamara di Lempicka.
   - Che strano locale è mai questo? - dissi a Roberta.
   - A me piace tantissimo.
   - Lo trovo assai particolare, non credi?
   Impegnati com'eravamo nel fare delle considerazioni sull'arredo della caffetteria non facemmo caso al sopraggiungere dell'anziana donna al tavolo dove avevamo preso posto, in un angolo esclusivo del locale.
   - Allora bei giovani, cosa posso servirvi? - disse la donna che nelle mani stringeva un blocco nòtes e una matita copiativa che intinse più volte nelle labbra.
   - Siamo indecisi nella scelta. Lei cosa ci consiglia?
   - Nel mio locale vendo sogni. Tentazioni dolci e innocue. Sono qui per rendere possibile ogni vostro desiderio. A ognuno dei clienti sono solita servire il tipo di dolce che l'istinto mi suggerisce.
   Rimasi sorpreso dalla strana risposta e dalla cordialità dei suoi modi. Non seppi cosa risponderle. Ci pensò Roberta a trarmi d'impaccio.
   - Beh, allora non ci rimane che affidarci alla sua competenza.
   - Va bene. So io cosa portarvi.
   La vidi scomparire oltre la porta che conduceva nel retrobottega e riapparire poco dopo spingendo un carrello portavivande.
   Depose sul nostro tavolo un vassoio argentato di forma ovoidale con un vasto assortimento di praline. Dalla credenza tolse due piatti di porcellana dai contorni finemente dorati e li depose sul tavolo insieme a delle posate d'argento. Dal carrello prese una teiera in terracotta e due tazze, dopodiché le sistemò sul tavolo davanti a me e Roberta che ci guardammo stupiti nel ricevere tante attenzioni.
   - Questo infuso di tè è giustappunto la bevanda appropriata per gustare queste delizie. Buon appetito!
   - Grazie! - risposi.
   I tartufi alla crema e al burro erano davvero speciali, al pari dei petits fours preparati con crema e ricoperti di un sottile strato di glassa. L'aspetto dei dolci era così invitante che non riuscimmo a trattenerci dall'inghiottire le praline in un solo boccone.
   Alcune praline apparivano decorate con polvere al velo o vermicelli, altre da cacao in polvere. Tutte erano arricchite da piccole decorazioni con nocciole, pistacchi e noci. In meno che non si dica fulminammo l'intero piatto di praline. L'anziana signora, senza che ne facessimo richiesta, ci portò un secondo vassoio con delle altre praline.
   Le labbra di Roberta mutarono d'aspetto impiastricciate com'erano di cioccolata e cacao. Mi compiacqui nel vedere la punta della sua lingua leccare il contorno delle labbra lorde di cioccolata, ma ancora di più apprezzai il momento in cui infilò l'estremità delle dita nella bocca per succhiare la crema di cioccolata rimasta depositata sopra.
   Tolsi un piede dalla scarpa e avvicinai l'estremità delle dita a una caviglia di Roberta, poi iniziai a strofinarle il collo del piede con una certa insistenza. Lei sorrise e corrispose alle mie avance con la punta di un piede che allungò fino a strofinarmi la patta dei pantaloni. Entrambi eravamo attratti dalle labbra dell'altro e storditi di piacere.
   Il continuo strusciare del piede di Roberta sulla patta mi provocò una erezione. Ogni volta che introduceva una di quelle praline fra le labbra avvertivo pulsare l'uccello a dismisura, come se al posto di quelle praline introducesse nella bocca la mia cappella.
   - Come va? Vi sono piaciute le praline? - disse l'anziana donna accostandosi al nostro tavolo.
   - Non ne ho mai assaggiate di migliori. - anticipò il mio pensiero Roberta. - Complimenti signora!
   - Se mi è permesso esprimere una opinione. - soggiunsi. - Queste piccole delizie mi hanno provocato degli strani effetti, come se nelle creme fossero presenti delle emulsioni afrodisiache. Probabilmente lei si metterà a ridere, ma questo è ciò che è accaduto.
   - Vi avevo avvertito. Vendo sogni. Sogni e dolci tentazioni.
   - Beh, allora continui a farci sognare. - soggiunsi sorridendo.
   - Anch'io mi sono sentita strana mentre assaporavo le praline di gianduia. - disse Roberta. - Ho avuto la sensazione che sulla superficie di alcune praline ci fossero degli strani disegni a contenuto erotico. E' possibile?
   - Non si è sbagliata signorina, quel tipo di praline è una delle nostre specialità. Se vi interessa. - proseguì la donna sottovoce. - Insieme alla frutta di marzapane che vedete esposta sul bancone delle torte, produciamo anche deliziose imitazioni, a grandezza naturale, di ehm... organi sessuali!
   L'anziana donna si lasciò sfuggire la frase con malcelata soddisfazione accompagnandola con un sorriso malizioso.
   - Naturalmente per realizzare queste composizioni occorre possedere una certa manualità artistica e molta pazienza, se volete assaggiarle ho un paio di cosine adatte a voi.
   Incuriositi dalle rivelazioni della donna accettammo con entusiasmo di assaggiare quel tipo di dolci senza immaginare quale altra sorpresa ci avrebbe riservato. Poco dopo l'anziana signora fece ritorno al nostro tavolo. Sopra il carrello trovavano posto alcune campane di vetro semitrasparenti. Ciò che scorgemmo aveva dello stupefacente. Dentro gli involucri di vetro trovavano posto delle perfette imitazioni, a grandezza naturale, di un pene con i testicoli e una vagina circondata da due capezzoli.
   - Queste che vi ho portato sono specialità del mio locale. - disse la donna - Sono dolci delizie di marzapane che preferisco fare assaggiare soltanto ad alcuni privilegiati clienti, e voi siete fra questi.
   Le coppie di anziani che fino a pochi istanti prima occupavano un tavolo poco distante dal nostro avevano abbandonato la caffetteria. Roberta e io eravamo gli unici clienti presenti nel locale.
   - Queste sporgenze di colore rosato hanno il nome di "Capezzoli di Afrodite", quest'altra. - proseguì, indicando la vagina. - E' la "Passera di Venere", mentre quello grosso e lungo è "L'Uccello di Polifemo", quelle invece sono le sue palle.
   Le imitazioni di marzapane erano così verosimili da sembrare persino vere.
   - Su, forza, assaggiatele, e... buon appetito.
   L'anziana donna si allontanò lasciandosi sfuggire un malcelato sorriso di soddisfazione. La "Passera di Venere" che avevo nel piatto, davanti agli occhi, era una perfetta imitazione della vagina di una donna. Fili di zucchero colorati di nero ricalcavano alla perfezione i peli del pube, mentre le grandi labbra avevano un aspetto rosato e invitante. Roberta infilò nella bocca parte de "L'Uccello di Polifemo" e io la imitai leccando la superficie delle grandi labbra della "Passera di Venere".
   Soddisfare il piacere del nostro palato non fu la cosa più importante. Entrambi ci sentivamo complici di un tradimento. Lei con in bocca un cazzo che non era il mio e io che leccavo una fica che non era la sua.
   Ci guardammo negli occhi cercando i segnali di un turbamento ormai manifesto in entrambi. Ancora una volta la punta del piede di Roberta s'insinuò fra le mie cosce e mi carezzò il cazzo, mentre, con la punta della lingua, ero intento a penetrare le labbra rosate della "Passera di Venere".
   Il sapore delle mandorle finemente macinate era preminente sugli altri aromi, ma gustoso da consumare. Ero così eccitato che iniziai a divorare il resto del marzapane senza preoccuparmi del contegno che avrei dovuto mantenere a tavola. Roberta insistette a lungo a spompinare "L'Uccello di Polifemo" e per poco non raggiunse un orgasmo quando la vidi inglobare tutt'intera la cappella e farne un solo boccone.
   Nel giro di poco tempo non restò alcuna traccia di marzapane sui nostri piatti. Erano trascorse più di due ore dal momento in cui avevamo messo piede nel locale. Fuori dalla finestra, nella piazza, la nebbia era tornata fitta e avrebbe reso difficoltoso il viaggio di ritorno a Parma, così decidemmo di alzarci da tavola.
   - Mi dice quanto dobbiamo pagare? - disse Roberta quando ci trovammo davanti alla cassa.
   - Sono duecento euro.
   - Cazzo!!
   - Spero che sia stato di suo gusto, signorina.
   - No! Dicevo cazzo nel senso che il prezzo è caro.
   - Dice?
   - Dai, lascia stare Roberta. Dove avremmo potuto gustare piatti simili a quelli che abbiamo assaporato oggi? - intervenni.
   Compilai un assegno e glielo consegnai. L'anziana signora ci accompagnò alla porta d'uscita e ci salutò con un cenno della mano.
   - Arrivederci! Tornate presto! - soggiunse.
   La nebbia era tutt'uno con la piazza del borgo medievale e rendeva difficile persino l'orientamento. Roberta, avvolta nel suo mantello rosso porpora, infilò la mano nella tasca del mio loden e mi tastò il cazzo.
   - Hai voglia? - mi sussurrò all'orecchio.
   - Uhm... direi proprio di sì. E tu?
   - Anch'io. - rispose.
   Mentre attraversavamo uno stretto viottolo, delimitato da una cinta di mura, scorsi un anfratto nella parete e mi c'infilai dentro trascinandoci anche la mia compagna.
   Roberta indossava calze autoreggenti. Le abbassai le mutandine e lei si adoperò a farle scivolare sino alle caviglie. Infilai la mano sotto la veste e le sollevai l'anca. Da quella posizione cercai di penetrarla. Toccò a Roberta accompagnare con la mano il cazzo nella fica. In equilibrio su un solo piede, con la schiena appoggiata contro il muro, lasciò che fossi io a muovermi con le anche.
   Sotto gli effetti degli afrodisiaci che avevamo ingurgitato in grande quantità eravamo tutt'e due madidi di sudore, nonostante la temperatura dell'aria fosse vicina allo zero. Scopavo e pensavo solo a venire, infischiandomene della gente che avrebbe potuto vederci. L'unica cosa che premeva a entrambi era di appagare i sensi e godere, godere e ancora godere. Questo e nient'altro ci premeva.
   Ero prossimo a venire quando Roberta mi supplicò di non farlo.
   - Ti prego. Ti prego, non venire... non venire... aspettami!
   Rallentai il movimento del cazzo fino a quando raggiungemmo entrambi l'orgasmo stringendoci l'uno all'altra in un caldo abbraccio.
   - Sporcaccioni! Vergognatevi! - Esclamò una voce di donna attraverso il muro di nebbia che avvolgeva il viottolo.
   - Vado ad avvisare i carabinieri. Vi metteranno a posto loro. Sporcaccioni! Vergognatevi!
   Le parole ci riportarono alla realtà. C'incamminammo verso il parcheggio dove avevamo lasciato l'autovettura e abbandonammo il paese. Alle sei del pomeriggio, dopo due ore di viaggio, passando attraverso un fitto muro di nebbia, arrivammo a Parma.

   Sono trascorsi parecchi mesi da quel pomeriggio di festa. Per molto tempo, ogni prima domenica del mese, giorno in cui si tiene il mercatino di modernariato nel paese lombardo, seguitammo a fare visita alla caffetteria.
   Mia moglie, ottima donna di cucina, ha imparato ogni segreto dei dolci al marzapane ed è in grado di modellare qualsiasi forma, anche le più difficili. Sa usare i pennelli, applicare il colore, incidere i solchi e mettere in rilievo i bordi. Ogni domenica, a casa nostra, abbiamo nuovi invitati a pranzo e lei non finisce di stupirli con le sue erotiche prelibatezze.

 

 
 

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