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3°
RICORDATI DI SANTIFICARE
LE FESTE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Era
mezzogiorno quando io e mia moglie
raggiungemmo Villasotto, piccolo paese
sulla riva lombarda del Po, rallentati
durante il viaggio da un muro di nebbia
che ci aveva sorpreso appena dopo avere
lasciato Parma. Il mercatino di
modernariato, motivo che ci aveva spinti
a visitare la cittadina lombarda,
avrebbe chiuso i battenti verso l'una e
avremmo avuto poco tempo a disposizione
per fare delle compere.
Un labirinto di bancarelle,
confuse nella caligine, occupava il
corso principale del paese inibito per
l'occasione al traffico delle
automobili. Roberta, come al solito, si
mostrò interessata all'acquisto di statuette, sculture e busti, posti in
bella mostra sui bancali degli
ambulanti. Di patacche come quelle ne
possiede una intera collezione, ma ogni
occasione è buona per rimpinguarla con
nuove acquisizioni. Dopo una breve
trattativa si lasciò convincere ad
acquistare una coppia di mini ballerini,
in roccia calcarea, al prezzo di cento
euro soddisfacendo la passione per
questo genere di oggetti.
- Beh, adesso dove andiamo? Gli
ambulanti hanno già iniziato a chiudere
i banchi. Qui fra poco non ci sarà più
nessuno. - dissi.
- Non mi va di andare a
pranzo in un ristorante. Cerchiamo
piuttosto una caffetteria dove scaldarci
e bere un buon caffè caldo.
- Ma dai... neanche con
quindici giorni di completo digiuno
riusciresti a smaltire il grasso in
eccesso che hai addosso!
- Sei il solito stronzo!
Ecco quello che sei.
- Scherzavo! Dai, era solo
una battuta la mia.
Roberta allungò il passo
precedendomi nella piazza medievale del
paese. Arrestò la corsa sotto le volte
del porticato che conduceva nella parte
più antica della piazza, in
corrispondenza di una torre con
orologio. Sul davanzale di una
finestra, appena sotto l'inferriata
metallica, alcune cassette di
terracotta, traboccanti di viole del
pensiero, facevano bella mostra di sé.
- Carine non trovi? - disse
Roberta aprendosi in un ampio sorriso.
- Verrebbe voglia di
coglierne qualcuna.
Incuriositi dalla luce che
filtrava dalla finestra guardammo
all'interno del locale attraverso
l'inferriata. Solo allora ci accorgemmo
che era una caffetteria. L'ambiente,
parzialmente illuminato da lucerne a
muro, dava l'idea di un posto molto
intimo.
- Cosa facciamo? Entriamo?
- Ma sì, dai, consumiamo
un caffè e ci togliamo di dosso 'sto
freddo.
La porta d'ingresso del
locale era ubicata dietro l'angolo della
casa, fuori dalla nostra vista. Appena
varcata la soglia della caffetteria
fummo assaliti da un intenso profumo di
pane fresco e croissants. Sul bancone di
legno massiccio, al riparo di una lastra
di vetro, trovammo esposte una grande
varietà di dolci prelibatezze.
Tartufi pralinati alle
mandorle, mignon glassate, nocciole al
cioccolato, petali di rosa canditi,
cremini alle noci, assabesi alla
nocciola e numerosi assortimenti di
dolci erano sistemati sui vassoi in
primo piano davanti ai nostri occhi.
Poco più in là, dentro delle campane di vetro, intravidi una torta
tartufata di gianduia, e poi una Sacher,
una Saint Onorè e alcuni frutti di
marzapane.
L'arredo in stile liberty
conferiva alla caffetteria un aspetto
particolarmente cordiale e la cosa mi
mise di buonumore.
- Buongiorno! Desiderate?
La voce apparteneva a una
esile vecchietta. Il volto solcato da
profonde rughe lasciava intendere una età
piuttosto avanzata della donna, seppure
mascherata dall'eleganza dei suoi modi.
Indossava un abito a tinta scura, forse
nera, che le giungeva fino alle
caviglie. Un grembiule bianco, orlato di
pizzo, le cingeva la vita. Il sorriso
con cui aveva accompagnato il saluto ci
mise subito a nostro agio.
- Accomodatevi a uno dei
tavoli, sarò subito da voi.
Due coppie di anziani
sedevano ai tavoli ed erano gli unici
clienti presenti nel locale. L'ambiente,
piuttosto accogliente, era riscaldato da
una stufa a legna. Sulle pareti, a dare
tono alla caffetteria, erano esposte dei
quadri copie di dipinti di Tamara di
Lempicka.
- Che strano locale è mai
questo? - dissi a Roberta.
- A me piace tantissimo.
- Lo trovo assai
particolare, non credi?
Impegnati com'eravamo nel
fare delle considerazioni sull'arredo
della caffetteria non facemmo caso al
sopraggiungere dell'anziana donna al
tavolo dove avevamo preso posto, in un
angolo esclusivo del locale.
- Allora bei giovani, cosa
posso servirvi? - disse la donna che
nelle mani stringeva un blocco nòtes e
una matita copiativa che intinse più
volte nelle labbra.
- Siamo indecisi nella
scelta. Lei cosa ci consiglia?
- Nel mio locale vendo
sogni. Tentazioni dolci e innocue. Sono
qui per rendere possibile ogni vostro
desiderio. A ognuno dei clienti sono
solita servire il tipo di dolce che
l'istinto mi suggerisce.
Rimasi sorpreso dalla
strana risposta e dalla cordialità dei
suoi modi. Non seppi cosa risponderle.
Ci pensò Roberta a trarmi d'impaccio.
- Beh, allora non ci rimane
che affidarci alla sua competenza.
- Va bene. So io cosa
portarvi.
La vidi scomparire oltre la
porta che conduceva nel retrobottega e
riapparire poco dopo spingendo un
carrello portavivande.
Depose sul nostro tavolo un
vassoio argentato di forma ovoidale con un vasto assortimento di praline.
Dalla credenza tolse due piatti di
porcellana dai contorni finemente dorati
e li depose sul tavolo insieme a delle
posate d'argento. Dal carrello prese una
teiera in terracotta e due tazze,
dopodiché le sistemò sul tavolo
davanti a me e Roberta che ci guardammo
stupiti nel ricevere tante attenzioni.
- Questo infuso di tè è
giustappunto la bevanda appropriata per
gustare queste delizie. Buon appetito!
- Grazie! - risposi.
I tartufi alla crema e al
burro erano davvero speciali, al pari
dei petits fours preparati con crema e
ricoperti di un sottile strato di
glassa. L'aspetto dei dolci era così
invitante che non riuscimmo a
trattenerci dall'inghiottire le praline
in un solo boccone.
Alcune praline apparivano decorate con polvere al velo o
vermicelli, altre da cacao in polvere.
Tutte erano arricchite da piccole
decorazioni con nocciole, pistacchi e
noci. In meno che non si dica fulminammo
l'intero piatto di praline. L'anziana
signora, senza che ne facessimo
richiesta, ci portò un secondo vassoio
con delle altre praline.
Le labbra di Roberta
mutarono d'aspetto impiastricciate
com'erano di cioccolata e cacao. Mi
compiacqui nel vedere la punta della sua
lingua leccare il contorno delle labbra
lorde di cioccolata, ma ancora di più
apprezzai il momento in cui infilò
l'estremità delle dita nella bocca per
succhiare la crema di cioccolata rimasta
depositata sopra.
Tolsi un piede dalla scarpa
e avvicinai l'estremità delle dita a
una caviglia di Roberta, poi iniziai a
strofinarle il collo del piede con una
certa insistenza. Lei sorrise e
corrispose alle mie avance con la punta
di un piede che allungò fino a
strofinarmi la patta dei pantaloni.
Entrambi eravamo attratti dalle labbra
dell'altro e storditi di piacere.
Il continuo strusciare del
piede di Roberta sulla patta mi provocò
una erezione. Ogni volta che
introduceva una di quelle praline fra le
labbra avvertivo pulsare l'uccello a
dismisura, come se al posto di quelle
praline introducesse nella bocca la mia
cappella.
- Come va? Vi sono piaciute
le praline? - disse l'anziana donna
accostandosi al nostro tavolo.
- Non ne ho mai assaggiate
di migliori. - anticipò il mio pensiero
Roberta. - Complimenti signora!
- Se mi è permesso
esprimere una opinione. - soggiunsi. -
Queste piccole delizie mi hanno
provocato degli strani effetti, come se
nelle creme fossero presenti delle
emulsioni afrodisiache. Probabilmente
lei si metterà a ridere, ma questo è
ciò che è accaduto.
- Vi avevo avvertito. Vendo
sogni. Sogni e dolci tentazioni.
- Beh, allora continui a
farci sognare. - soggiunsi sorridendo.
- Anch'io mi sono sentita
strana mentre assaporavo le praline di
gianduia. - disse Roberta. - Ho avuto la
sensazione che sulla superficie di
alcune praline ci fossero degli strani
disegni a contenuto erotico. E'
possibile?
- Non si è sbagliata
signorina, quel tipo di praline è una
delle nostre specialità. Se vi
interessa. - proseguì la donna
sottovoce. - Insieme alla frutta di
marzapane che vedete esposta sul bancone
delle torte, produciamo anche deliziose
imitazioni, a grandezza naturale, di
ehm... organi sessuali!
L'anziana donna si lasciò
sfuggire la frase con malcelata
soddisfazione accompagnandola con un
sorriso malizioso.
- Naturalmente per
realizzare queste composizioni occorre
possedere una certa manualità artistica
e molta pazienza, se volete assaggiarle
ho un paio di cosine adatte a voi.
Incuriositi dalle
rivelazioni della donna accettammo con
entusiasmo di assaggiare quel tipo di
dolci senza immaginare quale altra
sorpresa ci avrebbe riservato. Poco dopo
l'anziana signora fece ritorno al nostro
tavolo. Sopra il carrello trovavano
posto alcune campane di vetro
semitrasparenti. Ciò che scorgemmo
aveva dello stupefacente. Dentro gli
involucri di vetro trovavano posto delle
perfette imitazioni, a grandezza
naturale, di un pene con i testicoli e
una vagina circondata da due capezzoli.
- Queste che vi ho portato
sono specialità del mio locale. - disse
la donna - Sono dolci delizie di
marzapane che preferisco fare assaggiare
soltanto ad alcuni privilegiati clienti,
e voi siete fra questi.
Le coppie di anziani che
fino a pochi istanti prima occupavano un
tavolo poco distante dal nostro avevano
abbandonato la caffetteria. Roberta e io
eravamo gli unici clienti presenti nel
locale.
- Queste sporgenze di
colore rosato hanno il nome di
"Capezzoli di Afrodite",
quest'altra. - proseguì, indicando la
vagina. - E' la "Passera di
Venere", mentre quello grosso e
lungo è "L'Uccello di Polifemo",
quelle invece sono le sue palle.
Le imitazioni di marzapane
erano così verosimili da sembrare
persino vere.
- Su, forza, assaggiatele,
e... buon appetito.
L'anziana donna si allontanò
lasciandosi sfuggire un malcelato
sorriso di soddisfazione. La
"Passera di Venere" che avevo
nel piatto, davanti agli occhi, era una
perfetta imitazione della vagina di una
donna. Fili di zucchero colorati di nero
ricalcavano alla perfezione i peli del
pube, mentre le grandi labbra avevano un
aspetto rosato e invitante. Roberta
infilò nella bocca parte de
"L'Uccello di Polifemo" e io
la imitai leccando la superficie delle
grandi labbra della "Passera di
Venere".
Soddisfare il piacere del
nostro palato non fu la cosa più
importante. Entrambi ci sentivamo
complici di un tradimento. Lei con in
bocca un cazzo che non era il mio e io
che leccavo una fica che non era la sua.
Ci guardammo negli occhi
cercando i segnali di un turbamento
ormai manifesto in entrambi. Ancora una
volta la punta del piede di Roberta
s'insinuò fra le mie cosce e mi
carezzò il cazzo, mentre, con la punta della
lingua, ero intento a penetrare le
labbra rosate della "Passera di
Venere".
Il sapore delle mandorle
finemente macinate era preminente sugli
altri aromi, ma gustoso da consumare.
Ero così eccitato che iniziai a
divorare il resto del marzapane senza
preoccuparmi del contegno che avrei
dovuto mantenere a tavola. Roberta
insistette a lungo a spompinare
"L'Uccello di Polifemo" e per
poco non raggiunse un orgasmo quando la
vidi inglobare tutt'intera la cappella e
farne un solo boccone.
Nel giro di poco tempo non
restò alcuna traccia di marzapane sui
nostri piatti. Erano trascorse più di
due ore dal momento in cui avevamo messo
piede nel locale. Fuori dalla finestra,
nella piazza, la nebbia era tornata
fitta e avrebbe reso difficoltoso il
viaggio di ritorno a Parma, così
decidemmo di alzarci da tavola.
- Mi dice quanto dobbiamo
pagare? - disse Roberta quando ci
trovammo davanti alla cassa.
- Sono duecento euro.
- Cazzo!!
- Spero che sia stato di
suo gusto, signorina.
- No! Dicevo cazzo nel
senso che il prezzo è caro.
- Dice?
- Dai, lascia stare
Roberta. Dove avremmo potuto gustare
piatti simili a quelli che abbiamo
assaporato oggi? - intervenni.
Compilai un assegno e
glielo consegnai. L'anziana signora ci
accompagnò alla porta d'uscita e ci
salutò con un cenno della mano.
- Arrivederci! Tornate
presto! - soggiunse.
La nebbia era tutt'uno con
la piazza del borgo medievale e rendeva
difficile persino l'orientamento.
Roberta, avvolta nel suo mantello rosso
porpora, infilò la mano nella tasca del
mio loden e mi tastò il cazzo.
- Hai voglia? - mi sussurrò
all'orecchio.
- Uhm... direi proprio di sì.
E tu?
- Anch'io. - rispose.
Mentre attraversavamo uno
stretto viottolo, delimitato da una
cinta di mura, scorsi un anfratto nella
parete e mi c'infilai dentro
trascinandoci anche la mia compagna.
Roberta indossava calze
autoreggenti. Le abbassai le mutandine e
lei si adoperò a farle scivolare sino
alle caviglie. Infilai la mano sotto la
veste e le sollevai l'anca. Da quella
posizione cercai di penetrarla. Toccò a
Roberta accompagnare con la mano il
cazzo nella fica. In equilibrio su un
solo piede, con la schiena appoggiata
contro il muro, lasciò che fossi io a
muovermi con le anche.
Sotto gli effetti degli
afrodisiaci che avevamo ingurgitato in
grande quantità eravamo tutt'e due
madidi di sudore, nonostante la
temperatura dell'aria fosse vicina allo
zero. Scopavo e pensavo solo a venire,
infischiandomene della gente che avrebbe
potuto vederci. L'unica cosa che premeva
a entrambi era di appagare i sensi e
godere, godere e ancora godere. Questo e
nient'altro ci premeva.
Ero prossimo a venire
quando Roberta mi supplicò di non
farlo.
- Ti prego. Ti prego, non
venire... non venire... aspettami!
Rallentai il movimento del
cazzo fino a quando raggiungemmo
entrambi l'orgasmo stringendoci l'uno
all'altra in un caldo abbraccio.
- Sporcaccioni!
Vergognatevi! - Esclamò una voce di
donna attraverso il muro di nebbia che
avvolgeva il viottolo.
- Vado ad avvisare i
carabinieri. Vi metteranno a posto loro.
Sporcaccioni! Vergognatevi!
Le parole ci riportarono
alla realtà. C'incamminammo verso il
parcheggio dove avevamo lasciato
l'autovettura e abbandonammo il paese.
Alle sei del pomeriggio, dopo due ore di
viaggio, passando attraverso un fitto
muro di nebbia, arrivammo a Parma.
Sono trascorsi parecchi mesi da quel pomeriggio di festa. Per
molto tempo, ogni prima domenica del
mese, giorno in cui si tiene il
mercatino di modernariato nel paese
lombardo, seguitammo a fare visita alla
caffetteria.
Mia moglie, ottima donna di
cucina, ha imparato ogni segreto dei
dolci al marzapane ed è in grado
di modellare qualsiasi forma, anche le
più difficili. Sa usare i pennelli,
applicare il colore, incidere i solchi e
mettere in rilievo i bordi. Ogni
domenica, a casa nostra, abbiamo nuovi
invitati a pranzo e lei non finisce di
stupirli con le sue erotiche
prelibatezze.
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