SUDICIUME
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       La saracinesca del negozio aveva retto bene all'urto della Volvo station-wagon che i malviventi le avevano scaraventato contro, poi l'allarme aveva fatto il resto costringendoli alla fuga. 
    Una soddisfazione soltanto parziale, quella della tenuta della saracinesca perché, in meno di un anno, era la seconda spaccata che io e mio marito subivamo al negozio di articoli sanitari. Ad agire, secondo quanto documentato dalle telecamere di sorveglianza, erano stati tre uomini con il volto mascherato da passamontagna. 
    Stavolta i ladri, giunti sul posto con un paio di automobili, non erano riusciti a realizzare il bottino della volta precedente. In ogni caso i costi per la sostituzione della saracinesca e del vetro antisfondamento della vetrina erano stati rilevanti.
    Il precedente furto commesso ai danni del negozio, specializzato nella vendita e noleggio di apparecchiature elettromedicali, era avvenuto sei mesi prima di quella nuova spaccata. In quella occasione i ladri avevano sottratto merce per un valore di poco superiore ai centomila euro. Entrati dalla porta posteriore del magazzino, dopo avere messo fuori uso l'impianto d'allarme, avevano trafugato determinati e costosi apparecchi elettromedicali, mentre altri oggetti, seppure di pregio, li avevano completamente ignorati, come se i ladri avessero con sé una lista della spesa. Probabilmente si era trattato di un furto su commissione, perpetuato da gente del mestiere che sapeva dove andare a smerciare il materiale trafugato.
    Dopo il tentativo di furto finito malamente gli stessi malviventi hanno ripetuto il colpo per la terza volta la scorsa settimana. Prima però hanno fatto visita alla nostra abitazione, una villetta situata alla periferia nord della città.

    I ladri sono entrati in azione poco dopo mezzanotte. Per prima cosa si sono liberati di Wolf, il nostro cane da guardia, cui hanno rifilato dei bocconcini di carne avvelenata, dopodiché hanno forzato la porta d'ingresso della villa e sono saliti nella camera dove io e Giancarlo riposavamo.
    Quando la stanza da letto si è illuminata mi sono svegliata. Ho aperto le palpebre e ho subito ripreso a dormire pensando che Giancarlo si fosse alzato da letto per recarsi in bagno, anche se non è solito accendere l'abat-jour. 
    Tutt'a un tratto mi sono sentita sottrarre dalla pelle la trapunta di piumino che ricopriva il mio corpo nudo. Ho aperto gli occhi e ho guardato nella direzione dei miei piedi. Solo allora mi sono avveduta della presenza di tre uomini incappucciati nella stanza.
    Impaurita mi sono messa a urlare. Ho cercato la protezione di Giancarlo, svegliatosi di soprassalto, che si è ritrovato con la lama di un coltello puntata dritta al collo, e quindi costretto a rimanere immobile nel letto.
    Ho cercato di coprire le nudità del mio corpo tirando verso di me la trapunta di piumino arricciato ai miei piedi, ma ne sono stata impedita da uno degli uomini camuffati con il passamontagna che mi ha fatto segno con un dito di non provarci. Allora mi sono seduta sul letto. Istintivamente ho piegato le ginocchia, arricciandole verso i seni, per proteggere la vista del mio corpo nudo ai tre aggressori.
    Durante quegli attimi di terrore non ho pensato ad altro che a me stessa, impaurita dalla strana situazione in cui io e Giancarlo c'eravamo venuti a trovare. Tutt'a un tratto uno dei tre rapinatori ha preso la parola e si è rivolto a mio marito.
  - Adesso tu fai il bravo, ti vesti con calma e ci accompagni al negozio. Ci serve la tua presenza per aprire la porta blindata che si trova sul retro del magazzino. Dopo il colpo lasceremo libero te e la tua bella mogliettina che rimarrà qui, in ostaggio, fintanto che io e il mio compare avremo finito il nostro lavoro. Hai capito quello che ti ho detto di fare o preferisci che usiamo le maniere forti?
    L'intonazione della voce dell'uomo, il più piccolo dei tre componenti la banda di rapinatori, ma anche quello con il fisico più massiccio, aveva un chiaro accento meridionale, siciliano forse, ma a posteriori non ne sono troppo sicura perché per quanto ne so avrebbe potuto essere anche calabrese o napoletano.
    Giancarlo non gli ha dato risposta, motivo che ha spinto il malvivente a sferrargli un manrovescio al viso. Una striscia di sangue rosso vivo ha cominciato a uscirgli da una narice, costringendo mio marito a frenare l'emorragia con il palmo di una mano. Aveva appena stretto le dita contro il naso, tamponando l'emorragia, quando un paio di pugni, sferratigli con violenza da un componente della banda, l'ha colpito allo stomaco obbligandolo a piegarsi su se stesso.
    - Allora ti decidi a collaborare con noialtri oppure preferisci che ti massacriamo di botte? Fammi sapere quello che hai deciso di fare perché non abbiamo tempo da perdere, decidi alla svelta.
    - Fate quello che volete, non m'importa una sega. Picchiatemi pure.
    - Non t'importa? - lo ha interrotto l'uomo che si trovava ai miei piedi, in fondo al letto. - Allora nemmeno t'importa se ci prendiamo cura della tua donna?
    Stavolta Giancarlo non ha potuto fingere di non sentire. Quando il malvivente si è avvicinato a me, costringendomi ad abbassare le ginocchia, che per tutto il tempo avevo mantenuto appiccicate al petto, allora ha detto qualcosa.
    - Lasciatela stare, prendetevela con me piuttosto. Cosa vi abbiamo fatto per meritarci tutto questo?
    - Niente. - ha detto il più basso dei tre, lo stesso che in precedenza aveva infierito su mio marito infliggendogli un paio di pugni allo stomaco in breve successione. - Vogliamo solo che ci accompagni al negozio, solo questo vogliamo da te. Se ci darai ascolto non succederà niente né a te né a tua moglie, altrimenti...
    L'uomo che si trovava a fianco del letto, dove stavo sdraiata con le mani incrociate a protezione del pube, ha lasciato cadere una mano sul mio addome, e l'ha fatta scivolare lentamente verso il basso scostandomi le mani fino ad arrivare al solco della figa. A quel punto è entrato con un paio di dita fra le grandi labbra e ha sfiorato il clitoride.
    - Hai una bella moglie, lo sai? Sarebbe un peccato rovinarle il grazioso faccino e qualcos'altro fra le cosce. Ha detto tirando fuori dalla tasca del giubbotto uno stiletto, la cui lama si è premurato di dirigere verso di me.
    Giancarlo ha fatto l'atto di sollevarsi dal letto, ma è stato ricacciato indietro da un pugno che gli è arrivato dritto in pieno viso tramortendolo. Quando si è ripreso ha guardato nella mia direzione e non ha potuto fare a meno di osservare uno dei tre delinquenti intento a strizzarmi i capezzoli. Me li aveva fatti diventare turgidi, il porco, e di questo me ne vergognavo.
    - Vedi che porca è tua moglie? Si eccita come una cagna in calore a essere toccata. Vuoi che ce la scopiamo tutt'e tre, uno dopo l'altro, oppure preferisci accompagnarci al negozio?
    Ho assistito alla scena senza sapere cosa pensare, perché se da un lato desideravo che Giancarlo li accompagnasse al negozio per liberarmi della loro presenza, nello stesso tempo non volevo che ci derubassero. Ci ha pensato mio marito a togliermi dall'imbarazzo quando ha detto:
    - Va bene, dai, vi accompagno, ma lasciate stare mia moglie.
    Lo hanno fatto rivestire, stavolta senza fargli fretta, dopodiché due di loro lo hanno preso in custodia e trascinato fuori dalla stanza. Poco dopo, dalla finestra che dà sulla strada, ho udito il rumore di una macchina che si allontanava. Io invece sono rimasta nuda sul letto, in compagnia del terzo uomo, come ostaggio, con la promessa che sarei stata liberata appena i suoi compagni avrebbero fatto razzia del materiale sanitario custodito nel magazzino del negozio.

    Sdraiata sul letto, nuda, senza il lenzuolo addosso, mi sentivo in imbarazzo per la presenza dell'uomo rimasto a farmi da guardia. Sentivo freddo ed ho voluto trascinare il piumone, raccolto ai miei piedi, verso l'addome, ma sono stata impedita nel gesto dall'uomo incappucciato. Allora mi sono seduta sul letto, con le gambe flesse e le ginocchia di nuovo a contatto con le tette.
    - Perché vuoi nascondere il tuo corpo?
    - Sento freddo, sia buono. Mi permetta di coprirmi col piumone.
    - Invece mi fa piacere stare a guardare il tuo corpo nudo. Sei una bella donna, e lo sai d'esserlo pure tu, vero?
    Ho esitato prima di rispondergli, infine ho preferito soprassedere dall'insistere con la mia richiesta per non farlo innervosire.
    - Quanti anni hai? Trenta?
    Ho chinato il capo vergognosa perché non mi andava di confessargli che di anni ne ho quaranta. Mi sono tenuta i dieci anni in meno che mi ha assegnato, anche se non me ne importava granché stante la situazione di rischio in cui mi trovavo.
    - Beh, allora? Quanti anni hai, bellezza?
    - Che importanza ha?
    - Sono curioso di saperlo, mi piacciono le donne more come te. Sei del meridione, vero?
    - Perché?
    - Hai la pelle ambrata come le donne della mia terra.
    - Invece sbagli, sono parmigiana purosangue. Sono scura di pelle perché abbronzata.
    - Allora fai dei lettini a raggi infrarossi?
    - Sì, che c'è di strano.
    - Niente, niente. Mi fai venire voglia di scoparti bella come sei. Hai belle tette e poi devi avere anche la figa abbastanza stretta poiché non hai mai partorito, presumo.
    - Può darsi.
    Mi sono trovata a rispondere alle sue domande come se la situazione in cui mi ero venuta a trovare fosse del tutto normale, invece ero sua prigioniera e avrei dovuto temere l'uomo ai piedi del letto.
    - Hai una figa ben curata da quello che riescono a vedere i miei occhi.
    Solo allora mi sono accorta che, tenendo le ginocchia flesse, dalla sua postazione poteva rivolgere lo sguardo alla figa e persino verso il buco del culo quando mi curvavo con la schiena all'indietro. Sono rimasta immobile per poco tempo, poi ho accostato i calcagni verso le cosce nascondendo le fessure delle mie intimità.
    - Hai anche un bel culo! Mi piacerebbe nasconderci dentro il cazzo anche solo per poco tempo. Ti incula spesso tuo marito? Ci scommetto di sì, sei un po' troia a letto, vero? Non rispondi?
    Spaventata da quella sua insistenza ho pensato che avrebbe potuto violentarmi se ne avesse avuto voglia, e non sarei stata in grado di oppormi se lo avesse fatto, specie se volevo che Giancarlo tornasse a casa sano e salvo.
    - Abbassa le gambe e fammi vedere la figa, dai, fai la porca anche con me.
    - Perché dovrei farlo. - ho risposto.
    - Giusto perché te lo ordino, che altro? E poi sei un po' troia, no?
    Del volto del mio carceriere, occultato dal passamontagna, riuscivo a vedere soltanto la striscia di pelle che andava da un occhio all'altro. La bocca era coperta dal passamontagna, ma il suono della voce, attraverso il tessuto, mi giungeva nitido comunque. Ho rifiutato di divaricare le gambe e le ho mantenute intrecciate, con le cosce appiccicate all'addome. Il mio carceriere è parso arrabbiarsi poiché non gli davo retta. E' venuto verso di me e con la forza delle braccia mi ha obbligata a stendere le gambe.
    - Adesso allargale per bene. - ha detto in maniera decisa.
    L'ho assecondato e ho divaricato le gambe, subito dopo ha posato una mano sul monte di Venere e ha finito per farla scivolare in basso passando oltre i peli fino a raggiungere le labbra della figa. Ho avuto un sussulto e istintivamente ho serrato le cosce per difendermi da quella intrusione.
    - Hai i peli corti, ci scommetto che li tagli spesso, è così?
    Sono rimasta muta mentre con le dita s'intrufolava fra i peli stirandomeli, senza cagionarmi sofferenza, ma qualcosa di diverso che ancora oggi non saprei dire cos'era; eccitazione forse. Tutt'a un tratto si è fatto più ardito e con le dita è scivolato dentro le grandi labbra, dopodiché ha incominciato a lisciarmi la pelle coccolandomi il clitoride.
    In breve tempo mi sono trovata la piccola escrescenza turgida e ho cominciato a bagnarmi. Lui deve essersene accorto perché ha insistito a strofinarmi il clitoride e accompagnato più volte un dito nella cavità della vagina umida d'umore.
    - Ti piace essere toccata così, eh? Ci scommetto che tuo marito ti scopa spesso, sei troppo puttana per non farti scopare almeno tutti i giorni, è così?
    Non gli ho dato risposta, ma ho permesso che seguitasse a toccarmi in quel modo indecente senza scostarmi, anche perché impossibilitata a ribellarmi.
    - Sì, deve essere così, devi essere una ciucciacazzi e io ho voglia di metterti alla prova per vedere cosa sai fare. 
    Quando ha pronunciato quelle parole ho provato a immaginare quali fossero le sue intenzioni, poi ha cominciato a sbottonarsi la patta dei pantaloni e mi è stato tutto chiaro.
    L'arnese che gli è uscito fra le cosce era turgido e sussultava davanti a me. Avrei potuto arrischiarmi ad abbandonare il letto e scappare, ma per andare dove? Invece sono rimasta lì, impietrita, finché mi ha afferrato una mano obbligandomi a impugnare il cazzo.
    - Beh, cosa aspetti? Menamelo! Oppure preferisci che ti sfregi il viso.
    Ho avuto paura che potesse sfregiarmi le guance per davvero, così ho cominciato a menarglielo, il cazzo, seduta sul letto, con gli occhi puntati sulla cappella evitando di guardare il viso, seppure mascherato del mio carceriere, per la vergogna che stavo provando.
    Non stringevo nella mano un cazzo diverso da quello di mio marito da tempo memorabile, anche se prima di sposarmi avventure ne ho avute parecchie e cazzi ne ho menato e succhiato in gran numero perché sono sempre stata una donna malata di sesso. 
    Ritrovarmi a toccare le nerbosità del cazzo dell'uomo che mi stava davanti mi ha eccitata, anche se avrei pagato non so cosa per non essere lì, alla mercé di uno sconosciuto che manteneva celato il viso sotto un passamontagna.
    Mentre fissavo la cappella, divenuta violacea, ho pensato all'età che poteva avere l'uomo a cui stavo facendo la sega.
    Smilzo, alto più del normale, vestiva in modo giovanile, con jeans e giubbotto di pelle. Per curiosità gli ho guardato le mani, l'unica parte del suo corpo, a parte il cazzo, scoperte. Le unghie erano ben curate, mentre le dita sottili e slanciate erano prive di calli. Non portava la vera al dito, quindi doveva essere abbastanza giovane, ho pensato. Stavo facendo questo tipo di riflessioni quando si è rivolto a me.
    - Succhiamelo!
    - No. Non voglio. - ho risposto alzando il capo nella direzione del suo viso.
    Ho appena fatto in tempo a pronunciare la frase che mi ha colpito con un ceffone al viso facendomi stramazzare sul letto. Mi sono ritrovata con un forte dolore alla mascella, riversa con il torace sul cuscino, senza sapere cosa fare. Mi ha preso per un braccio e con la forza di un bruto mi ha trascinata sul pavimento. Mi ha afferrato per i capelli e obbligata a mettermi in ginocchio davanti a lui.
    - Succhia! - ha detto ancora una volta.
    Mi sono trovata dinanzi alla bocca una cappella grossa, di colore rosso prugna, invitante, che pulsava. Non ho fatto altro che aprire le labbra e ingoiarla per intero, tutta, poi ho cominciato a succhiare.
    - Brava! Continua così. - ha detto.
    Ho seguitato a succhiare mentre lui accompagnava il bacino in avanti imponendomi il ritmo del pompino. Ho succhiato aiutandomi con la mano stretta alla radice del cazzo fintanto che è venuto schizzandomi lo sperma in gola, obbligandomi con la forza delle mani, strette attorno al capo, a non sfuggire.
    - Ti è piaciuto succhiarmelo eh. Troia!
    Non ho risposto alla sua provocazione. Ho deglutito lo sperma, dopodiché mi sono sdraiata sul letto. Ho nascosto il viso nel cuscino e ho cominciato a piangere. Stavo bagnando di lacrime la federa del cuscino quando mi sono sentita afferrare per i fianchi e sono stata trascinata via. Mi ha fatto stendere sul letto, a pancia in alto, con le gambe penzoloni a sfiorare con la pianta dei piedi il pavimento, dopodiché mi ha divaricato gambe e cosce e si è gettato su di me.
    Un paio di ceffoni sul viso hanno contribuito a rendermi più malleabile. Non ha incontrato difficoltà a penetrarmi nonostante fosse venuto da poco tempo. E' stata una scopata rabbiosa, durata a lungo, un andare e venire del cazzo dentro la vagina. Non ho potuto fare a meno di eccitarmi pur non collaborando con lui. Sono venuta di brutto, urlando! Mentre lui non aveva ancora raggiunto l'orgasmo.
    - Troia!! - è quello che mi sono sentita urlare addosso mentre lo stringevo forte a me nell'attimo in cui ho cominciato a contrarre l'utero e ho raggiunto il primo di una serie di orgasmi. Ne ho avuto un paio d'altri mentre seguitava a urlami addosso della troia, come è solito fare mio marito quando scopiamo perché mi eccita sentirmelo dire. Stava per venire anche lui quando il cellulare, nascosto in una tasca del giubbotto, ha cominciato a trillare ed è stato costretto a interrompere la scopata.
    Erano i suoi complici, l'ho capito quando, dopo che ha fatto passare il cellulare sotto il tessuto del passamontagna, vicino all'orecchio, ha detto: - E' andato tutto bene? - Ricevuto il probabile l'assenso di chi si trovava all'altra parte del telefono, mi ha sfilato il cazzo dalla figa, senza portare a termine la scopata e ha tirato su i pantaloni.
    - Okay, tuo marito si è comportato da gentiluomo. Ha fatto tutto quello che i miei compagni gli hanno ordinato, fra poco tornerà a casa sano e salvo. Contenta?
      Sentirmelo dire mi ha fatto piacere perché gli ultimi avvenimenti mi avevano fatto dimenticare che Giancarlo era loro prigioniero. Prima di prendere commiato ha provveduto a legarmi caviglie e mani al letto per impedirmi di chiede aiuto, poi ha avuto l'impudenza di baciarmi la figa sollevando solo in parte il passamontagna, infine mi ha pisciato addosso ed è fuggito via.

      Quando Giancarlo ha fatto ritorno a casa mi ha raccontato che i malviventi, una volta all'interno del negozio, avevano arraffato le apparecchiature elettromedicali di maggior pregio. A lui non ho raccontato della violenza subita, mi è mancato il coraggio per farlo. 
    Sono riuscita a liberarmi quasi subito dalle corde con cui il carceriere mi aveva legata al letto. Dalle indagini della polizia è emerso che i ladri hanno caricato il materiale sanitario asportato dal magazzino su un autocarro e sono fuggiti dopo avere legato mio marito a un termosifone. Il bottino del furto lo abbiamo quantificato in duecentomila euro, denaro che speriamo di recuperare come risarcimento dalla assicurazione.
    Se i ladri invece di occuparsi del materiale depositato nel negozio avessero messo a soqquadro ogni stanza della nostra abitazione, aprendo armadi, credenze e comodini, avrebbero fatto un colpo molto più redditizio, un colpo di parecchi milioni di euro, con tutta la cocaina che custodivamo, ma in questo caso avrebbero rischiato di vivere solo pochi giorni perché l'organizzazione di cui Giancarlo e io siamo affiliati non gli avrebbe mai perdonato un simile sgarbo.

 

 
 

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