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SPERIAMO
CI SIA LA NEBBIA!
(November Porc)
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Una
nube di impercettibili gocce d'acqua, sospese
nell'aria, avvolge la
campagna della Bassa Parmense. La coltre
di nebbia ha l'apparenza di un
ostacolo impenetrabile. L'unico elemento
che scorgo davanti al parabrezza dell'automobile è la sottile linea
bianca, tratteggiata, disegnata
sull'asfalto.
Il paesaggio
tutt'attorno la mia persona è avvolto nel nulla.
Cascine, poderi, alberi e persone sono
scomparsi, fagocitati dal colore cinereo
della nebbia.
Mentre guido ho
l'impressione di trovarmi in una
dimensione surreale, un mondo estraneo a
quello che ho lasciato alle mie spalle
uscendo dalla città. I suoni che mi
giungono alle orecchie sono svigoriti
dall'enorme spessore della nebbia,
soltanto la voce di Ombretta,
accovacciata al mio fianco, mi giunge
cristallina.
- C'era da
aspettarselo! Uscendo dalla città ero
certa che saremmo incappati in questa
fitta nebbia.
- Beh, che c'è di
strano? In questo periodo dell'anno è
normale che ci sia nebbia nei territori
della Bassa.
- Saranno contenti
gli organizzatori del November Porc. E'
quello che desideravano, no?
- Soltanto una coppia
di matti come noi due poteva spingersi nei territori della Bassa in
una giornata come questa.
- Ma lo hai letto il
manifesto del November Porc?
- Perché?
- Nel sottotitolo c'è
scritto: "Speriamo ci sia la
nebbia".
- E allora?
- E allora stai
attento a come guidi! - urla Ombretta
quando in una curva a gomito,
nell'attraversamento dell'abitato di
Viarolo, sto per sbattere contro una
autovettura che viaggia in senso
contrario rispetto alla nostra marcia.
Mi sporgo con il
busto in avanti e con un panno
antistatico provo ad asciugare il
parabrezza che purtroppo rimane umido.
- Noi due non siamo
mai stai una vera coppia, eh? -
sentenzia Ombretta.
- Perché dici
questo?
- Non è forse vero?
- Non lo so.
- Quante volte mi hai
detto "Ti amo"?
- E tuo marito te lo
ha mai detto?
- Ma lui che centra?
Sto parlando di noi due.
- E tu quante volte
mi hai detto "Ti amo"?
- Non lo so.
- Mai! Te lo
assicuro.
- Sbagli.
- Ne sono certo.
- Va be', allora sarà
come dici tu.
- Cosa ce lo ha
impedito?
- Non lo so
- Forse non ci siamo
mai amati abbastanza. E' triste
ammetterlo, ma è così.
Tutt'a un tratto mi
tornano alla mente avvenimenti che ci hanno visti
protagonisti, flashback incastrati nella
memoria insieme a certe sue parole come
in un puzzle. Sono trascorsi cinque
anni dal quando abbiamo messo fine alla
nostra relazione. E' successo senza che
nessuno dei due si degnasse di dire
addio all'altro. Non ci siamo più
cercati e basta. Strano, ma vero. Eppure
non avevamo litigato, anzi, l'ultima
volta che eravamo stati insieme avevamo
persino fatto l'amore. Sennonché oltre
a scopare con me e il marito lo faceva
anche con altri uomini, se le capitava
l'occasione. Eppure è bastata una sua
telefonata e dopo cinque anni sono di
nuovo qui a prestarle attenzione.
- Tuo marito?
- Te l'ho detto. E'
andato a Livorno.
- A Livorno?
- Beh, che c'è di
strano?
- Niente.
- E' partito
stamattina con il pullman del Centro di
Coordinamento dei Parma Club.
- Perché non sei
andata con lui?
- Dovresti saperlo
che non m'interesso di calcio.
- E cosa t'interessa?
- Secondo te? -
sorride sibillina.
- E' questo il motivo
per cui mi hai telefonato?
Alla rotonda che
conduce a Sissa oppure verso San Secondo
decido di superare il ponte sul fiume
Taro e proseguo per la strada
provinciale che conduce a Roccabianca e
Zibello.
La nebbia in
prossimità dello scavalco del fiume si
è fatta più densa. Ho difficoltà a
scorgere la linea bianca tratteggiata
sulla strada. La visibilità non va
oltre una decina di metri o poco più.
- Adoro la nebbia. -
si lascia sfuggire Ombretta.
- Ti piace la nebbia?
- Che c'è di tanto
strano?
- La nebbia più di
ogni altro evento atmosferico è un
pericolo per chi viaggia. Le goccioline
d'acqua sospese nell'aria sono peggio
del ghiaccio e della neve.
- Pensala come vuoi,
ma preferisco di gran lunga la nebbia
alla coltre caliginosa che respiriamo in
città. La nebbia, al contrario dello
smog, non avvelena. Me ne darai atto,
no?
- Mah!
- E poi la nebbia mi
provoca delle sensazioni strane. E'
eccitante attraversare la coltre di
gocce d'acqua, non trovi?
La mano di Ombretta
va a posarsi sulla gamba che fa
pressione sul pedale dell'acceleratore.
Mi accarezza la coscia e si sposta con
le dita verso l'inguine.
- Perché mi hai
cercato? Erano cinque anni che non ci
vedevamo, non stavi bene senza vedermi?
- Te l'ho detto. Mi
sentivo sola.
- Sola?
- Sì, che c'è di
tanto strano?
- Niente, eppure gli
uomini non dovrebbero mancarti.
- Se ti riferisci al
passato hai ragione. Ammetto di averne
avute molte di storie, non troppe come
pensi tu, ma non ho mai portato avanti
una storia vera.
- E la nostra come la
classifichi?
- La nostra storia è
stata la più vera.
- Perché?
- Non lo so.
- Prova a dirmelo se
ti va.
- La ragione vera è
che tu sei diverso da tutti gli altri
uomini con cui ho fatto l'amore.
- Diverso?
- Sì, diverso.
- Allora che ho di
così strano?
Magari non ne sei
consapevole, ma sei diverso da tutti gli
altri. Te lo giuro, sono sincera.
- Adesso mi hai reso
curioso, parla, dai.
- Te lo dico, ma non
devi offenderti, eh.
- E perché mai?
- Quello che provavo
con te ogni volta che facevamo l'amore
non l'ho mai provato con nessun altro ed
è vero. Il fatto strano è che tu fai
l'amore in maniera molto femminile.
- In maniera
femminile? - resto sorpreso. - Cioè?
- E' difficile da
spiegare e non voglio offenderti, ma
quando facevamo l'amore i tuoi
atteggiamenti non erano del tutto uguali
a quelli degli altri uomini con cui ho
scopato. Ti ho visto raggiungere più di
un orgasmo tremandomi addosso
semplicemente baciandomi a lungo. Ho
sempre avuto l'impressione che ti
eccitassi di più a baciarmi che a
scoparmi. E a me questo tuo modo di fare
l'amore mi faceva immenso piacere, non
immagini quanto, più di una qualsiasi
scopata. Ma gli altri uomini non si
comportano come te, lo sai?
- Questo ti fa
pensare che non sono normale? Che sono
gay?
- No, assolutamente,
non volevo dire questo.
- Allora che sono
bisessuale?
- Solo che sei
diverso da tutti gli altri uomini che ho
avuto.
- E' vero. Sono
diverso, ma non sono né gay né
bisessuale, mi spiace che tu lo abbia
pensato.
- Non hai capito un
cazzo di quello che con tanta fatica ho
faticato a dirti! Volevo solo farti
presente che nel fare l'amore sei molto
femminile, che ti piaccia o no è la
verità. Raramente mi hai chiesto di
fare cose che gli altri uomini vogliono
da me dalla prima sera che esco con
loro.
- Cosa avrei dovuto
fare? Pretendere di scoparti ogni volta
nel culo? Farmi fare un pompino nelle
rare mezzora in cui ci vedevamo e
sborrarti ogni volta in volto oppure
nella bocca? Avrei dovuto chiederti di
leccarmi il buco del culo e infilarci un
dito? Sono queste le cose che ti
chiedono gli uomini con cui scopi
occasionalmente? Dimmi! E' questo? Ma lo
sai qual era la differenza fra me e
tutti loro? La differenza era che io ti
amavo, e non sai quanto. Ma questo non
sei mai riuscita a capirlo, vero? Eri
troppo presa nel raccontarti, a
strombettare la tua infelicità
rammaricandoti di fare coppia con un
marito che non sa scoparti o lo fa
raramente, preferendo lasciarti scopare
da ogni cane che passa per strada e ha
voglia di montarti ficcandotelo nel culo.
- Scherzi?
- No, dico sul serio,
non ti è mai importato di sapere ciò
che provavo per te, e quali erano le mie
preoccupazioni. Le poche volte in cui ho
cercato di farlo hai liquidato i miei
discorsi dicendomi che ero noioso,
ricordi?
- No.
- Beh, allora
mettiamoci una pietra sopra.
- Va bene.
Davanti al parabrezza
dell'automobile ho un lungo rettilineo.
I fendinebbia illuminano la striscia
bianca intermittente tracciata sul
selciato. Vado avanti a rilento senza
superare i 50 km/h.
In corrispondenza con
l'incrocio che conduce al Ponte di
Ragazzola, verso la sponda lombarda del
Po, scorgo un cartello della segnaletica
stradale che indica il paese di Zibello.
Ancora quattro
chilometri e avremo raggiunto la nostra
meta.
Dopo il vivace
scambio di idee rimaniamo a lungo muti
senza scambiare una sola parola.
Abbandonata la strada provinciale
proseguiamo per Zibello. La carreggiata
è occupata su entrambi i lati da file
di autovetture parcheggiate in bilico a
ridosso dei fossi di scolo delle acque.
- Deve esserci
parecchia confusione in paese se in
tanti hanno parcheggiato l'automobile
così distante dalla piazza principale
del paese. - dice Ombretta.
- Hai ragione. Forse
dovremmo parcheggiare l'auto e
proseguire a piedi. Che ne pensi?
- C'è un buco là. -
mi fa segno Ombretta indicando uno
spazio alla nostra sinistra fra due
autovetture.
- Va bene, dai,
parcheggiamo lì.
Le strade del paese,
solitamente deserte, sono occupate dalla
folla di visitatori. Ci muoviamo con
difficoltà fra le bancarelle che
espongono ogni genere di prodotti
gastronomici. Fra i bancali che
mercanteggiano lo Strolghino, la Spalla
Cotta, il Parmigiano Reggiano, il Prete
e il vino Fortana trovano posto
altrettanti banchi con tipicità e
squisitezze provenienti da ogni parte
d'Italia.
- Penso che sia
davvero azzeccata una manifestazione
dedicata al maiale, specie in una terra
come questa della Bassa, non trovi?
- Beh, di salumi qui
ce n'è davvero per tutti i gusti. Hai
intenzione di acquistare qualcosa?
- Boh, adesso sto a
vedere, magari compro uno Strolghino per
mio marito.
- Dopo sarai
costretta a dirgli che sei venuta qua.
- E allora?
- Ti domanderà con
chi ci sei stata.
- Gli dirò che ci
sono venuta con un amico, che c'è di
strano?
- Niente, ma non
t'infastidisce che qualcuno ti possa
vedere insieme a un uomo che non è tuo
marito?
- Cazzo! Parli
proprio tu, ma ti rendi conto di quello
che stai dicendo.
- Sì, hai ragione.
Curiosa come la
maggioranza delle donne Ombretta si
attarda dinanzi a ogni bancarella. Si
diletta nel fare piccoli assaggi dei
prodotti esposti sui bancali. Alla fine
del percorso mi ritrovo a stringere
nelle mani due sacchetti di plastica
colmi di prodotti gastronomici.
- Andiamo là, dai.
- Ma non sei ancora
stanca?
- No, e tu?
- E se andassimo a
sederci sotto il tendone gastronomico
che abbiamo visto nel cortile dell'ex
convento dei frati cappuccini? Potremmo
toglierci la sete con una birra e
rifocillarci con un piatto di buon
culatello.
Ombretta fa una
smorfia e intuisco che non è il caso
d'insistere.
- Con tutti gli
assaggi che ti sei fatta non hai più
fame, vero?
- Non fare lo stronzo,
andiamo là, dai.
Ombretta mi indica
uno stand poco distante. Lo spazio è
assediato da curiosi; bambini per lo più.
Un maiale, pesante almeno un quintale,
fa bella mostra di sé in un piccolo
recinto approntato alla bene e meglio.
Un uomo piuttosto anziano, avvolto nel
tabarro, con un paio di baffi alla
Giovanni Guareschi, stringe nella mano
un microfono e incita gli spettatori ad
acquistare un biglietto della lotteria
della Giostra del Maiale.
- Hai capito? Al
primo biglietto estratto della lotteria
sarà aggiudicato il maiale. Il
vincitore potrà disporre della bestia
facendone ciò che vuole.
- Acquistiamo un
biglietto anche noi?
- Eh? Sei ammattita?
E se vinciamo cosa ne facciamo del
maiale?
- Qualcuno mi ha
messo la mano sul culo. - Mi sussurra
all'orecchio Ombretta.
- Ma dai, non fare la
cretina.
- Ti assicuro che me
lo hanno palpato.
Mi giro e guardo la
gente che sta assiepata alle nostre
spalle. I volti sono di gente comune:
facce di uomini, donne e bambini.
Nessuno di loro ha l'apparenza di essere
un pervertito o una depravata.
- Beh, che c'è di
strano? Qualcuno senza accorgersene ti
avrà sfiorato il culo. Di sicuro hai
scambiato il gesto per una palpata.
- Ti dico che non è
andata così. Ho avvertito schiudersi la
mano sulle natiche, ne sono certa. -
seguita a lamentarsi mentre ci
allontaniamo dallo stand della lotteria.
- E non ti è
piaciuto? Allora sei davvero cambiata!
Una volta ti saresti bagnata per
l'eccitazione.
- Ma dai, non fare il
cretino, mi sarebbe piaciuto vedere te
al mio posto.
Lascio cadere la mano
sul pelo di pelliccia di Ombretta,
all'altezza delle natiche, e gliele
palpo.
- Ti ha messo la mano
in questo modo?
- Sei proprio un
cretino, qualcuno potrebbe vederti.
- Cosa ti ha spinta a
telefonarmi?
- Te l'ho detto mi
sentivo sola. Avevo bisogno di compagnia
e ho pensato a te, che c'è di strano?
- E me lo chiedi?
- Il Novembre Porc mi
è sembrata l'occasione giusta per
rivederti e assaporare qualcosa di
diverso, non credi?
- Ma cosa ti va
d'assaporare nella tua bocca?
Ombretta mi guarda e
si lascia sfuggire un sorriso malizioso
mentre ci allontaniamo dallo stand della
lotteria del maiale. Il buio della sera
ha già oscurato le strade male
illuminate del paese. C'infiliamo in un
viottolo che conduce al sagrato di una
chiesa. Lo spiazzo tracima di
bancarelle. Prendo Ombretta per mano e
la trascino verso la porta della chiesa.
- Ma che ti prende?
Dove mi vuoi portare?
- Stai zitta!
- Ma...
Conduco a forza
Ombretta oltre la porta senza curarmi
delle sue lagnanze. All'interno del
luogo di culto la luce è pressoché
assente. La navata centrale è occupata
da una composizione di sedie disposte in
doppia fila e affiancate una all'altra.
Mi dirigo verso il presbiterio
trascinandomi appresso Ombretta. Le
navate laterali della chiesa sono
illuminate da candele ordinate a
piramide sopra i portaceri votivi,
posizionati davanti alle cappelle dove
sono esposte della immagini sacre.
L'odore della cera
che si scioglie si fa più intenso
quando passiamo davanti a una cappella
che ha la parete affrescata
dall'immagine di una bellissima Madonna
con il bambino.
Raggiungiamo il
presbiterio e mi avvicino a uno dei
confessionali disposti uno faccia
all'altro nei due transetti,
immediatamente sotto la balconata in
legno dorato che ospita le canne
dell'organo.
- Posso sapere perché
mi hai trascinata qui?
- Prova a
indovinarlo?
Ombretta mi guarda
inquieta mentre le prendo la mano e
gliela conduco sulla patta dei
pantaloni.
- No, qui, no, ti
prego.
- Perché?
- Non voglio.
Il rifiuto accresce
la voglia che ho di scoparla. Afferro la
manica della pelliccia e trascino
Ombretta verso il confessionale, lì
dove i penitenti sono soliti andare a
sedersi dinnanzi alla grata oltre la
quale si nasconde il pastore di anime.
- Ti prego!
Non le do ascolto.
Faccio scendere la lampo e tiro fuori la
cappella. Metto il cazzo nella sua mano
e Ombretta lo stringe per intero fra le
dita.
- Non posso! - si
lamenta.
Le infilo la mano
sotto la gonna e risalgo con le dita
lungo la coscia. Supero il bordo
elastico della calza autoreggente e
raggiungo il pube. Ombretta non indossa
le mutandine. Ne ero certo.
- Smettila, ti prego.
Potrebbe arrivare gente.
- E non ti eccita la
cosa?
- No.
- Eppure ce l'hai
bagna fradicia.
Tolgo le dita umide
dei suoi umori e gliele infilo nella
bocca. Ombretta succhia con avidità le
dita ansimando di piacere.
- Te l'ho detto che
ti sarebbe piaciuto.
Puntellata contro il
legno del confessionale non si ribella,
lascia che la masturbi mugolando di
piacere mentre vado avanti e indietro
con le due dita che ho infilato nella
fessura della vagina. Tutt'a un tratto
s'inginocchia ai miei piedi e mette il
cazzo in bocca. Spingo la cappella in
avanti mentre Ombretta si danna l'anima
nel fare aderire le labbra al tronco del
cazzo che lascia scorrere nella bocca.
Godo, cazzo se godo!
A succhiarlo è
davvero brava, ma questo lo sapevo già.
Appendo le mani intorno al suo capo e
guido il movimento della bocca
sincronizzandolo con la spinta del
bacino. Le gambe mi tremano. La sua
malinconia è riempita dal sapore dello
sperma che le verso nella bocca mentre
vengo. Ombretta si solleva da terra e mi
bacia scaricandomi fra le labbra lo
sperma che ha trattenuto dentro di sé.
Quando lasciamo
Zibello la nebbia si è in parte
diradata. Un lungo serpentone di
autovetture ci pilota sino all'incrocio
con la Via Emilia. Ombretta se ne sta
con il viso appoggiato alla mia spalla e
ha voglia di parlare.
- Mi capita spesso di
pensare che avremmo potuto formare una
bella famiglia noi due. Non hai
rimpianti?
- No.
- Hai nostalgia del
periodo in cui siamo stati innamorati?
- La nostalgia è un
po' come masturbarsi senza provare
piacere. Una perdita di tempo. Quando
siamo stati insieme è stato bello e
tutto aveva un suo fascino. Adesso non
siamo più gli stessi di allora ed è
inutile abbandonarsi ai ricordi.
Ombretta sbottona la
pelliccia, allarga le gambe, reclina il
capo sul sedile e comincia masturbarsi.
- Sei ancora
eccitata?
Non mi dà risposta,
mi afferra la mano che tengo sul pomello
del cambio e l'accompagna fra le sue
cosce. Ha la figa fradicia di umore.
- Non ti manca
questa?
Stavolta non le do
risposta. Rimuovo la mano dalla passera
e la poso sul volante.
- Sono fermamente
decisa a cambiare abitudini sessuali,
potrei diventare lesbica. Che ne pensi?
E poi le donne leccano la figa molto
meglio degli uomini. Ma anche tu eri
bravo a succhiarmi il clitoride, ti
piaceva stare accoccolato fra le mie
cosce tenendoti aggrappato con le mani
al mio sedere. Riuscivi a portarmi in
cielo, davvero! Ricordi quante volte mi
hai detto che ti sarebbe piaciuto
vedermi fare del sesso con un'altra
donna? Sono un tipo freddo, eh? Dimmi la
verità. Non parli?
- E' vero, sei povera
di sentimenti, oppure non sei capace di
esprimerli, forse è per questo che
nessun uomo riesce a soddisfarti. Magari
sei davvero lesbica, dovresti provare a
fare l'amore con una donna, chissà.
- E tu allora con chi
farai l'amore quando sarai di nuovo solo
fra le mura della tua canonica? Sono
certa che non ti basterà masturbarti.
Non sei un prete come tutti gli altri,
hai troppa malinconia di vivere.
Sulla
circonvallazione della città le
autovetture si muovono lente come
lumache. Ombretta ha finito di
masturbarsi. E' venuta più di una volta
urlandomi in faccia il suo piacere.
Ancora una decina di minuti e saremo al
parcheggio di Via Toschi, dopodiché la
scaricherò davanti alla sua
autovettura, poi farò di nuovo ritorno
a casa, alla mia parrocchia.
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