SEX TRAFFICKING
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

         La notizia di una rapina perpetuata ai danni di una tassista romana, presa a pugni e poi violentata da un cliente, era in grande rilievo sulla prima pagina del Corriere della Sera.  Francesca era rimasta scioccata leggendo l’articolo di cronaca nera, redatto con dovizia di particolari da un giornalista del quotidiano meneghino. Anche lei come la malcapitata esercitava la professione di tassista, cosicché, leggendo la notizia, pensò che sarebbe potuto capitarle di trovarsi nella condizione di subire la medesima violenza sessuale.
    L’assalitore, un uomo di trent’anni, dal chiaro accento romano, salito sul taxi nei pressi della stazione Termini, aveva costretto la tassista, minacciandola con la lama di un coltello, a condurlo sino alla periferia della capitale. Una volta raggiunta l'aperta campagna l'aveva rapinata e presa a pugni, poi aveva abusato di lei costringendola a praticargli un rapporto orale, quindi era fuggito dileguandosi a piedi nella campagna circostante portando con sé le chiavi dell’autovettura.
    Nella piccola città di provincia dove Francesca svolgeva la professione di tassista, attività che aveva intrapreso dopo che il padre, raggiunta l’età della pensione, le aveva ceduto la licenza per guidare il taxi, erano accaduti diversi episodi di violenza ai danni dei tassisti. Era questa la principale ragione per cui, pur aderendo a una cooperativa di radiotaxi, si era rifiutata di svolgere il turno di lavoro notturno nonostante il servizio fosse più remunerativo.
    Esercitare l'attività di taxista, portandosi appresso una certa quantità denaro contante, la metteva nella condizione di entrare a contatto con personaggi singolari, specie con chi aveva assunto una eccessiva quantità di alcol oppure droghe, cosicché si era ritrovata in più di una occasione a essere turbata, persino con il batticuore, per lo spavento che questo genere di persone le procurava.
   Non era certo un caso se il mestiere del tassista, secondo quanto sostenevano molte delle inchieste pubblicate sui giornali, è classificato ai primi posti fra le professioni più stressanti, preceduto soltanto da chi di mestiere fa il soldato, il pompiere o il manager.
    Francesca si era resa conto in prima persona, una volta intrapresa questa attività lavorativa, che la componente dello stress contraddistingueva ogni momento della sua giornata lavorativa, soprattutto a causa della dilagante criminalità che la esponeva a continui rischi e pericoli.
    Soltanto una settimana prima della violenza sessuale perpetuata ai danni della tassista romana lei stessa era stata importunata da un cittadino straniero, probabilmente del Bangladesh, salito sul taxi nei pressi della stazione ferroviaria. L’uomo, accomodatosi sul sedile anteriore del taxi anziché su quello posteriore, l’aveva sfiorata e accarezzata a più riprese sulla coscia fintanto che erano giunti a destinazione dove lo aveva fatto scendere dall’autovettura.
   Tentativi di palpeggiamenti ne aveva subiti in più di una occasione dai clienti, probabilmente incoraggiati dalla sua avvenente bellezza, anche se faceva di tutto per non mostrarsi appetibile agli occhi dei clienti adottando un look spartano. Indossava sempre pantaloni e giubbetto di jeans, inoltre manteneva un taglio di capelli cortissimi, alla maschietto, e di recente persino colorati di blu.
    Soltanto una settimana prima dell'aggressione alla tassista romana era incappata in una disavventura che l'aveva vista protagonista, all’aeroporto Giuseppe Verdi, allorché aveva fatto salire sul taxi un anziano, di nazionalità britannica, dall’insospettabile aspetto da gentleman, che le aveva rivolto delle proposte oscene a cui non aveva dato risposta, assoggettandosi all'oltraggio, altrimenti avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi e scaraventarlo giù dal taxi.
    La città di provincia in cui Francesca esercitava la propria attività non aveva niente in comune con le grandi metropoli come Roma, Milano o Napoli dove sempre più spesso i tassisti sono vittime di fatti di cronaca, ciononostante fra i colleghi di Francesca c’era chi si era visto puntare una pistola alla testa e aveva dovuto consegnare l’incasso della giornata. Un altro brutto episodio aveva avuto come protagonista un anziano collega di Francesca, minacciato da un paio di nomadi con la punta di un coltello alla gola e rapinato del portafogli che conteneva all'incirca 500 euro. Questo e altri brutti episodi di cronaca nera, verificatesi di recente in città, avevano messo in luce e amplificato la grave situazione in cui lei e gli altri tassisti, aderenti alla Cooperativa Saturno di radiotaxi, erano costretti a svolgere la propria attività.

    Erano le cinque del pomeriggio quando Francesca, seduta davanti al volate del taxi, impegnata nella lettura di un romanzo che stingeva fra le dita, ne fu distolta dal rumore provocato da chi sbatteva la mano contro il vetro della portiera alla sua sinistra. Chiuse le pagine del libro, abbassò il vetro, e volse lo sguardo nella direzione della donna che adocchiò in piedi al suo fianco.
    - Mi potrebbe accompagnare a Collecchio? Dovrei recarmi agli uffici della Parmalat. - disse la donna dall'apparente età di trent'anni. 
   Francesca prima di decidersi a farla salire sul taxi la guardò bene. Era un tipo dalla pelle algida, alta, bionda, vestita in modo elegante con minigonna nera e camicetta bianca trasparente, e con un chiaro accento straniero della voce. 
    - Sì, certo, non c'è problema. - rispose Francesca soddisfatta per la richiesta rivoltale dalla donna, poiché la corsa della lunghezza di una decina di chilometri le avrebbe fruttato un ottimo guadagno.
    Si premurò di scendere dall’auto, una Ford Focus station wagon, aprì la portiera posteriore e fece accomodare la cliente sul sedile posteriore della vettura. Una volta seduta davanti al volante mise in moto l'automobile e prese la direzione della tangenziale, decisa a immettersi sulla Strada Statale 62 della Cisa, diretta verso Collecchio. 
    A quell’ora della sera il traffico di autovetture era intenso, ciononostante impiegarono poco meno di mezzora per raggiungere Collecchio. Durante il trasferimento la passeggera aveva risposto con monosillabi alle parole di Francesca, impegnata com'era a consultare documenti che aveva tolto dalla borsa 24 ore che si portava appresso. Quando il muso della Ford Focus fu in prossimità della grande rotonda stradale, posta all'ingresso del paese di Collecchio, da cui si dipanavano diverse vie di comunicazione, Francesca si rivolse alla cliente.
    - L’accompagno agli uffici della Parmalat di Via delle Nazioni Unite oppure preferisce che proceda verso lo stabilimento di Via Milano?
    - Allo stabilimento, grazie.
    Francesca prese la direzione della tangenziale e dopo un paio di chilometri, in corrispondenza del cartello stradale che indicava l’uscita per Via Milano, rallentò l’andatura. Si premurò di segnalare alle vetture che la seguivano dappresso, mediante luce lampeggiante, l’intenzione di uscire della tangenziale e prese la direzione dello svincolo.
    - Ho cambiato programma. - disse tutt’a un tratto la donna che occupava il sedile posteriore della autovettura alle spalle di Francesca.
    - Cioè?
    - Procedi dritto e segui la strada che conduce al fiume. - le intimò la cliente dandole del tu, anziché del lei come aveva fatto sino allora. 
    - Non capisco. - disse Francesca allentando la pressione del piede sul pedale dell’acceleratore. 
    - Fai come ti ho detto! - urlò la donna che, armata di siringa, si premurò di puntare l’ago alla gola di Francesca, minacciandola di morte. 
   Francesca prese coscienza della pericolosità dell’arma impropria, impugnata dalla donna, quando rivolse lo sguardo verso lo specchietto retrovisore e vide la siringa.
    - Non fare la stronza, eh! - disse Francesca rivolgendosi alla rapinatrice. - Prenditi tutto il denaro che ho in cassa, ma non farmi del male.
    - Stai calma e vedrai che non ti succederà niente. - disse la rapinatrice, indicando a Francesca una carraia che i fari della autovettura stavano illuminando, mentre si facevano insistenti le prime ombre della sera.
    La strada sterrata conduceva a un campo di erba medica dove a Francesca non rimase altro che arrestare l’autovettura.
    - Adesso spegni il motore e mantieni tutte due le mani strette sul volante. 
    Francesca ubbidì e rimase in attesa che la cliente la rapinasse delle cose di valore che custodiva nel taxi. Dopotutto, pensò, sarebbe stato molto peggio se a rapinarla fosse stato un uomo poiché avrebbe anche potuto picchiarla o addirittura violentarla. 
    - Consegnami tutto il denaro che hai con te e non fare delle storie, ti conviene!
    Francesca le consegnò 300 euro, incasso di due giorni di lavoro, che teneva custoditi nel portafogli. Stava per riporre nella borsetta il portafogli che oltre a custodire il denaro conservava anche carta d’identità, patente, carte di credito, bancomat e cellulare, quando la rapinatrice le chiese di consegnarglielo insieme a un paio di occhiali da sole che si trovavano sul cruscotto e l'avevano ingolosita.
    - Adesso devi rivelarmi qual è il pin del bancomat. Mi servirà per prelevare altro denaro, visto che quello che mi hai consegnato è davvero poca roba. 
    Frastornata da quanto le stava accadendo Francesca non le rivelò immediatamente i numeri del pin. La rapinatrice prese di nuovo a minacciarla, con l'ago della siringa puntato al collo, e solo allora le rivelò le cifre del pin premurandosi di manipolare l’ultima cifra.
    - Spero per il tuo bene che i numeri siano quelli giusti perché se non riuscirò a prelevare il denaro allo sportello del bancomat con il pin che mi hai rivelato, allora potrei decidere d’incendiare la tua autovettura. Hai capito?
    Francesca fece un chiaro cenno d’assenso con il capo, ma non modificò l’ultima cifra dei numeri che le aveva appena svelato.
    Non del tutto soddisfatta la rapinatrice costrinse Francesca, sempre sotto la minaccia della siringa, a scendere dall’automobile e le intimò di mettersi in ginocchio sull’erba, poi si mise in piedi davanti a lei con la schiena appoggiata contro la portiera dell’automobile, infine fece cenno a Francesca di avvicinarsi a lei.
    - Te lo ha mai detto nessuna donna che sei una figa interessante?
    - Eh?
    - La bellezza del tuo viso è stata la prima cosa che ho notato al parcheggio dei taxi della stazione ferroviarie. E’ questo il principale motivo per cui ho scelto di salire sulla tua autovettura tralasciando quelle dei tuoi colleghi tassisti.
    - Avrei preferito che optassi per un’altra scelta.
    - Non sono il tuo tipo di donna?
    - Perché dici questo?
    - Quando ti ho scorto l’ho intuito subito che sei come me: lesbica.
    - E allora? Servirà a farmi riavere il denaro che mi hai rapinato insieme a tutte le altre cose che mi hai preso?
    - No, da te voglio dell’altro.
    - Cioè? - rispose Francesca inginocchiata davanti alla rapinatrice.
    - Voglio che me la lecchi!
    - Eh? - disse Francesca alquanto sorpresa dalla inopinata richiesta formulata dalla rapinatrice
    - Fammi godere, leccandomi la figa. Sono certa che la cosa ti piacerà senz’altro. Non è così?
    - Sei pazza se pensi che lo posso fare.
    - E se prendessi la decisione di pungerti con questa siringa? - disse la rapinatrice avvicinando di nuovo la siringa al collo di Francesca. - Potrei ferirti con l’ago con le conseguenze che puoi bene immaginare e per te sarebbe molto peggio che leccarmi la passera, non credi?
    Francesca lasciò trascorrere una manciata di secondi prima di decidersi ad abbrancare il bordo della minigonna indossata dalla donna che le stava davanti. 
   - Cosa aspetti?
   Francesca trascinò il tessuto della gonna verso l’alto. Non si sorprese quando scoprì che la donna che le stava davanti era priva delle mutandine. Rimase immobile a rimirarle le labbra sporgenti della figa glabra indecisa sul da farsi.
    - Leccamela! - fu l’invito che le rivolse la rapinatrice dopo essersi premurata di divaricare le gambe, in modo da permettere a Francesca di avvicinarsi più facilmente con la bocca alla figa.
    Messa da parte ogni remora Francesca avvicinò la bocca alle grandi labbra che le stavano davanti, ma si fermò qualche istante per gustare a pieno il profumo di cui la figa della rapinatrice era pregna.
    - Dai, leccamela! Cosa aspetti a farlo?
    Un ceppo di peli scuri sovrastava l’apice delle grandi labbra completamente depilate tutt’attorno. Francesca accostò la lingua alla silhouette della figa e risalì il solco delle pieghe che separavano le grandi labbra, bagnate fradice di umore per l'eccitazione che la rapinatrice si portava addosso. 
   Francesca adorava l’odore che emanava una qualsiasi figa e quello della rapinatrice aveva una fragranza davvero speciale, tanto da convincerla che se l’era profumata di proposito. Avvolse ambedue le braccia intorno al bacino della donna e attirò con forza il pube verso la propria bocca.
    La rapinatrice dal canto suo rimase conquistata dal piacere che sapeva trasmetterle la lingua che si distendeva e incuneava fra le grandi e piccole labbra procurandole un sommo piacere.
    - Brava, brava… continua così. Mi fai godere! Sei fantastica
    Il corpo della rapinatrice fu percorso da capo a piedi da una cascata di scosse, mentre dei sussulti seguiti da gemiti di piacere le uscivano di continuo dalla bocca. Pareva non averne mai abbastanza del godimento che Francesca le stava procurando, anzi era insaziabile. La lingua di Francesca si fece ancora più insolente e prese a nutrirsi dell’umore che in grande quantità spandeva la figa stimolata dalle attenzioni che lei stessa le riversava.
    Dopo un po’ che leccava e mordeva le piccole e grandi labbra Francesca lasciò cadere la lingua sopra il bocciolo del clitoride. E si stupì nel trovarlo piuttosto sviluppato, oltre che turgido, gonfio e appetitoso. Non le era mai capitato di stringere fra le labbra un clitoride di quelle dimensioni. Eccitata dalla strana situazione in cui si era venuta a trovare provò il desiderio di fare raggiungere l’orgasmo al più presto alla rapinatrice, così si dannò l’anima a succhiarle il clitoride facendolo scorrere fra le labbra avanti e indietro, come se stesse facendo un pompino.
    - Sì, succhiamelo… succhiamelo! Scopami con la lingua. Ancora, ancora! 
    Francesca seguitò a succhiarle il clitoride, sudata fradicia, senza concedersi un attimo di tregua per respirare, consumandosi il cervello nella frenesia di farla godere e gioire lei stessa nel morderle e leccare la figa. 
    I gemiti di piacere che uscivano dalla bocca della rapinatrice si tramutarono in urla quando raggiunse il primo di una serie di orgasmi. Cercò in tutti i modi e a più riprese di chiudere le cosce, sciogliendosi in fremiti convulsi, decisa ad allontanare le labbra di Francesca dalla escrescenza erettile che custodiva fra le cosce, ormai paga del piacere che la tassista aveva saputo offrirle. Ma Francesca, non paga, riprese a succhiarle il clitoride incaponendosi con la lingua, dura e penetrante, a leccarle il pavimento della vagina, per poi riprendere di nuovo a succhiarle il clitoride, infischiandosene delle suppliche della rapinatrice, ormai in stato confusionale, che la invitava, urlandoglielo a pieni polmoni, di smetterla di leccarla perché appagata dopo avere raggiunto l’estasi del piacere.
    Tutt’a un tratto, vittima di raptus di rabbia, la rapinatrice conficcò l’ago della siringa, che per tutto il tempo aveva mantenuto stretto nella mano, nel braccio di Francesca, trapassando il tessuto del giubbotto di jeans, che terrorizzata dal gesto della cliente si lasciò cadere con la schiena sull'erba. 
    La rapinatrice abbassò la gonna e prese posto alla guida dell’autopubblica, dove la chiave d’accensione del motore era rimasta per tutto il tempo al suo posto a fianco del volante. Mise in moto la Ford Focus station wagon, acquistata in leasing dalla tassista da meno di tre mesi, e prima di allontanarsi si rivolse a lei.
    - Non devi preoccuparti per gli effetti della puntura. L'ago non è infetto di sangue, il liquido rosso è quello di un farmaco: il Betotal, un epatoprotettore. 
    La rapinatrice fuggì nella direzione di Collecchio e lasciò senza assistenza Francesca terrorizzata dopo quanto le era accaduto. L’autovettura fu ritrovata qualche giorno dopo la rapina poco distante dalla stazione ferroviaria di Parma, ma della rapinatrice la polizia non trovò nessuna traccia.

 

 

 
 

----------------------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore.
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.