Appena
sveglio girò lo sguardo verso
il quadrante dell'orologio sistemato sul
comodino. Le lancette segnavano le
18.00. Aveva dormito per un paio di ore,
concedendosi un sano riposo, ed era rilassato.
Mise i piedi giù dal
letto e andò dritto in bagno. Abbassò
la lampo dei jeans e lasciò che il
getto di piscia precipitasse nel water,
dopodiché spinse il bottone dello
sciacquone.
Il gatto Barbablù era appisolato sopra il divano. Quando gli
fu vicino drizzò le orecchie,
dischiuse le palpebre e mostrò le
pupille giallo oro, infine sollevò il
capo e miagolò. Mario accarezzò il
mantello lucido e di pelo corto
dell'animale. Barbablù si raddrizzò
sulle quattro zampe, stirò la schiena,
incurvandola, e si mise a sgambettare
sul parquet intorno a Mario,
strusciandogli il muso contro le gambe,
facendo le fusa.
Davanti al
frigorifero Belzebù si mise a
miagolare. Mario levò da uno dei
ripiani del frigorifero una tazza di
ceramica, con all'interno dei bocconcini
di pollo, e la pose sul pavimento
accanto all'altra tazza del latte,
quella con i ghirigori rossi.
Aveva trascorso
la mattinata all'Istituto di Anatomia
Patologica coadiuvando i medici nella
dissezione di cadaveri. Lavorare in
necroscopia non gli dava grandi
soddisfazioni, il suo era un mestiere
usurante di quelli che pochi infermieri
sono disposti a svolgere. Ormai ci
aveva fatto il callo all'esclusiva
compagnia di cadaveri poiché era da
cinque anni che svolgeva quel genere di lavoro.
Lo stipendio che
percepiva all'Istituto di Anatomia e
Istologia Patologica era decisamente
superiore rispetto a quando lavorava
come infermiere in
corsia, inoltre poteva contare sulle
mance che i parenti dei defunti gli
elargivano quando gli affidavano gli
abiti con cui vestire i loro cari per il
funerale.
Da un anno viveva
separato dalla moglie. Annalisa lo aveva
lasciato dopo avergli urlato addosso che
le faceva schifo andare a letto con un
uomo che trattava la carne dei cadaveri.
Lasciandolo gli aveva rivelato che dopo
trent'anni di convivenza non sopportava
più che la gente l'additasse come la
moglie del beccamorto.
Lui non l'aveva
trattenuta. Avrebbe potuto farlo,
rassicurandola, dicendole che sarebbe
tornato a fare l'infermiere di corsia,
ma non lo aveva fatto. Dentro le mura di
casa era rimasto solo, ma con la
compagnia di Barbablù.
Seduto sul divano,
davanti allo schermo della tivù, si
mise a sfogliare le pagine di una
rivista pornografica. I corpi nudi di
uomini e donne, ritratti sulle pagine
patinate del periodico, lo eccitavano più
dei corpi che era solito guardare sul
tavolo di acciaio dove effettuava la
dissezione dei cadaveri durante le
autopsie.
Fissò lo sguardo
sulle pagine che pubblicizzavano numeri
di telefono erotici. La sua attenzione
fu attratta da una locandina in
particolare, diversa da tutte le altre.
"Sesso
senza Amore"
Da tutti i telefoni fissi o mobili
992.33.33.24.00
Riservato adulti.
Digitò il numero
sulla tastiera del cellulare e rimase in
attesa di una risposta che tardò ad
arrivare. Finalmente qualcuno all'altro
capo del telefono diede risposta.
- Ciao! Sono
Francesco, e tu chi sei? - disse una
voce maschile
- Mario.
- Da dove telefoni,
hai un accento strano.
- Dall'Emilia
- Non vuoi dirmi qual
è la tua città?
- Preferisco di no.
- Beh, cosa posso
fare per te?
- Non lo so.
- Un idea ce l'avrai,
no?
- Beh.
- Vuoi restare ad
ascoltarmi mentre mi masturbo. Ho
preferisci che mi metta un Plug nel culo?
- Io...
Non era la prima
volta che telefonava a un numero erotico
gay. Stare ad ascoltare una voce
maschile mentre si masturbava lo
eccitava. Considerava la telefonata un
atto di trasgressione e null'altro. Lo
faceva tornare indietro nel tempo a
quando, adolescente, era solito
masturbarsi in compagnia di qualche
coetaneo.
- Ce l'hai duro?
- No.
- Non ce l'hai duro?
Maddai.
- Che c'è di strano?
- Niente. Ce l'hai in
mano?
- No.
- Tiralo fuori. Sei
timido? Dai che ti faccio godere.
- Sì, va bene.
- Sta diventando
grosso?
- Eh?
- Ti faccio un
pompino stando al telefono, ti va?
- Sì, certo. Ma come
fai?
- Non ti preoccupare.
Prendilo in mano che te lo succhio.
Mario abbassò la
lampo dei jeans e tirò fuori il cazzo.
Lo strinse nella mano e cominciò a
masturbarsi toccandosi con l'estremità
delle dita la cappella.
- E allora? Che
faccio te lo succhio?
- Sì. - disse Mario.
- Succhia... succhia.
- E se invece mi
masturbo insieme a te, ti piacerebbe?
- Va bene lo stesso.
- Come ce l'hai?
Grosso?
- Normale.
Barbablù, concluso
il pasto, si mise a girare per la
stanza. Con il flessuoso manto si
strusciò più volte contro le gambe di
Mario. Con un balzo felino salì sul
divano e si rannicchiò accanto a uno
dei braccioli.
- Non penso che tu ce
l'abbia normale, il cazzo. Sei un tipo
riservato, eh?
- Mica l'ho mai
misurato.
- Adesso lo vedo. E'
duro e pulsa.
- Sì, è bello duro.
- Ho aperto la bocca
e ho estratto la lingua. L'avvicino alla
tua cappella e la lecco. Ti piace?
- Sì, mi fai godere.
- Lambisco la
cappella con la lingua, la lecco. La
lecco, un'altra volta, ancora.
- Sì così, bravo...
bravo.
- Ti stringo il cazzo
nella mano e mentre succhio ti masturbo.
Dimmi che ti piace!
- Sì... sì... -
disse Mario accompagnando con il
movimento della mano sul cazzo le parole
del frocio che stava all'altro capo del
telefono.
- Ho il cazzo duro
anch'io.
- Mi fa piacere.
Masturbati, dai.
- Sì, lo farò. Ma
adesso lascia che ti succhi la cappella.
L'ho tutta nella bocca.
- Sì... sì.
- Il tuo cazzo mi fa
perdere la ragione, lo sai? Ce l'ho in
bocca tutto, fino alla radice.
- Sì... sì... sto
per venire! Sto per venire!
- Vienimi in bocca,
dai, riempimi di sperma.
- Sì... sì...
vengo... vengo.
Tutt'a un tratto
scese il silenzio. Nessuno dei due parlò.
Quando il tizio che per tutto il tempo
si era fatto passare per frocio riprese
a parlare Mario aveva estratto dalla
tasca un fazzoletto ed era intento a
pulire il cazzo.
- Mi hai insudiciato
il viso di sperma, accidenti a te!
Anch'io ho goduto. Sei contento?
- Sì, grazie di
tutto.
Mario interruppe la
comunicazione. Si alzò dal divano e andò
in cucina. Si preparò un bicchiere
d'acqua fredda con del succo di limone e
lo bevve tutto di un sorso. Quando fece
ritorno nella stanza Barbablù era
rannicchiato sul divano, la tivù era
accesa e trasmetteva una puntata di un
reality show. Si accomodò accanto al
gatto, pigiò un bottone del telecomando
e cambiò canale.