SECONDAMANO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

 

       Nel corso della mia vita ho posseduto un'infinità di cose di seconda mano. Ho cominciato con le fasce che mi hanno avvolto appena nato, ho proseguito col triciclo e la bicicletta, poi con il motorino e l'automobile, anche la prima ragazza e mia moglie le ho scelte usate, infatti, quest'ultima prima di conoscermi, aveva già convissuto a lungo con un altro uomo.
       I miei genitori, come succede nelle famiglie povere e prive di mezzi, erano soliti vestirmi con abiti dismessi dai miei fratelli, una pratica che si è perpetuata negli anni, fintanto che ho iniziato a lavorare e con il primo stipendio mi è stato concesso di acquistare una giacca e un paio di pantaloni nuovi di zecca, ciononostante mi è rimasto addosso il bisogno di possedere cose riciclate.
       Ho fatto conoscenza con il piacere del sesso all'età di 13 anni allorché ho cominciato a masturbarmi, ma la prima volta non l'ho fatto con la mia mano, bensì con quella di un altro. E' stato Luigi, il più anziano dei miei quattro fratelli, a iniziarmi a questo piacere solitario adoperandosi nel praticarmi una pugnetta con la sua mano, dopodiché ho proseguito a toccarmi da solo.
      Quando ho perso la verginità avevo da poco compiuto diciassette anni, l'ho persa scopando con una puttana in compagnia di tre amici. Ovviamente non fui il primo a scoparla, bensì l'ultimo del gruppo. La cosa si ripeté le volte successive e in ogni circostanza in cui mi capitò di scopare insieme agli amici.
        Nel corso della mia vita ho fatto l'amore con molte donne, in ognuna ho sempre cercato una figura materna che potesse sostituire in qualche modo mia madre, ma non l'ho mai trovata perché nessuna di loro era vergine.
       Oggi, finalmente, avrò l'occasione di mettere la parola fine all'inquietudine che mi porto addosso. Infatti, ho preso possesso di una stanza d'albergo e sono in attesa che sopraggiunga una donna. E' una femmina speciale, una che mi ha assicurato di essere vergine.

       E' un periodo della mia vita molto difficile. Soffro di depressione, sono demoralizzato, ma ho tanta voglia di tornare a vivere e recuperare il tempo perduto.
       Io e mia moglie conduciamo una vita da separati dentro le mura domestiche. Non facciamo l'amore da circa due anni, esattamente da quando ho scoperto che intrattiene una relazione con un altro uomo. Capisco le ragioni che l'hanno spinta a cercare fuori dal matrimonio quello che non ho saputo darle, ma non voglio separarmi da lei: a tutti i costi voglio recuperare il nostro rapporto.
       Oggi, dopo tanto tempo, ho di nuovo voglia di fare del sesso e stavolta lo farò con una donna vergine: la prima della mia vita. Trovarla non è stato facile, pensavo fosse impossibile scovare una donna disposta a perdere la verginità, specie con un uomo di quarant'anni come me. Ora che il mio sogno sta per realizzarsi temo di non riuscire ad avere un'erezione. Eppure fare sesso dovrebbe essere un po' come andare in bicicletta: una volta imparato non lo si scorda più.
       Ho affidato il mio sogno a una inserzione su un tabloid a diffusione gratuita, di quelli che accettano annunci di persone che ambiscono conoscersi. Nella scheda che ho inoltrato alla redazione del giornale mi è stato chiesto di descrivere le mie caratteristiche fisiche, l'età e la professione. Ho risposto a tutte le domande con estrema sincerità, ma ho mentito su una sola: ho risposto "no" al quesito se ero coniugato. Alla domanda: "Come dovrebbe essere la vostra partner?" ho risposto "Vergine", poi ho inviato il coupon alla redazione del giornale.
        L'annuncio è comparso più volte sul medesimo tabloid ma non ho ricevuto alcuna risposta per molto tempo, fintanto che, con mia grande sorpresa, ho trovato una lettera nella casella postale che ho preso in affitto per l'occasione. L'autrice della missiva, interessata all'annuncio, mi ha chiesto di prendere visione di una mia foto che ho provveduto a inviarla all'indirizzo di una casella postale: la sua. Successivamente la sconosciuta ha risposto in modo affermativo alla mia richiesta.
      Oggi finalmente c'incontreremo.

       L'albergo dove ho preso in affitto una camera è situato in pieno centro cittadino, poco lontano dalla stazione ferroviaria. Sono qui da mezz'ora e a intervalli regolari osservo il quadrante dell'orologio che indosso al polso. Le quattro sono passate da una decina di minuti, ma la donna di cui sto in attesa non si è ancora fatta sentire.
       Tutt'a un tratto il cellulare trilla. Deve essere lei, ne sono certo, il numero del mio telefono è l'unica cosa che ha voluto sapere di me oltre alla fotografia del volto.
      - Pronto...
      - Sono io, la "Vergine". Vorrei sapere il numero della stanza.
      - E' il 53, la camera si trova al terzo piano dell'albergo.
      - Va bene, fra poco sarò lì.
      Mi prende la tremarella e ho voglia di fare la pipì, mi precipito in bagno e piscio nel water per l'ennesima volta.

      Un battito sordo al legno della porta attira la mia attenzione. Mi avvicino all'uscio e l'apro. Resto sorpreso nel trovarmi di fronte a una suora.
      - Desidera? - chiedo scocciato per una presenza che potrebbe inficiare l'imminente l'arrivo della mia ospite
      - Sono la donna dell'annuncio. La "Vergine" - risponde, timidamente, chinando il capo che viene nascosto dal velo che le cinge la fronte. Resto sorpreso e non so cosa risponderle, ma ci pensa lei a togliermi dall'imbarazzo.
      - Non mi fa entrare?
      - Sì... sì... venga, si accomodi.
     Mi scosto dall'uscio e lascio che entri nella stanza, poi chiudo la porta alle nostre spalle.
      - Comprenderà che sono rimasto sorpreso nel trovarmi di fronte a una donna come lei. - dico piuttosto a disagio.
      - Ancora di più lo è per me essere qui.
      - Sì, è vero. Non ci avevo pensato.
      Resto stupito dalla sua disinvoltura. Si avvicina alla finestra e guarda verso la strada. Si gira e scandaglia con gli occhi ogni angolo della stanza, infine si rivolge a me.
      - Forse dovremmo presentarci, non crede? Il mio nome è Eleonora, ma per tutti sono Suor Gertrude.
      Si avvicina e allunga una mano nella mia direzione. Distendo il braccio e gliela stringo.
      - Ah, sì... piacere Mario, sì... Mario.
      Il nome che pronuncio è il primo che mi viene alla mente. Accidenti! Le ho mentito, avrei potuto dirle quello vero e invece non l'ho fatto. Sono maledettamente imbarazzato, molto più di quanto avevo messo in conto.
      - Se è infastidito dall'abito che indosso è libero di tirarsi indietro, non mi offendo.
      Un certo imbarazzo ce l'ho, ma l'abito che indossa mi dà la certezza che potrebbe essere vergine e questo è molto importante per me.
      Superato l'iniziale imbarazzo vado al sodo, senza perdermi in preamboli. Osservo il viso ovoidale della donna disegnato dalla fascia bianca che lo cinge d'intorno. Il colorito delle guance è pallido, le labbra rosee sono sovrastate dalle narici di un naso a forma aquilina e assai pronunciato. Mostra d'avere una trentina d'anni o poco più e non è bella, tutt'altro. Meglio così, penso, perlomeno non correrò il rischio di perdere la testa per lei, specie in momenti di depressione come questo che sto attraversando.
      - Desidera che mi spogli? Non ho molto tempo a disposizione. Alle sei devo essere di ritorno in convento.
      Mi guarda e aspetta una risposta che esito a darle.
      - Se desidera accomodarsi in bagno e togliersi gli abiti può farlo.
      - Non occorre, mi spoglio qui. Sistemerò le vesti sulla sedia.
      Dal capo sfila la catenella che porta al collo e da cui pende un grosso crocifisso. Lo avvicina alle labbra e lo bacia, dopodiché lo ripone in una tasca dell'abito, poi toglie il velo.
      - E lei non si spoglia? - domanda, volgendo lo sguardo nella mia direzione.
      - Ehm... sì.
     Senza il velo il viso appare più tondo. I capelli corti di colore castano le attribuiscono un aspetto giovanile. La imito e inizio a spogliarmi. Tolgo la camicia e calo i pantaloni. Lei si libera dell'abito monacale che le giunge fino ai piedi e rimane con indosso la sottoveste: un modello in disuso e assai poco seducente. Resto con i boxer, ma ho l'impressione che non abbia nessuna intenzione di togliersi gli altri indumenti dalla pelle.
      - Io sono pronto. - dico, indicando con le mani il mio corpo seminudo.
      - Anch'io lo sono.
      - Che facciamo? Ci corichiamo sul letto?
      - Se crede.
      Sorrido e la precedo sopra le lenzuola.
      Supino attendo che guadagni lo spazio che ci separa. Si libera delle calze, pone le natiche sul bordo del letto e in un batter d'occhio è coricata al mio fianco.
      Il silenzio nella camera è interrotto dal rombo di una moto che transita nello stradello che confina con le finestre della camera d'albergo. Resto muto per un po' di tempo indeciso sul tipo d'approccio che devo adottare. In altre occasioni, con altre donne, in situazioni simili a questa, mi sarei comportato diversamente saltando addosso alla mia compagna di letto, ma con lei è diverso, molto diverso.
       - Come può immaginare il mio... pene non si rizza a comando, ma ha bisogno di stimolazioni. Se vogliamo dare seguito allo scopo per cui siamo qui convenuti ho bisogno che lei collabori.
       - Non si preoccupi, coopererò. M'insegni a farlo.
       - Beh, sì, certo.
       Scambiamo queste poche parole tenendo entrambi gli occhi fissi sul soffitto, senza incrociare i nostri sguardi. Prendo l'iniziativa e allungo la mano su una delle sue cosce. Sollevo la sottoveste di cotone che le avvolge il corpo, appoggio le dita sopra un ginocchio e le faccio roteare all'interno della coscia. Il corpo di Eleonora ha un sussulto, segno evidente che il tocco della mia mano non la lascia indifferente. Proseguo nella mia opera e risalgo con le dita la coscia fino a raggiungere l'inguine. Resto stupito nel costatare che è priva di mutande, allungo le dita e mi ritrovo a esplorare il fitto groviglio di peli che sovrasta il pube. Scendo più in basso e colgo nelle dita le grandi labbra estese come ali di una farfalla. Il solco che le separa è umido. Intingo le dita nella fessura della vagina ed effettuo una breve stimolazione del clitoride. Resto sorpreso dal breve lamento che esce dalla bocca della mia compagna di letto. La cosa mi turba, ho il cazzo duro che pulsa e preme sotto il tessuto dei boxer. Li sfilo e metto in mostra il rotolo di carne che ho fra le cosce.
      La mia compagna di letto sembra non accorgersi dell'iniziativa che ho portato a compimento e rimane impassibile a guardare il soffitto, senza preoccuparsi della mia persona. Le prendo una mano e la conduco a contatto del cazzo. Lei cerca di scostarla ma glielo impedisco con la forza.
      - Non deve avere paura del mio sesso. - le dico. - E' lui che la penetrerà, impari a conoscerlo.
      - Mi scusi. Ha ragione.
      La sua mano perde in rigidità, poi lascia che la conduca ad avvolgere per intero il cazzo. Ho la sensazione che la mia ospite non abbia mai stretto fra le dita un cazzo, e lo fa con l'accortezza di una principiante strofinandomi la cappella con le dita.
      Mentre mi tocca mi prende la voglia di saltarle addosso e violentarla, ma desisto dal farlo. Mi metto in ginocchio fra le sue cosce, che ho provveduto a divaricare, la guardo in viso e mi accorgo che è decisamente brutta, ma poco importa. L'unica cosa che mi preme è che abbia la vagina immacolata.
      Lei evita d'incrociare il mio sguardo, ruota il capo da un lato e resta immobile. Afferro i bordi della sottoveste in corrispondenza dei fianchi, e gliela sfilo verso l'alto facendogliela passare oltre il capo.
      Finalmente è nuda.
      Il colore della pelle è candido come il latte. Il pube, come ho avuto occasione di costatare poc'anzi, è ricoperto da una fitta macchia di peli neri e arricciati. I seni piccoli e distesi, così come appaiono in questa postura, si caratterizzano per la sagoma dei capezzoli e le punte in rilievo
      Stendo le mani sulle sporgenze carnose che si elevano al centro delle mammelle e le accarezzo. Il ritmo respiratorio della donna sale congiuntamente al suo battito cardiaco. Avrei voglia di succhiarle i capezzoli, ma riesco a trattenermi dal farlo. Esercito una presa sul loro apice e li strizzo entrambi. Lei emette un'esclamazione di dolore e tenta di allontanarmi le mani dalle mammelle. Chino il capo sulle sue labbra per darle un bacio, ma scosta il viso ed evita la mia bocca. Affondo il muso sul collo, ma ancora una volta è pronta ad allontanarmi. Faccio crollare le fragili difese che m'interpone e la riempio di succhiotti.
      - No, la prego. Per favore la smetta. Non voglio...non voglio. - urla, ribellandosi ai miei baci.
      - Perché?
      - Perché no! Non desidero essere baciata. Chiaro!
      - Va bene, allora divarichi ancora di più le gambe.
      E' giunto il momento di sverginarla, in fin dei conti è questo il motivo per cui entrambi siamo qui.
       - Non perdiamo altro tempo, lo faccia! Mi penetri! Mi penetri.
       Inarco il culo all'indietro e accosto la cappella alle grandi labbra. Il momento tanto atteso è prossimo ad arrivare. L'umido della vagina è un invito a cui non so sottrarmi. La defloro con molta delicatezza per non provocarle troppo dolore.
       Nell'attimo in cui la penetro sento il suo corpo irrigidirsi sotto di me. Digrigna i denti e si lascia sfuggire un lieve lamento. Affondo il cazzo nella cavità e lo faccio scorrere più volte lentamente. Lei emette dei gemiti o forse è un pianto sommesso. Non faccio caso ai lamenti, proseguo nella mia opera e continuo a spingere ed estrarre il cazzo dalla fica. La parete che lo circonda è stretta, e la mucosa aderisce alla superficie tonda del cazzo.
       La donna non accompagna col proprio corpo i miei movimenti, ma ho l'impressione che la parete elastica della vagina si contragga più volte sul cazzo. Eccitato non impiego troppo tempo a venire. Per tutta la durata dell'amplesso non ho pensato che a soddisfare il mio piacere senza preoccuparmi d'acquietare il suo.
       - Vengo!... Vengo... - Urlo a piena voce. Sfilo il cazzo dalla fica appena prima che uno schizzo di sperma le insudici l'addome, poi mi rovescio su di lei e resto col ventre appiccicato al mio sperma.
       Quando mi stacco da Eleonora resto immobile sul fianco accanto a lei. La religiosa si alza dal letto, recupera la sottoveste e l'abito talare, poi entra in bagno.
       E' tutto finito, le ho tolto la verginità, ma addosso mi è rimasto un forte senso d'insoddisfazione. Mi alzo dal letto, afferro un lembo del lenzuolo e asporto le tracce di sperma che ho appiccicato all'addome, poi mi rivesto.

      Certe fantasie sessuali sopravvivono nelle nostre menti fintanto che non si realizzano, dopodiché perdono il loro fascino. E' quello che sta succedendomi. La porta del bagno si riapre e appare Eleonora. La religiosa non è più in sottoveste, ma indossa l'abito monacale. Si avvicina e mi porge la mano in segno di commiato.
      - La ringrazio per ciò che ha fatto, non immagina quanto importante è stata questa esperienza per me.
      Le stringo la mano senza dare troppo significato alle sue parole perché non ne hanno. Solamente quando se n'è andata torno a rifletterci sopra. D'improvviso ho un grande vuoto dentro. Da poco ho consumato un rapporto sessuale con una donna vergine e sento di nuovo il desiderio di fare l'amore, ma stavolta con una puttana.
      E' il bisogno di sentirmi vittima e non carnefice che mi ammalia. E' questo il ruolo che più mi si addice, ne sono certo. D'improvviso mi trovo a pensare che quanto è accaduto in questa stanza d'albergo oltre che strano è perfino inverosimile. Perché ha voluto che la sverginassi? Ma quella donna era una suora per davvero? Oppure era qualcos'altro? Mah... vergine la era sul serio.
       Esco dall'albergo e respiro l'aria fresca della sera. A piedi percorro il breve tratto di strada che mi separa dalla stazione ferroviaria. Scendo nel sottopassaggio che conduce alle pensiline e risalgo i gradini che convogliano le persone ai binari 2 e 3 dove transitano i treni in direzione Bologna e Milano.
       Il rumore di una motrice viene a distogliermi dall'attenzione che riverso sulle rotaie. Un convoglio ferroviario sfila davanti ai mie occhi e arresta la sua corsa sul terzo binario. Dalle carrozze si aprono alcune portiere. Da lì vedo scendere una marmaglia di donne dalla pelle nera. Sono tutte puttane, probabilmente stanno per raggiungere i viali della città per prostituirsi. Osservo le sinuose forme dei culi. Sono tondi, abbondanti: di secondamano. I miei preferiti.

 

 

 
 

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