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SCACCO
MATTO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
I l
piumone avvolge per intero il tuo corpo.
Soltanto gli apici dei polmoni sporgono
dal bordo della trapunta. Il capo preme
con la guancia sul cuscino. Hai gli
occhi socchiusi e dormi sereno. Hai
vissuto la notte in modo intenso,
curvandoti su di me, entrando e uscendo
dal mio corpo con la tua materia. Una
debole luce penetra fra le imposte della
finestra, lasciate di proposito
semichiuse, e tesse sulle pareti della
stanza da letto ombre sbiadite.
Dalla sedia a dondolo
raccolgo il reggiseno che stanotte ho
lasciato cadere sullo schienale. Infilo
le spalline e allaccio il gancetto
dietro la schiena, poi assesto le tette
con le dita. Ho fretta e indosso lo
slip.
L'orologio al polso segna
le 5.45. Alle 6.00 in punto dovrei
prendere servizio in clinica. Sono
terribilmente in ritardo e non arriverò
per tempo sul posto di lavoro.
Avverto la necessità di fare
la doccia per togliere le tracce di
sudore che ho depositate sulla pelle,
sennonché mi manca il tempo
necessario per farlo. Devo allontanarmi
di fretta e raggiungere la clinica al più
presto.
A piedi scalzi mi incammino
verso la stanza da bagno. Una breve
sciacquata al viso serve a destarmi
dallo stato soporoso in cui verso. Sulla
mensola della specchiera rinvengo un
elastico e con quello raccolgo i capelli
all'indietro, sistemandoli a coda di
cavallo. Raccatto la camicetta
appoggiata sulla cassapanca e la
indosso. Mentre l'abbottono do
un'occhiata in giro per la camera alla
ricerca della gonna jeans. Sta arruffata
sul parquet e la raccolgo.
Prima di andarmene
dall'appartamento fisso lo
sguardo nella tua direzione. Guardare il
tuo viso è molto diverso dal vederti
dentro. Stanotte ho avuto modo di
conoscerti per come realmente sei:
bello, buono, gentile, ma insipido. E'
questa la ragione per cui ho deciso di
andare da Giorgio, se ancora mi vorrà.
Mentre sto per avvicinarmi
all'uscita dell'abitazione mi accorgo che
sono a piedi
scalzi. Ritorno sui miei passi e
m'impegno a ricuperare le scarpe. Una la
rinvengo sul tappetino a lato del letto
dalla parte dove stai dormendo. L'altra
la intravedo sul parquet appena sotto la
maglia della rete metallica del letto.
Mi chino e allungo un braccio sino ad
afferrarla. Mentre ritraggo la mano
vengo a sfiorare il tuo viso. Ti guardo
e tu seguiti a respirare senza scomporti.
Istintivamente non posso fare a meno di
pensare che Giorgio tu e io formavamo
un terzetto perfetto. Amici per la pelle
dicevate tutt'e due, ma non vi bastava.
Senza nemmeno consultarmi avete
raggiunto un accordo relegandomi al
ruolo di vittima sacrificale. Tutt'e due
vi siete innamorati di me e io di voi.
Poi mi avete imposto di scegliere di
fare l'amore con uno fra voi due.
Ieri sera, come convenuto,
avrei dovuto rendere esplicita la mia
scelta. Il patto che tutt'e tre avevamo
sottoscritto prevedeva che
non avrei dovuto rivelare il nome del
prescelto prima di quell'ora. Mi sarei
presentata a casa del prescelto alle
9.00 in punto. L'altro, non vedendomi
arrivare, si sarebbe rassegnato a essere
l'escluso.
Nell'istante in cui sono
scivolata nel tuo letto ero certa di
avere fatto la scelta migliore, ora non
più. Tutt'e tre abbiamo vissuto
quest'ultimo anno da buoni amici,
condividendo un legame che col tempo si
è rivelato molto pericoloso. Un vincolo
sentimentale, il nostro, assai
particolare, nato dalle ceneri dei
nostri precedenti amori, consumatisi
come neve al sole. Tutt'e tre avevamo
ipotizzato che non ci saremmo più
innamorati, lo avevamo giurato a noi
stessi e agli altri, ora mi ritrovo a
soffrire per amore.
L'amicizia che ci teneva
uniti, all'apparenza indissolubile,
cesserà d'esistere nel momento in cui
uscirò da questa casa.
Stanotte, grazie a te, ho compreso
quanto Giorgio sia importante nella mia
vita. Hai tutti i requisiti per fare
felice una donna, ma quella donna non
posso essere io. Fra le tue braccia ho
goduto di un piacere infinito, ma subito
dopo mi sono trovata smarrita e di nuovo
sola con me stessa. Mentre facevamo
l'amore ho pensato più volte a Giorgio,
soprattutto al momento in cui avrà
preso coscienza che non sarei andata a casa
sua a
fargli visita.
Stanotte, facendo l'amore
con te, ho avvertito la sua mancanza,
anche se lui era lì, fra noi, a tenerci
separati mentre godevamo del piacere dei
nostri corpi. Mi manca, accidenti! Ho
nostalgia della sottile ironia che
caratterizza il suo carattere. Facendo
l'amore con te ho compreso che la
sua presenza era alla base del nostro
stare insieme. Senza di lui tu e io non
siamo niente.
Inframmezzo frasi
sussurrate a bassa voce ad altre che
restano smorzate nelle mie labbra e
fanno ressa nella mia mente, ma è
troppo tardi per darti una spiegazione.
Infilo le scarpe e sono pronta a
tagliare la corda, come una ladra, senza
offrirti la benché minima spiegazione a
sostegno del mio comportamento.
Vigliaccamente approfitto
del fatto che stai dormendo per fuggire
via. Disimpegnarmi dall'impiccio in cui mi sono
cacciata non sarà facile, ma di una
cosa sono certa: devo assolutamente
incontrare Giorgio al più presto.
.
La città di prima mattina è pressoché deserta. Al
volante della Panda percorro la Via
Emilia in direzione del Petitot. In
corrispondenza dell'impianto semaforico,
all'incrocio con Via Partigiani
d'Italia, arresto la vettura ed estraggo
dalla borsetta il cellulare. Seleziono
il numero della clinica e resto in
attesa che una delle mie
colleghe risponda.
La lampada del dispositivo
di segnalazione semaforica passa al
verde nell'istante in cui una voce
femminile mi dà risposta.
- Pronto! Clinica
Immunologica.
Alla comparsa del verde
sono costretta ad accelerare sul pedale
e ripartire, pur mantenendo
l'apparecchio telefonico appiccicato
all'orecchio.
- Sono Carmen.
- Ciao, qualcosa non va?
- Beh, sì, arriverò in
ritardo, ma non chiedermi il perché.
- Okay, quando Marianna
prenderà servizio le dirò di
arrangiarsi da sola.
- Dimmi la verità, pensi
davvero d'arrivare?
- Non lo so.
- Va bene dai, non ti
preoccupare.
- Ciao!
- Bacioni.
Proseguo nella folle corsa
per le vie della città, incasinata con
le mie riflessioni. In quale modo posso
ancora ripropormi a Giorgio? Cosa posso
addurre a mia giustificazione? Forse
sono stata troppo ottimista quando ho
deciso di fargli visita. Vedendomi
arrivare, a quest'ora della mattina,
dopo che ho trascorso la nottata nel
letto di Carlo, potrebbe non aprirmi la
porta. E se non fosse solo in casa, ma
in compagnia di un'altra donna?
Diverse ipotesi si
accavallano nella mia mente, ma non sono
in grado di escogitare una qualsiasi
risposta. Parcheggio l'auto in uno degli
spazi delimitati dalle righe blu a poca
distanza dal condominio dove Giorgio
abita. Mi avvicino al portone e scruto
la lunga fila di campanelli incastonati
nella parete di marmiglia.
Sono giunta fin qui
seguendo l'istinto, senza preoccuparmi
del make-up al viso, impresentabile e con
addosso il sudore di una notte trascorsa
fra le braccia di un altro uomo. Esito
prima di premere il pulsante che aziona
la suoneria. Chiudo gli occhi e trovo la
forza di premere il tasto, tre volte in breve successione, dopodiché
resto in attesa. Quando sto per
andarmene avverto il timbro di una voce
che esce dal citofono.
- Chi è?
- Sono io, Carmen. Ho
bisogno di parlarti. - dico con voce
sommessa.
- A quest'ora della
mattina? Ma non possiamo vederci più
tardi?
- Ti prego, non cacciarmi
via.
- Ho fatto tardi ieri sera.
Sono andato a letto un'ora fa e vorrei
dormire.
- Devo dirti una cosa
importante. Apri, dai.
- Importante come?
- Importante! Non ti è
sufficiente questo?
- Beh.
- Non vorrai tenermi in
mezzo alla strada per molto tempo, vero?
- Va bene dai, sali che ti
apro. Ma ho poco tempo da dedicarti.
Il clic che
contraddistingue l'apertura della
serratura del portone, comandato
elettricamente, interrompe la nostra
conversazione.
- Salgo.
- Va bene. La strada la
conosci.
L'ascensore mi porta al
quinto piano. La porta dell'appartamento
di Giorgio è chiusa. Desisto dal
bussare e rimango in attesa che l'uscio
si apra. Trascorrono pochi secondi. Il
rumore di una chiave che gira nella
toppa mi avverte che la porta sta per
aprirsi.
Giorgio indossa una
vestaglia da camera in seta damascata di
colore rosso carminio. Vederlo vestito
in questo modo mi fa uno strano effetto
e non so trattenere una risata. Prima
che lui sia in grado di dire una sola
parola gli cingo le braccia attorno al
collo e, sollevandomi da terra, in punta
di piedi, lo bacio sulle labbra.
- Ehi... Sei ammattita? Che
ti ha preso?
- Niente. è che sono
felice di essere qui con te.
- Beh, veramente, ti
aspettavo ieri sera.
- Dai entriamo, mica vorrai
tenermi sulla porta mentre parliamo.
- Sì va bene, dai, entra.
Lo precedo in salotto e non
smetto di parlare per un solo istante.
Lui sembra contrariato. Ha il viso
assonnato e sembra non dare troppo peso
alle parole che farfuglio di fretta.
Probabilmente devono apparirgli prive di
significato, ma tutto ciò che riesco a
esprimere sono solo delle parole...
tante parole.
- Beh, che sei venuta a
fare a quest'ora? - m'interrompe,
accomodandosi su di una poltrona.
- Sono qui... non ti basta
ciò?
M'inginocchio ai suoi piedi
e gli appoggio le mani sulle cosce. Lui
tiene le braccia conserte al busto, per
niente scosso dalla mia vicinanza.
Avvicino le dita sul dorso delle sue e
le trascino a contatto delle tette. Ho
il cuore in gola. Il muscolo cardiaco
pulsa celermente ed è enorme l'ansia
che mi porto addosso. Anche le tette,
solitamente minute, sono gonfie e
sembrano uscirmi dalla scollatura della
camicetta. Conduco le sue dita sotto il
tessuto del reggiseno e le strofino
contro i capezzoli turgidi.
- Sei stata da Carlo ieri
sera?
La domanda pronunciata i
maniera esplicita non ammette false
interpretazioni. La durezza con cui l'ha
pronunciata non mi permette di invocare
futili pretesti.
- Sì...
- E allora perché adesso
sei qui?
Premo con maggiore intensità
le dita delle sue mani, che avverto
deboli, flessuose, prive di vigore,
seppure ancora adagiate ai miei seni.
- Sono qui perché sei la
cosa più importante che mi è capitata
nella vita. Non voglio perderti a costo
di umiliarmi nei modi che riterrai più
opportuno.
Le parole escono dalle mie
labbra con la stessa intensità
dell'acqua che scorre nel letto di un
torrente in piena. Prima d'oggi non mi
era mai capitato di sentirmi
assoggettata a un uomo in questo modo.
Inginocchiata ai suoi piedi provo a
sedurlo, senza nascondergli tutto di me,
contrariamente a quello che ho fatto con
gli uomini che ho avuto, ma al contrario
raccontandogli tutto, supplicandolo di
accettarmi per come sono.
- Ieri sera sarebbe stato
tutto diverso, lo comprendi vero?
- Sì, certo... ma.
- Non devi dispiacerti per
la scelta che hai fatto, non è questo
il punto.
Un rumore alla mie spalle
distoglie la mia attenzione dalle sue
parole. Mi giro e sull'uscio della
stanza da letto intravedo un giovane
mezzo nudo con indosso i soli slip.
- E questo chi è? - dico,
rivolgendomi a Giorgio mentre mi alzo in
piedi.
- Lui è Adrasto, un amico.
- Ah!
Il silenzio è interrotto
dalla voce per niente imbarazzata dal
nuovo ospite.
- Che ne dite se preparo un
caffè e ci sediamo a fare colazione?
- No grazie, devo prendere
servizio in ospedale. Sono
maledettamente in ritardo.
- Carmen... io...
Sono le ultime parole che
colgo mentre lascio
l'appartamento. Sconcertata evito di
salire sull'ascensore. Scendo a piedi i
cinque piani che mi separano dalla
strada e poco dopo sono in macchina.
.
Marianna è ferma con il
carrello delle terapie davanti a una
camera di degenza e sta portando a
termine la distribuzione dei farmaci.
L'orologio che indosso al polso segna le
8.00.
- Già qui?
- Ehm... Sì.
- Tutto bene?
- Sì, tutto bene.
- Ti preparo un caffè?
- No, grazie. Ha già
provveduto qualcun altro a svegliarmi.
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