Ieri
mattina, verso mezzogiorno, terminata la
lezione del corso di Storia del Cinema,
mi sono precipitata alla mensa
dell’università per consumare un
pasto caldo. All'ingresso del refettorio
mi sono attardata a consultare il menù
del giorno esposto in bacheca. Altro
tempo l'ho sciupato alla cassa per
accreditare la tessera magnetica che il
lettore ottico si rifiutava di
riconoscere impedendomi, di fatto,
d'accedere al servizio di ristorazione.
Soltanto al quarto tentativo ho potuto
prendere possesso del vassoio e
sistemarmi in fila dietro gli altri
studenti.
L'ampia varietà del menù ha
sempre soddisfatto le mie esigenze
nutrizionali, infatti non ho necessità
di seguire un regime dietetico
particolare per mantenermi in forma, mi
basta rifocillarmi con una bistecca ai ferri,
un po' d'insalata o dei radicchi per
sentirmi appagata.
Seguendo la fila degli
studenti ho raggiunto il bancone dove
gli addetti alla ristorazione dispensano
i pasti. Mi sono fatta consegnare un
piatto di risotto alla milanese, un
tegame d'insalata, una rosetta di pane e
una mezza bottiglia di minerale. Ho
preso posto a un tavolo lontano dal
chiasso di chi occupa i tavoli dislocati
in prossimità dell'ingresso della
mensa. Stavo gustando il risotto allo
zafferano quando un gruppo di studenti,
tre donne e un maschio, hanno occupato
il tavolo posto di fronte al mio.
Lì per lì non ho fatto
caso alla loro presenza, ho seguitato a
cibarmi del riso inseguendo i miei
pensieri senza preoccuparmi di chi mi
stava d'intorno. Nel momento in cui ho
girato lo sguardo nella loro direzione
mi sono accorta che una delle ragazze,
un tipo abbastanza strano, dai capelli piuttosto
corti, colorati di azzurro, combinati con
gelatina, seguitava a guardarmi con una
certa insistenza.
Tutt'a un tratto si è
alzata dalla sedia e ha raggiunto un
tavolo, accanto a quello che occupava,
per procurarsi le ampolle d'olio e aceto
che si è premurata di consegnare a
un'amica. Mi ha incuriosito il suo
strano look. Sopra i jeans
elasticizzati, a vita bassa, indossava
una camicetta bianca a pois rossi che
lasciava scoperto l'ombelico.
Prima di tornare a sedersi
ha guardato nella mia direzione e ha
sorriso. Sorpresa da quel gesto
amichevole ho girato il capo per
individuare alle mie spalle a chi altro
fosse diretto quel sorriso, ma non c'era
nessuno: solo una parete vuota.
Ho seguitato a cibarmi del
piatto di riso allo zafferano senza
angustiarmi per il suo sguardo
indiscreto, anche perché non avevo idea
chi fosse quella ragazza. D'improvviso ha
abbandonato la compagnia degli amici e
si è sistemata sulla sedia davanti a
me. Ha appoggiato i gomiti sul tavolo, ha avvicinato il palmo delle
mani sotto la mandibola per sostenerla,
infine mi ha guardata dritta negli
occhi.
- Ciao. - ha detto.
L'ho sbirciata a lungo in
viso, ma ancora una volta non mi è
sembrato di riconoscerla. Una tipa così
non me la sarei scordata tanto
facilmente se ci fossimo già incontrate
in precedenza. Invece non avevo alcun
ricordo della sua persona, ragione per
cui mi sono meravigliata quando è
venuta a sedersi di fronte a me.
- Ciao. - ho risposto poco
convinta.
- Ti disturbo?
- No, per niente, hai
bisogno?
Non ha risposto alla mia
domanda, invece ha preferito chiedermi
qualcosa a proposito del riso allo
zafferano che colorava di giallo il mio
piatto.
- Com'è? Buono?
- Sì, non è male.
- Quando vengo alla mensa
non prendo mai il primo piatto, però mi
fa gola il colore paglierino del tuo
risotto. Il guaio è che con il mio
metabolismo non posso permettermi di
gustare un piatto di riso o di pasta
asciutta, ingrasserei troppo. Mi
accontento di pranzare con una bistecca
ai ferri accompagnandola con
dell'insalata.
- Magari condita con succo
di limone anziché con olio e aceto,
giusto?
- Ma come hai fatto a
indovinarlo? - ha sorriso.
- Molte delle mie amiche si
comportano così per non assumere troppe
calorie col cibo. - le ho detto - Scusa
se ti faccio una domanda, ma noi due ci
conosciamo?
Mi è sembrata sorpresa
dalla domanda, forse perché ha dato per
scontato che l'avessi riconosciuta, ma
si è subito ripresa.
- Biblioteca Civica. Non ti
dice niente?
Ho scrutato a lungo ogni
tratto del suo viso, specie gli occhi
grigi, sensuali come pochi altri, e
allora mi è parso di riconoscerla,
anche se della ragazza con cui in un
paio di occasioni avevo condiviso il
medesimo tavolo della Biblioteca Civica
di Vicolo S. Maria c'era rimasto ben
poco.
- Ma sei cambiata, hai
perso una decina di chili e hai assunto
un look diverso nel vestire.
- Venti chili ho perso.
- Ah.
- E poi quest'estate ho
tagliato i capelli a spazzola e li ho
colorati di azzurro. Belli eh?
- Non ti piacevano lunghi
come li avevi prima?
- Me n'ero stancata. Prima
di recarmi in vacanza al mare ho preso
la drastica decisione di tagliarmi i capelli e
adesso ne sono contenta, non puoi
immaginare quanto si sta bene con i
capelli tagliati corti.
- Io non avrei il coraggio
di tagliarmeli così. - Ho ammesso senza
fare cenno al colore azzurro.
- Tu stai bene con i
capelli lunghi. Hai una carnagione
olivastra e i capelli neri e mossi ti
stanno addosso che è una meraviglia.
- Ma va.
- Dico sul serio.
- Se è per questo anche tu
stai bene con il taglio corto, ti
conferisce un aria sbarazzina.
- Dici sul serio?
- Perché dovrei
raccontarti delle bugie.
- A proposito. Il mio nome
è Giulia, ma tutti mi chiamano
Giulietta. Il tuo?
- Gloria.
- Bel nome, davvero.
Ho ripreso a cibarmi del
risotto, raffreddatosi nel piatto, senza
desistere dall'ascoltare le parole che
mi scaricava addosso a proposito degli
esami del corso di laurea in economia
che deve sostenere.
- Beh, forse è meglio che ritorni dai
miei amici, perdonami per averti
disturbata.
- Scherzi? Mi ha fatto
piacere parlare con te e scusami se non
ti ho riconosciuta subito.
- Capita.
- Sì, certo, capita.
- Allora vado. - ha
concluso alzandosi in piedi.
- Sì, ciao.
- Ha proposito, quand'è
che vai ancora in Biblioteca Civica?
- Non so. - ho risposto.
- Io ci vado tutti i
giorni, se capiti lì ci vediamo.
- Può darsi, è possibile
che ci faccia un salto, non lo so,
dipende.
- Mi farebbe molto piacere
incontrati di nuovo. - ha concluso
elargendomi un sorriso con le sue labbra
piccole, morbide e adescatrici.
- Anche a me.
Due ragazzi hanno occupato
con i loro vassoi due postazione al
tavolo dove eravamo sedute
interrompendo, di fatto, la nostra
conversazione proprio nel momento il
nostro incontro stava evolvendo
verso qualcosa di diverso da un semplice
arrivederci. Quando si è girata per
raggiungere i compagni, seduti al tavolo
di fronte al mio, ho scrutato il suo
fondoschiena da cui sporgeva una scritta
sull'elastico delle mutande, ben
visibile appena sopra il bordo dei jeans
a vita bassa, che le conferivano un
senso di appartenenza.
Stamattina mi sono recata alla
Biblioteca Civica di Vicolo S. Maria con
la speranza d'incontrare Giulia. Mettendo
piede in biblioteca mi sono accorta che i
tavoli dislocati nelle varie stanze erano
tutti occupati da studenti. Ho girato da
una stanza all'altra fintanto che ho
incrociato lo sguardo di Giulia. Occupava
un tavolo in compagnia di altre due
ragazze. La sedia di fronte a lei era
libera. Ma una carpetta rossa, collocata
sul piano del tavolo, stava a testimoniare
che il posto era occupato da qualcuno
temporaneamente assente. Le ho fatto un
cenno con il capo e le ho sorriso, lei ha
fatto proprio il mio saluto e si è alzata
in piedi. Mi è venuta incontro e ci siamo
scambiate un doppio bacio sulle guance.
- Ciao, mi fa piacere
trovarti qui. - ha detto. - Ti ho tenuto
un posto al tavolo, sapevo che saresti
venuta.
- Davvero?
- Sì. - ha confermato
guardandomi fissa negli occhi.
- Vieni, dai.
Ho preso possesso della sedia
dinanzi alla carpetta rossa e mi sono
seduta di fronte a Giulia. Ho tolto dalla
borsa i libri che mi ero portata appresso,
anche se non m'importava granché di
aprirli. Il motivo per cui ero andata lì
non era per studiare. M'interessava godere
della compagnia di Giulia, soltanto
quella.
Per tutta la mattinata
abbiamo seguitato a studiare scambiandoci
di tanto in tanto, sottovoce, qualche
pettegolezzo, felici entrambi di trovarci
in compagnia una dell'altra. Quando verso
mezzogiorno mi sono allontanata dalla
stanza per fumare una sigaretta
nell'antibagno, unico posto della
biblioteca in cui è possibile fumare di
nascosto ai bibliotecari,
lei mi ha seguito dappresso per tenermi
compagnia.
- Pensi di trattenerti a
lungo in biblioteca. - ha chiesto.
- Non lo so, perché.
- Beh, potremmo, fare uno
spuntino e tornare più tardi, ti va?
- Non si lamenta nessuno se
lasciamo i libri sul tavolo e torniamo più
tardi?
- No, lo faccio spesso
anch'io.
- Va bene, e dove andiamo?
- Potremmo gustare qualcosa
in pizzeria, oppure se ti va
andiamo a casa mia.
- A casa tua?
- Ho un appartamento che
condivido con due amiche. Si trova a due
passi. Potremmo recarci in pizzeria, farci
preparare due pizze da asporto, e
mangiarle a casa mia, ti va?
- Sì, certo, non c'è
problema. - ho risposto. - E le tue
amiche?
- Sono tornate a Lecce, a
casa loro, faranno ritorno in città la
prossima settimana.
- Ah.
Sono caduta nella trappola
che Giulia mi ha preparato cosciente di
quello che sarebbe potuto accadere quando
ho accettato di seguirla nell'appartamento
che l'ospita. Mi sono aperta come in un
sogno e ho divaricato le cosce al
passaggio della sua lingua nella fica.
Sono stata sua fino a stasera lasciando
che saccheggiasse ogni anfratto del mio
corpo.
Giulia bacia male, ma ha
denti bellissimi. La sua lingua ha
rovistato a lungo nella mia bocca. L'umido
della sua saliva si è mischiato con la
mia, prima che tutt'e due lasciassimo
cadere sul pavimento della stanza da letto
i nostri indumenti.
Giulia ha la pelle chiara e
morbida come quella di una mozzarella,
molto diversa dalla mia olivastra, cosa
che me l'ha resa appetibile a prima vista.
Le tette con i capezzoli piccoli e
sporgenti, di un colore rosato, sono il
ricordo più bello che ho del suo corpo
ora che sono sola nel mio letto e penso a
lei.
Stiro le gambe sotto le
lenzuola e mi arriccio su me stessa. Prima
di addormentarmi penso che domani mi
recherò di nuovo a studiare in
biblioteca.
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