RISOTTO ALLA MILANESE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

      

  Ieri mattina, verso mezzogiorno, terminata la lezione del corso di Storia del Cinema, mi sono precipitata alla mensa dell’università per consumare un pasto caldo. All'ingresso del refettorio mi sono attardata a consultare il menù del giorno esposto in bacheca. Altro tempo l'ho sciupato alla cassa per accreditare la tessera magnetica che il lettore ottico si rifiutava di riconoscere impedendomi, di fatto, d'accedere al servizio di ristorazione. Soltanto al quarto tentativo ho potuto prendere possesso del vassoio e sistemarmi in fila dietro gli altri studenti.

    L'ampia varietà del menù ha sempre soddisfatto le mie esigenze nutrizionali, infatti non ho necessità di seguire un regime dietetico particolare per mantenermi in forma, mi basta rifocillarmi con una bistecca ai ferri, un po' d'insalata o dei radicchi per sentirmi appagata.
   Seguendo la fila degli studenti ho raggiunto il bancone dove gli addetti alla ristorazione dispensano i pasti. Mi sono fatta consegnare un piatto di risotto alla milanese, un tegame d'insalata, una rosetta di pane e una mezza bottiglia di minerale. Ho preso posto a un tavolo lontano dal chiasso di chi occupa i tavoli dislocati in prossimità dell'ingresso della mensa. Stavo gustando il risotto allo zafferano quando un gruppo di studenti, tre donne e un maschio, hanno occupato il tavolo posto di fronte al mio.
   Lì per lì non ho fatto caso alla loro presenza, ho seguitato a cibarmi del riso inseguendo i miei pensieri senza preoccuparmi di chi mi stava d'intorno. Nel momento in cui ho girato lo sguardo nella loro direzione mi sono accorta che una delle ragazze, un tipo abbastanza strano, dai capelli piuttosto corti, colorati di azzurro, combinati con gelatina, seguitava a guardarmi con una certa insistenza.
   Tutt'a un tratto si è alzata dalla sedia e ha raggiunto un tavolo, accanto a quello che occupava, per procurarsi le ampolle d'olio e aceto che si è premurata di consegnare a un'amica. Mi ha incuriosito il suo strano look. Sopra i jeans elasticizzati, a vita bassa, indossava una camicetta bianca a pois rossi che lasciava scoperto l'ombelico.
   Prima di tornare a sedersi ha guardato nella mia direzione e ha sorriso. Sorpresa da quel gesto amichevole ho girato il capo per individuare alle mie spalle a chi altro fosse diretto quel sorriso, ma non c'era nessuno: solo una parete vuota.
   Ho seguitato a cibarmi del piatto di riso allo zafferano senza angustiarmi per il suo sguardo indiscreto, anche perché non avevo idea chi fosse quella ragazza. D'improvviso ha abbandonato la compagnia degli amici e si è sistemata sulla sedia davanti a me. Ha appoggiato i gomiti sul tavolo, ha avvicinato il palmo delle mani sotto la mandibola per sostenerla, infine mi ha guardata dritta negli occhi.
   - Ciao. - ha detto.
   L'ho sbirciata a lungo in viso, ma ancora una volta non mi è sembrato di riconoscerla. Una tipa così non me la sarei scordata tanto facilmente se ci fossimo già incontrate in precedenza. Invece non avevo alcun ricordo della sua persona, ragione per cui mi sono meravigliata quando è venuta a sedersi di fronte a me.
   - Ciao. - ho risposto poco convinta.  
   - Ti disturbo? 
   - No, per niente, hai bisogno?
   Non ha risposto alla mia domanda, invece ha preferito chiedermi qualcosa a proposito del riso allo zafferano che colorava di giallo il mio piatto.
   - Com'è? Buono?
   - Sì, non è male.
   - Quando vengo alla mensa non prendo mai il primo piatto, però mi fa gola il colore paglierino del tuo risotto. Il guaio è che con il mio metabolismo non posso permettermi di gustare un piatto di riso o di pasta asciutta, ingrasserei troppo. Mi accontento di pranzare con una bistecca ai ferri accompagnandola con dell'insalata.
   - Magari condita con succo di limone anziché con olio e aceto, giusto?
   - Ma come hai fatto a indovinarlo? - ha sorriso.
   - Molte delle mie amiche si comportano così per non assumere troppe calorie col cibo. - le ho detto - Scusa se ti faccio una domanda, ma noi due ci conosciamo?
   Mi è sembrata sorpresa dalla domanda, forse perché ha dato per scontato che l'avessi riconosciuta, ma si è subito ripresa.
   - Biblioteca Civica. Non ti dice niente?
   Ho scrutato a lungo ogni tratto del suo viso, specie gli occhi grigi, sensuali come pochi altri, e allora mi è parso di riconoscerla, anche se della ragazza con cui in un paio di occasioni avevo condiviso il medesimo tavolo della Biblioteca Civica di Vicolo S. Maria c'era rimasto ben poco.
   - Ma sei cambiata, hai perso una decina di chili e hai assunto un look diverso nel vestire.
   - Venti chili ho perso.
   - Ah.
   - E poi quest'estate ho tagliato i capelli a spazzola e li ho colorati di azzurro. Belli eh?
   - Non ti piacevano lunghi come li avevi prima?
   - Me n'ero stancata. Prima di recarmi in vacanza al mare ho preso la drastica decisione di tagliarmi i capelli e adesso ne sono contenta, non puoi immaginare quanto si sta bene con i capelli tagliati corti.
   - Io non avrei il coraggio di tagliarmeli così. - Ho ammesso senza fare cenno al colore azzurro.
   - Tu stai bene con i capelli lunghi. Hai una carnagione olivastra e i capelli neri e mossi ti stanno addosso che è una meraviglia.
   - Ma va.
   - Dico sul serio.
   - Se è per questo anche tu stai bene con il taglio corto, ti conferisce un aria sbarazzina.
   - Dici sul serio?
   - Perché dovrei raccontarti delle bugie.
   - A proposito. Il mio nome è Giulia, ma tutti mi chiamano Giulietta. Il tuo?
   - Gloria.
   - Bel nome, davvero.
   Ho ripreso a cibarmi del risotto, raffreddatosi nel piatto, senza desistere dall'ascoltare le parole che mi scaricava addosso a proposito degli esami del corso di laurea in economia che deve sostenere.
- Beh, forse è meglio che ritorni dai miei amici, perdonami per averti disturbata.
   - Scherzi? Mi ha fatto piacere parlare con te e scusami se non ti ho riconosciuta subito.
   - Capita.
   - Sì, certo, capita.
   - Allora vado. - ha concluso alzandosi in piedi.
   - Sì, ciao.
   - Ha proposito, quand'è che vai ancora in Biblioteca Civica?
   - Non so. - ho risposto.
   - Io ci vado tutti i giorni, se capiti lì ci vediamo.
   - Può darsi, è possibile che ci faccia un salto, non lo so, dipende.
   - Mi farebbe molto piacere incontrati di nuovo. - ha concluso elargendomi un sorriso con le sue labbra piccole, morbide e adescatrici.
   - Anche a me. 
   Due ragazzi hanno occupato con i loro vassoi due postazione al tavolo dove eravamo sedute interrompendo, di fatto, la nostra conversazione proprio nel momento il nostro incontro stava evolvendo verso qualcosa di diverso da un semplice arrivederci. Quando si è girata per raggiungere i compagni, seduti al tavolo di fronte al mio, ho scrutato il suo fondoschiena da cui sporgeva una scritta sull'elastico delle mutande, ben visibile appena sopra il bordo dei jeans a vita bassa, che le conferivano un senso di appartenenza.


   Stamattina mi sono recata alla Biblioteca Civica di Vicolo S. Maria con la speranza d'incontrare Giulia. Mettendo piede in biblioteca mi sono accorta che i tavoli dislocati nelle varie stanze erano tutti occupati da studenti. Ho girato da una stanza all'altra fintanto che ho incrociato lo sguardo di Giulia. Occupava un tavolo in compagnia di altre due ragazze. La sedia di fronte a lei era libera. Ma una carpetta rossa, collocata sul piano del tavolo, stava a testimoniare che il posto era occupato da qualcuno temporaneamente assente. Le ho fatto un cenno con il capo e le ho sorriso, lei ha fatto proprio il mio saluto e si è alzata in piedi. Mi è venuta incontro e ci siamo scambiate un doppio bacio sulle guance.
   - Ciao, mi fa piacere trovarti qui. - ha detto. - Ti ho tenuto un posto al tavolo, sapevo che saresti venuta.
   - Davvero?
   - Sì. - ha confermato guardandomi fissa negli occhi.
   - Vieni, dai.
   Ho preso possesso della sedia dinanzi alla carpetta rossa e mi sono seduta di fronte a Giulia. Ho tolto dalla borsa i libri che mi ero portata appresso, anche se non m'importava granché di aprirli. Il motivo per cui ero andata lì non era per studiare. M'interessava godere della compagnia di Giulia, soltanto quella.
   Per tutta la mattinata abbiamo seguitato a studiare scambiandoci di tanto in tanto, sottovoce, qualche pettegolezzo, felici entrambi di trovarci in compagnia una dell'altra. Quando verso mezzogiorno mi sono allontanata dalla stanza per fumare una sigaretta nell'antibagno, unico posto della biblioteca in cui è possibile fumare di nascosto ai bibliotecari, lei mi ha seguito dappresso per tenermi compagnia.
   - Pensi di trattenerti a lungo in biblioteca. - ha chiesto.
   - Non lo so, perché.
   - Beh, potremmo, fare uno spuntino e tornare più tardi, ti va?
   - Non si lamenta nessuno se lasciamo i libri sul tavolo e torniamo più tardi?
   - No, lo faccio spesso anch'io.
   - Va bene, e dove andiamo?
   - Potremmo gustare qualcosa in pizzeria, oppure se ti va andiamo a casa mia.
   - A casa tua?
   - Ho un appartamento che condivido con due amiche. Si trova a due passi. Potremmo recarci in pizzeria, farci preparare due pizze da asporto, e mangiarle a casa mia, ti va?
   - Sì, certo, non c'è problema. - ho risposto. - E le tue amiche?
   - Sono tornate a Lecce, a casa loro, faranno ritorno in città la prossima settimana.
   - Ah.

   Sono caduta nella trappola che Giulia mi ha preparato cosciente di quello che sarebbe potuto accadere quando ho accettato di seguirla nell'appartamento che l'ospita. Mi sono aperta come in un sogno e ho divaricato le cosce al passaggio della sua lingua nella fica. Sono stata sua fino a stasera lasciando che saccheggiasse ogni anfratto del mio corpo.
   Giulia bacia male, ma ha denti bellissimi. La sua lingua ha rovistato a lungo nella mia bocca. L'umido della sua saliva si è mischiato con la mia, prima che tutt'e due lasciassimo cadere sul pavimento della stanza da letto i nostri indumenti.
   Giulia ha la pelle chiara e morbida come quella di una mozzarella, molto diversa dalla mia olivastra, cosa che me l'ha resa appetibile a prima vista. Le tette con i capezzoli piccoli e sporgenti, di un colore rosato, sono il ricordo più bello che ho del suo corpo ora che sono sola nel mio letto e penso a lei.
   Stiro le gambe sotto le lenzuola e mi arriccio su me stessa. Prima di addormentarmi penso che domani mi recherò di nuovo a studiare in biblioteca.

 

 

 
 

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