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RELAZIONE
EXTRA CONIUGALE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Appena
misi piede al Caffè del Moro mi
ritrovai addosso gli occhi di Mario.
Turbata dal suo sguardo presi posto a un
tavolo della caffetteria insieme a Alina
e Lucia, mie colleghe di lavoro,
certa che i suoi occhi avrebbero
seguitato a inseguirmi denudandomi.
Ogni volta che facevo colazione nella caffetteria e
incrociavo il suo sguardo mi sentivo in
imbarazzo. Facevo di tutto per non darlo
a vedere né a lui né alle mie colleghe
di lavoro, ma ero turbata dalla sua
presenza. Consapevole che era sposato
e padre di due figli in tenera età, ero
a conoscenza di molte cose cattive che
riguardavano la sua persona, ma non
avevo mai avuto occasione di rivolgergli
la parola né un cenno di saluto.
Consapevole di avere su di me lo
sguardo di Mario non prestavo attenzione
ai discorsi delle colleghe, come spesso
mi succede quando non sono interessata
ai discorsi delle persone con cui sono
in compagnia.
- Beh, non dici niente? -
disse Teresa.
- Eh.
- Stavo dicendo che non
possono costringerci a restare in
ufficio sino a tarda ora. Dobbiamo
rifiutarci di fare tante ore di lavoro
straordinario. Devono assumere del nuovo
personale, cazzo! Anziché sfruttarci.
- In un periodo di
recessione economica, come quello che
stiamo attraversando, dobbiamo
considerarci fortunate ad avere un
lavoro, altro che perdere del tempo a
lamentarci. - dissi.
- Certe cose non riesci
proprio a capirle, eh! A casa hai mamma
che pensa a tutto, noi invece dobbiamo
arrangiarci da sole. Abbiamo dei figli e
un marito di cui occuparci.
- Sì, avete ragione. -
dissi avvicinando la tazza del caffè
d'orzo alle labbra.
Mario stava di fronte a
noi, poco lontano, davanti al bancone e
guardava con insistenza nella mia
direzione. Abbassai gli occhi e girai lo
sguardo verso Alina per togliermi
dall'imbarazzo. Avevo il cuore in
subbuglio e la figa in calore. Mi
succedeva spesso di emozionarmi in sua
presenza, capitò anche in
quell'occasione, ma non potevo
immaginare che il modo sfrontato con cui
insisteva a fissarmi sarebbe coinciso
con l'inizio della nostra storia.
- Scusate, mi assento un
attimo. Vado in bagno e torno subito da
voi. - dissi alle mie compagne.
La toilette si trovava dal
lato opposto della sala, lontano dal
tavolo dove avevo preso posto.
Transitando a poca distanza da Mario fui
investita dal profumo di mammola di cui
erano impregnati i suoi abiti. Entrai nel vestibolo
del bagno e m'infilai in uno dei due
gabinetti che avevano l'uscio
spalancato.
Quando uscii dal gabinetto,
dopo avere fatto la pipì nella turca,
mi ritrovai nell'antibagno con
l'ingombrante presenza di Mario davanti
a me. Occupava per intero la stretta
apertura verso l'uscita impedendomi, di
fatto, il passaggio.
- Dovrei uscire. Le sarei
grata se fosse così gentile da
lasciarmi passare. - dissi tentando di
mascherare l'emozione che avevo addosso.
Mario rimase immobile.
Allargò le braccia e appoggiò il palmo
delle mani sulle due pareti impedendomi
il passaggio verso l'uscita.
- Beh, a che gioco
giochiamo? - dissi.
Per niente intimidito dalle
mie parole rimase saldo nella sua
posizione, risoluto nell'impedirmi il
passaggio. Mi spostai di lato, verso una
delle pareti, e tentai di superare
l'ostacolo del braccio teso verso il
muro premendo il mio corpo contro l'arto
che mi era d'ostacolo. Mi cinse le
braccia intorno ai fianchi e mi attirò
a sé. Mi ritrovai le sue labbra a
contatto con le mie e il corpo aderente
al suo rapita dall'abbraccio. Mi spinse
di prepotenza la schiena contro la
parete e lasciò scivolare una mano su
di una tetta esplorandomi con le dita il
capezzolo vergognosamente turgido.
Non fui partecipe al bacio,
riuscii a svincolarmi dall'abbraccio e
mi scostai da lui.
- Volevo sorprenderti. -
disse per giustificarsi.
- Anch'io!
Gli rovesciai sul viso un
manrovescio che lo lasciò esterrefatto.
Stimandomi una preda facile si era
ingannato. Non stramazzai ai suoi piedi,
invece fui svelta a reagire alla sua
prepotenza sbalordendo persino me
stessa. Approfittati della sorpresa che
l'aveva colto impreparato e guadagnai l'uscita. Raggiunsi le mie
colleghe e poco dopo mi ritrovai per
strada insieme a loro.
Trascorsi il resto del
pomeriggio a esaminare le pratiche
accatastate sulla mia scrivania, senza
fare cenno alle colleghe di quanto era
accaduto nella toilette del bar.
La faccia tosta di Mario, i
modi sprezzanti, l'insolenza con cui mi
aveva baciata e palpeggiata mi avevano
lasciato turbata. Prima di
quell'episodio avevo idealizzato la sua
figura di play boy, ma i modi con cui
ero stata trattata mi avevano
profondamente offesa, eppure nello
stesso tempo fui contenta nel costatare
che gli ero appetita fino a indurlo a
baciarmi in quel modo sfrontato.
A metà pomeriggio mi
masturbai nel cesso dell'ufficio per
calmare l'inquietudine che mi portavo
addosso.
Quando giunse l'ora di
abbandonare l'ufficio mi trovai a
pensare al modo in cui avrei reagito se
Mario avesse proseguito con le sue
provocazioni. Probabilmente gliela avrei
data, la figa, se avesse insistito.
Uscendo dall'edificio
salutai Alina e Lucia, poi m'incamminai
verso il parcheggio delle autovetture
posto sull'altro lato della strada.
Mentre camminavo non riuscivo a
togliermi dalla mente l'immagine di
Mario che mi baciava nella toilette.
Avevo ancora presente su di me il
profumo della sua pelle, il calore della
bocca, e lo spessore dei muscoli mentre
mi stringeva con forza a sé.
Quando mi trovai a una
decina di metri dalla mia Panda,
parcheggiata in un piazzale male
illuminato, mi avvidi della presenza di
un uomo accanto alla portiera
dell'automobile.
Era Mario, sì, era proprio
lui.
Ne fui certa quando mi
trovai a pochi metri dall'autovettura.
Indossava un trench colore beige con
cintura stretta ai fianchi che ne
metteva in risalto le spalle tarchiate.
Esitai prima di proseguire
nel mio cammino, poi ripresi ad avanzare
spedita in direzione della Panda,
seppure preoccupata per la presenza
dell'uomo. Ero consapevole che Mario
rappresentava un pericolo, ma ero pronta
a urlare con tutto il fiato che avevo in
gola nel caso mi avesse messo le mani
addosso.
- Posso sapere cosa ci sei
venuto a fare qui? - dissi quando mi
trovai di fronte a lui.
- Sono venuto a chiederti
scusa. Non so cosa mi abbia preso
stamani. Mi sono comportato da idiota.
- Ah, davvero? E cosa ti
aspetti da me? Che accetti le tue
giustificazioni?
- Forse. - disse porgendomi
un bouquet di viole che stringeva nella
mano e sino allora aveva mantenuto
nascoste dietro la schiena. - E' poca
cosa, lo so, ma spero che possano
servire a farmi perdonare.
Accettai i fiori che mi
porse e li strinsi nella mano. Avvicinai
le corolle alle narici e annusai
l'intenso profumo che spandevano, subito
dopo aprii la portiera dell'autovettura
e m'infilai dentro.
Allontanandomi dal
parcheggio fissai lo sguardo nello
specchietto retrovisore della Panda
prima di immettermi sulla strada. Allora
mi avvidi che Mario era rimasto fermo
sulla striscia di asfalto dove l'avevo
lasciato e volgeva lo sguardo nella
direzione della mia vettura.
Qualche sera dopo il fugace
incontro nell'area di parcheggio lo
trovai di nuovo ad aspettarmi all'uscita
dal posto di lavoro.
Accettando di salire sulla
sua autovettura ero cosciente che sarei
cascata fra le sue braccia, ma dopotutto
era quello che desideravo. Scopammo
nell'abitacolo della macchina quella
sera stessa, nel medesimo luogo dove
qualche giorno addietro mi aveva fatto
dono del mazzo di viole.
Fare l'amore con
Mario mi soddisfaceva. In sua compagnia
mi sentivo viva, priva di inibizioni, e
non m'importava granché se fosse
sposato, volevo vivere appieno le
emozioni che suscitava in me e basta.
Giorno e notte non vedevo
l'ora d'incontrarlo per scopare e
succhiargli il cazzo. Mi sembrò di
toccare il cielo con un dito la prima
volta che mi sborrò in bocca,
lasciandomi senza respiro per la quantità
di sperma che riversò nel mio
stomaco.
Ogni volta i nostri
incontri erano carichi di passione.
Godevamo tutt'e due del medesimo piacere
nel fare sesso di nascosto, praticando
una forma di trasgressione che ci
appagava entrambi, anche se ero conscia
che un'attrazione intensa come quella
che stavamo conducendo non sarebbe
durata a lungo, ma non me ne feci
scrupolo, mi interessava godere, fare
godere e niente di più.
Non avevamo un luogo
preciso dove andare a scopare, lo
facevamo in modo furtivo, per lo più
nella sua macchina, piazzando il Bmw ai
bordi di una carraia alla periferia della
città.
Il tempo era nostro nemico.
Le ore scorrevano veloci
quando ero in sua compagnia e Mario ne
aveva poco di tempo a disposizione da
dedicarmi.
Scopavamo! Scopavamo
e basta! Offrendoci piacere reciproco,
lasciando da parte le parole, forse
perché non ne avevamo molte da dirci.
Concordavamo gli
appuntamenti al telefono. Era lui a
chiamarmi, lo faceva quando ne aveva
voglia, ritenendo poco opportuno che lo
rintracciassi sul cellulare o in
ufficio. L'unica volta che mi permisi di
rintracciarlo telefonicamente, dopo una
settimana che non si era fatto sentire,
mi diffidò dal farlo minacciando
d'interrompere la nostra relazione.
Prima di fare l'amore con
Mario non ero mai andata a letto con
uomini sposati. Con lui mi sono trovata
a portare avanti una relazione diversa
da tutte le altre che avevo condotto in
precedenza. Occupavo gran parte del
tempo libero nell'attesa di una
improbabile chiamata che troppo spesso
tardava ad arrivare. Mi cullavo nella
speranza d'incontrarlo, di fare
l'amore, di scopare. Mi trattenevo
dall'uscire in compagnia di amici e
amiche per farmi trovare pronta a ogni
suo invito, ma col trascorrere delle
settimane le sue telefonate
incominciarono a diradarsi sempre di più,
fino ad affievolirsi al pari della
fiducia che nutrivo per lui.
A distanza di tre
mesi dalla conclusione della nostra
relazione mi ritrovo a pensare che il
mio atteggiamento è stato quello di una
donna sciocca. L'unica cosa che a Mario
premeva era di scoparmi e basta, dovevo
comprenderlo subito che il nostro
rapporto si sarebbe concluso alla
svelta.
Avevo bisogno di sapere
qual era il posto che occupavo nella sua
vita e cosa significavo per lui. Disse che stava bene in mia compagnia,
ma che voleva altrettanto bene alla moglie e ai figli.
La nostra storia è andata
avanti per sei mesi, poi è finita nello
stesso modo in cui era cominciata. E’
accaduto quando mi sono accorta, in modo
del tutto casuale, che aveva un'altra
donna. Allora l'ho lasciato, ma ero già
incinta di lui.
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