QUELLE COSE 
CHE SO DI LEI

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
   S
tavo discutendo con la giovane impiegata del Centro Cinema, a proposito di un film francese il cui DVD avevo chiesto in visione, quando alle mie spalle qualcuno s'intromise nella conversazione.
    - Ha ragione il signore. - sentenziò una voce femminile.
    L'impiegata levò lo sguardo dal monitor, dove era impegnata a digitare le note per il prestito del DVD, e guardò nella direzione della donna che, per niente scoraggiata, seguitò a parlare.
    - I registi di Rosetta, il film che il signore ha chiesto in prestito, sono davvero due. I fratelli Dardenne.
    - Beh, allora sbagliavo a credere che fosse uno solo. - disse l'impiegata infastidita dall’intromissione della voce femminile. - Non sapevo che fossero due e per giunta fratelli. Buono a sapersi.
    Girai il capo nella direzione della donna alle mie spalle da cui avevo ricevuto un insperato sostegno alla mia tesi. Era di statura piuttosto alta, quasi quanto me. I capelli di colore castano erano raccolti a coda di cavallo con la frangetta che le scendeva sulla fronte sino a sfiorarle gli occhi. La bocca, piuttosto piccola, si caratterizzava per le labbra sporgenti e sensuali. Particolare che mi colpì più di ogni altro della sua persona perché i lineamenti della bocca sono quelli che più apprezzo nel viso di una donna.
    - Piace anche a lei il cinema francese? - dissi.
    - Lo adoro. 
    - Anch'io.
    - I connotati intimistici del cinema francese ne fanno un genere che raramente piace agli uomini. Lei probabilmente è un caso a sé.
    - Mi piace il modo in cui i registi francesi raccontano la vita, le passioni, i tradimenti, l'amore, il sesso.
    - Ecco lo sapevo, il sesso. - disse scuotendo la testa.
    Stavo per darle risposta quando l'impiegata del Centro Cinema s’inframmise nella conversazione che stavo intrattenendo con la donna alle mie spalle. Apposi la firma sul foglio dei prestiti che l'impiegata si premurò di collocare sul tavolo davanti a me e presi in consegna il DVD. 

    La giornata di primavera inoltrata era calda e ventilata. Ero intento ad aprire il secondo dei due lucchetti che mi ero premurato di mettere a protezione della bicicletta, lasciata incustodita sotto i portici dell'Ospedale Vecchio, quando udii una voce femminile provenire alle mie spalle. Girai il capo e la vidi. La donna era la medesima con cui qualche istante prima avevo scambiato poche parole nella videoteca. Sembrava guardarmi con curiosità, come se fosse in attesa di una risposta.
    - Mi ha chiesto qualcosa? - dissi mantenendo il capo chino sul lucchetto della bicicletta.
    - Le ho chiesto se le va di prendere un caffè in mia compagnia. Mi farebbe piacere scambiare con lei qualche chiacchiera a proposito del cinema francese.
    La richiesta mi sorprese non poco. Avevo appuntamento in biblioteca da lì a poco con Claudio e ne persi la memoria. Rinunciai ad aprire il secondo dei due lucchetti che avevo collocato a protezione della bicicletta e risposi in maniera affermativa all'invito.
    - Il mio nome è Lauretta. - disse porgendomi la mano. - Il suo?
    - Lorenzo. - dissi affrettandomi a stringerle la mano. 
    - Ma diamoci del tu. Le va? - disse concedendomi un ampio sorriso. 
    - Sì, certo, diamoci del tu.
    Indugiammo un po' prima di ricominciare a parlare fissandoci come cani che si annusano, senza spiaccicare una sola parola. Ci pensò lei a togliermi dall'imbarazzo.
    - Ti sta bene se andiamo a prendere un caffè in quel bar? – disse, dandomi del tu, indicando una caffetteria sull'altro lato della strada poco distante dalla fermata dell'autobus.
    - Sì, certo, va bene.
    Mi disinteressai della bicicletta e attraversammo insieme la strada.
    La caffetteria era svuotata di clienti. Prendemmo posto a un tavolo e ordinai due caffè.
    - Lungo, per me, grazie. - disse rivolgendosi all'uomo indaffarato davanti alla macchina del caffè.
    Non mi era mai capitato di essere abbordato da una donna, perlomeno non nel modo spiccio che lei ne aveva fatto uso. Ero imbarazzato e non sapevo come comportarmi.
    Mostrava d'avere qualche anno meno dei miei quarant'anni. Bella, ma non troppo, era dotata di uno charme straordinario e ne rimasi affascinato.
    Annodato sulle spalle indossava un pullover celeste di cachemire le cui maniche ciondolavano sul solco dei seni della camicetta, sbottonata sul davanti, con l'incavo delle tette bene in mostra. Indossava una gonna corta e per tutto il tempo che rimanemmo seduti mantenne le gambe accavallate, cambiandole spesso di posizione, volutamente, in modo da mostrarmi gran parte delle cosce.
    - Parlami della tua passione per il cinema francese. - disse. 
    - A patto che lo fai anche tu.
    Abbassò gli occhi, ma non per timidezza, tutt'altro. I suo contegno era da donna adescatrice, ma non mi era ben chiaro cosa desiderasse da me.
    - Va bene, promesso. - disse.
    - E' difficile da spiegare la ragione di questa mia passione. E poi nemmeno sono uno che si atteggia a critico cinematografico. Quello che posso dire è che mi piacciono i film intimisti, ricchi di dialoghi, romantici e appassionati. E quelli francesi lo sono più di ogni altro genere. C'è qualcosa di strano in questo?
    - No.
    - Adesso tocca a te spiegarmi cosa ti spinge a guardare i film francesi.
    - Sono una donna a cui piace interessarsi ai sentimenti delle persone. E' questa la ragione per cui adoro il cinema francese e in genere i film mélo.
    Avrei potuto citarle molte delle emozioni che mi aveva trasmesso il personaggio di Antoine Doinel, in cui mi riconosco più di ogni altro, protagonista maschile di molti di film di François Truffaut, ma preferii non farlo. Nemmeno accennai ai film dei registi della nouvelle vague a cui sono particolarmente affezionato. Invece parlammo a lungo dei film di Patrice Leconte in particolare, e poi di Techine, Ozon e Jeunet; tutti registi che lei prediligeva. 
    Rimasi contagiato dal suo entusiasmo. Il modo che aveva di esprimersi era assai simile a quello di una adolescente. Era piena di curiosità nonostante fosse una donna matura. Parlando di cinema mettemmo a nudo molte delle affinità che avevamo in comune e glielo dissi.
    - Strano, eh! Ma prima d'incontrarti non avevo mai avuto modo di parlare con nessun'altra donna del mio interesse per il cinema francese. Le rare volte in cui mi è capitato di farlo, parlandone con delle amiche, sono stato preso in giro. Forse avrebbero preferito che parlassi di lavoro, denaro e viaggi. Mia moglie non voleva saperne di assistere alla proiezione di film francesi, diceva che erano noiosi, insopportabili. Preferiva le commedie divertenti, lei.
    - Forse aveva ragione. - disse lasciandosi sfuggire un sorriso beffardo.
    - E' una fortuna che ci siamo separati. E' stato un bene per entrambi.
    - Avete figli?
    - Grazie al cielo, no. E tu? 
    - Nemmeno io. 
    - Per scelta? 
    Non diede risposta alla mia domanda, avvicinò la tazza del caffè alle labbra e cambiò argomento di conversazione. 
    - Che lavoro fai? - chiese. 
    Esitai prima di darle una qualsiasi risposta. Mi sentivo inadeguato di fronte a lei. Il suo modo di porsi, i gesti, l'abbigliamento raffinato e costoso, la erre arrotata così esplicitata, erano segni inconfondibili di una appartenenza sociale diversa dalla mia. Le confessai che lavoravo come tecnico di radiologia presso l'ospedale e quasi me ne vergognai. Suo marito invece era un manager al servizio di una importante azienda alimentare, mi confessò.
    - Tu lavori? - le domandai. 
    - Insegno lettere al liceo. 
    Ci avrei scommesso, pensai. 
    Non si lasciò sfuggire l'occasione per parlare di problemi scolastici. La imitai raccontandole delle seccature derivanti dal mio lavoro in ospedale. Seguitammo a parlare curiosi di scoprire più cose ciascuno dell'altro smarrendo persino la nozione del tempo. Mi accorsi che mancavano pochi minuti all'una quando, distrattamente, guardai il quadrante dell'orologio al polso. 
    - Ti ho fatto perdere molto tempo? - chiese con il tono di voce di chi si sente in colpa ed è pronta a scusarsi.
    - Non c'è nessuno che sta ad aspettarmi a casa. Tu piuttosto, non devi preparare il pranzo per tuo marito? 
    - Sbagli, lui ed io conduciamo vite differenti. E poi oggi non è in città. 
    - Allora sei sola come me?
    - Sì. 
    - Posso invitarti a pranzo? C'è un ristorante qui vicino dove preparano ottimi piatti. Potremmo proseguire la conversazione attorno a una tavola imbandita, ti va?
    - Sì. - disse entusiasta per la proposta.
    Abbandonammo la caffetteria e recuperammo le biciclette che avevamo lasciato incustodite davanti al portone d'ingresso del Centro Cinema. Qualche istante dopo eravamo seduti uno di fronte all'altra a un tavolo del ristorante.
    - Rosetta, il film dei fratelli Dardenne che hai preso a prestito dalla videoteca ho avuto occasione di vederlo in più di una occasione. Strano che tu non l'abbia ancora visto, ha vinto la Palma d'oro come miglior film al festival di Cannes, ma non ricordo in che anno. 
    - Tu piuttosto non mi hai ancora detto qual è il film che hai ritirato dalla videoteca. 
    - Un film di Ozon. 
    - Ah! 
    - Vuoi sapere il titolo? Aspetta, guardo la copertina del DVD e te lo dico. - disse mettendosi a frugare nella borsetta alla ricerca della custodia. - Eccolo qua. - "Cinque per due". E' questo il titolo del film. Per caso lo hai già visto? 
    - Non credo, ma ho poca memoria per i titoli. Mi succede spesso di prendere a prestito un film e accorgermi al momento della proiezione di averlo già visto.
    - Mi piacerebbe vedere il film di Ozon proiettato su un grande schermo, anziché su un televisore. 
    - Nel mio appartamento ho installato un impianto di videoproiezione, corredato di audio dolby surround, che mi permette di vedere i film come al cinematografo.
    - Beato te. Mio marito non ne vuole sapere di acquistare un videoproiettore, purtroppo. Mi piacerebbe vedere uno di questi impianti in funzione.
    La richiesta espressa in modo così disinvolto da Lauretta mi mise di nuovo in imbarazzo. Mi chiesi se davvero era interessata a guardare il film oppure se le sue intenzioni fossero altre come mi sembrò di capire. Messo alle strette l'invitai a vedere il film di Ozon nel salotto di casa mia. 
    - Puoi venire quando vuoi, non ho problemi, sono sempre solo. 
    - Anche subito? 
    - Beh, se ti va, possiamo andare a casa mia a fine pranzo. 
    - Te l'ho detto, sono curiosa di vedere il film su grande schermo e con un impianto audio professionale come il tuo. - disse soddisfatta. 

    Alle tre del pomeriggio, completato il pranzo, attraversammo la città in sella alla bicicletta. Infine ci ritrovammo nel salotto del mio appartamento ad assistere alla proiezione del film di Ozon, il cui DVD aveva preso a prestito dalla videoteca. 
    Attivato l'impianto di videoproiezione mi preoccupai di oscurare la stanza, dopodiché presi posto sul divano accanto a Lauretta. 
    - Mi fa paura il buio. - disse strusciando la mano contro la mia. 
    - Beh, adesso faccio partire il film. - dissi. 
    Premetti uno dei tasti del telecomando del lettore del DVD e diedi avvio alla proiezione del film. 
    Dal videoproiettore uscì un fascio luminoso che andò a rischiarare la parete bianca dirimpetto al divano dove avevamo preso posto. 

    Sprofondato nel divano accanto a Lauretta mi immersi nella visione del film confuso per l'insolita situazione in cui mi ero venuto a trovare. La pellicola prese avvio con l'inquadratura di una coppia di trentenni, seduti davanti alla scrivania di un giudice intento a leggere i termini del loro divorzio. Terminata la scena la macchina da presa seguì i protagonisti mentre mettevano piede in una modesta camera d'albero. Fra quelle mura incominciarono a fare l'amore un'ultima volta prima di lasciarsi definitivamente.

    L'immagine sensuale di Valeria Bruni, protagonista femminile del film, e del suo corpo nudo accentuarono l'eccitazione che mi portavo addosso dal momento in cui mi ero appartato nella caffetteria con Lauretta.
    Il legame d'amore che teneva uniti in maniera disperata i due protagonisti della storia mi commosse e lo stesso accadde a Lauretta. Mi trovai la mano della mia occasionale compagna appoggiata sulla mia. Stavolta la strinsi e cominciai a carezzarle le dita intrecciandole con le sue dando inizio a un gioco erotico molto stimolante.
    I protagonisti della storia raccontata da Ozon si mostravano sullo schermo sensuali e commoventi. I corpi nudi, ammonticchiati uno sull'altro, riempirono lo schermo in una intensa performance di perversioni sorprendentemente naturali e dense di umanità. Stare a guardare l'interprete maschile della storia intento a sodomizzare la donna che fino a poco prima della sentenza di divorzio era stata sua moglie mi mise addosso una forte eccitazione. Mi ritrovai con l'uccello duro che pulsava sotto la stoffa dei pantaloni e una dannata voglia di fare sesso.
    C'era qualcosa di sadico nell'amore fra i due protagonisti della pellicola. E mi domandai se io e Lauretta eravamo come loro, ma più che cercare delle risposte misi a contatto la mano della donna sulla patta dei miei pantaloni e le feci toccare la protuberanza dell'uccello.
    Seguitai a tenere lo sguardo fisso sulla parete dove seguitava a essere proiettato il film. Lo stesso fece Lauretta ritrovandoci entrambi a godere del modo sadico con cui il protagonista maschile sodomizzava la ex moglie. Abbassai la lampo dei pantaloni e lasciai che Lauretta stringesse l'uccello nella mano. Non ebbi bisogno di chiederle di masturbarmi cominciò a farlo di sua iniziativa, ansimando di piacere, preoccupandosi soltanto di fare scorrere le dita avanti e indietro sul cazzo.
    Tutt'a un tratto abbassò il capo e posò la bocca sulla cappella. Cominciò a blandire la lingua sull'esile tessuto del prepuzio squassandomi lo scheletro di fremiti incontrollati. Si appropriò per intero dell'uccello, stringendolo alla radice con la mano, e lo fece scivolare quasi per intero fra le labbra, poi cominciò a succhiarlo.
    Mi ritrovai con le gambe allargate e distese in avanti, il capo accostato allo schienale del divano, e gli occhi rivolti a soffitto, per nulla interessato alle immagini del film che seguitavano a scorrere sulla parete di fronte a noi. Lauretta mi slacciò la cinghia dei pantaloni che si premurò di abbassare insieme alle mutande sino alle ginocchia, dopodiché riprese a succhiarmi l'uccello mentre con le dita dell’altra mano mi lambiva l’ano tutt’intorno.
    Nessuna donna lo aveva fatto con tanta maestria prima di lei, nemmeno mia moglie. Il piacere che mi procurò solleticandomi il tratto di pelle che dalla radice dello scroto raggiunge l’ano era simile a quello che provo ogni volta che una donna mi morde o stringe con le dita i capezzoli.
    Lauretta seguitò a lungo a carezzarmi e succhiare il cazzo facendomi godere come poche altre volte mi era accaduto. Non mi lasciò venire nella sua bocca come avrei desiderato. Mi spogliò e ci ritrovammo nudi sul tappeto. Pretese che la prendessi da dietro, seppellendole l'uccello nel buco del culo come aveva visto fare al protagonista maschile del film, e l'accontentai. 
    Alle cinque del pomeriggio se ne andò via.

    Sono trascorsi un paio di mesi da quell'incontro. Lauretta è entrata nella mia vita come una meteora e non so più liberarmi del suo ricordo. Non ho più avuto occasione di incontrarla. In compenso ho rivisto il film di Ozon più di una volta e ho percorso a ritroso i momenti cruciali della storia con Lauretta come il regista nella sua opera.
    Ogni volta che sulla parete del salotto compaiono le immagini di Valeria Bruni nuda, mentre si fa sodomizzare dall'ex marito, non posso fare a meno di masturbarmi ripensando a Lauretta e al suo bellissimo corpo.
    C'è qualcosa di sadico nel racconto di Ozon. Ma c'è qualcosa di sadico anche nella storia di cui sono stato protagonista con Lauretta, credo.

 

 
 

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