Q uando
le figlie di Ernesto soccorsero Pippo,
un cane randagio ferito e abbandonato
per la strada, non potevano immaginare
che l'animale avrebbe trasformato loro padre in un impertinente voyeur.
Prese dalla compassione le
ragazze diedero rifugio al setter
irlandese nella loro abitazione, ma col
passare del tempo finirono per
d'interessarsene preferendo la compagnia
dei coetanei maschi piuttosto che
occuparsi dell'animale. Ernesto e la
moglie furono costretti, loro malgrado,
a prendersi cura dell'animale.
Accadde
durante
una delle frequenti passeggiate
pomeridiane con il cane che
Ernesto s'imbatté in due amanti
affaccendati a fare l'amore nell'abitacolo di
una autovettura. E la cosa mise a nudo
un aspetto della sua sessualità fino
allora rimasto inespresso.
Ernesto
aveva liberato il cane in aperta
campagna, fra le golene del fiume Taro,
distante una decina di chilometri dalla
città. Dopo un po' di tempo che l'animale
correva, senza una meta precisa, si mise
ad abbaiare. Ernesto comprese qual
era il significato del latrare.
L'animale desiderava che gli lanciasse
un bastone per andare a rincorrerlo e
riportarglielo come fosse un
trofeo. Ancora una volta assecondò le
voglie dell'animale e diede inizio a
quel gioco.
Dopo una lunga serie di
lanci scagliò il bastone fra gli alberi
di gaggia. Il cane si lanciò ancora una
volta all'inseguimento del legno, ma
contrariamente a quanto succedeva di
solito non fece subito ritorno. Ernesto
lasciò trascorrere una decina di
minuti, dopodiché non vedendo Pippo
fare ritorno s'inoltrò nella boscaglia
cercando di attirare l'attenzione
dell'animale con il fischio con cui era
solito chiamarlo. Dopo un
po' che camminava giunse in prossimità
di una radura dove scorse parcheggiata
una Fiat Ritmo.
Lì per lì non fece troppo
caso alla presenza dell'autovettura.
Pensò che appartenesse a uno dei tanti
pescasportivi che affollavano la riva
del fiume, abituati a parcheggiare
l'auto al riparo del sole fra le gaggie
mentre si svagavano a pescare.
La vegetazione era fitta,
quasi impenetrabile. Soltanto quando si
trovò dinanzi al parabrezza, a pochi
passi dalla Fiat Ritmo, lo sguardo gli
cadde all'interno della vettura.
Un uomo e una donna stavano
scopando nell'abitacolo al riparo da
sguardi indiscreti.
Sorpreso dalla visione dei
due corpi nudi ebbe un attimo
esitazione. In più di un'occasione
aveva assistito alla proiezione di film
a luci rosse, però non gli era mai
capitato di essere testimone di un
amplesso dal vero.
I corpi di due giovani,
fradici di sudore, si muovevano
all'unisono in una danza di rumori
provocata dal cigolio del sedile su cui
poggiava la schiena della ragazza. L'uomo
le stava sopra, nella posizione del
missionario, e la cavalcava. La ragazza
teneva gli occhi socchiusi e
accompagnava i movimenti dell'uomo con
gemiti di piacere.
Dopo l'iniziale stupore si
fermò a osservarli, indeciso sul da
farsi. Trovò eccitante starsene a guardare
quei corpi nudi, ma sapeva altrettanto
bene che se lo avessero scorto si
sarebbero infuriati. E poi non gli
andava di passare per guardone. In
effetti, non era andato lì con
l'intenzione di spiarli. Ritornò sui
propri passi e si allontanò da quel
luogo.
La scoperta dei corpi nudi,
madidi di sudore, impegnati a scopare,
lo aveva turbato parecchio. Mentre si
allontanava dalla radura si ritrovò con
il cazzo duro sotto il tessuto dei
pantaloni e la cappella che gli
strusciava la coscia mentre camminava.
Esasperato arrestò il passo all'ombra
di un pioppo d'alto fusto. Appoggiò la
schiena contro l'albero, dopodiché
abbassò la lampo dei pantaloni, tirò
fuori l'uccello, e iniziò a
masturbarsi.
Da adolescente aveva
l'abitudine spararsi delle seghe davanti
alle foto di donne nude, ma da adulto
non si toccava da tempo memorabile.
Chiuse gli occhi e cercò di
raffigurarsi nella memoria la scena di
cui poc'anzi era stato testimone.
Terminò di sborrare nel
momento in cui Pippo fece capolino da
dietro un cespuglio. Nella bocca
grondante di saliva il cane manteneva
stretto un bastone, ma non era lo stesso
che Ernesto gli aveva lanciato tempo
prima.
.
Nei giorni seguenti
l'immagine dei corpi nudi, distesi nei
sedili dell'auto, impegnati a consumare
un coito, divenne per Ernesto una
ossessione. Il sabato successivo, in
compagnia di Pippo, si recò ancora una
volta a fare visita alla radura.
Stavolta il posto era sgombro di
autovetture, allora iniziò a
perlustrare l'area con cautela.
Il viottolo ghiaioso era
coperto da un'infinità di fazzoletti di
carta e preservativi, segno evidente che
il luogo era frequentato dalle coppiette.
La scoperta del materiale sparso in
maniera disordinata sul terreno gli mise
addosso un forte stato d'ansia.
Stimolato dalla presenza di quei residui
intrisi di sperma abbassò la cerniera
dei pantaloni ed iniziò ancora una
volta a masturbarsi.
Le settimane successive
tornò sempre più spesso a fare visita
a quella radura, eccitandosi al pensiero
degli amplessi e delle passioni che si
consumavano fra quegli alberi di gaggia.
A casa, stimolato da quelle eccitanti
fantasie, riprese a consumare dei
rapporti sessuali con la moglie. La cosa
non mancò d'insospettirla, ma lui si
giustificò incolpando il Ginseng che da
un po' di tempo si era messo a bere.
Ogni sabato pomeriggio, con
la scusa di condurre il cane a
passeggio, fece visita più volte a quel
lungo. Ma le sue aspettative andarono
presto deluse poiché non ebbe più modo
d'incontrare altre coppiette, anche se
sul terreno seguitavano a essere
presenti numerose tracce d'incontri. Di
sicuro quel posto era molto frequentato
di notte, pensò.
Mentre sondava il terreno
della carraia un'idea lo folgorò.
"Perché non costruire un muretto
di sassi e arbusti dove nascondersi e
gustare, inosservato, le effusioni che
nell'intimità si scambiavano le
coppiette?"
Gli occorsero parecchie
settimane di duro lavoro per portare a
termine l'idea che aveva partorito con
la fantasia. Dalle discariche adiacenti
recuperò sassi e mattoni ed edificò
una piccola barriera. Successivamente
ricoprì il trinceramento con rami
d'albero, terriccio, e dei cespi d'erba
che sradicò dal terreno circostante.
La sera che inaugurò il
nascondiglio la luna era piena. Se ne
stava appostato da un paio d'ore dietro
il muretto, fumando una sigaretta dopo
l'altra, quando il rumore di un'auto lo
mise in agitazione. I fari di una
vettura illuminarono la radura. L'auto
si fermò nella parte terminale della
carraia e il conducente spense il
motore.
Gli occhi di Ernesto, dopo
le lunghe ore di attesa, si erano
perfettamente adattati al buio. Fu in
grado di distinguere i volti delle
persone al riparo nell'autovettura. Dopo
settimane di trepidante attesa avrebbe
di nuovo assistito a un convegno
amoroso.
Era eccitato. Il cuore gli
pulsava in maniera scomposta e la
frequenza cardiaca era accelerata. I due
amanti incominciarono a baciarsi.
Probabilmente, pensò Ernesto, erano
giovani morosi.
Ad ogni avance del ragazzo,
che in tutti i modi cercava d'infilare
le mani sotto la camicetta, lei lo
respingeva limitandosi a baciarlo.
Seguitarono a sbaciucchiarsi limitando
le effusioni a qualche carezza e nulla
più. Poi il ragazzo abbassò la
cerniera dei pantaloni e tirò fuori
l'uccello deponendoci sopra la mano
della compagna. Lei, superata l'iniziale
ritrosia, iniziò a menarglielo.
Trascorse poco tempo, poi lui venne
sborrandole nella mano. La ragazza,
impacciata dalla quantità di liquido
che le colava fra le dita, prese dal
cruscotto dei fazzoletti di carta e si
ripulì le dita.
La vista dei due
fidanzatini, che con tanta tenerezza si
erano scambiati interminabili baci e
carezze, aveva turbato Ernesto. Nel
momento in cui la ragazza aveva iniziato
a masturbare il compagno, Ernesto
l'aveva presa a modello toccandosi pure
lui. Sborrò quasi subito, imitando in
questo il ragazzo. Rimase nascosto alla
vista dei morosi, nel suo punto
d'osservazione, fino al momento in cui
se ne andarono. Soltanto allora uscì
dal rifugio e si recò a raccogliere i
fazzoletti di carta, imbrattati di
sperma, abbandonati sull'erba.
Accese la fiamma
dell'accendino e si mise a osservare la
consistenza del liquido rappreso nella
carta, poi l'avvicinò alle narici e ne
annusò l'odore. Stava guardando il
colore dello sperma, intriso nella
carta, quando il rombo di una grossa
autovettura venne a interrompere la
quiete del luogo. Ernesto fuggì via da
lì e andò a nascondersi dietro il
solito albero.
Un Mercedes arrestò le
ruote al limite della carraia, a poca
distanza dal punto d'osservazione di
Ernesto. Dall'abitacolo dell'autovettura
si diffondeva una musica rock. I due
passeggeri si liberarono dei vestiti e
si lanciarono in tenere effusioni. Dalla
posizione in cui era appostato vide le
mani dell'uomo accarezzare i seni della
donna. Poi l'uomo affondò le labbra
sulle mammelle e come un neonato iniziò
a succhiare i capezzoli.
La donna pareva trarre
godimento da quelle attenzioni. Inarcò
il capo all'indietro, sul poggiatesta
della poltroncina, e prese a mordersi il
labbro inferiore. A Ernesto non fu dato
di vedere se durante quelle effusioni i
due si toccassero i genitali. Soltanto
quando l'uomo ribaltò entrambi i sedili
riuscì a vedergli il cazzo. Era turgido
e leggermente piegato all'insù, come
una scimitarra. Subito dopo l'uomo si
coricò sul corpo della donna e la
penetrò. Ancora una volta Ernesto prese
a masturbarsi facendo corrispondere i
movimenti della mano a quelli della
scopata dei due amanti.
Gli altoparlanti
dell'impianto stereo seguitarono a
diffondere una musica rock che bene si
accompagnava all'animalesco rapporto che
i due stavano consumando. Con il cazzo
fuori dalla patta dei pantaloni balzò
fuori dal nascondiglio e si avvicinò,
quatto quatto, all'auto. Una volta
raggiunta l'autovettura si alzò in
piedi e dal lunotto posteriore guardò
con prudenza all'interno dell'auto. Si
trattenne alcuni istanti a guardare la
scena dei due che scopavano, poi si portò
su un lato dell'autovettura, vicino alla
portiera anteriore. S'inginocchiò
dinanzi al finestrino e riprese a
masturbarsi. Venne poco dopo sborrando
sulla carrozzeria della portiera. Pago
di quanto aveva visto lasciò la
postazione e fece ritorno a casa.
*
* * *
Sono trascorsi tre anni dalla
memorabile serata in cui Ernesto si è
scoperto voyeur. Da allora non ha mai
cessato di frequentare quel luogo. Ogni
sabato sera è costretto a inventarsi
nuove scuse per uscire di casa, eludendo
le domande della moglie sempre più
preoccupata per le sue assenze notturne.
Oggi è sabato. Il sole è
tramontato da un po' di tempo. Ernesto
ha già raggiunto la sua postazione.
Seduto su un seggiolino pieghevole è in
attesa che sopraggiunga qualche
coppietta. Nella solitudine di quel
luogo gli tornano alla mente le tante
avventure boccaccesche di cui è stato
testimone insieme ad altri voyeur con
cui ha stretto amicizia.
Ha raggiunto la postazione
da un paio d'ore, ma nessuna coppietta
si è fatta viva. A mezzanotte, sta per
andarsene quando il rumore del tubo di
scappamento di un auto lo trattiene dal
farlo. Prende posizione dentro il
nascondiglio che si dipana a ferro di
cavallo intorno alla radura.
L'autovettura arresta la
corsa e si spengono i fanali.
Un uomo e una donna
sembrano discutere animatamente
all'interno della vettura. Il finestrino
dalla parte della donna si abbassa. La
ragazza porta una sigaretta alla bocca.
L'uomo toglie dalla tasca l'accendino e
accende la fiamma. Ciò che Ernesto vede
lo lascia esterrefatto. La ragazza è
una delle sue figlie: Elena, la più
giovane. Sorpreso dalla presenza della
ragazza d'istinto vorrebbe correre da
lei, tirarla fuori dall'auto e prenderla
a ceffoni. Sta per farlo quando i due,
dopo aver aspirato alcune boccate di
fumo, gettano le sigarette dai
finestrini ed iniziano a spogliarsi.
Dopo che le sue
figlie hanno raggiunto e superato l'età
della pubertà Ernesto non ha più avuto
modo di vedere i loro corpi nudi.
Elena gli sta di fronte,
coricata sul sedile col capo reclinato
all'indietro, nuda, in balia di un uomo
di cinquant'anni che per età potrebbe
esserle padre. Il corpo nudo, illuminato
dalla luce della luna, è splendido. I
seni minuti e sodi hanno i capezzoli
turgidi. Il pube è solcato da una
sottile striscia di peli scuri, segno
evidente che si depila e ha cura della
sua persona. L'uomo coricato al suo
fianco è nudo pure lui.
Ernesto rimane a osservarli
indeciso sul modo di comportarsi. I due
restano immobili scambiandosi parola
sottovoce. Poi l'uomo inizia a
carezzarle il ventre, delicatamente,
insinuandosi con le dita in ogni
anfratto del giovane corpo. Dai modi
confidenziali Ernesto percepisce che non
è la prima volta che fanno l'amore. La
ragazza si toglie da quella posizione e
si mette cavallo alle ginocchia
dell'uomo. China il viso sulle labbra
del compagno e lo bacia.
Se fino a pochi istanti
prima Ernesto non è stato capace di
contenere la rabbia, assistendo a quella
scena si sente emozionato. La ragazza si
ritrae verso il cruscotto e appoggia il
bacino sulle ginocchia dell'uomo.
Afferra il cazzo e glielo accarezza. Lo
fa con consumata abilità, come se
avesse compiuto il gesto infinite altre
volte. Tutt'a un tratto la ragazza
intinge le dita nella bocca e le
inumidisce di saliva. Ne deposita una
certa quantità sulla cappella e inizia
a masturbarlo, mentre con l'altra mano
afferra le palle e le accarezza da
consumata puttana.
Il compagno della figlia,
supino sul sedile, lascia che la ragazza
esegua il dolce massaggio senza dare
segnali di godimento. Ernesto al
contrario è turbato, molto turbato. Ha
il cazzo duro e lo sente spingere contro
la patta dei pantaloni. Questo stato di
eccitazione lo rende cosciente del
turbamento che gli sta provocando la
figlia, ma non sa cosa fare.
Elena china il capo in
direzione del pube dell'uomo e infila il
cazzo in bocca. Muove le labbra con
grande naturalezza dando l'impressione
di gustare appieno il sapore di cui è
permeato. Si produce a leccarlo su tutta
la superficie fino alla cappella, dove
insiste più a lungo con la lingua,
sfregandola ripetutamente. Elena ci sa
fare. L'intensità di quel rapporto le
provoca la fuoriuscita di una grande
quantità di saliva dalla bocca che
inizia a colarle lungo il mento.
Ernesto è eccitatissimo.
Il cazzo gli duole. Prima di stasera non
gli era mai capitato di sentire le gambe
tremargli in quel modo. Ha voglia di
masturbarsi ma non può farlo o forse
non vuole.
Elena continua a succhiare
avidamente il cazzo del compagno. La
luce della luna tinge di riflessi
azzurrini la pelle madida di sudore
della ragazza mentre continua a
spompinarlo, poi solleva il capo e con
le ginocchia si pone ai lati del bacino
dell'uomo. Inarca il sedere verso
l'alto, afferra il cazzo nella mano e lo
infila nella fica.
Alla vista di quella scena
Ernesto cede al desiderio. Estrae il
cazzo e inizia a masturbarsi,
freneticamente, come mai si sarebbe
sognato di fare. Il getto di sperma che
gli esce fuori dall'uretra giunge come
una liberazione. Mentre viene osserva la
figlia che sta muovendo fianchi e bacino
sul cazzo dell'uomo, poi nel silenzio
del bosco la sente urlare:
- Godo...! Godo...!
Anche l'uomo ha raggiunto
l'orgasmo e si accascia sulla ragazza in
un tenero abbraccio
Sono le due di notte quando
Ernesto fa ritorno a casa. Si siede sul
divano, sorseggia un bicchiere di vodka
e resta in attesa che la figlia faccia
ritorno. Alle tre del mattino Elena si
affaccia sulla porta di casa.
- Ti sembra questa l'ora
per tornare a casa?
- Ma papà è sabato sera,
avrò pure il diritto d'uscire con gli
amici.
- E un genitore avrà il
diritto di preoccuparsi del modo in cui
trascorrono le serate le proprie figlie.
Ti pare?
- Ma dai, papà. Sono
uscita con degli amici, siamo andati a
ballare e poi ci siamo intrattenuti a
chiacchierare. In fin dei conti non ho
fatto niente di male.
- Si va be', spero che
qualunque cosa tu faccia con gli amici
adotti le dovute precauzioni.
- Se è per questo spero
che anche tu, nelle uscite notturne, le
adotti.
Dopo avere pronunciato
quelle parole la ragazza si avvicina al
padre, gli dà un bacio sulla guancia,
poi si dirige verso la sua camera.
Ernesto finisce di bere il bicchiere di
vodka e si perde a pensare che mancano
solo sei giorni prima che giunga di
nuovo sabato.
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