NON AVRAI ALTRO DIO 
ALL'INFUORI DI ME

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  

  Il cucchiaio rimane sospeso sulla fiammella dell'accendino. Ancora pochi istanti e la sostanza sarà liquefatta. La tensione gli cresce dentro, ma ciò che gli sta più a cuore è che a breve starà bene. Sceglie di non bucarsi nelle braccia, né fra le dita dei piedi, e nemmeno sul dorso delle mani, preferisce spararsi la roba su una grossa vena del cazzo, accanto alle lettere tatuate del nome di Elisa.
   Toccandosi con la mano riesce a fare inturgidire il cazzo e non ha difficoltà a trovare una vena da bucare. L'esplosione gli giunge al cervello all'istante e lo porta in paradiso. E' eroina pura quella che si è sparato, forse ne ha messa troppa in quello spruzzo. Il suo fisico non è abituato a sopportare quel genere di roba. Il respiro gli diventa affannoso, sta male. Un dolore insopportabile lo coglie all'addome e alla testa.
 

* * * 

    La sua storia con l'eroina era cominciata cinque anni addietro. Uscendo da casa di prima mattina per recarsi al lavoro aveva trovato il parabrezza della Porsche, parcheggiata nel cortile, ricoperta da un sottile strato di brina. Gli erano occorsi alcuni minuti per liberare il ghiaccio dal parabrezza, dopodiché si era messo per strada.
   Prima di entrare a Radio Desiderio, dove ogni mattina si recava al lavoro, si era intrattenuto a fare colazione nel bar-tabaccheria ubicato nel medesimo edifico. Infine si era recato all'edicola, rifornendosi di quotidiani e settimanali, per procacciare le notizie con cui avrebbe intrattenuto i radioascoltatori.
   Una volta preso posto davanti alla consolle della regia aveva indossato le cuffie e provveduto a posizionare il microfono davanti a sé. Agendo su uno dei cursori del mixer aveva sfumato la musica che proveniva dall'impianto hi-fi di selezione automatica e iniziato a intrattenere gli ascoltatori con la sua voce.
   - Quella che ascoltate è Radio Desiderio, la vostra radio del cuore. Buongiorno a tutti voi, miei affezionati radioascoltatori. Ciao! Sono Paolo e come tutte le mattine vi terrò compagnia per alcune ore. Per le vostre dediche e canzoni da trasmettere telefonatemi, sono in ascolto, esaudirò ogni vostra richiesta. Il numero di telefono è sempre lo stesso: 0521.00000
   Agendo sul cursore del mixer aveva sfumato la voce lasciando che l'ugola di Fiorella Mannoia s'impadronisse dell'etere.
   Lavorava in quella radio da poco più di due anni. Prima di allora aveva collaborato con diverse emittenti radiofoniche, poi aveva acquisito i diritti delle frequenze e le apparecchiature di Radio Parmense in procinto di cessare l'attività. 
   Quando aveva iniziato l'attività a Radio Desiderio si era posto l'obiettivo di conquistare la fetta di mercato radiofonico costituita da giovani e meno giovani che amavano un certo tipo di musica in voga negli anni 60, 70, e 80. Un'idea che gli era venuta prendendo spunto da Radio Nostalgie, una emittente che in Francia viaggiava sull'onda del successo. 
   Prima di mettersi a leggere le notizie tratte dalle pagine dei quotidiani locali e nazionali aveva tolto dalla tasca un minuscolo astuccio metallico, poi aveva rovesciato alcuni granelli di polvere bianca sulla copertina di un rotocalco settimanale. Una volta composta la striscia di cocaina aveva aspirato la sostanza stupefacente dalle narici. Subito dopo aveva cominciato a leggere le notizie al microfono della radio.
   Sniffare coca gli serviva per recuperare la carica giusta, indispensabile per sentirsi in sintonia con il pubblico di radioascoltatori che ogni mattina gli prestava orecchio. Dopo che la cocaina entrava in circolo spiattellava una infinità di stronzate ai microfoni della radio. Forse era questa la ragione per cui risultava simpatico alla gente che lo ascoltava.
   Ormai non riusciva più a fare a meno della cocacina. La sua storia con le droghe era iniziata con le anfetamine, poi era passato alla coca e non era più riuscito a uscirne fuori.
   Gli indici di ascolto della radio erano in continua ascesa. Gli inserzionisti pubblicitari facevano a gara a occupare le fasce di ascolto in cui intratteneva i radioascoltatori. 
   Radio Desiderio, nata come emittente cittadina, in breve tempo si era trasformata in un potente network nazionale aumentando a dismisura il numero delle frequenze, coprendo una grossa fetta dell'Italia del nord. Il modo con cui sapeva intrattenere i radioascoltatori non aveva niente di speciale, ma prima delle altre emittenti aveva intuito che il pubblico, specie quello dei giovani e delle massaie, non amava ascoltare discorsi impegnati prestando maggiore attenzione alle sparate di intrattenitori eccentrici come Platinette. 
   Durante la trasmissione intercalava la musica degli anni sessanta, settanta e ottanta con pettegolezzi di cui erano ricche le pagine di cronaca dei quotidiani e dei settimanali. Non si poneva problemi etici nel modo di condurre le trasmissioni, gli importava soltanto tenere alto l'indice d'ascolto e fare soldi, tanti soldi. Poco importava se le notizie erano frivole e i suoi discorsi superficiali. Inoltre, per accaparrarsi l'ascolto degli uomini più emancipati, aveva inserito nella programmazione dei brevi notiziari sull'andamento delle borse con rapidi aggiornamenti a ogni ora.
   Nella sua vita tutto sembrava procedere per il verso giusto. Era ricco e lo sarebbe diventato sempre di più. Non gli mancava nulla per essere felice, anche se per raggiungere questi obiettivi aveva dovuto trascurare la sua donna.
   Con Elisa si erano conosciuti sui banchi di scuola. Insieme avevano condiviso le prime esperienze di sesso, poi si erano lasciati per ritrovarsi alcuni anni più tardi. Negli ultimi mesi l'aveva parecchio trascurata per dedicarsi al lavoro e di questo si sentiva in colpa. Raramente facevano l'amore, ed era uno dei motivi per cui Elisa aveva iniziato a frequentare singolari compagnie.
   Paolo si era accorto che la compagna si faceva di ero, l'aveva scoperto quando le aveva trovato addosso tracce di piccoli fori sul dorso dei piedi.
   - Non ti preoccupare. - gli aveva detto. - sono capace di gestirmi la roba. E poi cosa vuoi che sia un buco ogni tanto.

   All'inizio della storia con l'ero Elisa pareva ancora più bella, quasi che l'eroina l'aiutasse a tirare fuori quanto di meglio celava dentro di sé. Poi l'ero si era ripresa tutto con gli interessi.
   La mattina in cui Elisa aveva cessato di vivere Paolo era al lavoro nella radio, attaccato ai microfoni, a raccontare pettegolezzi sulle dive della televisione e sui reali di turno. Il cellulare era squillato riportandolo alla realtà.
   - Male, sto male. - aveva sussurrato una voce flebile al telefono che Paolo non aveva faticato a riconoscere.
   - Dove sei? Che hai? - aveva risposto frastornato.
   La voce all'altro capo del telefono si era strozzata e non aveva dato più nessun segno di vita. Preoccupato aveva inserito la programmazione automatica ed era corso in strada. Salito sulla Porche aveva attraversato la città destreggiandosi con l'auto nell'intenso traffico. Nel momento in cui la vita stava ricompensandolo dei sacrifici fatti da quando aveva cominciato a fare il Disk Jockey, lavorando nelle prime emittenti radiofoniche locali, tutt'a un tratto quella telefonata gli aveva fatto crollare tutte le sue certezze.
   Quando si era trovato sul pianerottolo, dinanzi all'appartamento di Elisa, aveva suonato il campanello ma nessuno gli aveva dato risposta. Allontanatosi di pochi passi si era gettato con la spalla sulla porta. Sotto le ripetute spinte la serratura aveva ceduto e la porta si era aperta.
   Richiamati dal fracasso alcuni inquilini si erano radunati sul pianerottolo. Entrando nel piccolo appartamento Paolo si era trovato di fronte a una scena ripugnante. Elisa era sdraiata per terra vicino al divano,  seminuda, con un top leopardato, lo stesso che le aveva visto addosso la sera precedente quando si erano lasciati.
   La cornetta del telefono, piazzata sul pavimento, distava pochi centimetri dalla mano, distesa nell'estremo tentativo di chiamare soccorso. Il volto, semi rovesciato su un lato, era pallido. Dalla bocca fuoriuscivano bollicine di bava e il corpo mostrava la classica pelle d'oca. Nel tentativo di rianimarla le aveva schiuso le palpebre degli occhi e aveva notato che le pupille erano ristrette, quasi prive di vita.
   - Presto! Presto! Qualcuno chiami il 118. - si era messo a gridare, rivolto alle persone assiepate intorno a lui.
   Dopo avere rigirato il corpo di Elisa sul dorso, le aveva sollevato il capo e con un fazzoletto aveva provveduto ad asportare la bava dalla bocca. Ma il liquido schiumoso aveva seguitato a uscire in gran quantità dalle labbra limitandone il respiro divenuto sempre più flebile. Anche il viso aveva assunto un aspetto cianotico. Per nulla schifato dalla sostanza mucosa aveva appoggiato le labbra su quelle di Elsa come aveva fatto un'infinità di altre volte quando facevano l'amore, dopodiché aveva cominciato a insufflarle aria nei polmoni senza mai fermarsi. Aveva seguitato a farlo fintanto che erano sopraggiunti i militi del 118.
   Il medico rianimatore dopo avere esaminato le condizioni della ragazza si era rialzato senza nemmeno provare a intubarla, Elisa era morta già da alcuni minuti. Preso com'era dalla disperazione Paolo non se n'era accorto e aveva continuato a insufflarle aria nei polmoni. 
   Dopo la morte di Elisa tutte le sue certezze, la voglia di fare carriera, il successo, erano scemate insieme ai valori che fino a poco tempo prima riteneva fossero importanti. Tutt'a un tratto aveva compreso che la vita è poca cosa e che prima o poi tutti dobbiamo morire. A nulla serviva vivere riempiendo il proprio cervello e quello degli altri di cose futili che avvelenano la vita.
   In un solo giorno aveva perduto tutto.
   L'amore che lo legava a Elisa era la cosa più importante della sua vita, ne prese coscienza nel momento in cui la ragazza aveva cessato di vivere e per riempire quel vuoto aveva iniziato a bucarsi quasi per sfida. 
   Con l'ero stava bene. Si era trovato a giocare una lunga battaglia con la morte e si sentiva immortale. Aveva girato le spalle ai sogni, alla radio, al successo e al lavoro. Trascorreva le giornate a oziare entrando e uscendo dai bar. Ubriaco fradicio difficilmente trovava la strada di casa, spesso si appisolava sul prato di una aiuola o sulle panchine dei viali. Era diventato una larva d'uomo, sempre più spesso riempiva le brache di cacca e di piscio, ma la cosa sembrava importargli ben poco. Gli bastava un po' di ero per stare bene, gli toglieva di dosso tutte le illusioni, ma terminato l'effetto si sentiva vuoto e nauseato dal mondo circostante.

* * * 

   Il dolore si è fatto più intenso, ormai sta per perdere i sensi. Lascia che la siringa e il laccio gli cadano per terra, poi si accascia sul pavimento. La sofferenza fisica che lo divora si manifesta con spasmi. Non gli era mai capitato d'avere una simile reazione. Ha crampi allo stomaco e insistenti conati di vomito. Sente freddo, molto freddo. Le braccia hanno la pelle d'oca. Inizia a tremare.
   Si è illuso di essere in grado di gestire la sua battaglia con l'ero e di saperla dominare, ora però ha la sensazione di perdere la guerra. L'ero sta per prendersi indietro tutto, con gli interessi.
   Con la poca forza che gli è rimasta in corpo si trascina fino alla porta d'ingresso e l'apre. Fa ricorso alle ultime forze e si trascina nel pianerottolo. Discende le scale strisciando sui gradini e con la poca voce che ha in gola sussurra:
   - Aiuto!... Aiuto!

 

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


.E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.