Il
cucchiaio rimane sospeso sulla fiammella
dell'accendino. Ancora pochi istanti e
la sostanza sarà liquefatta. La
tensione gli cresce dentro, ma ciò che
gli sta più a cuore è che a breve starà
bene. Sceglie di non bucarsi nelle
braccia, né fra le dita dei piedi, e
nemmeno sul dorso delle mani, preferisce
spararsi la roba su una grossa vena del
cazzo, accanto alle lettere tatuate del
nome di Elisa.
Toccandosi con la mano
riesce a fare inturgidire il cazzo e non
ha difficoltà a trovare una vena da
bucare. L'esplosione gli giunge al
cervello all'istante e lo porta in
paradiso. E' eroina pura quella che si
è sparato, forse ne ha messa troppa in
quello spruzzo. Il suo fisico non è
abituato a sopportare quel genere di
roba. Il respiro gli diventa affannoso,
sta male. Un dolore insopportabile lo
coglie all'addome e alla testa.
*
* *
La sua storia con l'eroina era
cominciata cinque anni addietro. Uscendo
da casa di prima mattina per recarsi al
lavoro aveva trovato il parabrezza della
Porsche, parcheggiata nel cortile,
ricoperta da un sottile strato di brina.
Gli erano occorsi alcuni minuti per
liberare il ghiaccio dal parabrezza,
dopodiché si era messo per strada.
Prima di entrare a Radio
Desiderio, dove ogni mattina si recava
al lavoro, si era intrattenuto a fare
colazione nel bar-tabaccheria ubicato
nel medesimo edifico. Infine si era recato
all'edicola, rifornendosi di quotidiani e settimanali, per
procacciare le notizie con cui avrebbe
intrattenuto i radioascoltatori.
Una volta preso posto
davanti alla consolle della regia aveva
indossato le cuffie e provveduto a
posizionare il microfono davanti a sé.
Agendo su uno dei cursori del mixer
aveva sfumato la musica che proveniva
dall'impianto hi-fi di selezione
automatica e iniziato a intrattenere gli
ascoltatori con la sua voce.
- Quella che ascoltate è
Radio Desiderio, la vostra radio del
cuore. Buongiorno a tutti voi, miei
affezionati radioascoltatori. Ciao! Sono
Paolo e come tutte le mattine vi terrò
compagnia per alcune ore. Per le vostre
dediche e canzoni da trasmettere
telefonatemi, sono in ascolto, esaudirò
ogni vostra richiesta. Il numero di
telefono è sempre lo stesso: 0521.00000
Agendo sul cursore del
mixer aveva sfumato la voce lasciando
che l'ugola di Fiorella Mannoia
s'impadronisse dell'etere.
Lavorava in quella radio da
poco più di due anni. Prima di allora
aveva collaborato con diverse emittenti
radiofoniche, poi aveva acquisito i
diritti delle frequenze e le
apparecchiature di Radio Parmense in
procinto di cessare l'attività.
Quando aveva iniziato
l'attività a Radio Desiderio si era
posto l'obiettivo di conquistare la
fetta di mercato radiofonico costituita
da giovani e meno giovani che amavano un
certo tipo di musica in voga negli anni
60, 70, e 80. Un'idea che gli era venuta
prendendo spunto da Radio Nostalgie, una
emittente che in Francia viaggiava
sull'onda del successo.
Prima di mettersi a leggere
le notizie tratte dalle pagine dei
quotidiani locali e nazionali aveva
tolto dalla tasca un minuscolo astuccio
metallico, poi aveva rovesciato alcuni
granelli di polvere bianca sulla
copertina di un rotocalco settimanale.
Una volta composta la striscia di
cocaina aveva aspirato la sostanza
stupefacente dalle narici. Subito dopo
aveva cominciato a leggere le notizie al
microfono della radio.
Sniffare coca gli serviva
per recuperare la carica giusta,
indispensabile per sentirsi in sintonia
con il pubblico di radioascoltatori che
ogni mattina gli prestava orecchio. Dopo
che la cocaina entrava in circolo
spiattellava una infinità di stronzate
ai microfoni della radio. Forse era
questa la ragione per cui risultava
simpatico alla gente che lo ascoltava.
Ormai non riusciva più a
fare a meno della cocacina. La sua
storia con le droghe era iniziata con le
anfetamine, poi era passato alla coca e
non era più riuscito a uscirne fuori.
Gli indici di ascolto della
radio erano in continua ascesa. Gli
inserzionisti pubblicitari facevano a
gara a occupare le fasce di ascolto in
cui intratteneva i
radioascoltatori.
Radio Desiderio, nata come
emittente cittadina, in breve tempo si
era trasformata in un potente network
nazionale aumentando a dismisura il
numero delle frequenze, coprendo una
grossa fetta dell'Italia del nord. Il
modo con cui sapeva intrattenere i
radioascoltatori non aveva niente di
speciale, ma prima delle
altre emittenti aveva intuito che il
pubblico, specie quello dei giovani e
delle massaie, non amava ascoltare discorsi
impegnati prestando maggiore
attenzione alle sparate di intrattenitori eccentrici come
Platinette.
Durante la trasmissione
intercalava la musica degli anni
sessanta, settanta e ottanta con
pettegolezzi di cui erano ricche le
pagine di cronaca dei quotidiani e dei
settimanali. Non si poneva problemi
etici nel modo di condurre le
trasmissioni, gli importava soltanto
tenere alto l'indice d'ascolto e fare
soldi, tanti soldi. Poco importava se le
notizie erano frivole e i suoi discorsi
superficiali. Inoltre, per accaparrarsi
l'ascolto degli uomini più emancipati,
aveva inserito nella programmazione dei
brevi notiziari sull'andamento delle
borse con rapidi aggiornamenti a ogni ora.
Nella sua vita tutto
sembrava procedere per il verso giusto. Era
ricco e lo sarebbe diventato sempre di
più. Non gli mancava nulla per essere
felice, anche se per raggiungere questi
obiettivi aveva dovuto trascurare la sua
donna.
Con Elisa si erano
conosciuti sui banchi di scuola. Insieme
avevano condiviso le prime esperienze di
sesso, poi si erano lasciati per
ritrovarsi alcuni anni più tardi. Negli
ultimi mesi l'aveva parecchio trascurata
per dedicarsi al lavoro e di questo si
sentiva in colpa. Raramente facevano
l'amore, ed era uno dei motivi per cui
Elisa aveva iniziato a frequentare
singolari compagnie.
Paolo si era accorto che la
compagna si faceva di ero, l'aveva
scoperto quando le aveva trovato addosso
tracce di piccoli fori sul dorso dei
piedi.
- Non ti preoccupare. - gli
aveva detto. - sono capace di gestirmi
la roba. E poi cosa vuoi che sia un buco
ogni tanto.
All'inizio della storia con
l'ero Elisa pareva ancora più bella, quasi che l'eroina
l'aiutasse a tirare fuori quanto di
meglio celava dentro di sé. Poi l'ero
si era ripresa tutto con gli interessi.
La mattina in cui Elisa
aveva cessato di vivere Paolo era al
lavoro nella radio, attaccato ai
microfoni, a raccontare pettegolezzi
sulle dive della televisione e sui reali
di turno. Il cellulare era squillato
riportandolo alla realtà.
- Male, sto male. - aveva
sussurrato una voce flebile al telefono
che Paolo non aveva faticato a
riconoscere.
- Dove sei? Che hai? -
aveva risposto frastornato.
La voce all'altro capo del
telefono si era strozzata e non aveva
dato più nessun segno di vita.
Preoccupato aveva inserito la
programmazione automatica ed
era corso in strada. Salito sulla Porche
aveva attraversato la città
destreggiandosi con l'auto nell'intenso
traffico. Nel momento in cui la vita
stava ricompensandolo dei sacrifici
fatti da quando aveva cominciato a fare
il Disk Jockey, lavorando nelle prime
emittenti radiofoniche locali, tutt'a un
tratto quella telefonata gli aveva fatto
crollare tutte le sue certezze.
Quando si era trovato sul
pianerottolo, dinanzi all'appartamento
di Elisa, aveva suonato il campanello ma
nessuno gli aveva dato risposta.
Allontanatosi di pochi passi si era
gettato con la spalla sulla porta. Sotto
le ripetute spinte la serratura aveva
ceduto e la porta si era aperta.
Richiamati dal fracasso
alcuni inquilini si erano radunati sul
pianerottolo. Entrando nel piccolo
appartamento Paolo si era trovato di
fronte a una scena ripugnante. Elisa era
sdraiata per terra vicino al divano,
seminuda, con un top leopardato, lo
stesso che le aveva visto addosso la
sera precedente quando si erano
lasciati.
La cornetta del telefono,
piazzata sul pavimento, distava pochi
centimetri dalla mano, distesa
nell'estremo tentativo di chiamare
soccorso. Il volto, semi rovesciato su
un lato, era pallido. Dalla bocca
fuoriuscivano bollicine di bava e il
corpo mostrava la classica pelle d'oca.
Nel tentativo di rianimarla le aveva
schiuso le palpebre degli occhi e aveva
notato che le pupille erano ristrette,
quasi prive di vita.
- Presto! Presto! Qualcuno
chiami il 118. - si era messo a gridare,
rivolto alle persone assiepate intorno a
lui.
Dopo avere rigirato il
corpo di Elisa sul dorso, le aveva
sollevato il capo e con un fazzoletto
aveva provveduto ad asportare la bava
dalla bocca. Ma il liquido schiumoso
aveva seguitato a uscire in gran quantità
dalle labbra limitandone il respiro
divenuto sempre più flebile. Anche il
viso aveva assunto un aspetto cianotico.
Per nulla schifato dalla sostanza mucosa
aveva appoggiato le labbra su quelle di
Elsa come aveva fatto un'infinità di
altre volte quando facevano l'amore,
dopodiché aveva cominciato a
insufflarle aria nei polmoni senza mai
fermarsi. Aveva seguitato a farlo
fintanto che erano sopraggiunti i militi
del 118.
Il medico rianimatore dopo
avere esaminato le condizioni della
ragazza si era rialzato senza nemmeno
provare a intubarla, Elisa era morta già
da alcuni minuti. Preso com'era dalla
disperazione Paolo non se n'era accorto
e aveva continuato a insufflarle aria
nei polmoni.
Dopo la morte di Elisa
tutte le sue certezze, la voglia di fare
carriera, il successo, erano scemate
insieme ai valori che fino a poco tempo
prima riteneva fossero importanti.
Tutt'a un tratto aveva compreso che la
vita è poca cosa e che prima o poi
tutti dobbiamo morire. A nulla serviva
vivere riempiendo il proprio cervello e
quello degli altri di cose futili che
avvelenano la vita.
In un solo giorno aveva
perduto tutto.
L'amore che lo legava a
Elisa era la cosa più importante della
sua vita, ne prese coscienza nel momento
in cui la ragazza aveva cessato di
vivere e per riempire quel vuoto aveva
iniziato a bucarsi quasi per sfida.
Con l'ero stava bene. Si
era trovato a giocare una lunga
battaglia con la morte e si sentiva
immortale. Aveva girato le spalle ai
sogni, alla radio, al successo e al
lavoro. Trascorreva le giornate a oziare
entrando e uscendo dai bar. Ubriaco
fradicio difficilmente trovava la strada
di casa, spesso si appisolava sul prato
di una aiuola o sulle panchine dei
viali. Era diventato una larva d'uomo,
sempre più spesso riempiva le brache di
cacca e di piscio, ma la cosa sembrava
importargli ben poco. Gli bastava un po'
di ero per stare bene, gli toglieva di
dosso tutte le illusioni, ma terminato
l'effetto si sentiva vuoto e nauseato
dal mondo circostante.
*
* *
Il dolore si è fatto più intenso,
ormai sta per perdere i sensi. Lascia
che la siringa e il laccio gli cadano
per terra, poi si accascia sul
pavimento. La sofferenza fisica che lo
divora si manifesta con spasmi. Non gli
era mai capitato d'avere una simile
reazione. Ha crampi allo stomaco e
insistenti conati di vomito. Sente
freddo, molto freddo. Le braccia hanno
la pelle d'oca. Inizia a tremare.
Si è illuso di essere in
grado di gestire la sua battaglia con
l'ero e di saperla dominare, ora però
ha la sensazione di perdere la guerra.
L'ero sta per prendersi indietro tutto,
con gli interessi.
Con la poca forza che gli
è rimasta in corpo si trascina fino
alla porta d'ingresso e l'apre. Fa
ricorso alle ultime forze e si trascina
nel pianerottolo. Discende le scale
strisciando sui gradini e con la poca
voce che ha in gola sussurra:
- Aiuto!... Aiuto!
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