PRESTAMI IL ROSSETTO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

     La spiaggia distava solo qualche decina di metri dalla villetta in cui Marta, Roberto e io eravamo ospiti. Partiti da Parma alle prime luci dell'alba avevamo attraversato la Francia in automobile, percorrendo mille e più chilometri, fino a raggiungere La Baule, località balneare fra le più rinomate della Bretagna.
   Arrivammo a destinazione poco prima del tramonto, rallentati nella corsa verso la cittadina bretone da un incidente stradale, all'altezza di Bourg-en-Bresse, che per puro caso non ci vide coinvolti.
   La vacanza doveva rappresentare un giusto riconoscimento alle fatiche sostenute nel corso dell'anno scolastico. Avere superato con profitto l'esame di maturità ci aveva riempito di una gioia immensa, ma una volta giunti in Bretagna quello che desideravamo più di tutto era di riuscire a goderci i giorni della vacanza a nostra disposizione.
   Non era stato facile organizzare il viaggio, soprattutto per l'opposizione dei miei genitori, ma dopo tanto insistere si erano piegati alla mia richiesta consentendomi d'intraprendere la vacanza in compagnia di Roberto e Marta, gemelli anche se dall'aspetto non lo davano a intendere.
   Quando all'imbrunire arrivammo a destinazione mi separai dai miei compagni di viaggio, impegnati a scaricare le valige dall'autovettura, e corsi verso la spiaggia, stupendomi nel costatare che si presentava estesa oltre ogni mia immaginazione a causa del fenomeno della bassa marea.
   Ai piedi scalzi camminai sulla sabbia bagnata respirando a pieni polmoni le particelle di salsedine che una leggera brezza conduceva verso terra, unitamente alle onde che andavano a incresparsi, prive di forza, sui miei piedi.
   Gli zii di Marta e Roberto erano i proprietari della casa che ci avrebbe ospitati durante il soggiorno. La residenza faceva parte di un complesso immobiliare che comprendeva una decina di villette, tutte uguali, dipinte di bianco con i tetti spioventi.
   La villa distava pochi chilometri da Saint André des Eaux, una località della Bretagna di grande interesse turistico e paesaggistico. Dopo i lunghi mesi trascorsi fra le mura di casa, senza mai levare gli occhi da sopra i libri di scuola, avvertivo il bisogno di un meritato riposo, ma soprattutto di svagarmi.
   Marta e Roberto si prodigarono nel farmi da ciceroni conducendomi nei luoghi più affascinanti della Bretagna. Rimasi sbalordita dal perpetuarsi del fenomeno delle basse maree, specie dalla visione delle imbarcazioni messe per traverso sul fondo sabbioso dell'oceano.
   La sera, dopo cena, eravamo soliti intrattenerci in uno dei locali notturni di La Boule, cittadina sulla costa oceanica distante una decina di chilometri dalla villetta che ci ospitava, i cui contrafforti sul mare erano occupati da una lunga scia di alberghi e ville signorili.
   Avevo diciannove anni, ero vergine, e mi ero presa una stramaledetta cotta per Roberto anche se non glielo avevo dato a intendere.
   Quello di avere la vagina inviolata lo consideravo un handicap e me ne crucciavo, ma non avevo ancora trovato il ragazzo giusto a cui lasciarla in dono. Avance ne avevo ricevute, fin troppe a dire il vero, ma le avevo tutte respinte scambiando con i miei occasionali partner soltanto qualche bacio e delle timide carezze, nulla di più, perché trovavo noiosi i ragazzi in genere.
   A Marta, che la verginità l'aveva sprecata dandosi a un tizio più vecchio di lei di una decina di anni, avevo confidato il mio interesse per Roberto senza però ricevere nessun tipo di incoraggiamento o aiuto come invece avrei auspicato.
   Una sera, all'imbrunire, quando già avevamo cenato, mi allontanai dalla villetta in compagnia di Marta lasciando solo Roberto impegnato a guardare una partita dei mondiali di calcio diffusa dalla televisione.
   Marta si portò appresso alcune lattine di birra, io invece portai della buona canapa indiana dagli effetti euforizzanti e una confezione di cartine per arrotolarci il tabacco.
   Andammo a sederci su un costone di roccia in riva al mare per goderci il panorama notturno, con davanti ai nostri occhi soltanto la linea dell'orizzonte.

   Distanti dal nostro punto di osservazione navi e imbarcazioni da pesca si spostavano nell'oceano, illuminate dalle luci notturne, e sembravano trascinarsi appresso i nostri pensieri e confessioni.
   Quella sera ero irrequieta, quasi si trattasse di un presentimento, ma non ci feci troppo caso presa com'ero dal seducente panorama che scorreva davanti ai nostri occhi. 
   Conversammo a lungo confidandoci le nostre paure come non ci era mai accaduto prima. Colpa della birra bevuta in grande quantità e del fumo che mi aveva cucinato per bene il cervello, forse.
   Quando Marta accostò una mano su una mia coscia, carezzandola, non ci feci troppo caso, ma quando posò le labbra sulle mie rimasi ammutolita. Non provai a scostare la bocca dalla sua come invece avrei potuto fare, nemmeno avvertii disgusto dal contatto con le sue morbide labbra, ma al contrario percepii un sottile ed eccitante piacere.
   Stavo bene fra le sue braccia, il calore del suo corpo era un toccasana per le mie pene d'amore. Attraversò le mie labbra con la punta della lingua e proseguì a penetrarmi la bocca scuotendomi il corpo e provocandomi una lunga serie di brividi.
   Mi ritrovai distesa sulla roccia con Marta sopra il mio corpo, nascoste alla vista di eventuali curiosi. Cinsi le braccia intorno al suo collo e attirai il suo capo verso di me.
   La sua bocca era colma di calore, seguitammo a titillare la punta della lingua una contro l'altra accrescendo il nostro piacere. Quando la sua mano mi scivolò sotto la gonna e le dita attraversarono l'elastico delle mutande ancora una volta la lasciai fare. Afferrai con entrambe le mani la chioma della sua capigliatura e gliela stirai all'indietro liberando parte della nuca dalla massa di capelli che le nascondevano il volto, poi mi dannai l'anima a succhiarle il collo colmandola di baci e morsi.
   Marta incominciò a mugolare di piacere sprigionando un continuo lamento. Anch'io mi accalorai, forse più di lei. Mi piaceva essere toccata in quel modo dalla mia migliore amica. Non tardò a prendersi cura del clitoride, ma quando tentò d'infilarmi le dita nella vagina per penetrarmi mi divincolai dall'abbraccio.
   Marta non fece nulla per farmi recedere dai miei propositi, non ce ne fu bisogno, capì che non desideravo essere deflorata dalle sue dita. Ritornammo verso la villetta tenendoci affettuosamente mano nella mano come due buone amiche, ma eravamo diventate qualcosa di più lei e io.
   Raggiungemmo la villetta poco dopo la mezzanotte. Trovammo Roberto seduto sul divano intento a seguire le immagini della partita di calcio trasmessa in tivù.
   - Noi due andiamo a letto. - disse Marta al fratello.
   - Io rimango ancora alzato, voglio vedere come va a finire la partita di calcio, poi verrò a dormire anch'io.
   - Buonanotte. - lo salutai.
   Quando Marta uscì dal bagno era nuda. Prese posto sotto le lenzuola del letto matrimoniale che occupavamo lei e io. Le sere precedenti si era sempre coricata con indosso le mutandine e la canottiera, lo stesso avevo fatto anch'io. Non mi fu difficile capire quali fossero le sue intenzioni. Contrariamente al solito non spense l'abat-jour sistemata sul piano del comodino. S'infilò sotto le lenzuola, accostò il corpo al mio, e mi abbracciò.
   Il suo corpo era tondo, bellissimo, dotato di seni prosperosi e fianchi larghi. Avrei pagato non so cosa per essere come lei.
   Conquistata dalla sua travolgente passione mi sentii lusingata dalle moine e dalle carezze che riversava su di me. Avrei desiderato scoparmela per davvero, ma non glielo dissi, lasciai che proseguisse nella sua opera di corteggiamento, anche quando si collocò in ginocchio fra le mie cosce e, dopo averle divaricate, mise in bella mostra lo scampolo di pelle rosa della mia fichetta.
   Marta chinò il capo e le guance lambirono le mie cosce. Avvertii la punta della lingua sfiorare le labbra della vagina e una lunga serie di tremori attraversarono il mio corpo. Allargò con le dita le labbra e incominciò a leccarmi come se fosse sua intenzione prolungare all'infinito il mio stato di ebbrezza. Ero bagnata fradicia e questo le diede senz'altro piacere, ne sono certa.
   Mugolavo e gemevo per l'intenso il piacere che sapeva trasmettermi. Il cuore sembrava scoppiarmi, le tette mi dolevano e la figa produceva una grande pioggia di calore fra le cosce. Non resistetti a lungo prima di toccarmi le tette, accompagnai il movimento del capo di Marta sul bocciolo del mio clitoride stringendo le dita sui capezzoli.
   Ero prigioniera del suo abbraccio, in balia di una pulsione erotica che non riuscivo a spiegarmi, ma che non poteva essere frutto della troppa birra e del cannone che mi ero fatta quella sera.
   Non impiegai molto tempo a raggiungere l'orgasmo, sopraggiunse liberatorio e fu davvero shockante. Incominciai a tremare tutta in maniera convulsa e gridai, gridai forte, cazzo! Ma non ricordo quali parole pronunciai perché era troppo il piacere che mi colse in quel momento.
   Marta proseguì a succhiarmi il clitoride nonostante mi sforzassi di allontanarle il capo dalle cosce con la forza delle braccia. Quando si scostò ero fradicia di sudore e colma di piacere, ma la serata non era ancora conclusa.
   Marta si allontanò per fare ritorno nella camera dopo qualche istante, ma stavolta non era sola. C'era Roberto con lei.
   Raccolsi un lenzuolo e coprii come potevo il mio corpo nudo. Di fronte alla mia sorpresa Marta non si scompose, anzi, si avvicinò al letto insieme al fratello nudo pure lui.
   - Io e Roberto sappiamo che è la tua prima volta e vorremmo che fosse speciale. - disse sperticandosi in un luminoso sorriso.
   Marta scostò il lenzuolo che avvolgeva il mio corpo, prese posto alla mia destra mentre Roberto andò a coricarsi sull'altro lato.
   L'alba ci sorprese avvinghiati, in una grande confusione di corpi, dopo un ultimo amplesso.

 

 
 

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