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RIPENSARE
LA VITA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Una
fitta coltre di nebbia, presagio
dell'imminente inverno, ingrigiva strade
e piazze della città. La nebbia era
calata sulla pianura già dal primo
pomeriggio e con il sopraggiungere
dell'oscurità le minuscole particelle
d'acqua, sospese nell'aria, conferivano
al paesaggio notturno un aspetto
particolarmente suggestivo.
Al cinema Astra c'ero
arrivato in compagnia di Laura, mia
moglie, in anticipo di una decina di
minuti rispetto all'ora in cui avrebbe
avuto inizio la presentazione del corso
di formazione filosofica promosso
dall'Assessorato alla Cultura.
Mettendo piede nel cinema
restammo stupiti dalla nutrita folla di
persone occupava il foyer in attesa di
prendere posto in platea. Uscendo
da casa eravamo persuasi che al
seminario di filosofia ci saremmo
ritrovati in compagnia di un ristretto
numero di sfigati, ansiosi di
approfondire argomenti di carattere
esistenziale, invece mezza città si era
data appuntamento nella platea di quel
modesto cinema di periferia.
Nella confusione generale
di uomini e donne che occupavano il
foyer non mi avvidi della presenza di
Francesca. Fu lei a notarmi e
immediatamente si diede da fare a
sbracciarsi, agitando le mani nella mia
direzione, attirando su di sé la mia
attenzione. Contraccambiai il gesto,
imbarazzato, rivolgendole un cenno di
assenso col capo che accompagnai con un
sorriso.
Francesca si fece largo fra
la folla di persone, attraversò il
foyer, e mi raggiunse. Non era sola,
l'accompagnava un uomo dall'aspetto
belloccio, lampadato, provvisto di un
fisico prestante, molto più giovane di
lei: il tipico fighetto parmigiano, supergriffato,
dalla cui
camicia bianca, lasciata di proposito
sbottonata sotto la giacca, spuntava una
catena d'oro massiccio da cui pendeva una
grossa croce con incastonate delle
pietre preziose.
L'ultima volta che
c'eravamo visti era accaduto una decina
di anni addietro, eppure da allora non
era per niente cambiata, anzi col
trascorrere del tempo si era fatta più
donna e ostentava con sufficiente
naturalezza una bellezza inquietante,
soprattutto per il décolleté che le
lasciava parzialmente scoperte le tette.
Ai tempi dell'università
avevamo avuto una storia, durata un paio
di anni, che aveva troncato quando si
era fatta amica con un Mandingo nativo
della Costa d'Avorio, dalla pelle nera
come la pece, iscritto alla facoltà di
veterinaria come lei.
Sconcertato da quella
improvvisa separazione mi ero ritrovato
smarrito, umiliato, soprattutto perché
avevamo iniziato da poco a fare dei
progetti di vita in comune, ed era stato
doloroso accettare quella perdita, ma
non avevo fatto alcunché per farla
recedere dalla sua decisione e
convincerla a tornare da me.
Il tempo aveva rimarginato
quella profonda ferita, infatti, dopo
quella storia avevo avuto altre donne,
vissuto altri amori, ma con nessun'altra
donna ero riuscito a instaurare l'intesa
sessuale che avevo con lei, infine mi
ero congiunto in matrimonio con Laura.
Nel foyer del cinema,
turbato dalla sua inquietante presenza,
riuscii a balbettare soltanto poche
parole. Rivederla vispa e giovanile mi
emozionò parecchio, anche mia moglie se
ne accorse, infatti, appena Francesca si
fu allontanata per prendere posto su una
poltrona della platea, mi chiese chi
fosse quella donna dotata di tanto
charme da scompigliarmi in quel modo. Non
le rivelai della storia che avevo avuto
con lei, mi barcamenai con una bugia
adducendo che era una amica dei tempi di
università.
Nel corso di quel breve
incontro, allorché mi premurai di
presentare a Francesca mia moglie e lei
si affrettò a farmi conoscere il suo
boy friend, mi sembrò di tornare
indietro nel tempo a quando tutt'e due
eravamo studenti e innamorati uno
dell'altra. Senza rendermene conto mi
ritrovai eccitato, con il fiato grosso,
il cazzo in tiro, e mentre si
allontanava, sculettando di proposito,
mi prese una gran voglia di ficcarglielo
nel culo, il cazzo.
A mezzanotte, quando
insieme a mia moglie abbandonai la
platea, la nebbia si era fatta molto più
fitta tanto da rendere persino difficile
l'orientamento. Individuammo con una
certa difficoltà il Bmw parcheggiato un
paio di isolati distanti dal cinema.
C'infilammo nell'abitacolo e in poco
tempo raggiungemmo la nostra abitazione
situata nella parte opposta della città.
A letto mia moglie non fece
cenno allo scambio di sguardi e sorrisi
che avevo intrattenuto con Francesca.
Non lo fece quella sera e neppure nei
giorni seguenti, prendendo atto che
quanto le avevo detto a proposito del
rapporto che a suo tempo avevo
intrattenuto con Francesca fosse la
verità.
Due giorni dopo avere
presenziato alla serata dedicata allo
studio della filosofia stavo comodamente
seduto sulla poltrona del mio ufficio,
intento a consultare una delle pratiche
che giacevano sulla scrivania, quando
squillò il telefono. Sollevai il
ricevitore e diedi immediatamente
risposta.
- Pronto.
- Ciao, filosofo!
- Eh? - dissi sorpreso da
quella affermazione, ignaro dell'identità
femminile a cui apparteneva la voce che
vibrava nella membrana del telefono.
- Beh, allora devo desumere
che non sei stato in grado di
riconoscere la mia voce.
Frastornato da quelle
parole rimasi in silenzio, titubante,
senza trovare la forza di spiaccicare
alcunché.
- Sono io, Francesca.
- Certo che lo so. - dissi
con tono di voce poco convincente. -
Pensi davvero che non ti abbia
riconosciuta? Come avrei potuto farlo?
Ho finto di non sapere distinguere la
tua voce per costatare la tua reazione.
- Mah! Sarà...
- Posso sapere da chi hai
avuto il numero del mio telefono?
- E' stato abbastanza
facile rintracciarti. Ho dato una scorsa
alle Pagine Gialle, e alla voce
"Avvocati" ho trovato il
numero del tuo studio legale. In
precedenza avevo cercato sull'elenco del
telefono quello della tua abitazione ma
non l'ho trovato.
- Il mio numero di casa non
appare sull'elenco telefonico perché
l'apparecchio è intestato a mia moglie.
- E' la prima cosa che ho
pensato quando, scorrendo l'elenco, mi
sono accorta che il tuo nome non
compariva, poi ho pensato di estendere
la ricerca alle Pagine Gialle e infine
ti ho scovato.
- Ti sei data tanto da fare
soltanto per rivolgermi un saluto oppure
c'è dell'altro?
- L'altra sera,
rivedendoti, mi sono turbata parecchio,
lo sai? E quando desidero andare in
fondo a una cosa mi ci butto con tutta
me stessa. Oramai dovresti conoscermi.
- Mah!
- Rivederti mi ha provocato
una forte emozione, anzi un tuffo al
cuore. E a te ha fatto altrettanto
piacere?
- A me?
- Sì, a te.
- Non lo so. - dissi,
mentendo spudoratamente, giocherellando
nervosamente con le dita attorno il filo
del telefono.
- Quando al cinema, fra la
folla di persone, ho intravisto il tuo
volto un brivido ha percorso il mio
scheletro, come quando facevamo coppia
insieme, così mi è venuto spontaneo
chiedermi cosa c'era rimasto in tutt'e
due del nostro vecchio amore.
- E hai saputo darti una
risposta?
- Uhm... la vita è piena
di domande. E ogni volta che credi di
avere trovato tutte le risposte, ecco
che la vita ti cambia le domande.
- Però non hai risposto
alla mia domanda.
- Ah, sì?
- E allora te ne faccio io
una di domande.
- Dai, ti ascolto, sono
tutt'orecchi.
- E' il bisogno di trovare
delle risposte alle inquietudini della
vita la ragione che ti hanno spinto a
frequentare il corso di filosofia?
- Penso che gli
organizzatori del corso, promovendo
questo tipo di serate dedicate alla
filosofia, vogliano andare incontro alla
necessità, diffusa in tutti noi, di
trovare risposte agli interrogativi che
ci poniamo sul senso della vita.
- Può darsi.
- Non sei d'accordo?
- Sapere qual è il senso
dell'essere, indagando sull'esistenza
dell'uomo e della natura, penso sia
insito in tutti noi. Quando ero più
giovane, impegnato a realizzarmi
soprattutto nel lavoro, non mi ponevo
questi interrogativi.
- E adesso? - mi incalzò
Francesca.
- Ora è diventata una
necessità quella di mettermi a
riflettere sull'universo e sull'uomo,
perlomeno nei limiti delle mie poche
conoscenze.
- Dimmi la verità. Sei
rimasto soddisfatto della prima lezione?
- Se devo essere sincero mi
sono annoiato. L'ho trovata un po'
troppo cattedratica, anche perché
detesto quegli insegnanti universitari,
tipo il relatore dell'altra sera,
abituati a fare lezione leggendo pari
pari un testo scritto.
- E' vero, hai ragione,
anch'io la penso come te. - confermò
Francesca.
- Speriamo che le prossime
serate siano più interessanti di quanto
non lo è stata la prima.
- Quello che mi aspetto dal
corso è che sia soprattutto ricco di
elementi su cui riflettere, magari
prendendo spunto dalle domande che tutti
noi ci poniamo durante la nostra vita
quotidiana. Sei d'accordo Lorenzo?
Era la prima volta,
dopo tanto tempo, che udivo uscire il
mio nome dalle sue labbra e la cosa mi
piacque.
- Sono rimasto stupito nel
constatare quanta gente, nonostante la
serata nebbiosa, è uscita di casa per
prendere parte alla
prima serata del corso. I posti in
platea erano tutti esauriti, anzi molte
persone non hanno trovato posto a sedere
e sono rimaste ad ascoltare le parole
del relatore in piedi.
- E di questo ti stupisci?
- Beh, sì.
- Ho saputo che le
conferenze, da qui alla fine corso,
verranno riprese da una emittente
televisiva locale, probabilmente TV
Parma, e riproposte in rete
successivamente. Penso che le prossime
lezioni le seguirò davanti alla tivù.
Non voglio correre il rischio di
arrivare al cinema e non trovare posto a
sedere. E tu che intenzioni hai?
- Se devo essere sincero
farei volentieri a meno di presenziare a
queste serate, il problema è che mia
moglie insiste perché ci andiamo e non
posso tirarmi indietro.
- Non hai problemi
esistenziali? Io, purtroppo, sono
completamente a digiuno di elementi di
filosofia e sarei interessata a essere
guidata in un percorso di
approfondimento.
- Allora fai bene a
insistere nel presenziare alle lezioni.
- Davvero non t'interessa
ascoltare le lezioni di chi è esperto
della materia?
- Il modo di intendere il
significato della vita è un argomento
molto intimo, di cui raramente si
discute quando si è insieme agli altri,
anzi non se ne parla mai. E' un
argomento tabù al pari della morte. Io
credo che nella vita occorra dare
importanza soltanto alla fruizione del
bello e di tutto ciò che dà piacere,
di tutto il resto non m'interessa una
sega.
- Non t'interessa, come
riportato nel manifesto che pubblicizza
l'iniziativa del Comune, ascoltare e
discutere sul rapporto che c'è fra
lavoro e dimensioni dell'esistenza,
delle credenze religiose e morali,
dell'attaccamento alla comunità.
- No, non mi interessa una
sega. Te l'ho già detto.
- E allora cosa ti
interessa concretamente nella vita? Dai,
fammi un esempio.
- In questo momento ho il
cazzo duro che pulsa sotto il tessuto
dei pantaloni e mi piacerebbe fare
l'amore con te, anzi a pensarci bene
vorrei mettertelo nel culo. Questo solo
m'interessa. Godere del tuo corpo.
Probabilmente questa
affermazione, pronunciata in modo
alquanto irriverente, la sorprese,
mettendola in imbarazzo, tant'è che
troncò la conversazione.
Avevo spiccicato quelle
parole con rabbia e rancore e me ne
pentii appena la comunicazione si
interruppe, quando oramai era troppo
tardi per chiederle scusa. Nel corso dei
due anni che era durata la nostra storia
non l'avevo mai sodomizzata, prendendola
da dietro, nemmeno mi ero sognato di
farlo, a quell'età avevo troppo
rispetto per la sua persona e del suo
corpo per metterglielo nel culo; forse
avrei dovuto farlo.
Diedi un respiro profondo,
ampliando a dismisura la cassa toracica,
e ripresi il lavoro là dove l'avevo
interrotto prima di rispondere alla
telefonata. Mentre sfogliavo il
carteggio che giaceva davanti ai miei
occhi, sul piano della scrivania, non mi
riuscì di distogliere il pensiero da
Francesca. Mi domandai più volte che
significato dare alla sua telefonata e
qual era il reale intendimento delle sue
parole. La risposta l'ebbi un paio d'ore
più tardi allorché il telefono squillò
e nella membrana della cornetta intesi
vibrare la sua voce.
- Ciao, sono ancora io, ti
disturbo?
- No, affatto, ormai sono
prossimo alla pausa pranzo. Di solito a
quest'ora banchetto con un panino col
prosciutto e una lattina di Coca-Cola,
oggi però ho preso accordi con mia
moglie che andrò a pranzare a casa.
- Ho ripensato a quello che
hai detto prima di interrompere la
comunicazione.
- Ti chiedo scusa. - la
interruppi. - Non era mia intenzione
offenderti né tanto meno essere
volgare, la mia era soltanto una
provocazione. Lo hai capito, vero?
- Davvero ti piacerebbe
sodomizzarmi?
La domanda espressa in quel
modo crudo mi trovò ancora una volta
impreparato. Da Francesca mi sarei
aspettato di ricevere uno sciame di
ingiurie dopo quanto le avevo detto, ed
ero pronto a chiederle umilmente scusa.
Esitai prima di risponderle.
- Beh, allora? Non
rispondi? Avvocato! Hai perso la lingua?
- Perché insisti a
mettermi in imbarazzo?
- Non credo affatto che tu
sia imbarazzato, anzi per quello che ti
conosco sei un gran porco.
- Allora ti diverti a
tormentarmi. E' così?
- Desidero stare con te. Ho
voglia di prestare attenzione ai tuoi
pensieri, ascoltare la tua voce che mi
sussurra frasi porche alle orecchie.
- Stai scherzando? Spero
che non sia così perché non
sopporterei di essere preso in giro dopo
quanto c'è stato fra noi.
- Quello che è stato
appartiene al passato, mettiamoci una
pietra sopra e guardiamo avanti.
- Dieci anni fa, quando mi
hai lasciato, ti scrissi una lunga
lettera. Impiegai un mese intero a
scriverla. Era di una dozzina di pagine
se ricordo bene.
- Beh, se devo essere
sincera non l'ho mai ricevuta.
- Lo so, perché l'ho
stracciata prima di recapitartela.
- Hai fatto male, dovevi
consegnarmela.
- Posso sapere cosa ti sei
messa in testa? Che cazzo vuoi adesso da
me?
- Non lo hai ancora capito?
- No.
- Ho voglia di fare l'amore
con te. Cazzo! Mi sembra chiaro, no?
- Perché?
- Pensi sia necessario
darti una risposta?
- Sì.
- E io invece non te la do,
contento?
- Ne ho bisogno.
- Merda! Sono passati dieci
anni da quando ci siamo lasciati e sei
rimasto lo stesso coglione. Possibile
che tu non capisca che ho soltanto
voglia di fare sesso con te. Mica sto
qui a chiederti di iniziare una nuova
storia e magari diventare il mio amante.
Non lo capisci?
- Ti comporti in questo
modo con tutti gli uomini che hai avuto
in passato, offrendo di nuovo a tutti il
tuo corpo?
- Solo a quelli che mi
attraggono. A volte sono un po' troia,
ormai dovresti conoscermi.
- No, sbagli, io non ti
conosco, affatto.
- Beh, dai, facciamola
finita. Hai voglia di scoparmi?
- Adesso?
- E perché no.
- Io...
- Ti passo a prendere in
ufficio con la mia automobile. Se non
sbaglio hai lo studio in Via Repubblica.
Fra una decina di minuti sarò lì da
te. Va bene?
Avrei potuto tirarmi
indietro, rifiutare le sue avance,
invece non feci niente di tutto questo.
Rimasi zitto.
- Allora siamo d'accordo,
fra poco sarò lì da te, aspettami giù
in strada.
- Okay, va bene.
Un quarto d'ora dopo mi
ritrovai a camminare nervosamente,
avanti e indietro sul ciglio del
marciapiede, davanti l'edificio dove ha
sede il mio studio, in attesa che
sopraggiungesse Francesca. Prima di
abbandonare l'ufficio mi premurai di
effettuare un veloce bidet per
presentarmi in ordine nel caso avessimo
scopato.
Il Suv Toyota panoramico,
capiente come un pullman, si fermò a
ridosso del marciapiede dove ero in
attesa. Al volante riconobbi la figura
di Francesca che con un cenno della mano
mi fece segno di salire
sull'autoveicolo. Presi posto sul sedile
accanto a lei e allacciai la cintura di
sicurezza.
- Dove andiamo - dissi
appena ci fummo allontanati dal
marciapiede.
- Non lo so. Tu dove
preferisci andare?
- Io... vorrei.
- Lo so già, me lo hai già
detto, non devi sforzarti a trovare le
parole giuste per ripetermi che mi vuoi
inculare.
- Non trovi strano che dopo
tanto tempo che non ci vedevamo abbiamo
iniziato con il conversare di filosofia
e siamo finiti a parlare di sesso?
Nessuno dei due si è preso la briga di
parlare della vita reale che conduce. Lo
abbiamo fatto volutamente? Io non so
nemmeno se sei sposata oppure single.
Magari hai messo al mondo anche più di
un figlio. E' così? Io sono felicemente
sposato da cinque anni e non ho figli. E
tu?
- Io ho abortito un paio di
volte.
- Ah.
- Entrambe le volte non è
accaduto per mia volontà. Si è
trattato di aborti spontanei. Tutte due
le volte è accaduto dopo un paio di
mesi di gestazione.
- Mi spiace.
- Anche a me perché avrei
tanto desiderato diventare madre di quei
bambini mai nati.
- Ci credo.
- Beh, dai, dove andiamo a
scopare?
- Non lo so, fai tu.
- Potremmo andare là dove
lo abbiamo fatto la prima volta,
ricordi?
- Nel pioppeto in riva al
fiume Taro?
- E perché no.
Una fitta coltre di nebbia premeva
sulla pianura della Bassa. Nella
corsia di marcia opposta alla nostra
direzione i fari delle autovetture
bucavano il muro di nebbia segnalandoci
la presenza di un possibile pericolo.
Dopo una decina di minuti raggiungemmo
il luogo concertato. Francesca arrestò
il Toyota dopo avere percorso una
carraia che conduceva dentro il bosco di
pioppi. Appena sotto l'argine del fiume
Taro, circondati da una fitta coltre di
nebbia, in una apparente immobilità
assoluta, spense il motore della
vettura.
Esitai prima di darle un
bacio anche se ero consapevole che pure
lei lo desiderava. Lasciai cadere una
mano sotto la gonna e l'altra dietro il
suo capo. L'attirai verso di me e la
baciai corrisposto. Seguitammo a
vellicarci la lingua a vicenda
attorcigliandola contro quella
dell'altra, come due innamorati. La
bocca di Francesca emanava tanto calore
e io avevo bisogno di essere riscaldato.
Fuori dell'abitacolo c'era la nebbia, il
freddo, e la normalità.
- Bacia bene tua moglie? -
disse sorprendendomi non poco, dopo
essersi staccata dalle mie labbra.
- Perché mi fai questa
domanda?
- Non lo so, mi è venuto
spontaneo chiedertelo.
- E il tuo uomo bacia bene?
- Abbastanza.
- Ti ama?
- Mi ama per quella che
sono.
- Cioè?
- Non sono una gran cosa,
però sono tutto quello che posso
essere.
- E tu lo ami?
- L'amore... Uhm... è una
parola troppo grande l'amore.
- Non mi hai risposto.
- L'amore è soltanto
l'incontro fra due solitudini che si
proteggono vicendevolmente arricchendosi
l'un l'altra.
- E basta? Non è troppo
poco?
- Che si toccano, si
cercano, e si accettano per quello che
sono.
- Uhm...
- Sei felice?
- Non lo so.
- Per me la felicità non
è altro che uno stato di tranquillità
interiore. E' una sensazione che il più
delle volte dura un attimo. E in questo
momento, qui con te, sono felice perché
mi fai stare bene. Magari fra un po',
quando ci lasceremo, non lo sarò più.
- E' pur vero che la
felicità è una sensazione che si può
provare anche nella solitudine.
- E' vero, sono d'accordo.
- Mentre il piacere va
sempre condiviso. - dissi attirando le
sue labbra alle mie.
Francesca si staccò
qualche istante dopo avermi baciato, mi
infilò le dita fra i capelli e si mise
ad accarezzarmi la fronte guardandomi negli occhi.
- Nella vita non si può
essere sempre felici. Ci sono anche le
sofferenze, le delusioni, e i sogni che
molto spesso non si realizzano. Io sono
convinta che con la vita tutti noi
stiamo giocando un partita truccata e
che il nostro destino è già segnato.
- Anche per il fatto che
oggi siamo di nuovo insieme?
- Sì.
- E allora? Non pensi che
scegliendo di venire qua stiamo
rischiando molto entrambi.
- Il rischio più grande
che un uomo e una donna possono correre
nel corso della vita è quello di non
rischiare nulla. Chi non rischia nulla
non fa nulla, non ha nulla e non è
nulla.
Abbracciai Francesca e la
strinsi forte a me impaziente di godere
delle prelibatezze del suo corpo.
Lei si divincolò dalla
stretta e si tolse in breve successione
gonna e camicetta. Di seguito si liberò
del reggiseno e del tanga, dopodiché
rimase nuda. Solo allora potei godere
per intero della bellezza lussuriosa del
suo corpo totalmente esposto al mio
sguardo.
Il respiro mi si fece
accelerato per l'eccitazione che
produsse su di me il vederla nuda. Mi
spogliai liberandomi in tutta fretta dei
vestiti. Lei si mise cavalcioni sulle
mie ginocchia, a gambe larghe, e
accompagnò il cazzo fra le sue cosce.
La penetrai deciso, guardandola dritta
negli occhi, stirandole con la mano la
coda dei capelli all'indietro, mentre un
sorriso impertinente le si allargava nel
viso affamato di sesso.
Francesca prese a
cavalcarmi il cazzo facendo entrare e
uscire la cappella dalla
vagina bagnata fradicia. Affondò
ripetutamente i denti sul mio collo, le
spalle e le braccia, mordendomi, mentre
dei sospiri di puro piacere le uscivano
dalla bocca e le unghie si incuneavano
nella pelle della mia schiena. Io invece
presi a strizzarle con entrambe le mani
i capezzoli turgidi, pizzicandoli, e
graffiando l'areola con l'estremità
delle unghie.
I movimenti dei nostri
corpi divennero ritmici. Erano trascorsi
molti anni dall'ultima volta che avevamo
fatto l'amore insieme, ma la vocazione
animalesca che aveva caratterizzato le
nostre precedenti scopate era rimasta
intatta in entrambi. Ogni penetrazione
pareva condurla sempre più vicino
all'orgasmo, ma era solo una mia
impressione tanto mostrava di essere
eccitata.
Mentre la temperatura
all'interno dell'abitacolo saliva,
imperlandole la pelle di sudore,
Francesca mostrava d'avere una dannata
voglia di venire e io non vedevo l'ora
di sentirla urlare di piacere e
riempirle la bocca di sperma.
Assecondai i movimenti del
suo corpo mentre inarcava ripetutamente
il bacino, spingendo il cazzo ancora più
a fondo nel calore umido della vagina.
Quando avvertii che era prossima
all'orgasmo mi misi a scoparla a un
ritmo frenetico fintanto che esplose in
un urlo animalesco, scorticandomi la
pelle alla base del collo addentandola
sino a farla sanguinare. Subito dopo le nostre bocche si cercarono e ci
baciammo toccando il paradiso. Non so
dove trovai la forza di staccarmi da lei
prima di venire, sta di fatto che
riuscii a sborrarle in bocca come
desiderava lei. E quello fu solo
l'inizio.
La nebbia si era diradata
quando abbandonammo il pioppeto a
ridosso dell'argine del fiume. Avevamo
fatto sesso consecutivamente per un paio
d'ore, ciononostante conservavamo
intatto il desiderio di fare ancora
l'amore. Lei si era sentita viva e
desiderata fra le mie braccia,
probabilmente non le era accaduto da
molto tempo di sentirsi amata in quel
modo, e a me era capitata la stessa
cosa. Non la inculai in quella occasione
sicuro che avrei avuto altre opportunità
per soddisfare questo mio desiderio.
Quella che all'inizio
sarebbe dovuta essere una avventura di
sesso da bruciare in poche ore, invece
si è trasformata in una passione
travolgente che avrebbe potuto spingerci
a fare delle scelte estreme, ma tutt'e
due eravamo consapevoli che se doveva
accadere di fare una cosa sbagliata era
meglio che accadesse con la persona
giusta.
Mano mano che ci avvicinavamo
alla città, con la nebbia che pareva
essersi completamente diradata, iniziai
a pensare alla scusa che avrei dovuto
inventare con mia moglie per
giustificare la mia assenza per l'ora di
pranzo.
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