RIPENSARE LA VITA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Una fitta coltre di nebbia, presagio dell'imminente inverno, ingrigiva strade e piazze della città. La nebbia era calata sulla pianura già dal primo pomeriggio e con il sopraggiungere dell'oscurità le minuscole particelle d'acqua, sospese nell'aria, conferivano al paesaggio notturno un aspetto particolarmente suggestivo. 
   Al cinema Astra c'ero arrivato in compagnia di Laura, mia moglie, in anticipo di una decina di minuti rispetto all'ora in cui avrebbe avuto inizio la presentazione del corso di formazione filosofica promosso dall'Assessorato alla Cultura. 
   Mettendo piede nel cinema restammo stupiti dalla nutrita folla di persone occupava il foyer in attesa di prendere posto in platea. Uscendo da casa eravamo persuasi che al seminario di filosofia ci saremmo ritrovati in compagnia di un ristretto numero di sfigati, ansiosi di approfondire argomenti di carattere esistenziale, invece mezza città si era data appuntamento nella platea di quel modesto cinema di periferia.
   Nella confusione generale di uomini e donne che occupavano il foyer non mi avvidi della presenza di Francesca. Fu lei a notarmi e immediatamente si diede da fare a sbracciarsi, agitando le mani nella mia direzione, attirando su di sé la mia attenzione. Contraccambiai il gesto, imbarazzato, rivolgendole un cenno di assenso col capo che accompagnai con un sorriso. 
   Francesca si fece largo fra la folla di persone, attraversò il foyer, e mi raggiunse. Non era sola, l'accompagnava un uomo dall'aspetto belloccio, lampadato, provvisto di un fisico prestante, molto più giovane di lei: il tipico fighetto parmigiano, supergriffato, dalla cui camicia bianca, lasciata di proposito sbottonata sotto la giacca, spuntava una catena d'oro massiccio da cui pendeva una grossa croce con incastonate delle pietre preziose.
    L'ultima volta che c'eravamo visti era accaduto una decina di anni addietro, eppure da allora non era per niente cambiata, anzi col trascorrere del tempo si era fatta più donna e ostentava con sufficiente naturalezza una bellezza inquietante, soprattutto per il décolleté che le lasciava parzialmente scoperte le tette.
   Ai tempi dell'università avevamo avuto una storia, durata un paio di anni, che aveva troncato quando si era fatta amica con un Mandingo nativo della Costa d'Avorio, dalla pelle nera come la pece, iscritto alla facoltà di veterinaria come lei.
   Sconcertato da quella improvvisa separazione mi ero ritrovato smarrito, umiliato, soprattutto perché avevamo iniziato da poco a fare dei progetti di vita in comune, ed era stato doloroso accettare quella perdita, ma non avevo fatto alcunché per farla recedere dalla sua decisione e convincerla a tornare da me.
   Il tempo aveva rimarginato quella profonda ferita, infatti, dopo quella storia avevo avuto altre donne, vissuto altri amori, ma con nessun'altra donna ero riuscito a instaurare l'intesa sessuale che avevo con lei, infine mi ero congiunto in matrimonio con Laura.

   Nel foyer del cinema, turbato dalla sua inquietante presenza, riuscii a balbettare soltanto poche parole. Rivederla vispa e giovanile mi emozionò parecchio, anche mia moglie se ne accorse, infatti, appena Francesca si fu allontanata per prendere posto su una poltrona della platea, mi chiese chi fosse quella donna dotata di tanto charme da scompigliarmi in quel modo. Non le rivelai della storia che avevo avuto con lei, mi barcamenai con una bugia adducendo che era una amica dei tempi di università.
   Nel corso di quel breve incontro, allorché mi premurai di presentare a Francesca mia moglie e lei si affrettò a farmi conoscere il suo boy friend, mi sembrò di tornare indietro nel tempo a quando tutt'e due eravamo studenti e innamorati uno dell'altra. Senza rendermene conto mi ritrovai eccitato, con il fiato grosso, il cazzo in tiro, e mentre si allontanava, sculettando di proposito, mi prese una gran voglia di ficcarglielo nel culo, il cazzo.

   A mezzanotte, quando insieme a mia moglie abbandonai la platea, la nebbia si era fatta molto più fitta tanto da rendere persino difficile l'orientamento. Individuammo con una certa difficoltà il Bmw parcheggiato un paio di isolati distanti dal cinema. C'infilammo nell'abitacolo e in poco tempo raggiungemmo la nostra abitazione situata nella parte opposta della città.
   A letto mia moglie non fece cenno allo scambio di sguardi e sorrisi che avevo intrattenuto con Francesca. Non lo fece quella sera e neppure nei giorni seguenti, prendendo atto che quanto le avevo detto a proposito del rapporto che a suo tempo avevo intrattenuto con Francesca fosse la verità.
   Due giorni dopo avere presenziato alla serata dedicata allo studio della filosofia stavo comodamente seduto sulla poltrona del mio ufficio, intento a consultare una delle pratiche che giacevano sulla scrivania, quando squillò il telefono. Sollevai il ricevitore e diedi immediatamente risposta.
   - Pronto.
   - Ciao, filosofo!
   - Eh? - dissi sorpreso da quella affermazione, ignaro dell'identità femminile a cui apparteneva la voce che vibrava nella membrana del telefono.
   - Beh, allora devo desumere che non sei stato in grado di riconoscere la mia voce.
   Frastornato da quelle parole rimasi in silenzio, titubante, senza trovare la forza di spiaccicare alcunché.
   - Sono io, Francesca.
   - Certo che lo so. - dissi con tono di voce poco convincente. - Pensi davvero che non ti abbia riconosciuta? Come avrei potuto farlo? Ho finto di non sapere distinguere la tua voce per costatare la tua reazione. 
   - Mah! Sarà...
   - Posso sapere da chi hai avuto il numero del mio telefono?
   - E' stato abbastanza facile rintracciarti. Ho dato una scorsa alle Pagine Gialle, e alla voce "Avvocati" ho trovato il numero del tuo studio legale. In precedenza avevo cercato sull'elenco del telefono quello della tua abitazione ma non l'ho trovato.
   - Il mio numero di casa non appare sull'elenco telefonico perché l'apparecchio è intestato a mia moglie.
   - E' la prima cosa che ho pensato quando, scorrendo l'elenco, mi sono accorta che il tuo nome non compariva, poi ho pensato di estendere la ricerca alle Pagine Gialle e infine ti ho scovato.
   - Ti sei data tanto da fare soltanto per rivolgermi un saluto oppure c'è dell'altro?
   - L'altra sera, rivedendoti, mi sono turbata parecchio, lo sai? E quando desidero andare in fondo a una cosa mi ci butto con tutta me stessa. Oramai dovresti conoscermi.
   - Mah!
   - Rivederti mi ha provocato una forte emozione, anzi un tuffo al cuore. E a te ha fatto altrettanto piacere?
   - A me?
   - Sì, a te.
   - Non lo so. - dissi, mentendo spudoratamente, giocherellando nervosamente con le dita attorno il filo del telefono.
   - Quando al cinema, fra la folla di persone, ho intravisto il tuo volto un brivido ha percorso il mio scheletro, come quando facevamo coppia insieme, così mi è venuto spontaneo chiedermi cosa c'era rimasto in tutt'e due del nostro vecchio amore.
   - E hai saputo darti una risposta?
   - Uhm... la vita è piena di domande. E ogni volta che credi di avere trovato tutte le risposte, ecco che la vita ti cambia le domande.
   - Però non hai risposto alla mia domanda.
   - Ah, sì?
   - E allora te ne faccio io una di domande.
   - Dai, ti ascolto, sono tutt'orecchi.
   - E' il bisogno di trovare delle risposte alle inquietudini della vita la ragione che ti hanno spinto a frequentare il corso di filosofia?
   - Penso che gli organizzatori del corso, promovendo questo tipo di serate dedicate alla filosofia, vogliano andare incontro alla necessità, diffusa in tutti noi, di trovare risposte agli interrogativi che ci poniamo sul senso della vita.
   - Può darsi.
   - Non sei d'accordo?
   - Sapere qual è il senso dell'essere, indagando sull'esistenza dell'uomo e della natura, penso sia insito in tutti noi. Quando ero più giovane, impegnato a realizzarmi soprattutto nel lavoro, non mi ponevo questi interrogativi. 
   - E adesso? - mi incalzò Francesca.
   - Ora è diventata una necessità quella di mettermi a riflettere sull'universo e sull'uomo, perlomeno nei limiti delle mie poche conoscenze.
   - Dimmi la verità. Sei rimasto soddisfatto della prima lezione?
   - Se devo essere sincero mi sono annoiato. L'ho trovata un po' troppo cattedratica, anche perché detesto quegli insegnanti universitari, tipo il relatore dell'altra sera, abituati a fare lezione leggendo pari pari un testo scritto.
   - E' vero, hai ragione, anch'io la penso come te. - confermò Francesca.
   - Speriamo che le prossime serate siano più interessanti di quanto non lo è stata la prima. 
   - Quello che mi aspetto dal corso è che sia soprattutto ricco di elementi su cui riflettere, magari prendendo spunto dalle domande che tutti noi ci poniamo durante la nostra vita quotidiana. Sei d'accordo Lorenzo?
    Era la prima volta, dopo tanto tempo, che udivo uscire il mio nome dalle sue labbra e la cosa mi piacque.
   - Sono rimasto stupito nel constatare quanta gente, nonostante la serata nebbiosa, è uscita di casa per prendere parte alla prima serata del corso. I posti in platea erano tutti esauriti, anzi molte persone non hanno trovato posto a sedere e sono rimaste ad ascoltare le parole del relatore in piedi.
   - E di questo ti stupisci?
   - Beh, sì.
   - Ho saputo che le conferenze, da qui alla fine corso, verranno riprese da una emittente televisiva locale, probabilmente TV Parma, e riproposte in rete successivamente. Penso che le prossime lezioni le seguirò davanti alla tivù. Non voglio correre il rischio di arrivare al cinema e non trovare posto a sedere. E tu che intenzioni hai?
   - Se devo essere sincero farei volentieri a meno di presenziare a queste serate, il problema è che mia moglie insiste perché ci andiamo e non posso tirarmi indietro.
   - Non hai problemi esistenziali? Io, purtroppo, sono completamente a digiuno di elementi di filosofia e sarei interessata a essere guidata in un percorso di approfondimento.
   - Allora fai bene a insistere nel presenziare alle lezioni.
   - Davvero non t'interessa ascoltare le lezioni di chi è esperto della materia?
   - Il modo di intendere il significato della vita è un argomento molto intimo, di cui raramente si discute quando si è insieme agli altri, anzi non se ne parla mai. E' un argomento tabù al pari della morte. Io credo che nella vita occorra dare importanza soltanto alla fruizione del bello e di tutto ciò che dà piacere, di tutto il resto non m'interessa una sega.
   - Non t'interessa, come riportato nel manifesto che pubblicizza l'iniziativa del Comune, ascoltare e discutere sul rapporto che c'è fra lavoro e dimensioni dell'esistenza, delle credenze religiose e morali, dell'attaccamento alla comunità.
   - No, non mi interessa una sega. Te l'ho già detto.
   - E allora cosa ti interessa concretamente nella vita? Dai, fammi un esempio.
   - In questo momento ho il cazzo duro che pulsa sotto il tessuto dei pantaloni e mi piacerebbe fare l'amore con te, anzi a pensarci bene vorrei mettertelo nel culo. Questo solo m'interessa. Godere del tuo corpo.
   Probabilmente questa affermazione, pronunciata in modo alquanto irriverente, la sorprese, mettendola in imbarazzo, tant'è che troncò la conversazione. 
   Avevo spiccicato quelle parole con rabbia e rancore e me ne pentii appena la comunicazione si interruppe, quando oramai era troppo tardi per chiederle scusa. Nel corso dei due anni che era durata la nostra storia non l'avevo mai sodomizzata, prendendola da dietro, nemmeno mi ero sognato di farlo, a quell'età avevo troppo rispetto per la sua persona e del suo corpo per metterglielo nel culo; forse avrei dovuto farlo.
   Diedi un respiro profondo, ampliando a dismisura la cassa toracica, e ripresi il lavoro là dove l'avevo interrotto prima di rispondere alla telefonata. Mentre sfogliavo il carteggio che giaceva davanti ai miei occhi, sul piano della scrivania, non mi riuscì di distogliere il pensiero da Francesca. Mi domandai più volte che significato dare alla sua telefonata e qual era il reale intendimento delle sue parole. La risposta l'ebbi un paio d'ore più tardi allorché il telefono squillò e nella membrana della cornetta intesi vibrare la sua voce. 
   - Ciao, sono ancora io, ti disturbo?
   - No, affatto, ormai sono prossimo alla pausa pranzo. Di solito a quest'ora banchetto con un panino col prosciutto e una lattina di Coca-Cola, oggi però ho preso accordi con mia moglie che andrò a pranzare a casa.
   - Ho ripensato a quello che hai detto prima di interrompere la comunicazione.
   - Ti chiedo scusa. - la interruppi. - Non era mia intenzione offenderti né tanto meno essere volgare, la mia era soltanto una provocazione. Lo hai capito, vero?
   - Davvero ti piacerebbe sodomizzarmi?
   La domanda espressa in quel modo crudo mi trovò ancora una volta impreparato. Da Francesca mi sarei aspettato di ricevere uno sciame di ingiurie dopo quanto le avevo detto, ed ero pronto a chiederle umilmente scusa. Esitai prima di risponderle.
   - Beh, allora? Non rispondi? Avvocato! Hai perso la lingua?
   - Perché insisti a mettermi in imbarazzo?
   - Non credo affatto che tu sia imbarazzato, anzi per quello che ti conosco sei un gran porco.
   - Allora ti diverti a tormentarmi. E' così?
   - Desidero stare con te. Ho voglia di prestare attenzione ai tuoi pensieri, ascoltare la tua voce che mi sussurra frasi porche alle orecchie.
   - Stai scherzando? Spero che non sia così perché non sopporterei di essere preso in giro dopo quanto c'è stato fra noi.
   - Quello che è stato appartiene al passato, mettiamoci una pietra sopra e guardiamo avanti.
   - Dieci anni fa, quando mi hai lasciato, ti scrissi una lunga lettera. Impiegai un mese intero a scriverla. Era di una dozzina di pagine se ricordo bene.
   - Beh, se devo essere sincera non l'ho mai ricevuta.
   - Lo so, perché l'ho stracciata prima di recapitartela.
   - Hai fatto male, dovevi consegnarmela.
   - Posso sapere cosa ti sei messa in testa? Che cazzo vuoi adesso da me?
   - Non lo hai ancora capito?
   - No.
   - Ho voglia di fare l'amore con te. Cazzo! Mi sembra chiaro, no?
   - Perché?
   - Pensi sia necessario darti una risposta?
   - Sì.
   - E io invece non te la do, contento?
   - Ne ho bisogno.
   - Merda! Sono passati dieci anni da quando ci siamo lasciati e sei rimasto lo stesso coglione. Possibile che tu non capisca che ho soltanto voglia di fare sesso con te. Mica sto qui a chiederti di iniziare una nuova storia e magari diventare il mio amante. Non lo capisci?
   - Ti comporti in questo modo con tutti gli uomini che hai avuto in passato, offrendo di nuovo a tutti il tuo corpo?
   - Solo a quelli che mi attraggono. A volte sono un po' troia, ormai dovresti conoscermi.
   - No, sbagli, io non ti conosco, affatto.
   - Beh, dai, facciamola finita. Hai voglia di scoparmi?
   - Adesso?
   - E perché no. 
   - Io...
   - Ti passo a prendere in ufficio con la mia automobile. Se non sbaglio hai lo studio in Via Repubblica. Fra una decina di minuti sarò lì da te. Va bene?
   Avrei potuto tirarmi indietro, rifiutare le sue avance, invece non feci niente di tutto questo. Rimasi zitto.
   - Allora siamo d'accordo, fra poco sarò lì da te, aspettami giù in strada. 
   - Okay, va bene.
   Un quarto d'ora dopo mi ritrovai a camminare nervosamente, avanti e indietro sul ciglio del marciapiede, davanti l'edificio dove ha sede il mio studio, in attesa che sopraggiungesse Francesca. Prima di abbandonare l'ufficio mi premurai di effettuare un veloce bidet per presentarmi in ordine nel caso avessimo scopato.

   Il Suv Toyota panoramico, capiente come un pullman, si fermò a ridosso del marciapiede dove ero in attesa. Al volante riconobbi la figura di Francesca che con un cenno della mano mi fece segno di salire sull'autoveicolo. Presi posto sul sedile accanto a lei e allacciai la cintura di sicurezza.
   - Dove andiamo - dissi appena ci fummo allontanati dal marciapiede.
   - Non lo so. Tu dove preferisci andare?
   - Io... vorrei.
   - Lo so già, me lo hai già detto, non devi sforzarti a trovare le parole giuste per ripetermi che mi vuoi inculare.
   - Non trovi strano che dopo tanto tempo che non ci vedevamo abbiamo iniziato con il conversare di filosofia e siamo finiti a parlare di sesso? Nessuno dei due si è preso la briga di parlare della vita reale che conduce. Lo abbiamo fatto volutamente? Io non so nemmeno se sei sposata oppure single. Magari hai messo al mondo anche più di un figlio. E' così? Io sono felicemente sposato da cinque anni e non ho figli. E tu? 
   - Io ho abortito un paio di volte.
   - Ah.
   - Entrambe le volte non è accaduto per mia volontà. Si è trattato di aborti spontanei. Tutte due le volte è accaduto dopo un paio di mesi di gestazione.
   - Mi spiace.
   - Anche a me perché avrei tanto desiderato diventare madre di quei bambini mai nati. 
   - Ci credo.
   - Beh, dai, dove andiamo a scopare?
   - Non lo so, fai tu.
   - Potremmo andare là dove lo abbiamo fatto la prima volta, ricordi?
   - Nel pioppeto in riva al fiume Taro?
   - E perché no.

   Una fitta coltre di nebbia premeva sulla pianura della Bassa. Nella corsia di marcia opposta alla nostra direzione i fari delle autovetture bucavano il muro di nebbia segnalandoci la presenza di un possibile pericolo. Dopo una decina di minuti raggiungemmo il luogo concertato. Francesca arrestò il Toyota dopo avere percorso una carraia che conduceva dentro il bosco di pioppi. Appena sotto l'argine del fiume Taro, circondati da una fitta coltre di nebbia, in una apparente immobilità assoluta, spense il motore della vettura. 
   Esitai prima di darle un bacio anche se ero consapevole che pure lei lo desiderava. Lasciai cadere una mano sotto la gonna e l'altra dietro il suo capo. L'attirai verso di me e la baciai corrisposto. Seguitammo a vellicarci la lingua a vicenda attorcigliandola contro quella dell'altra, come due innamorati. La bocca di Francesca emanava tanto calore e io avevo bisogno di essere riscaldato. Fuori dell'abitacolo c'era la nebbia, il freddo, e la normalità.
   - Bacia bene tua moglie? - disse sorprendendomi non poco, dopo essersi staccata dalle mie labbra.
   - Perché mi fai questa domanda?
   - Non lo so, mi è venuto spontaneo chiedertelo.
   - E il tuo uomo bacia bene? 
   - Abbastanza.
   - Ti ama?
   - Mi ama per quella che sono.
   - Cioè?
   - Non sono una gran cosa, però sono tutto quello che posso essere.
   - E tu lo ami?
   - L'amore... Uhm... è una parola troppo grande l'amore. 
   - Non mi hai risposto.
   - L'amore è soltanto l'incontro fra due solitudini che si proteggono vicendevolmente arricchendosi l'un l'altra.
   - E basta? Non è troppo poco?
   - Che si toccano, si cercano, e si accettano per quello che sono.
   - Uhm...
   - Sei felice?
   - Non lo so.
   - Per me la felicità non è altro che uno stato di tranquillità interiore. E' una sensazione che il più delle volte dura un attimo. E in questo momento, qui con te, sono felice perché mi fai stare bene. Magari fra un po', quando ci lasceremo, non lo sarò più.
   - E' pur vero che la felicità è una sensazione che si può provare anche nella solitudine.
   - E' vero, sono d'accordo.
   - Mentre il piacere va sempre condiviso. - dissi attirando le sue labbra alle mie.
   Francesca si staccò qualche istante dopo avermi baciato, mi infilò le dita fra i capelli e si mise ad accarezzarmi la fronte guardandomi negli occhi.
   - Nella vita non si può essere sempre felici. Ci sono anche le sofferenze, le delusioni, e i sogni che molto spesso non si realizzano. Io sono convinta che con la vita tutti noi stiamo giocando un partita truccata e che il nostro destino è già segnato.
   - Anche per il fatto che oggi siamo di nuovo insieme?
   - Sì.
   - E allora? Non pensi che scegliendo di venire qua stiamo rischiando molto entrambi.
   - Il rischio più grande che un uomo e una donna possono correre nel corso della vita è quello di non rischiare nulla. Chi non rischia nulla non fa nulla, non ha nulla e non è nulla.
   Abbracciai Francesca e la strinsi forte a me impaziente di godere delle prelibatezze del suo corpo. 
   Lei si divincolò dalla stretta e si tolse in breve successione gonna e camicetta. Di seguito si liberò del reggiseno e del tanga, dopodiché rimase nuda. Solo allora potei godere per intero della bellezza lussuriosa del suo corpo totalmente esposto al mio sguardo. 
   Il respiro mi si fece accelerato per l'eccitazione che produsse su di me il vederla nuda. Mi spogliai liberandomi in tutta fretta dei vestiti. Lei si mise cavalcioni sulle mie ginocchia, a gambe larghe, e accompagnò il cazzo fra le sue cosce. La penetrai deciso, guardandola dritta negli occhi, stirandole con la mano la coda dei capelli all'indietro, mentre un sorriso impertinente le si allargava nel viso affamato di sesso.
   Francesca prese a cavalcarmi il cazzo facendo entrare e uscire la cappella dalla vagina bagnata fradicia. Affondò ripetutamente i denti sul mio collo, le spalle e le braccia, mordendomi, mentre dei sospiri di puro piacere le uscivano dalla bocca e le unghie si incuneavano nella pelle della mia schiena. Io invece presi a strizzarle con entrambe le mani i capezzoli turgidi, pizzicandoli, e graffiando l'areola con l'estremità delle unghie.
   I movimenti dei nostri corpi divennero ritmici. Erano trascorsi molti anni dall'ultima volta che avevamo fatto l'amore insieme, ma la vocazione animalesca che aveva caratterizzato le nostre precedenti scopate era rimasta intatta in entrambi. Ogni penetrazione pareva condurla sempre più vicino all'orgasmo, ma era solo una mia impressione tanto mostrava di essere eccitata.
   Mentre la temperatura all'interno dell'abitacolo saliva, imperlandole la pelle di sudore, Francesca mostrava d'avere una dannata voglia di venire e io non vedevo l'ora di sentirla urlare di piacere e riempirle la bocca di sperma.
   Assecondai i movimenti del suo corpo mentre inarcava ripetutamente il bacino, spingendo il cazzo ancora più a fondo nel calore umido della vagina. Quando avvertii che era prossima all'orgasmo mi misi a scoparla a un ritmo frenetico fintanto che esplose in un urlo animalesco, scorticandomi la pelle alla base del collo addentandola sino a farla sanguinare. Subito dopo le nostre bocche si cercarono e ci baciammo toccando il paradiso. Non so dove trovai la forza di staccarmi da lei prima di venire, sta di fatto che riuscii a sborrarle in bocca come desiderava lei. E quello fu solo l'inizio.

   La nebbia si era diradata quando abbandonammo il pioppeto a ridosso dell'argine del fiume. Avevamo fatto sesso consecutivamente per un paio d'ore, ciononostante conservavamo intatto il desiderio di fare ancora l'amore. Lei si era sentita viva e desiderata fra le mie braccia, probabilmente non le era accaduto da molto tempo di sentirsi amata in quel modo, e a me era capitata la stessa cosa. Non la inculai in quella occasione sicuro che avrei avuto altre opportunità  per soddisfare questo mio desiderio. 
   Quella che all'inizio sarebbe dovuta essere una avventura di sesso da bruciare in poche ore, invece si è trasformata in una passione travolgente che avrebbe potuto spingerci a fare delle scelte estreme, ma tutt'e due eravamo consapevoli che se doveva accadere di fare una cosa sbagliata era meglio che accadesse con la persona giusta.
  Mano mano che ci avvicinavamo alla città, con la nebbia che pareva essersi completamente diradata, iniziai a pensare alla scusa che avrei dovuto inventare con mia moglie per giustificare la mia assenza per l'ora di pranzo.

 

 
 

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