PEEP SHOW
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

         Una pioggerella sottile mi bagnava il viso. Attento a scansare le pozzanghere che in gran numero imbruttivano il marciapiede, procedevo dritto lungo Roue de Bretogne. Avevo il bavero della giacca sollevato e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, ma con un solo pensiero fisso per la testa:Le Serpent Rouge.
   Il cielo sopra i tetti delle case era scuro e prossimo all'imbrunire. Cumuli di sacchi di spazzatura, sventrati in più parti, spuntavano ai lati dei marciapiedi. Nell'aria gravitava una puzza repellente, da togliere il respiro, ciononostante ero eccitato, anche troppo eccitato.
   Le tante insegne luminose dei locali a luci rosse si specchiavano sui marciapiedi bagnati dalla pioggia, mentre i taxi scaricavano in continuazione clienti davanti all’ingresso dei night club a luce rossa. 
   Camminavo per la strada, resa nera dalla pioggia, e osservavo con curiosità le prostitute offrirsi dietro le vetrine con tette e figa in bella mostra. Alcune avevano l'aria annoiata, altre battevano le ciglia per attirare la mia attenzione. Shelley, una prostituta con cui scopo di solito, stava seduta dietro la vetrina con le gambe incrociate e fumava una sigaretta. La salutai con un cenno della mano e lei contraccambiò il gesto recapitandomi un bacio e un sorriso.
   Mi fece accapponare la pelle tanto era sexy, ma ero uscito di casa con un solo pensiero per la testa: Le Serpent Rouge. Così passai oltre snobbando il suo invito.
   Un buttadentro dalla pelle nera era fermo davanti l'ingresso del Serpent Rouge. Somigliava a Mike Tyson tanto era massiccia la sua corporatura. Doveva essere nuovo del locale perché non lo avevo mai visto all'ingresso del peep-show. Indossava una giacca scura a righe nere e una canottiera gialla canarino che metteva in rilievo i muscoli dei pettorali.
   - Sei capitato nel posto giusto! - disse incalzandomi. - Se hai voglia di divertirti questo è il posto che fa per te. Ti chiudi dentro una delle cabine e sogni mentre guardi le ragazze spogliarsi, ti va?
   Gli diedi a intendere che ero nuovo di quelle parti e con malizia gli chiesi dei chiarimenti su ciò che accadeva nel locale.
   - Quanto costa l'ingresso? Molto?
   - Dipende...
   - Da cosa?
   - Beh, per assistere allo spettacolo il costo è di 10 euro, se invece vuoi il supplemento devi scucire altri 15 euro.
   - Supplemento?
   - Nascosto dietro a un vetro puoi stare a guardare le ragazze mentre eseguono lo strip-tease senza essere visto. Ma in ogni cabina c'è un buco grande come il culo di una bottiglia dove puoi infilarci il cazzo e loro ti masturbano!
   - Ma va! Davvero?
   - Ti solletica la cosa eh! Spettacolo e sega sono 25 euro, se invece vuoi una pompa allora sono 50 euro.
   - Cazzo! Una pompa?
   - Eh, sì.

   Martha, con i suoi cento e passa chili, governava l'ingresso dei clienti alle cabine. Quando misi piede nel foyer del Serpente Rosso se ne stava seduta sopra il trampolo di uno sgabello, dietro al bancone della reception, intenta a leggere un libro. Un ampio décolleté metteva in evidenza l'attaccatura delle tette. Un tatuaggio sul collo, appesantito da una catena d'oro, era quanto di più bello mostrava di sé.
   Quando mi vide alzò un sopracciglio e con aria di sufficienza, senza scomporsi, mi salutò. Le allungai una banconota da cinquanta euro. Lei afferrò il denaro senza chiedermi se desideravo il supplemento, dando per scontato che ero andato lì per quello soltanto e non desideravo ricevere monete di resto.
   Le pareti del foyer prospiciente l'ingresso alle cabine erano ingiallite dal fumo di nicotina. Un acre odore di mandorlo mi giungeva alle narici togliendomi il fiato. Andai a sedermi su un divanetto in attesa di mettere piede in uno dei box.
   Un cartello appeso alla porta di ciascuna cabina informava i clienti che era proibito l'ingresso alle postazioni a spettacolo iniziato. Due ragazzi poco più che ventenni occupavano il divano di fronte a dove ero in attesa. Tutt’a un tratto mi chiesi se avrebbero preso posto nella medesima cabina oppure occupato due diverse postazioni, optai per la seconda soluzione e sbagliai, infatti, quando i clienti liberarono le cabine al termine dell'esibizione della spogliarellista, i due ragazzi occuparono la medesima postazione.
   Mi alzai dalla poltrona ed entrai nella cabina assegnatami da Martha, quella contrassegnata dal numero due. Mi sistemai sul seggiolino, unico elemento d'arredo dell'angusto spazio. Prima che subentrasse il buio mi accertai della presenza del rotolo di carta igienica appeso alla parete, articolo che surrogava in qualche modo l'uso dei fazzolettini.
   Le luci nel box si abbassarono e sulla pedana comparve una ragazza asiatica. Minuta, con indosso un accappatoio, si posizionò al centro della scena. Non aveva il viso particolarmente truccato. I capelli neri erano raccolti a caschetto e mostrava una bocca piccola; adatta per fare pompini, pensai. Non l'avevo mai vista esibirsi nel locale, doveva essere nuova, e mi conquistò all'istante.
   Si liberò dell'accappatoio e lo lasciò cadere sul parquet. Indossava biancheria di pizzo rosso particolarmente seducente. Incominciò a roteare i fianchi e a farli muovere al ritmo della musica.
   Le natiche erano sporgenti, da fare rizzare il cazzo solo a vederle. Non possedeva le movenze di una ballerina professionista, ma ostentava un contegno volutamente osceno, frutto del sex-appel che sprigionava il giovane corpo mentre si muoveva sulla pedana con lo scopo di eccitare la fantasia di chi stava a guardarla. 
  Tutt'a un tratto si liberò del reggiseno e rivelò dei seni non troppo grandi con capezzoli invadenti, in contrasto con il fisico da adolescente. Trascinò le mani sulle tette e cominciò a carezzarle, poi avvicinò la bocca a un capezzolo e si mise a succhiarlo. Eseguì il medesimo movimento della bocca anche con l'altro capezzolo strizzandoli con le dita, dopodiché srotolò il perizoma, lo fece passare sotto le caviglie, e rimase nuda.

   Sdraiata sul parquet, con le gambe bene allargate in modo da rendere visibili le labbra della figa umide quanto basta, ostentava il fascino erotico di una donna fornita di un corpo acerbo. Andò avanti nell'esibizione toccandosi il clitoride eccitandomi non poco.
   Tutt'a un tratto infilò un dito nella fessura della figa e incominciò a masturbarsi mantenendo apposta le palpebre socchiuse. Inarcò più volte la schiena verso l'alto e di lato, infine lasciò per qualche istante il bacino sospeso per aria dando l'impressione che stesse godendo per davvero.
   Avevo il cazzo duro e le gambe mi tremavano. Incominciai a sfiorarmi la cappella con le dita nascosto alla vista della spogliarellista dal vetro unidirezionale. La ragazza avvicinò le labbra della figa contro la parete di vetro della cabina dove ero appostato e cominciò a strofinarsi contro.
   Avvicinai la bocca al vetro e ci ficcai la lingua immaginando di penetrarla, la puttana. La cosa durò solo pochi secondi perché la ragazza si spostò e raggiunse il vetro dei due ragazzi che avevano preso posto nella cabina accanto alla mia, dopodiché ripropose il medesimo gesto.
   La musica sincopata che accompagnava le sue movenze si attenuò lasciando spazio a un brano romantico. Solo allora, comandato da un congegno elettronico, si aprì nella parete di legno un foro largo come il culo di una bottiglia. Era lì che avrei potuto infilare il cazzo e farmelo succhiare. 
   Il vetro fu oscurato da una tenda e rese impossibile guardare il volto della ragazza che da lì a poco mi avrebbe succhiato l'uccello.
   Spinsi il cazzo dentro il foro e rimasi in attesa che dall'altra parte se ne prendesse cura, e questo avvenne dopo qualche istante.

   Prima di mettere piede al Serpent Rouge avevo chiesto al buttadentro se le ragazze protagoniste dello show erano le medesime che a fine spettacolo succhiavano il cazzo. Lui aveva risposto con un sorriso. Le volte in cui ero stato nel locale non ero mai riuscito a vedere chi si nascondeva dall'altra parte del muro. Girava voce che fossero vecchie signore oppure gay a prenderlo in bocca al posto della spogliarellista quando la tenda oscurava il vetro, ma a me poco importava.

 

 
 

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