LA PETOMANE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
    
S
eduto a un tavolo del Bar Excelsior tenevo d’occhio il portone d'ingresso di un condominio situata dall’altra parte della strada, ma dopo sei ore di appostamento non era accaduto nulla, assolutamente nulla. Nel frattempo avevo consumato cinque o sei caffè, un paio di bitter, e più di una pinta di birra. Fuori, nella strada, c'era soltanto la notte buia con le mie paure. Tutto mi appariva incredibilmente confuso e non riuscivo a farmene una ragione.
   Mentre ero in attesa che comparisse Wanda avevo l'impressione di recitare una parte. Non mi sentivo padrone delle mie azioni, bensì attore di una rappresentazione teatrale stabilita da chissà chi altro, infatti, il mio contegno era molto simile a quello di un qualsiasi cantante che interpreta una canzone in playback.
   Il bar caffetteria, dietro la cui vetrina stavo appostato, arredato in stile metropolitano, mi metteva a disagio. Avrei preferito aspettare l'arrivo di Wanda in un posto più accogliente e ricco di calore e intimità, piuttosto che stare in attesa lì. Mentre sorseggiavo l'ennesimo caffè mi soffermai a osservare l'orologio al polso. Fra poco meno di mezzora le lancette avrebbero superato la mezzanotte e di Wanda non c'era traccia. 
   I tavoli della caffetteria si sarebbero riempiti da lì a poco quando qualche comitiva di ragazzi e ragazze, con gli ormoni in subbuglio, avrebbe messo piede nel locale alla ricerca di qualcuno con cui scopare. Il tavolo opposto al mio, collocato dinanzi a una delle vetrine che si affacciavano sulla strada, era occupato da un paio di ragazze. Mostravano meno di vent'anni, perlomeno questa era l'impressione che ne ricevetti.
   Quella delle due ragazze che mi stava di fronte, l'altra mi dava le spalla, seguitava a lanciare delle occhiate nella mia direzione masticando in maniera tutt'altro che elegante un chewing-gum. Mi persi a osservarla senza perdere d'occhio il portone sull'altro lato della strada, là dove speravo di vedere sbucare Wanda.
   La ragazza, un tipo insignificante, dalla carnagione chiara leggermente dorata dal sole, con capelli lunghi e scuri a scendere sulle spalle, mostrava degli occhi peduncolati e un labbro verrucoso che la faceva sembrare una civetta. Indossava un camicetta damascata, trasparente, sbottonata sul davanti, che lasciava intravedere dei seni gelatinosi, ma non tali da mandare in fumo i miei sogni.
   Tutt'a un tratto, dall'altra parte della strada, un taxi arrestò la corsa urtando con una ruota il cordolo del marciapiede. Soltanto quando vidi Wanda, illuminata dalla luce di un lampione, scendere dalla vettura e dirigersi verso il portone del condominio, mi accorsi della sua presenza.
   Senza perdere tempo mi precipitai verso l'uscita della caffetteria. Nella fretta di raggiungere Wanda incespicai nella tipa dal labbro verrucoso. Senza accorgermene diedi un colpo di gomito contro il braccio della ragazza. Nella mano stringeva un bicchiere di Coca-Cola e parte della bevanda le si rovesciò sulla camicetta arrecandole un evidente danno. Non feci caso alle ingiurie né tanto meno agli insulti che la ragazza mi scaraventò addosso mentre mi allontanavo. Raggiunta l'uscita del locale mi precipitai sul marciapiede opposto a quello della caffetteria, incurante delle automobili che transitavano nei due sensi di marcia sulla strada. In un batter d'occhio mi ritrovai alle spalle di Wanda nel momento in cui stava per infilare la chiave nella serratura del portone. 
   Evitai di abbracciarla per non spaventarla, invece le sussurrai il suo nome all'orecchio. Lei si girò e volse lo sguardo nella mia direzione senza tradire nessuna emozione. La strinsi forte a me e la baciai con il cuore che mi si spezzava per l'emozione. Quando le nostre labbra si staccarono non mi venne in mente niente da dirle, ma solo di stringerla ancora più forte a me. Lei, in effetti, non corrispose al mio bacio, anzi, mi spinse via con il palmo delle mani obbligandomi a staccare il viso dalla sua persona, dopodiché mi guardò fisso negli occhi.
   - Beh, che significa questa pagliacciata? Posso sapere qual é il motivo della tua visita? Non avevamo concordato nessun appuntamento per stasera.
   - Ho seguitato a chiamarti sul cellulare per tre giorni di seguito senza ricevere alcuna risposta. Ho cominciato a preoccuparmi e sono venuto a cercarti. Ho fatto male?
   - Davvero eri preoccupato per il mio stato di salute?
   - Se devo essere sincero quello non è il vero motivo. Ho avuto paura che ti incontrassi con un altro uomo. Mi sono appostato davanti alla tua abitazione e sono rimasto in attesa, sperando che da un momento all'altro comparissi davanti a casa. La verità è che ho una gran voglia di fare l'amore con te. Non ci credi?
   - Non ti è passato per la testa che avrei potuto non avere voglia né di parlare né di vedere nessuno, tanto meno te? 
   - Perché? - dissi confuso.
   - A volte preferisco starmene da sola e non parlare con nessuno per giorni interi. Non te ne sei mai accorto, vero?
   - C'è un altro uomo nella tua vita?
   - Ma dai, davvero vuoi farmi credere che sei pazzo di gelosia? Non ci credo, mi stai prendendo per il culo? Tu non sei il tipo da essere geloso.
   Dopo avere ascoltato quelle parole mi soffermai a guardarla da capo a piedi. Indossava una camicetta sbottonata sul davanti da cui sporgevano dei seni gonfi oltre il normale. Addosso aveva una giacca leggera e degli stivali che le arrivavano fino alle ginocchia, mentre le cosce erano parzialmente coperte da una minigonna. Le cinsi le braccia attorno ai fianchi e l'attirai a me con molta decisione. Le dissi di sì, che ero molto geloso. E che avevo voglia di fare l'amore, subito, alla nostra maniera, perché solo con lei mi era permesso di scopare in un certo modo.
   - Stai buono. - disse allontanandosi dalla mia figura, poi si guardò intorno come se volesse accertarsi di non essere vista mentre m'intestardivo ad abbracciarla.
   - Sono venuto a cercarti perché ti amo. Lo trovi strano? Capisci che non posso avvicinare nessun'altra donna che non sei tu?
   - So bene perché mi vieni a cercare. E lo sai anche tu, vero?
   - Non è soltanto per quello che immagini.
   - Tu Lorenzo sei una persona perbene e mi piace scopare con te, ma hai un terribile difetto: manchi di ambizione. 
   - Perché dici questo?
   - Ormai ti conosco fin troppo bene. Sei il classico tipo d'uomo che si accontenta di quello che ha avuto dalla vita. Io invece sono ambiziosa e non sono mai contenta di quello che ho raggiunto. Voglio ottenere sempre di più. Mi sembra normale, no?
   In quel momento, se mai ce ne fosse stato bisogno, ebbi la certezza che io e Wanda eravamo diversi, molto diversi, ma se da parte sua non c'era neppure l'ombra di un vero amore ero certo che provava comunque una forte attrazione verso di me, soprattutto per il modo in cui eravamo soliti fare l'amore. Ero consapevole che la nostra relazione poteva appassire da un giorno all'altro, magari anche per noia, e avremmo finito per smettere di vederci e telefonarci, ma sapevo altrettanto bene che non era ancora giunto quel momento.
   - Ti desidero, ti amo con tutto me stesso. In questi tre giorni non ho fatto altro che pensare a te, e maledirti.
   - Sei rimasto l'ultimo uomo al mondo ancora capace di dire queste scemenze a una donna. I tipi con cui ho scopato prima di te non me le hanno mai dette queste parole, tu invece sì. Sei divertente e anche molto ingenuo, ma voglio pensare che sei sincero. - disse lasciandosi andare a una smorfia, esibendo la civetteria di sempre.
   - Queste parole non le ho mai dette a nessun'altra donna, ma solamente a te.
   - Sta a vedere che ti sei innamorato di me e io non me ne sono manco accorta. - disse passandomi la mano nei capelli, scompigliandoli tutti, poi avvicinò il viso al mio, nel modo sfrontato che mi attraeva tanto, perché vedessi da vicino quanto fossero irriverenti i suoi occhi. 
   Mi gettò le braccia attorno al collo e mi offrì la bocca. Mi baciò e subito avvertii la punta della sua lingua che legai alla mia. Mi passò più volte i polpastrelli sulle sopracciglia, e sulle labbra, mentre i suoi occhi seguitavano a essere angosciati come se stesse trattenendo la voglia di piangere, ma sapevo bene che non era il tipo capace di farlo, forse era solo stanchezza la sua. Le nostre labbra ripresero a congiungersi, le lingue incominciarono a battagliare vellicandosi una contro l'altra. Lasciò che la baciassi a lungo riempiendomi la bocca della sua saliva, attorcigliandosi a me.
   - Anch'io ti desidero. - disse infine. - Mi hai fatto venire voglia di scopare. 
   Mi prese per mano e mi accompagnò oltre il portone del condominio. Seguitammo a baciarci dentro la cabina dell'ascensore mentre raggiungevamo la sua abitazione al settimo e ultimo piano dell'edificio.

   Appena misi piede nell'appartamento la denudai e lei fece lo stesso liberandomi degli abiti che avevo indosso. Abbracciare il suo corpo nudo, entrare a contatto con i capezzoli ritti e dalle piccole corolle granulose fu eccitante. Baciai ogni centimetro quadro del suo corpo odorando il profumo che emanava la pelle. Quando lasciai cadere la mano nel mezzo delle cosce mi ritrovai le dite bagnate dell'umore che infradiciava la vagina mantenuta apposta calva,
   - Mi piace sentirmi bagnata. - disse senza alcun imbarazzo. Io ne fui compiaciuto certo di averle suscitato quello stato di eccitazione. 
   Si sdraiò sul letto e appoggiò la schiena sulla trapunta di piumino. Divaricò le cosce e attirò il mio viso verso il suo sesso facendomi intuire cosa desiderava che facessi. Quando cominciai a succhiarle il clitoride avvertii che pulsava, gonfio ed eccitato. Lei chiuse gli occhi e si concentrò nel soddisfare il proprio piacere, mostrandosi come sempre egoista. In quei momenti, sentendola gemere mentre le succhiavo il clito, dimenticai che per tre interminabili giorni non si era fatta trovare.
   Passando la lingua sulla minuscola escrescenza, succhiandola, mordicchiandola, snocciolandole dei baci, costrinsi Wanda a scuotere ripetutamente il capo e torcersi nel letto. Le piaceva che la facessi godere in quel modo con la lingua, succhiandole il clito. Di solito impiegava poco tempo a raggiungere l'orgasmo, ma quella sera ci mise più tempo del solito. 
   Seguitai a leccarle la passera fino allo sfinimento delle forze, esaltandomi nel sentire uscire dalla sua bocca dei gemiti concitati mentre si cullava nella vertigine della passione, a conferma di una estrema soddisfazione. 
   Alla fine un lungo lamento sconvolse il suo corpo riempiendolo di brividi da capo a piedi. Subito dopo, bagnata fradicia, volle che la scopassi. 
   Mentre l'utero si contraeva a dismisura attorno al cazzo, strangolando la cappella, eiaculai in breve tempo dentro di lei tanto ero eccitato. 
   Il mattino seguente, quando aprii gli occhi, Wanda era coricata sul letto accanto a me. Nuda mi porgeva quanto aveva di più prezioso: il culo. Tutt'a un tratto, nel riassestarsi, girò il capo dalla mia parte, aprì le palpebre e ancora assonnata si rivolse a me.
    Allungai una mano sul suo corpo nudo e l'attirai a me impaziente di fare l'amore. Mi piaceva fare del sesso con lei; con nessun'altra donna avevo provato quel miscuglio di affettività e desiderio sessuale che Wanda sapeva ispirarmi. Dopo un po' che facevamo all'amore si mise a quattro zampe sul letto. Ho ancora impresso nella mente l'immagine del culo di Wanda sollevato davanti al mio viso quando dall'ano lasciò sfuggire una sequela di flatulenze, emesse in breve successione, i cui odori e rumori mi avevano provocato già in altre occasioni fantastiche erezioni.

   L'amore non è fatto di misteri. Su questa terra ci si sta una volta sola e per tutto il tempo occorre starci bene, e io con Wanda ci stavo davvero bene. E' un vero peccato che abbia sposato il direttore della banca dove era impiegata. Adesso scoreggia a Milano dove si è trasferita. D'altronde non aveva mai nascosto le sue ambizioni. 
   Sta di fatto che in quella occasione, mentre la scopavo, il mio sguardo andò a posarsi sul crocifisso appeso alla parete della stanza da letto. E per un breve istante ebbi la sensazione che il Cristo inchiodato in croce si fosse liberato di una delle mani, inchiodate al legno, e si fosse tappato il naso per non essere costretto ad annusare l'odore dei peti. Ma era soltanto una illusione la mia, forse...

 

 

 
 

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