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IL
SUCCHIOTTO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
L a
fascia d'arenile che da Marinella di
Sarzana si
estende fino a Forte dei Marmi era
occupata, come ogni domenica, da una
sterminata folla di bagnanti. Accalcati
come api nelle favi di un alveare,
uomini, donne, bambini e anziani, stavano coricati sulla sabbia ad
abbronzarsi.
Avevo lasciato Parma di prima
mattina, in compagnia di Giusy,
lasciandomi alle spalle ansie e
preoccupazioni della vita quotidiana,
animata dal desiderio di trascorrere una
spensierata giornata al mare.
Una leggera brezza marina
trascinava verso la battigia un intenso
profumo di salsedine. L'odore andava a
mischiarsi con l'imbarazzante puzza di
fritto che proveniva dalla pineta, poco
distante dalla spiaggia, dove alcuni
gitanti erano impegnati a cuocere carne
e pesce sulla griglia di qualche
barbecue.
Da ogni direzione giungeva,
insistente, a intervalli regolari, il
trillo dei cellulari. Lo strepitio di
voci, suoni, imprecazioni e urla mi
tenevano compagnia, in quella che doveva
essere una tranquilla domenica di relax, insieme alla musica
proveniente dal lettore
Mp3 che vibrava negli auricolari appiccicati alle
mie orecchie.
Prelevai dalla borsa da mare un
flacone di ambra solare e mi sistemai
supina sopra lo sdraio, dopodiché iniziai a
cospargere il latte idratante sulla
pelle spalmandomelo senza fretta. Sulla
pelle indossavo un tanga nero così
minuscolo da farlo sembrare perfino
invisibile. La parte superiore del
costume l'avevo tolta per abbronzarmi in
modo integrale e non avere chiazze di
pelle chiara sulle tette.
Giusy si sollevò dallo sdraio,
prese il flacone di crema solare che
tenevo nella mano e si fece
carico di cospargermela sulla schiena,
poi cominciò a massaggiarmi le spalle.
Girai il capo nella sua direzione e la
guardai in viso.
Tutt'a un tratto mi prese una
dannata voglia di stringerla a me e
baciarla. Avrei voluto infilarle la
lingua fra le labbra e crogiolarmi con
la saliva che occupava la sua bocca.
Invece restammo a guardarci per qualche
istante, con i battiti del cuore
accelerati, consapevoli del desiderio
che albergava in noi. Piegai il capo da
un lato e andai a strusciarle il dorso
della mano contro la guancia. Giusy
ostentava una bellezza giunonica. Gli
occhi azzurri, simili a zaffiri,
sprigionavano un particolare bagliore
ogni volta che il nostro sguardo andava
a incrociarsi. Mi coricai supina sullo
sdraio e rimasi in attesa di ricevere le
sue carezze.
L'insistente contatto delle dita
sulle tette mi provocò l'inturgidimento
dei capezzoli. Proseguì nel distribuire
il latte idratante sulle areole
trascinandomi in un vortice di eccitante
passione. Acconsentii che traesse
piacere nel toccarmi e in alcun modo
avversai la sua sfacciataggine. Mi
abbandonai alle sue amorevoli carezze e
lasciai che mi esplorasse il ventre sino
a radrizzarmi i peli del pube, molto
radi in verità. In quell'istante emisi
dei gemiti, brevi, ma inconsulti.
La gente attorno a noi sembrava
non interessarsi ai nostri giochi
amorosi. Ai più dovevano sembrare gesti
innocenti quelli della mia compagna, ma
non era affatto così perché ero
eccitatissima.
La spiaggia era in fermento. I
vu-cumprà offrivano ai bagnanti la loro
mercanzia, i bambini si rincorrevano fra
gli sdrai, gli anziani giocavano alle
carte sotto gli ombrelloni al riparo dei
parasole, i cellulari squillavano, le
radioline spandevano note musicali.
- Bomboloni... Bomboloni...
Bomboloniii...
- Gelati... Cornetti...
Ghiaccioli...
- Cocco... Cocco... Coccooo...
Divaricai le cosce augurandomi
che Giusy si affrettasse a cospargermi
dell'altro latte idratante sulla pelle.
Proseguì a massaggiarmi praticando dei
movimenti delicati con le dita, poi si
fece più audace. Risalì con le mani le
cosce fino a raggiungere l'inguine,
sfiorandomi più volte le labbra della
fica, infilando le dita sotto
l’esile tessuto del tanga.
Il massaggio espletato dalle sue
mani era tonificante. Tenevo gli occhi
socchiusi e non osavo guardarla in viso
per non correre il rischio di
abbracciarla e baciarla davanti alla
gente. L'unguento, oltre a produrre
sulla pelle un'azione idratante,
esercitava una azione umidificante alla
fica che avvertivo bagnata d'umore per le carezze della mia compagna.
Giusy proseguì nella sua opera
spalmando il liquido sulle gambe fino a
raggiungere le falangi dei piedi. Si
occupò di strofinarle con devozione,
solleticandomi gli alluci. Trascinai via
i piedi e li scostai per non mettermi a urlare di
piacere. Giusy si allontanò e andò a
coricarsi sul lettino accanto al mio.
Prima d'immergersi nella lettura di un
libro lanciò un ultimo sguardo nella
mia direzione e sorrise.
Rimasi col fiato sospeso
lasciando che lo stato di eccitazione
sbollisse poco per volta. Inforcai gli
occhiali da sole e, prima di riprendere
la lettura del romanzo che avevo
cominciato a leggere, mi guardai attorno
protetta dalle spesse lenti scure.
Alcuni ragazzi transitarono
dinanzi al lettino dove ero coricata
soffermandosi a osservare il mio corpo
nudo, impudicamente esposto ai loro
sguardi. Le tette sembrarono attirare il
loro interesse. Rimasi lusingata da
tante attenzioni, chiusi gli occhi per
l'imbarazzo e li riaprii soltanto quando
si furono allontanati.
Le vibrazioni della voce di
Jennifer Lopez sollecitavano i timpani
delle mie orecchie impedendomi di
prestare attenzione a qualsiasi altro
rumore. Girai il capo da un lato e con
sommo stupore notai un bimbo, dalla
presumibile età di un anno o poco più,
che quatto quatto avanzava gattoni sulla
sabbia determinato a raggiungere il
lettino dove ero coricata. L'osservai
con curiosità, consapevole che aveva
approfittato di una momentanea
distrazione della madre o di chi l'aveva
in custodia per svignarsela e andare
alla scoperta del mondo circostante.
Nel momento in cui raggiunse il
lettino dove ero coricata si aggrappò a
uno dei legni che facevano da sostegno
al telo della branda. Abbarbicato sulle
mie gambe volse lo sguardo nella mia
direzione. I capelli scuri,
scompigliati, facevano da contorno al
viso sorridente e alle guance paffute.
Il pistolino che gli penzolava fra le
cosce non lasciava dubbi sull'identità
del sesso del fanciullo.
Facendosi forza con entrambe le
mani si arrampicò sul lettino,
sgattaiolò sulle mie cosce e si stese
sul mio ventre. Sorpresa da
quell'imprevista incursione rimasi
immobile senza sapere come comportarmi.
Tutt'a un tratto allungò le dita su di
una tetta, avvicinò le labbra a un
capezzolo e iniziò a succhiarlo con
l'intenzione di suggere il latte.
Mi sentii smarrita incapace di
una qualsiasi reazione.
Le labbra del bimbo
incominciarono a succhiare il capezzolo
dopo averlo inglobato per intero nella
bocca. La minuscola mano cingeva la
rotondità del seno e sembrava volerlo
attirare a sé. Non era eccitazione
quella che provavo, ma un piacere
inconsueto mi pervase. Non avevo mai
assaporato una simile sensazione.
Accarezzai il capo del bimbo e lasciai
che succhiasse il capezzolo.
Le grida di una donna interruppe
l'azione del pupo.
- Ma che fa. Non si vergogna?
Mica è suo figlio questo. Sporcacciona!
Ma guarda che razza di puttane ci sono
in questa spiaggia. Si vergogni!
- Ma, io... veramente.
- Stia zitta! Altrimenti vado a
chiamare i carabinieri.
A urlare era una donna anziana.
Probabilmente era lei ad avere in
custodia il bambino. Mi strappò dal
capezzolo il bimbo e lo prese fra le
braccia.
- La denuncio! La denuncio! Ma
guarda un po' cosa si deve vedere su
questa spiaggia.
- Ma dai Grazia, lascia stare. -
cercò di rabbonirla l'uomo che
l'accompagnava.
Il bimbo, sorpreso da tanto caos,
incominciò a piangere come sono soliti
fare i lattanti quando gli è stato
tolto l'oggetto del loro piacere. Nel
frattempo attorno a noi era andato
formandosi un capannello di persone. I
due anziani ripresero posto sotto
l'ombrellone a pochi passi da me e
Giusy. La folla di curiosi, sbollito
l'interesse, si disperse poco per volta
e ognuno tornò alle proprie
occupazioni.
La luce dei fari
dell’automobile frugava nel buio della
notte. L'autostrada della Cisa era
intasata di autovetture di ritorno dal
mare. Il serpentone era lungo una decina
di chilometri.
- Si può sapere che cazzo c'hai?
Non hai detto una sola parola da quando
siamo partite dal mare. Ti ho fatto
qualcosa? Sei arrabbiata con me?
Giusy appoggiò la mano sulla mia
che impugnava la leva del cambio e
l'accarezzò.
- Non sono arrabbiata, sono solo
stanca. Lo sai che il sole mi provoca
stanchezza.
Sulla spiaggia era stato bello
scoprirsi madre, seppure per pochi
istanti, perché sino allora avevo
sempre rimosso questa eventualità.
Tenere attaccato al capezzolo quel
bimbo, seppure per pochi istanti, mi
aveva lasciato addosso un grande
rimpianto.
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