Un
temporale estivo stava esaurendosi d’intensità dopo avere rovesciato
sulla città una enorme quantità di
pioggia. A Luigi piaceva starsene a
guardare le gambe delle donne che
transitavano dinanzi alla piccola
finestra da cui traevano luce i locali
interrati, originariamente destinati a
cantina, e ora adibiti a sua abitazione.
Con il sopraggiungere della
stagione estiva le donne avevano messo
da parte reggicalze, autoreggenti,
collant e talvolta mutandine, lasciando
la porzione migliore del loro corpo
senza veli.
L'esperienza accumulata nei
lunghi appostamenti dinanzi alla
finestra aveva fatto di Luigi un
profondo conoscitore dei gusti
femminili. Dalla sua postazione aveva
assistito al rapido diffondersi del
perizoma e più di recente delle
culottes, ma da buon cultore
dell'abbigliamento erotico femminile
aveva mantenuto intatta una predilezione
per le mutandine di pizzo, soprattutto
per quelle nere, che sapevano eccitarlo
come pochi altri capi di biancheria
intima, specie se chi le indossava,
oltre ad avere gambe ben tornite,
possedeva anche un bel culo.
Due ragazze, indaffarate a
confidarsi le reciproche esperienze di
sesso, stazionavano dinanzi alla
finestra dello scantinato, ignare della
presenza di Luigi sotto di loro. Con la
finestra chiusa Luigi non era in grado
d'ascoltare i loro discorsi, ma
attraverso i vetri, seppure imbrattati
dagli spruzzi di pioggia, poteva
osservare la carne che le ragazze
esibivano sotto la gonna.
Entrambe indossavano un
perizoma di colore nero. Una sottile
striscia di tessuto premeva la carne
nell'incavo fra i glutei mantenendoli
separati. Ai piedi calzavano scarpe dai
tacchi vertiginosi che ne slanciavano le
gambe. La più tarchiata delle due
possedeva un paio di cosce non male che
convergevano su un culo floscio, ma
appetibile. L'altra, dal corpo più
sottile e gracile, reggeva alla caviglia
una catenella dorata e un piccolo
tatuaggio appena sopra uno dei malleoli.
Le ragazze seguitarono a
chiacchierare sotto la pioggia per
alcuni minuti, al riparo delle ombrelle,
poi si salutarono. Luigi avrebbe
ascoltato volentieri i loro discorsi, ma
la finestra chiusa glielo stava
impedendo.
Dopo l'improvviso
acquazzone la temperatura dell'aria si
era rinfrescata. Luigi strinse nella
mano l'asta che serviva a schiudere il
gancio della finestrella e l'aprì. Una
ventata di aria fresca inondò la stanza
trascinandosi appresso anche i rumori
della strada.
Alcuni raggi di sole si
liberarono fra le nubi e penetrano nel
seminterrato ricamando sul pavimento un
intreccio di riflessi iridati. Incantato
dai giochi di colore si mise a pensare a
ciò che avrebbe preparato per cena.
La comparsa di un paio di
cosce davanti alla finestra lo distolse
dai suoi pensieri. La donna indossava un
abito di raso di colore lilla con
disegnati dei fiorellini di diverso
colore. L'orlo della gonna le giungeva a
metà coscia. Ai piedi calzava dei
sandali dello stesso colore della
sottana. Alcune monete le scivolarono
dal borsellino e andarono a cadere sul
selciato. La donna si chinò per
raccoglierle e lo spettacolo che si offrì
agli occhi di Luigi fu a dire poco
incantevole. Sotto la gonna non
indossava alcunché.
L'attenzione di Luigi cascò
sulle labbra della figa. Vista da sotto
sembrava una susina, ma un particolare
anatomico tradì l'identità della
donna. Un peduncolo emorroidale faceva
bella mostra di sé a ridosso dell'ano.
Il culetto apparteneva a
Dora, la troia che occupava uno degli
appartamenti al terzo piano nel medesimo
condominio di Luigi.
La donna, come era accaduto
in altre occasioni, aveva deciso di
divertirsi alle spalle di Luigi che era
certa fosse appostato sotto la finestra
intento a rimirare il passeggio della
gente.
Raccattò le monete fino
all'ultimo spicciolo, sculettando il
bacino, poi si rialzò. Aggiustò la
gonna, stirandola con le dita verso il
basso, e s'incamminò verso il portone
d'ingresso del condominio.
Incantato dalla visione
della figa Luigi era stato tentato di
toccarsi il cazzo. Dopo che la donna se
ne fu andata iniziò a
masturbarsi, sfregando col palmo della
mano la superficie della cappella. Il
trillo del cellulare interruppe la sua
azione.
- Pronto!
- Ciao! Sono mamma, hai
preparato la cena?
- Uffa! Ma stai sempre a
rompere. No! Non l'ho preparata e poi
manca ancora un po' di tempo prima
dell'ora di cena.
- L'insalata è già
lavata. La trovi nel frigorifero,
insieme al formaggio e alla bistecca di
cavallo. Lascia i tegami e i piatti nel
lavandino. Domani passo io a lavare
tutto.
- Sì, va bene. Ho capito.
Hai altro da dirmi?
- No. Stammi bene. Ciao,
tesoro!
Le lancette dell'orologio
appeso a una parete segnavano le 19.05.
Accese la tivù e apparecchiò la
tavola, poi iniziò a preparare la cena.
Consumato il pasto trascorse il resto
della serata davanti al televisore a
guardare un ignobile programma musicale,
trasmesso da Canale5, con protagonisti
Rita Pavone e Little Tony. Verso le
undici spense la tivù e andò ad
appostarsi sotto la finestra che si
affacciava sulla strada.
La stanza era completamente
al buio. Accese una Marlboro, inspirò
il fumo e lo spinse fuori dalla bocca
disegnando nell'aria piccoli cerchi di
colore azzurro. A mezzanotte, come
d'incanto, la strada si animò di
prostitute e viados.
Le puttane stazionavano ai
bordi dei marciapiede a pochi metri una
dall'altra. Le donne di colore erano
riunite in piccoli gruppi e contattavano
i clienti reclamizzando il tipo di
prestazione e prezzo. A Luigi piaceva
starsene ad ascoltare le parole che le
prostitute scambiavano con i clienti, lo
eccitava dare ascolto alle richieste dei
consumatori di sesso e il modo in cui le
proferivano.
Le prostitute salivano e
scendevano dalle vetture senza un attimo
di pausa. Tutt'a un tratto una Mercedes
di colore grigio metallizzato si fermò
dinanzi al marciapiede, di fronte alla
finestrella dove Luigi era sistemato. La
portiera si aprì e un bellissimo paio
di gambe, lunghe e ben tornite, fecero
capolino. La donna che scese
dall'autovettura era una prostituta. Le
forme del corpo, piuttosto accattivanti,
la facevano assomigliare a Venus
Williams, la famosa tennista, ma non era
lei. Salutò l'occasionale
accompagnatore e, borsetta tracolla,
iniziò a passeggiare avanti e indietro
nel tratto di marciapiede prospiciente
il seminterrato dove Luigi era
appostato.
La ragazza, piuttosto alta
e dalla vita sottile, possedeva forme
perfette. Una chioma fluente di capelli
neri e mossi le scendevano sulle spalle
e le conferivano un aspetto seducente.
Indossava una minigonna cortissima, di
colore rosso, e una camicetta di raso
bianca i cui lembi erano annodati
attorno l'ombelico. Ai piedi calzava un
paio di scarpe di vernice rossa con
tacchi a stiletto. Era nuova della
strada. L'incedere elegante sembrava
mettere in soggezione i clienti che al
volante delle vetture le passavano
davanti.
- Pss... Pss...
Luigi cercò a più riprese
di richiamare l'attenzione della
prostituta, ma inutilmente. Il rumore
del traffico gli copriva la voce e lei
non sembrava udire il richiamo.
- Ehi, dico a te. Oh!
Africa.
La ragazza si girò
d'intorno senza riuscire a distinguere
il punto da cui proveniva la voce, poi
riprese a passeggiare.
- Oh, dai... Africa. Sono
qui, sotto di te, nello scantinato.
Una volta percepita qual
era la fonte da cui proveniva
l'esortazione, la prostituta si avvicinò
alla finestrella e si chinò verso
Luigi.
- Qual è il tuo prezzo?
- Bocca, culo, figa,
cinquanta euro!
Pronunciò le parole in un
italiano piuttosto approssimativo
biascicando il chewing-gum.
- Si va bene, dai.
Avvicinati al portone che ti apro.
Quando sei nell'ingresso, scendi le
scale fino alla mia porta. Ti aspetto lì.
La donna ascoltò con
attenzione le indicazioni di Luigi e con
altrettanta decisione replicò:
- Pagamento anticipato.
Capito!
Nel buio della notte i
denti bianchi, simili all'avorio, si
aprirono in un sorriso e lasciarono
posto alla lingua rosea.
- Ma si, dai, non fare
troppo casino. Vieni giù, faremo come
vuoi tu.
Per tutta la sera Luigi
aveva mantenuto le mani sul cazzo,
massaggiandolo senza interruzione, senza
mai venire. Distolse le dita
dall'oggetto di piacere e appoggiò le
mani sui cerchi cromati della
carrozzella guidandola verso l'atrio di
casa. Prima di aprire la porta diede
un'ultima scrollata all'elefantiaco
cazzo che teneva fra le gambe.
Il destino, così
ingeneroso nei suoi confronti da
relegarlo su di una carrozzella, lo
aveva dotato di un cazzo dalle
dimensioni superiori a quello di Rocco
Siffredi. Le puttane che battevano il
quartiere conoscevano Luigi e la sua
imperfezione anatomica. Quasi tutte si
limitava a masturbarlo con due mani,
alcune avevano provato a succhiarglielo
infilandolo a fatica nella bocca. Le
poche che avevano accettato di farsi
penetrare lo avevano fatto a loro
rischio e pericolo.
Luigi aprì la porta
pregustando l'attimo in cui avrebbe
mostrato alla donna il suo cobra e
sorrise.
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