ERBA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

      Emma era persuasa che la parola amore soddisfacesse il bisogno fisiologico di uomini e donne di fare sesso. Ma non aveva cognizione di quali altre sfaccettature nascondesse quella parola. Quando lo scoprì ne rimase sconcertata, ma ne fu felice.
   Prima di fidanzarsi con Sergio, uno spilungone dotato di piedi simili a delle pinne, era stata in intimità con altri uomini; non molti in verità. Lei e Sergio facevano coppia fissa da un paio di anni e soltanto da un po' di tempo avevano iniziato a parlare di matrimonio. Il loro legame sembrava indissolubile e tale era rimasto fino al giorno in cui nella sua vita comparve Vittorio, il nuovo vicino di pianerottolo.

   Conseguita la laurea in biologia Emma era stata immediatamente assunta da una importante azienda farmaceutica. L'impiego le aveva permesso di rendersi autonoma dalla famiglia, motivo che l'aveva spinta a prendere in affitto un piccolo appartamento dove viveva da sola.
   La storia con Vittorio era iniziata una sera in cui sentì suonare il campanello della propria abitazione. Prima di aprire la porta si premurò di guardare attraverso lo spioncino. Dall'altra parte vide un uomo di mezza età fermo nel pianerottolo. Indecisa sul da farsi inserì il gancio di sicurezza e con prudenza scostò l'uscio.
   - Desidera? - disse in modo cordiale, rivolgendosi all'uomo, pronta a chiudere l'uscio in caso di necessità.
   - Mi scusi se la importuno. Sono il nuovo vicino. Purtroppo durante il trasloco ho smarrito l'accendigas. Ha per caso un accendino o dei fiammiferi da prestarmi?
   - Penso di sì.
   Si allontanò dalla porta mantenendo il gancio di sicurezza inserito. Raccolse da uno scompartimento della borsetta un accendino e lo fece passare nello spazio che separava l'uscio dallo stipite.
   - Grazie, domani glielo restituirò.
   - Non importa lo tenga pure, ne ho altri disseminati in giro per l'appartamento.
   - Beh, allora buonanotte!
   - Anche a lei.
   Il giorno seguente, di prima mattina, lasciò l'appartamento per recarsi al lavoro. Sul pianerottolo si soffermò un breve istante dinanzi alla porta del nuovo inquilino. Sopra il pulsante del campanello trovò un biglietto da visita con su scritto: Dott. Vittorio Bianchi.
   Leggendo la scritta pensò che l'inquilino fosse uno dei tanti manager che periodicamente occupavano gli appartamenti ammobiliati dello stabile e non se ne preoccupò. La sera stessa, di ritorno dal lavoro, mentre stava conversando al telefono con il fidanzato, sentì trillare il campanello della porta.
   - Mi suonano alla porta, devo lasciarti, ciao! Ci sentiamo più tardi. Ti telefono io.
   Si avvicinò alla porta, premurandosi, prima d'aprirla, di guardare attraverso lo spioncino come era sua abitudine.
   L'uomo sul pianerottolo era lo stesso a cui la sera precedente aveva dato a prestito l'accendino. Questa volta non inserì il gancio di sicurezza. Stava per salutarlo quando fu interrotta dalla voce dell'uomo.
   - Le ho riportato l'accendino. - disse l'uomo spendendosi in un sorriso accattivante.
   - Non doveva disturbarsi. L'unico oggetto che non manca nel mio appartamento, oltre alle sigarette, sono gli accendini.
   - A proposito non ci siamo ancora presentati. Il mio nome è Vittorio e il suo?
   - Emma.
   - Posso invitarla a prendere un caffè nel mio appartamento? Ho la moka sul fornello!
   Sorpresa dall'invito avrebbe voluto rifiutarlo, ma non era sua intenzione apparire scortese agli occhi dell'uomo. Da quando aveva preso alloggio nel condominio non aveva intrattenuto rapporti con nessuno degli inquilini. Stavolta accettò l'invito e lo seguì nell'appartamento.
   L'alloggio era arredato in maniera moderna. Sulle pareti del salotto facevano bella mostra alcuni quadri in stile Op Art di notevole fattura.
   - Belli questi quadri. Hanno dei colori stupendi.
   - Le piacciono? Li ho dipinti io. E' il mio hobby preferito quello di dipingere.
   - Anche quel nudo è opera sua?
   - Sì, quella ritratta è la mia ex moglie. Il quadro risale a vent'anni fa. C'è stato un tempo in cui le piaceva farmi da modella, ma questa è l'unica cosa che rimpiango della mia vita insieme a lei. - soggiunse sarcastico, cambiando subito discorso. - Da qualche parte dovrei avere dei gianduiotti. Posso offrirgliene?
   - No, grazie! La cioccolata è una delle cose che evito di consumare. Fa male alla linea. - disse declinando l'offerta con un sorriso.
   Discussero d'arte e di cinema durante tutta la sera, consumando un paio di caffè. Verso le undici, Emma si accomiatò.
   - Si è fatto tardi. Domani devo alzarmi di buon ora se voglio andare a lavorare, quindi è meglio che vada a dormire.
   Si avvicinò alla porta d'uscita e fece per salutarlo.
   - E' stato un piacere averla come ospite. Magari ci potremmo vedere ancora. Potrei proporle di fare da modella per un quadro. Che ne dice?
   - Non lo credo possibile. - rispose Emma lasciando che le guance si colorassero di un intenso colore rosso. - Per fare la modella ci vuole il fisico adatto, come quello della sua ex moglie, io non ce l'ho.
   - Su questo si sbaglia. Lei è bellissima.
   Si lasciarono sul pianerottolo con quella frase lasciata in sospeso. Emma, in effetti, con i suoi venticinque anni, era una donna piacente. Quando passeggiava per strada non passava inosservata agli occhi degli uomini. Schiva, mite di carattere, rifuggiva ogni occasione per mettersi in mostra. Rare erano le circostanze in cui indossava abiti appariscenti. Aveva il complesso delle tette abbondanti, un cruccio che si portava dietro da quando era adolescente e seguitava ad affliggerla anche ora che aveva raggiunto la maggiore età. Per sottrarre le tette alla vista degli uomini era solita indossare maglioni di misura abbondante.
   Raramente indossava la gonna, preferiva i pantaloni anche se le gambe, lunghe e affusolate, avrebbero meritato ben altra considerazione da parte sua. L'unica cosa che non poteva nascondere era il viso. I capelli, lunghi e stirati, biondo platino, le scendevano fino alle spalle, messi in dovuto risalto dal tessuto dei maglioni, quasi sempre di colore nero che era solita indossare.
   Gli occhi cerulei si coniugavano con l'estremità del naso, leggermente all'insù, che le conferiva un aspetto finemente signorile. Anche le labbra, seppure non troppo carnose, contribuivano a fare risaltare la sua persona.

   Dopo essere stata ospite nell'appartamento del vicino di casa seguitò a frequentarlo sempre più spesso. Si trovava a proprio agio a chiacchierare con lui piuttosto che con uomini della propria età con cui intratteneva rapporti di amicizia e lavoro. Con l'andare del tempo si instaurò fra loro un rapporto molto intenso e non le sembrò strano che una sera, mentre erano seduti sul divano a conversare, Vittorio le spiattellasse ancora una volta la proposta di farle un ritratto.
   - Che ne pensi se ti prendo a modella per un ritratto?
   - Dipende dal tipo di ritratto. - rispose Emma sorniona.
   - Un nudo, naturalmente.
   - Ma che sei pazzo? Se lo viene a sapere il mio fidanzato che poso nuda per un quadro mi lascia subito.
   Pronunciò la frase senza troppa convinzione. Dalla prima sera che aveva messo piede in quell'appartamento era rimasta stregata dal quadro che ritraeva l'ex moglie dell’uomo. Non desiderava altro che posare per un quadro, ma non voleva cedere alla richiesta senza farsi desiderare.
   - Non verrà mai a saperlo. Sarà il ricordo che avrai di me quando tornerò a Roma.
   - Non resterai a Parma per molto tempo?
   - Terminato il lavoro di consulenza per Parmamilk farò ritorno a Roma.
   - Ma come! Hai appena traslocato e già ti prepari a ripartire.
   - Non senza averti regalato un ritratto realizzato da me.
   - Ci penserò. - diede risposta, lasciandosi sfuggire un sorriso impertinente.
   La proposta che le aveva fatto Vittorio l'aveva parecchio lusingata, ma non voleva darglielo a intendere. Gli avrebbe risposto affermativamente soltanto qualche giorno più tardi.

   La sera in cui Vittorio iniziò a ritrarla era molto emozionata. Mise piede nell'appartamento dell'amico con un certo disagio, pentita di avere accettato la proposta.
   In un angolo del salotto Vittorio aveva preparato tutto l'occorrente per dipingere. Una tela bianca dalle medie dimensioni era appoggiata sopra lo stativo di un treppiede.
   - Togli la camicetta e il reggiseno. - disse perentorio Vittorio.
   Emma si liberò della camicia e la depose sul divano, poi sganciò il reggiseno e lo fece scivolare in avanti. Le mammelle, scarcerate dall'involucro che le teneva imprigionate, si mostrarono a Vittorio nella loro giunonica bellezza. Emma mostrò le tette con una certa spavalderia nonostante fosse riottosa nel mostrare quella parte del proprio corpo. Anche in estate quando si recava al mare era solita indossare il costume intero evitando il due pezzi.
   Quella sera, contrariamente alle sue abitudini, non provò alcun imbarazzo nel mostrarsi nuda a mezzobusto. Aveva i seni gonfi e tesi come le succedeva nei giorni che precedono le mestruazioni. L'areola dei capezzoli si caratterizzava per il colore rosa. L'apice era appuntito e turgido. Inarcò il busto all'indietro e protese il mento nella direzione di Vittorio.
   - Vado bene così?
   - Sei stupenda.
   Vittorio si avvicinò a Emma. Ruotò il busto della donna in modo che la figura gli apparisse di trequarti, poi si avvicinò alla tela.
   - Prima d'iniziare a dipingere farò alcuni schizzi col carboncino dopodiché mi dedicherò alla pittura. Devi promettermi che non cercherai in alcun modo di guardare la tela prima che sia ultimata. Promesso?
   - Promesso! - disse Emma mostrandosi soddisfatta.
   Quando aveva accettato di posare nuda non poteva immaginare che sarebbe stato molto impegnativo rimanere ferma per lungo tempo davanti a chi la dipingeva. Vittorio, conscio delle difficoltà che Emma stava incontrando nel rimanere immobile, interruppe più volte il lavoro permettendole di sgranchirsi e fumare qualche sigaretta.
   Emma avrebbe voluto scrutare il procedere del lavoro, ma dalla sua posizione le era precluso guardare Vittorio mentre faceva scorrere i pennelli sulla tela. L'unica cosa che le era permesso era di vedere la tavolozza dei colori a olio su cui l'uomo intingeva i pennelli.
   Verso mezzanotte Vittorio prese un drappo e lo mise sopra la tela, dopodiché invitò Emma a rivestirsi. Fecero appena in tempo a scambiarsi alcune brevi impressioni prima d'andare a dormire.
   Quando Emma si trovò nel suo appartamento una doccia rigeneratrice le tolse tutta la stanchezza di dosso. Era soddisfatta della sua performance, abituata com'era a sostenere ritmi di vita accelerati si meravigliò d'essere rimasta immobile per tanto tempo davanti a Vittorio senza lamentarsi.
   Quell'uomo era riuscito a trasmetterle una tranquillità interiore fino allora inespressa. Lo stesso accadde nelle sere successive quando tornò a posare per lui. Le braccia di Vittorio, massicce e pelose, guidavano con maestria i pennelli e la cosa la sorprese. Durante le ore di posa Emma si perse a guardare le linee del viso dell'uomo che cambiavano d'espressione ogni volta che intingeva i pennelli nel colore. Per un'intera settimana posò nuda dinanzi alla tela. Ogni sera, per quietare le insistenze del fidanzato che le chiedeva di uscire con lui, escogitò una infinità di scuse pur di non mancare all'appuntamento col ritrattista. Quando ormai la pazienza sembrò abbandonarla Vittorio le comunicò che il dipinto era prossimo a essere terminato.
   - Domani sera vorrei festeggiare con te la fine del quadro. Che ne dici se ceniamo insieme?
   Lusingata dalle attenzioni di Vittorio accettò la proposta. La sera successiva prese posizione sul divano, nuda dalla cintola in su, sorpresa dal profumo delicato e intenso che aleggiava nella stanza.
   - Posso sapere cos'è quest'odore?
   - E' una sorpresa che ho preparato apposta per te. - disse Vittorio lasciandosi sfuggire un sorriso intrigante. Diede alcune pennellate sulla tela, poi si rivolse a Emma.
   - Fine! Il ritratto è terminato. Se ti fa piacere puoi venire a vederlo.
   Emma era curiosa di esaminare il quadro ultimato. Si alzò dal divano e, seminuda, si avvicinò alla tela. Il dipinto che la ritraeva appariva di una bellezza straordinaria. L'eleganza dell'espressione del viso erano rese in bell'evidenza dalla semplicità del tratteggio. Anche i contorni del corpo, caratterizzati da un'ineguagliabile finezza del disegno, lasciavano emergere una sensualità vera e palpitante.
   La tela tracimava di una significativa carica erotica che nemmeno lei sapeva di possedere. Senza troppo rifletterci abbracciò Vittorio e gli diede un bacio sulla guancia. Lui la strinse a sé e incollò le labbra sopra alle sue. Emma non rimase sorpresa da quel gesto, infatti, non oppose resistenza e lasciò che la baciasse. Quando Vittorio la penetrò con la lingua l'accolse nella bocca con immenso piacere.
   Furono baci appassionati quelli che si scambiarono. Le lingue s'incrociarono plasmandosi l'una con l'altra. Emma godette nel sentirsi desiderata da quell'uomo. Ma quello che più la sorprese fu la determinazione e la furia che Vittorio mise nella sua azione. Non era abituata a fare sesso in quel modo. Sergio, il suo fidanzato, l'aveva sempre trattata con tenerezza e affettuosa passione, mai con brutalità. Vittorio, invece, sembrava trovare piacere nel morderla sul collo e sulle labbra.
   Impaurita da quell'irruenza provò a ritrarsi, ma lui ancora più eccitato l'attirò a sé impedendole di fuggire. Mentre Vittorio la baciava sentì le labbra dell'uomo tremare per l'eccitazione. Anche lei, sollecitata dalle attenzioni dell'uomo, iniziò a provare piacere da quello che considerava un insolito modo di fare l'amore.
   Vittorio iniziò a sfilarle i pantaloni e subito dopo le tolse le mutandine, infine si denudò pure lui. Sul petto villoso dell'uomo facevano bella mostra i pettorali compatti e massicci come lo erano i tricipiti delle cosce. Se all'inizio era rimasta infastidita dalla ruvidezza di Vittorio dopo si trovò a sottostare con piacere al dolore che le infondevano i morsi dell'uomo sulla pelle.
   Contagiata dall'atteggiamento di Vittorio gli affondò le unghie nel dorso della schiena e gli penetrò la carne. Vittorio lanciò un urlo di piacere, inarcò la schiena e le afferrò il collo premendo con i pollici attorno all'epiglottide. Il respiro mancò a Emma per alcuni istanti per ritornare normale nell'attimo in cui Vittorio scostò le mani.
   I loro corpi erano fradici di sudore. Ciascuno avrebbe potuto specchiarsi nel corpo lucido dell'altro. Il desiderio di scopare era forte in entrambi. Una sensazione che ciascuno percepiva molto bene negli occhi del partner.
   Emma, pur eccitata dalla strana situazione in cui si era venuta a trovare, era impaurita per le conseguenze di quella avventura. I modi brutali di Vittorio e la sofferenza fisica cui l'aveva sottoposta l'avevano fatta godere, ma nel contempo aveva paura di quell'uomo.
   Aveva la figa bagna fradicia e da quello che aveva potuto osservare anche il cazzo di Vittorio non era da meno.
   - Ho una sorpresa per te. - disse l'uomo guardandola dritta negli occhi.
   - Sì?
   - In previsione di questa serata ho preparato un letto speciale, tutto per te!
   La sollevò di peso e, tenendola fra le braccia, la trasportò nella stanza da letto. Sullo stipite della porta si fermò. L'abat-jour, posta sopra il comodino, diffondeva una luce soffusa che a malapena illuminava la stanza.
   Emma scostò il viso dal collo dell'uomo e posò lo sguardo d’intorno. Sul letto vide una miriade di petali di rose. Vittorio appoggiò le natiche della donna sul bordo del letto. S'inginocchiò davanti a lei e iniziò a leccarle i piedi.
   Emma rimase sorpresa da quel gesto. Nessuno glieli aveva mai accarezzati e neppure baciati. Il solletico che le stava procurando la lingua dell'uomo, mentre s'insinuava negli interstizi fra un dito e l'altro, era pari al piacere che le dava lo scorrere delle proprie dita nella figa quando si masturbava.
   Seduta sul bordo del letto, sollecitata da un comando di Vittorio, divaricò le gambe. Lui risalì con la lingua lungo le cosce fino a raggiungere l'inguine. Lo scorrere della striscia di carne sulla pelle la fece trasalire ancora una volta, facendola godere di un piacere fuori dall'usuale. Vittorio si rialzò e da quella posizione le avvicinò il cazzo al viso. Emma, senza alcuna esitazione, lo infilò nella bocca, golosa di ingoiare quella prelibatezza. Iniziò a succhiare con un impeto per lei inusuale.
   La cappella, di colore viola, le giunse a più riprese fino in gola facendole mancare il respiro. Allora cominciò a guidare il cazzo con la mano avanti e indietro nella bocca. L'uomo prese ad accompagnare i movimenti delle labbra di Emma con le anche, ma dopo un po' arrestò la sua azione.
   - La sorpresa non è tutta qui, ne ho un'altra per te. Coricati sul letto. - le ordinò.
   Emma non vedeva l'ora d'appoggiare il proprio corpo sul manto di petali di rosa che foderavano il letto. Sollecitata dall'uomo alzò il bacino e si buttò sopra i petali di rosa.
   Un dolore acuto la fece trasalire. Vittorio le fu addosso e le impedì di muoversi. Numerose spine dei rami di rosa, confuse sotto i petali delle rose, le si erano conficcate nella pelle come aghi acuminati. Il dolore era così intenso che adoperò tutta la forza che aveva in corpo per allontanare Vittorio da sé. Lui, ancora più eccitato dalla resistenza di Emma, si ostinò a tenerla ferma. Le allargò con forza le gambe eccitato nell'impari lotta, poi le infilò il cazzo nella figa.
   Emma trasalì. A ogni affondo dell'uomo il suo corpo fu attraversato da fremiti di dolore e piacere. Uno strano impulso animalesco s'impadronì di lei. Godeva! Godeva di un piacere assoluto. Quello strano connubio le stava svelando un universo di piacere a lei sconosciuto che si accingeva a esplorare.
   Iniziò a scuotere il corpo avvinghiandosi con le gambe ed i calcagni al bacino dell'uomo. Vittorio proseguì ad affondare il cazzo nella figa senza farsi impietosire dalle grida di Emma. La cappella scorreva rapida aiutata dalla presenza dell'umore che stagnava copioso nella vagina. Emma abbrancò il capo di Vittorio e attirò le labbra dell'uomo contro le proprie. Teneva le mammelle così gonfie che parevano scoppiarle nel petto. Anche il respiro le si era fatto affannoso. La testa le doleva e le pareti dell'appartamento le giravano d'intorno.
   L'orgasmo arrivò impetuoso. Un turbine di calore le salì dal basso ventre verso il capo e le scoppiò nel cervello. Urlò con tutta la forza che teneva in gola. Urlò di piacere. E per la prima volta ebbe un vero orgasmo.
   Vittorio, insaziabile, seguitò a scoparla con una foga inaudita conducendola ad avere altri orgasmi. Adesso toccava a lui venire.
   Emma rimase a osservare il viso del compagno mentre si accaniva su di lei. Dopo una spinta più intensa, tirò fuori il cazzo dalla figa e le sborrò sull'addome. Il tremore si protrasse per alcuni secondi percorrendo lo scheletro da capo a piedi.
   Emma, sorpresa da quelle contrazioni, ebbe paura. Vittorio si accasciò su di lei rimanendovi per un tempo che le sembrò interminabile. Con cautela si alzarono dal letto attenti a non rimuovere le spine che entrambi avevano conficcate nella pelle. Vittorio accese la luce nella stanza e invitò Emma a recarsi dinanzi alla specchiera posta in un angolo della stanza.
   Quando si trovò davanti allo specchio e vide la schiena macchiata da rivoli di sangue che scendevano fino alle caviglie prese paura. Vittorio l'aiutò a togliere le spine conficcate nella pelle, poi dopo averle tolto l'ultimo pungiglione accompagnò Emma in bagno.
.
   La loro storia d'amore, iniziata quella sera, sconvolse la vita di Emma. Smise di frequentare il fidanzato, d'altronde con le ferite che si era procurata sul corpo le fu difficile nascondergli la verità.
   Lei e Vittorio seguitarono a vedersi e fare l'amore nei modi più disparati. Ma con l'approssimarsi dell'inverno si avvicinò anche il giorno in cui Vittorio l'avrebbe lasciata per fare ritorno a Roma.
   - Ho una sorpresa per te. - le telefonò Vittorio. - Preparati a vivere una serata eccezionale.
   Il loro letto aveva conosciuto ogni sorta di perversione, niente avrebbe potuto stupirla, quindi rimase delusa nel vedere sopra le lenzuola un sottile strato di foglie verdi. A pranzo Vittorio le aveva accennato una sorpresa. Ciò che invece le aveva preparato pareva una lettiera d'erba e nulla più. Prima di coricarcisi sopra Emma andò in bagno dove la raggiunse Vittorio.
   - Tutta qui la sorpresa? - disse Emma.
   - Ma allora non hai fiducia in me.
   - Mi hai abituata troppo bene.
   Vittorio le si avvicinò e le diede un bacio sulle labbra, poi le tolse di dosso accappatoio e mutandine. La sollevò di peso e, dopo averla presa in grembo, la trascinò sul letto. Col trascorrere dei minuti un intenso prurito accompagnò il loro amplesso. Soltanto quando si acquietarono, dopo avere raggiunto l'orgasmo, Emma ebbe la percezione di ciò che le stava accadendo. Esasperata dal prurito iniziò a grattarsi in tutto il corpo. Si alzò dal letto e andò a guardarsi nello specchio. La parte posteriore del corpo e in minima parte quella anteriore, erano arrossate e coperte di piccole vesciche. Vittorio, seppure in misura minore, aveva le medesime irritazioni.
   - Si può sapere che cazzo di foglie sono quelle?
   - Ortiche! Sono ortiche!
.
   I medici del Pronto Soccorso, constatate le drammatiche condizioni di Emma e del compagno, li trasferirono d'urgenza in Clinica Dermosifilopatica. 
   Dal momento in cui erano entrati a contatto con la fastidiosa pianta erbacea erano trascorse poche ore e i loro corpi erano ricoperti da una infinità di vescicole. La terapia a cui furono sottoposti, a base di antistaminici e cortisone, risolse in pochi giorni l'ingrata affezione.
   Vittorio rimase in ospedale solo pochi giorni. Emma, stante la maggiore estensione delle vesciche, prolungò il soggiorno in clinica per un periodo più lungo. Poco prima di essere dimessa Vittorio andò a trovarla e le confermò che il giorno dopo sarebbe partito per Roma, difficilmente avrebbe fatto ritorno a Parma.
   Durante il soggiorno in clinica Emma fece amicizia con un giovane infermiere e grazie a lui scoprì quanto era gradevole farsi forare i glutei dagli acuminati aghi delle siringhe.

 

 
 

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