G rugnite
Gozén e non rompetemi più i coglioni.
Che cazzo volete da me, eh? Forse
convincermi che siete rammaricati per il
senso di smarrimento che ha colpito
l'intera comunità del Nautilus? Ma
andate a fare in culo!!! Offrite ad
altri il vostro bel culo, Gozén! Non
credo a una sola delle vostre parole.
Ecchecazzo! Quello che esce dalle
palpebre dei vostri occhi sono lacrime
di coccodrillo, Gozén, afferrato?
Avete fatto di tutto per
fare chiudere il Nautilus, vi siete
prodotti in una serie di petizioni
indirizzate al sindaco, agli organismi
di Pubblica Sicurezza e persino al
Vescovo, accidenti! Avete organizzato
comitati, mobilitato pubbliche
manifestazioni di protesta, messo in
atto una vera e propria guerra di
religione contro chi lo frequentava.
Vi siete presi la briga di
sollevare un gran polverone soltanto
perché, a vostro dire, il Nautilus era
un covo di pervertiti e dissoluti
perditempo. Un ambiente pieno di
pericoli per i giovani del quartiere! E'
quello che avete scritto sui volantini
che con tanta alterigia avete
distribuito per strada alla gente. E
questo perché, secondo il vostro modo
d'intendere la vita, il locale andava a
scontrarsi con le secolari tradizioni
della città.
Ma quali tradizioni Gozén?
Quelle di Maria Luigia, moglie di
Napoleone Bonaparte o di Giuseppe Verdi
che voi bacchettoni, insieme ai
politicanti che governano il comune,
avete innalzato a emblema della città?
Adesso che siete riusciti
nel vostro intento, costringendo i
gestori del Nautilus a chiudere il
locale, avete la sfacciataggine di
scoprirvi dispiaciuti per quanto è
successo.
Sostenete che non è colpa
vostra se l'interruzione dell'attività
ha generato il proliferare di bande di
giovani che nottetempo imbrattano i muri
della città di parole e disegni
inneggianti alla libertà di
espressione. Ma andate a dare via il
culo, Gozén. Cos'era a farvi tanta
paura, eh? Cosa?
A più riprese avete
affermato che il locale disturbava la
quiete pubblica, e questo perché nel
quartiere confluiva gente proveniente da
tutta la provincia e dalle città
limitrofe. Il fatto che fosse
frequentato da persone diverse da tutti
voi vi disturbava? Oppure c'era qualcosa
di molto più importante in gioco che
non avete mai voluto rivelare alla
gente?
Fino al giorno della
chiusura il Nautilus era uno dei miei
ritrovi preferiti. Fra quelle mura ero
solito trascorrere la maggior parte
delle sere prima d'andare a dormire.
Quando Berta e Louise, due lesbiche
d’altri tempi, lo hanno aperto dieci
anni fa, avevano operato una scelta
coraggiosa: quella di dare vita a un
locale underground, prefiggendosi
l'obiettivo di richiamare una
popolazione di persone creative e
bizzarre, scansando un tipo di clientela
di giovani annoiati di cui sono piene le
cosiddette movide che infestano il
centro della città. Espediente quello
di Berta e Louise che aveva affascinato
molte persone e permesso di riempire il
locale già dai primi giorni di
apertura.
In che modo siano riuscite
a ottenere dalle autorità comunali la
licenza per aprire un esercizio pubblico
in pieno Oltretorrente, riadattando una
vecchia fabbrica per la produzione di
tappi di sughero, resta un mistero a
tutt'oggi insoluto. Sta di fatto che
senza rendersene conto avevano messo in
piedi il ritrovo più intrigante della
città, accidenti a loro!
Il locale sembrava
destinato ad avere un successo duraturo, ma la
mobilitazione di tutti voi Gozén ne ha
decretato la chiusura anzitempo.
Problemi di sicurezza e
mancanza di vie di fuga in caso
d'incendio o di qualsiasi altra calamità.
Ecco le ragioni addotte dal Sindaco,
d'accordo con il comando dei Vigili del
Fuoco, per chiudere il Nautilus. Il
provvedimento imponeva alle gerenti
l'immediata chiusura del locale,
vincolandone la riapertura
all'adempimento di onerosi lavori di
ristrutturazione del capannone che
ospitava il circolo ARCI.
Il piano di riadattamento
avrebbe comportato notevoli restrizioni
all'accesso dei clienti, infatti, il
contenitore avrebbe potuto ospitare
soltanto cento persone rispetto alle
duecento computate abitualmente nella
relazione dei vigili del fuoco.
Al Nautilus c'ero capitato
per la prima volta un paio di settimane
dopo l'inaugurazione, incuriosito dalle
voci circolate in città dopo l'apertura
del locale. Dopo quella fortuita
circostanza iniziai a frequentare il
ritrovo ogni sera divenendone uno dei
clienti abituali.
Andavo lì perché,
diversamente da molti altri locali,
cosiddetti alternativi, si godeva
un'atmosfera molto particolare, ma
soprattutto per la figa, sì proprio per
quella: la passera, Gozén!
Ce n'era in abbondanza e
per tutti i gusti, da farsene una
overdose. Lesbiche soprattutto, che, in
quanto tali, andavano nel locale a
caccia di figa come me, ma che non
disdegnavano mettersi a succhiare
qualche cazzo, se ne avevano
l'occasione, e io ero prodigo nel
concedermi a loro.
Berta e Louise, una di
pelle chiara, l'altra color cioccolata,
gestivano il bar in modo famigliare,
coadiuvate in questo da un paio di
giovani collaboratrici che servivano ai
tavoli.
Quando dieci anni fa
conobbi Berta e Louise entrambe avevano
una trentina d'anni o poco più. Tutt'e
due appartenevano al genere di femmine
nate per fare rizzare il cazzo a
qualsiasi uomo. Bastava incocciare in un
loro sguardo oppure in un ammiccante sorriso
per ritrovarsi con il cazzo bagnato.
Cosa che a voi Gozén sarà capitata
assai raramente con una donna, vero?
Me le sarei scopate
volentieri entrambi, una dopo l'altra,
magari stando insieme tutt'e tre nello
stesso letto. Una dannata voglia che si
tramutò in un pensiero fisso dalla
prima sera che misi piede nel locale.
Louise soprattutto, per la sua pelle
ambrata, mi attizzava il cazzo. Specie
dopo che mi capitò di vederla senza
abiti addosso.
Accadde una sera che si
esibì in uno striptease sulla pedana
del Nautilus mentre Berta recitava un
brano tratto da un saggio di Georges
Bataille. In quella occasione rimase
coperta con un minuscolo tanga che a
malapena le copriva la figa. Mise in
mostra un corpo statuario e delle tette
stupende, non troppo grosse in verità,
ma sode, con dei capezzoli scuri, e
delle punte sporgenti che avrei calcato
volentieri fra le labbra. Mi sarebbe
piaciuto succhiarle quelle tette, fino a
farla urlare di piacere, perché con le
donne sono capace di adoperarmi in
questo modo, io, Gozén!
Berta invece possedeva una
bocca simile a quella di Julia Roberts,
troppo larga per i miei gusti.
Preferisco fare l'amore con donne dalle
labbra sporgenti, ma piccole, più
adatte nel prendermi in bocca il cazzo e
attanagliarlo. A parte questo piccolo
difetto, se così posso definirlo, sarei
riuscito a soddisfarla, statene certi,
Gozén!
Il Nautilus apriva le porte
alle sette di sera e chiudeva i battenti
poco prima dell'alba. Nel locale il
suono della musica era bandito. Pop,
jazz, rock, blues, techno, sussistevano
soltanto come argomenti di conversazione
e niente più. Al Nautilus c'era una
sola musica: quella della parola.
La gente andava lì per
affaccendarsi in conversazione,
scambiare opinioni, fare amicizia, e
catturare. Sì, Gozén, per scopare,
succhiare e farselo succhiare. Che c'è
di strano, eh?
All'ingresso del locale
c'era collocato un mobile di legno,
composto da una serie di ripiani
sovrapposti, su cui erano riposti libri
di tutti i generi. Ogni cliente era
libero di appropriarsene, leggerli, e
portarne dei nuovi se lo riteneva
necessario, mettendoli a disposizione
della comunità del Nautilus.
Le pareti del locale erano
imbrattate di scritte. Parole che si
accavallavano una sull'altra impresse
con lapis o pennarelli di colori
diversi. Anch'io ne avevo scritta una.
L'avevo tratta da una citazione
riportata nelle prime pagine di uno dei
libri che avevo preso a prestito:
"Il tè nel deserto" di Paul
Bowles.
-
Il destino di ogni uomo è
personale
solo perché può accadere che
assomigli
a ciò che è già nella sua
memoria.
Eduardo
Mallea
-
|
Ogni sera al Nautilus c'era chi prendeva
posto sulla pedana e scandiva parole,
versi, liriche, monologhi o quant'altro
gli passava per la testa, esponendosi al
giudizio degli spettatori. Un fascio
luminoso, a occhio di bue, illuminava
chi si presentava sulla pedana ad
articolare parole solo apparentemente
inconsistenti.
Non ho mai calcato quella
pedana, forse perché non ho mai avuto
molte cose da dire. Ascoltavo le parole
degli altri e ciò mi bastava.
Il suono delle voci della gente,
accalcata attorno ai tavoli, conferiva
al locale una atmosfera fuori dall'ordinario, una musica di corpi
caldi, un profumo di carne, e gran puzza
di sesso. Sì, Gozén, di sperma! Perché
il Nautilus oltre allo scambio di parole
era soprattutto calore, passione ed
eccitazione.
A voi Gozén importerà
poco, ma Louise me la sono scopata per
davvero. Capitò una sera in cui, per
scherzo, mi fece leccare un piccolo
francobollo di carta impregnata di LSD e
la mia testa si riempì dei colori di
una cometa.
Gliela leccai per bene la
figa, anche in quello stato
confusionale, cosa credevate, eh! Posso
assicurarvi che non ce l'aveva diversa
da tutte le altre donne, la figa. Un
taglio verticale fra le cosce e niente
più. A dire il vero la mucosa, quella
che sta nascosta sotto le ali di
farfalla, mi diede l'impressione
d'essere di un colore rosso molto più
intenso rispetto alle donne di razza
bianca. Colpa del contrasto con la pelle
scura che le attribuiva quell'aspetto,
ne sono certo, boh!
Non ero mai stato a letto
con una donna dalla pelle nera prima di
fare del sesso con lei. Eppure donne ne
avevo conosciute in abbondanza, ma nere
non ne avevo mai scopate. Leccarle la
figa si dimostrò una delle più belle
esperienze della mia vita. Non volle
farsi inculare, purtroppo, si limitò a
succhiarmelo e lo fece molto bene, ma
dopo quella sera non volle più saperne
di scopare con me, e fu un peccato, Gozén!
Da un po' di tempo i muri
della città hanno incominciato a
parlare. Una notevole quantità di
parole sono tracciate con bombolette
spray sulle pareti delle case da chi un
tempo era solito frequentare il Nautilus.
All'appello mancano solo Berta e Louise
di loro non si è più saputo niente,
sono scomparse insieme alle ceneri del
loro locale.
Ora che il Nautilus ha
chiuso i battenti mi sento solo, mi
mancano le parole, mi mancano i discorsi
fatti dalla gente attorno ai tavoli ogni
sera. Vi siete portati via i miei sogni,
Gozén! Vorrei tornare indietro nel
tempo, ma il tempo non esiste, c'è
soltanto un unico presente senza fine.
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