UNA MERCE RARA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Appena misi piede nell'appartamento vidi un uomo dall'apparente età di cinquant'anni seduto su un vecchio sofà. Mi dava le spalle e teneva lo sguardo bloccato sullo schermo di un vecchio televisore bianco e nero dove scorrevano le immagini di un match di boxe.
   Tracce di umidità, sparse a macchia di leopardo, coloravano le pareti della stanza. Anche la canottiera indossata dall'uomo mostrava ampie macchie di sudore. Una sigaretta messa insieme con una mistura di tabacco gli pendeva dalle labbra. La cenere sulla punta della bionda pareva dovesse precipitare sul pavimento da un momento all'altro. Non si diede cura di salutarmi. Mi ignorò e lo stesso feci io.
   Soltanto qualche istante prima, mentre camminavo sul marciapiede davanti al portone della sua abitazione, una donna mi aveva rimorchiato. C'eravamo scambiati solo poche parole, dopodiché mi aveva chiesto 20 euro per fasi scopare. Prima di decidermi a salire insieme a lei al terzo piano dell'edificio, e mettere piede nell'appartamento, avevo dato un rapido sguardo alla sua figura, dopodiché avevo accettato di seguirla.
   Bassa di statura, con un paio di zeppe ai piedi che parevano dei trampoli, indossava un vestito scuro, forse blu, con dei piccoli fiori bianchi. Il viso truccato in modo esagerato me la fece sembrare una donna speciale tanto faceva ribrezzo. Forse fu proprio il belletto cosparso in maniera smodata sul volto ad attirare la mia curiosità, oppure la sfumatura cerea della pelle e l'intenso colore rosso delle labbra. 
   Mi precedette nella stanza da letto e non si prese la briga di salutare l’uomo impegnato a guardare l'incontro di boxe alla tivù. Si liberò della gonna e si sdraiò sul letto, divaricò le cosce, e mi fece vedere la figa calva.
   Sulla pelle aveva una accentuata puzza di profumo a buon mercato, un odore talmente stomachevole da darmi la nausea. Mi prese il cazzo nella mano e me lo fece diventare duro, senza troppe difficoltà, menandomelo con delicatezza, dopodiché c'infilò sopra un preservativo che prelevò da un cassetto del comodino.
   Introdusse la cappella nella bocca e andò avanti a muovere le labbra attorno al cazzo, accalorandosi nel farmi venire alla svelta, aiutandosi con la mano. 
   La invitai a mettersi carponi sul letto, che l'avrei scopata alla pecorina. Lei si mise con ginocchia e mani poggiate sul letto, e io mi premurai di aprirle le natiche con le mani. Sopra l'attaccatura dei glutei, verso la schiena, aveva inciso un tatuaggio. Il disegno di grandi dimensioni riproduceva la figura di una creatura celeste fornita di grosse ali. Rimasi piacevolmente sorpreso da quel tatuaggio. La penetrai e cominciai a pomparla facendo scorrere la cappella avanti e indietro nella vagina.
   Non ricordo per quanto tempo rimasi con le mani aggrappate ai suoi fianchi, con gli occhi puntati sull'angelo del tatuaggio che pareva sbattere le ali, seguendo il ritmo imposto al cigolio del letto mentre la scopavo.
   Quando uscii dalla camera, dopo essere venuto, l'uomo seduto sul sofà aveva smesso di fumare. Nella mano stringeva un bicchiere mezzo pieno di vino rosso. La televisione in bianco e nero era accesa. Le immagini erano ancora quelle di un match di boxe. Non lo salutai e nemmeno lui mi salutò.
   La strada a quell'ora della sera era pressoché deserta. Mentre camminavo sul marciapiede mi tornarono in mente le immagini della pittura alata disegnata sul dorso della donna. Anch'io possedevo un bel culo, perlomeno questo era quanto sostenevano i clienti con cui mi prostituivo, magari avrei potuto farmi tatuare un disegno simile a quello pure io, consapevole che avrebbe dato piacere a chi affondava il pugno fino al gomito dentro il mio culo. 

 

 

 
 

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