BUONANOTTE 
AMORE MIO

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
Il tonfo di un cassonetto delle immondizie, ribaltato da un automezzo della nettezza urbana, svegliò Marco di soprassalto infrangendo il silenzio della camera. Distese il palmo della mano sull'altra metà del letto. Il lenzuolo era caldo, ma del compagno con cui aveva trascorso la notte non c'era nessuna traccia.
   - Leonardo? - chiamò.
   La lampada dell'abat-jour si accese. Solo allora si avvide della presenza del compagno di letto. Leonardo era seduto al bordo del materasso, i piedi appoggiati sul pavimento, con lo sguardo rivolto alla parete.
   - Sì?
   - Che fai? Te ne vai così?
   Leonardo girò lo sguardo verso l'amico e si abbandonò a un sorriso malizioso. I lunghi capelli arricciati dello stesso colore del grano maturo e le pupille dalle sfumature turchine gli conferivano un aspetto adolescenziale, anche se di anni ne aveva trenta o poco più.
   - Devo recarmi al lavoro. Sono in ritardo. - soggiunse.
   Si alzò dal letto e protese un braccio verso la sedia dove la sera precedente aveva riposto gli indumenti. Marco si perse a osservare le natiche del compagno di letto. Ancora una volta provò ammirazione per le sporgenze carnose del fondo schiena. Raramente aveva avuto modo di padroneggiare un culo come quello che gli stava davanti. Dopo la nottata trascorsa a scopare il cazzo gli doleva, ma guardandogli le natiche gli si era rizzato di nuovo.
   Desiderava ficcaglielo nel culo, ancora una volta, prima che uscisse definitivamente da casa per non rivederlo mai più.
   - Vieni qua, dai. - lo implorò.
   - Non posso. - sentenziò l'altro.
   Marco si trascinò sul materasso fino a raggiungere Leonardo. Attirò a sé la schiena del compagno e l'obbligò a sdraiarsi sul materasso. Gli prese il cazzo fra le dita e avvicinò la cappella alle labbra, poi cercò di ridargli un po' di vita.
   - Sono maledettamente in ritardo, non fare così. Dai, smettila. 
   Leonardo si divincolò dalla stretta. Si alzò dal letto e andò dritto in bagno.
   Marco aveva rimorchiato Leonardo al Ramos, un locale frequentato da gay e lesbiche cui era solito fare visita ogni sera. Trascorrere la nottata insieme si era rivelato più che naturale, sembravano fatti l'uno per l'altro loro due. Questo perlomeno era ciò che aveva pensato quando lo aveva rimorchiato e invitato a trascorrere la nottata nel proprio letto.
   Leonardo aveva accettato con sussiego la proposta, quasi non gliene importasse granché dell'invito. Ma nel momento in cui Marco si era alzato dal tavolo, diretto verso l'uscita del Ramos, lo aveva seguito come un cane segue il padrone.

   Appena fuori dal locale Marco si era visto sbattere la schiena contro un muretto da Leonardo che non aveva perso tempo a infilargli la lingua in bocca. Di seguito gli aveva abbassato la lampo dei pantaloni e stretto il cazzo nella mano, poi aveva iniziato a menarglielo per niente intimorito dalla presenza delle automobili di passaggio. Dopo il primi baci avevano seguitato a soddisfare il proprio piacere, infischiandosene del mondo che gravitava intorno a loro.

   Marco non si era meravigliato quando Leonardo si era inginocchiato ai suoi piedi e gli aveva attorcigliato le labbra attorno alla cappella facendogli provare un piacere sconfinato. Gli era sempre piaciuto farsi succhiare l'uccello, anche se considerava il pompino un prelibato antipasto alla successiva penetrazione. Non era solito venire di bocca, preferiva farsi il culo degli occasionali compagni.

   Una volta raggiunto l'appartamento aveva scopato Leonardo nel culo, godendo quasi subito tanto era l'eccitazione che si portava dietro dopo essersi fatto succhiare il cazzo all'uscita del Ramos, senza però riuscire a venire.
   Nonostante avessero trascorso la notte insieme facendo sesso, godendo ognuno del corpo dell'altro, desiderava possedere il culo di Leonardo un'ultima volta. A cinquant'anni gli capitava raramente di farsi uomini di venti o trent'anni più giovani di lui. Chissà quanto tempo avrebbe dovuto aspettare prima d'incappare in un altro tipo come Leonardo. 
   Dell'occasionale compagno conosceva soltanto il nome: Leonardo. Al pub si erano scambiati poche parole, sufficienti per fare capire a entrambi che desideravano la stessa cosa: scopare.

   Quando Leonardo aveva messo piede al Ramos non era passato inosservato. Difatti, il fisico da palestrato aveva provocato un certo scompiglio ormonale a molti clienti. Tutti l'avevano guardato nello stesso modo con cui si contempla un attore famoso, anzi come un tuffatore che si getta in acqua da una piattaforma di dodici metri di altezza. Addosso portava una maglietta bianca, perfettamente attillata, che gli scolpiva i pettorali conferendogli un aspetto da macho. Abbronzato, con la pelle dorata e i capelli lunghi e ricci, aveva fatto l'ingresso nel locale guardandosi d'intorno con aria di sufficienza. 
   Marco, che come molti dei presenti si era attardato a guardarlo, si era stupito quando l'aveva visto avvicinarsi al proprio tavolo e rivolgergli la parola.
   - Posso sedermi qui? - aveva domandato.
   Senza aspettare una risposta, aveva posato la sacca che portava tracolla su di una sedia e aveva preso posto all'altro capo del tavolo.

   Leonardo fece ritorno in camera dopo essersi intrattenuto nel bagno. Si sedette sul bordo del letto e chinò il capo alla ricerca dei calzini sparsi per il pavimento. 
   Marco gli si avvicinò e gli infilò le braccia sotto le ascelle, poi si aggrappò alla schiena del compagno di letto. 
   Le estremità delle mani cercarono i capezzoli e li pizzicarono ripetutamente. Iniziò a baciarlo sul collo con le labbra umide e gli sussurrò parole galanti. Circuirlo con carezze e baci era l'unico modo che conosceva per convincerlo a fare sesso.
   - Lasciami andare, ti prego. Ho fretta.
   Leonardo infilò i calzini ai piedi e si alzò dal materasso.
   - Un ultimo bacio, dai vieni qua. Per favore. - supplicò Marco.
   Leonardo si girò verso il compagno e posò le labbra su quelle di Marco. Il modo con cui le loro bocche si cercarono era il medesimo della sera precedente quando si erano baciati sul marciapiede all'uscita dal Ramos.
   Le lingue presero ad arrotolarsi come aspidi. Iniziarono a sfregare le guance ruvide di barba l'una contro l'altra furiosamente. Marco insinuò le dita nella chioma di Leonardo e gli stirò i capelli all'indietro. Il suo cazzo era duro, anche quello di Leonardo lo era. Inginocchiati uno di fronte all'altro presero a masturbarsi a vicenda, freneticamente. Seguitarono a baciarsi fino al momento in cui Leonardo si sdraiò sul letto e Marco gli fu sopra.
   Le bocche strinsero fra le labbra il cazzo dell'altro e presero a spompinarsi reciprocamente. Nel fare sesso Marco prediligeva quella posizione: succhiarlo e farselo succhiare era quanto di meglio poteva capitargli.
   Provava piacere nel farsi sborrare in bocca. Con Leonardo stava per accadere ancora una volta da quando si erano conosciuti la sera precedente. Rallentò il movimento delle labbra in modo che il cazzo di Leonardo non gli sborrasse in bocca prima che il suo non avesse raggiunto lo stato di eccitazione che precede l'orgasmo, cosa che non avvenne. 
   Leonardo si liberò del corpo del compagno e si mise carponi sul materasso implorando Marco d'incularlo.
Poco dopo vennero entrambi. 
   Marco raggiunse l'orgasmo per primo, sborrando nel culo del compagno, poi aiutò Leonardo a venire masturbandolo fino all'attimo in cui lo sperma fuoriuscì dall'uretra e fu lesto ad accoglierglielo nella bocca. 
   Leonardo si divincolò e prese a vestirsi in fretta.
   - Te ne vai allora?
   - Sì, vado.
   - Ti rivedrò?
   - Può darsi.
   Leonardo infilò le corde della sacca sulla spalla e si avvicinò all'uscio della camera.
   - L'uscita la conosci, non c'è bisogno che ti accompagni.
   - No, non credo.
   - Arrivederci, allora.
   - Ciao! 
   Leonardo si allontanò dalla stanza. Subito dopo Marco sentì il rumore dell'uscio chiudersi alle spalle del compagno. Si girò da un lato e considerò che la sera successiva non avrebbe avuto nessuno accanto a cui augurare la buonanotte. 

 

 
 

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