A ll'età
di diciotto anni, ottenuta la maturità
scientifica, era mia intenzione
conseguire il diploma d'infermiera
professionale. Ma per realizzare questo
progetto di vita fui costretta a sfidare
la collera dei miei genitori che su di
me avevano riposto altre
ambizioni.
Scegliere la professione d'infermiera
era una aspirazione che avevo coltivato
da bambina allorché avevo scorto mio
fratello, poco più grande di me,
appartarsi con un gruppo di coetanei,
cinque o sei in tutto, dietro la legnaia
della nostra abitazione di campagna e
masturbarsi.
Incuriosita dai loro modi ambigui mi ero
soffermata a osservarli, sottratta alla
loro vista, mentre prendevano posto sul
prato formando un cerchio.
L'impressione che ne ricevetti fu quella
di un rituale magico, tanto appariva
misteriosa la scena ai miei occhi.
Tutt'a un tratto, al comando del leader
del gruppo, un biondino lentigginoso con
una lunga frangia a cadere sugli occhi,
tirarono fuori il pistolino dalla patta
dei pantaloni e iniziarono a menarselo.
Nella
mente porto scolpito il ricordo di
quella scena congiuntamente a pochi
altri accadimenti che hanno segnato la
mia infanzia. Quella, infatti, è stata
la prima scena erotica a cui mi è
capitato d'assistere nel corso della
vita.
Dal
concitato parlare dei ragazzi percepii
che doveva trattarsi di una gara,
infatti, sarebbe risultato vincitore chi
fra loro avrebbe eiaculato per primo sul
prato. Mio fratello era il più giovane
del gruppo di competitori, ciononostante
esibiva un pistolino abbastanza
sviluppato rispetto a quello dei
coetanei. Si aggiudicò la competizione
eiaculando dopo pochi tocchi di mano
sorprendendomi non poco. E provai un po'
d'invidia nei suoi confronti e dei
compagni di gioco. Mi rammaricai di non
possedere anch'io un "coso"
come il loro pendermi fra le cosce. Al
contrario avevo soltanto una piccola
fessura che detestavo perché mi faceva
sentire non all'altezza delle
prestazioni dei maschi.
Mi
sarebbe piaciuto fare la pipì contro le
mura delle case come erano soliti fare i
maschi e gareggiare con mio fratello al
getto di piscia più lungo. Ci provai
più volte, in tutte le posizioni, col
risultato di infradiciarmi di piscia fra
le cosce. Visti inutili tutti i
tentativi mi convinsi che l'unica cosa
che mi era permessa di fare era di
prendermi cura del loro pisello. E'
questa la vera ragione che mi ha spinto
a intraprendere la professione
d'infermiera.
Sono trascorsi molti anni dall'evento
che ha avuto come protagonisti mio
fratello e i suoi amici. Ho trentadue
anni e da dieci svolgo la professione d’infermiera
nell’ospedale della mia città.
Occasioni per fare sesso con gli uomini
non mi mancano, però non ho mai
disdegnato di ricevere apprezzamenti
positivi anche dalle donne. Non sono
lesbica, credo, però provo invidia
verso il pene degli uomini. Madre natura
mi ha dotato di un corpo armonioso che
le mie amiche m’invidiano e gli uomini
apprezzano. Quando mi muovo per strade e
piazze della città, camminando a piedi
oppure in sella alla bicicletta, mi
ritrovo addosso lo sguardo voluttuoso
delle persone che mi circondano. A dire
il vero faccio di tutto per non passare
inosservata, infatti, indosso sempre
gonne corte e sono abile nel mettere in
mostra il tessuto delle mutandine… se
le indosso.
Ho
l’abitudine di mettere t-shirt
superaderenti e scollacciate,
deliziandomi nell'esibire le forme delle
tette perché, nonostante l’età, le
ho ancora belle sode come quando avevo
sedici anni. Strano eh! Ma il vero
patrimonio del mio corpo sono le gambe.
Le ho dritte e ben tornite. Calzo scarpe
con tacchi 12 in ogni occasione della
giornata, a eccezione del posto di
lavoro, ovviamente.
Pur
essendo alta un metro e settantacinque,
dieci centimetri oltre la media delle
donne italiane, non ho complessi di
sorta. Mantengo i capelli, scuri come la
pece, a cadere sulle spalle, ma durante
il turno di lavoro in ospedale li
raccolgo a coda di cavallo e li nascondo
all'interno della cuffia oppure sotto il
velo.
In teoria
non dovrebbe mancarmi niente per essere
felice, eppure non sono soddisfatta
della mia vita, motivo? Mi manca
qualcosa fra le cosce! Qualcosa che
pende. Un cazzo! Ecco di cosa mi
piacerebbe essere dotata. Strano eh!
Gli
uomini a differenza di noi donne sono
creature abbastanza fortunate. Infatti,
se desiderano mutare di sesso possono
farlo abbastanza facilmente, riempiendo
il torace con protesi di silicone, e in
un batter d'occhio gli spuntano le
tette. Allo stesso modo possono
allargare i fianchi e trasformare il
culo a forma di mandolino. Volendo
possono persino farsi asportare
chirurgicamente il pene, supplendo alla
fessura della fica con un brandello
d'intestino. Ma una donna come fa a
diventare uomo? L'unico ripiego è lo
strap-on.
No,
non preoccupatevi, non ho nessuna
intenzione di cambiare sesso. Desidero
rimanere donna, però mi piacerebbe
avere il cazzo, tutto qui. A me gli
uomini piacciono tantissimo e per
nessuna ragione al mondo rinuncerei a
farmi scopare da loro.
Allora vi
chiederete perché mi sto dilungando con
queste disquisizioni. Ebbene quella che
sta per arrivare è una serata
particolare, anzi straordinaria oserei
direi.
Stasera ho un appuntamento galante. Sì,
un convegno d'amore con una donna: la
Giusy. Mi sto preparando a questo
incontro dal momento in cui, in maniera
alquanto impudica, mi ha fatto delle
avance. E' accaduto lunedì scorso,
nello spogliatoio della clinica dove
tutt’e due lavoriamo, e da allora sono
trascorsi tre giorni.
Eravamo
impegnate a cambiarci d'abito, prima d’indossare
la divisa da infermiera, quando,
fingendo di perdere l'equilibrio, mi è
venuta addosso e con una certa
disinvoltura ha posato una mano sopra un
mio seno.
- Cavoli!
Hai delle tette davvero sode! - ha
esclamato, evitando di scostare le dita
da lì.
Subito
dopo mi ha afferrato una mano e l'ha
accompagnata verso le sue tette.
- Tocca
le mie, che te ne pare?
Al
contatto con le sue sporgenze anatomiche
giuro che un lungo brivido ha percorso
per intero il mio corpo. Mi sono trovata
fra le dita una tetta e ne ho colto il
capezzolo tumido. Ho lasciato che mi
guidasse a toccare anche l'altra tetta
senza levare la mano dalla sua.
Accostata
a me, con indosso le sole mutandine e il
reggiseno in pizzo nero, Giusy mi è
apparsa bella come poche altre volte
l'avevo notata. Il viso, già di per sé
grazioso, era addolcito da un sobrio
trucco. Le labbra, carnose quanto basta,
erano messe in bella evidenza dalla
presenza di un lucidalabbra rosso
estintore.
Giusy è
stata lesta nel fare scivolare le labbra
sulle mie predandomi di un tenero bacio.
Un rumore alle nostre spalle mi ha
convinta a ritrarmi dalla sua persona.
Alcune
colleghe hanno fatto capolino
all'ingresso dello spogliatoio e ho
ripreso a vestirmi, seppure turbata da
quanto era accaduto. Dopo quel bacio non
le ho più rivolto la parola fintanto
che, allontanandosi dallo spogliatoio,
mi ha salutato.
- Ci
vediamo giovedì sera! Saremo di turno
insieme. Avremo modo di riprendere il
discorso dove l'abbiamo interrotto. Sei
d’accordo?
Ho chinato il capo in segno d'assenso e
ho proseguito a vestirmi, poco dopo ho
abbandonato anch’io lo spogliatoio.
Sono trascorsi tre giorni e tre notti
dal momento in cui Giusy ha messo in
atto quell’avance. Stasera sarò di
nuovo in turno di lavoro con lei, ma non
so che atteggiamento manterrò in sua
presenza. Che
stupida sono stata a lasciare che mi
palpasse i seni in quel modo
sconveniente. Perché l'ho fatto? Come
è potuto accadere?
E'
vero! Provo una strana attrazione verso
di lei, ma è una sensazione spuria,
indefinibile. Prima di toccarle le tette
non avevo mai avuto contatti sessuali
con altre donne, nemmeno da ragazzina.
Ma un conto è godere dell'attenzione e
degli sguardi di una femmina, tutt'altra
cosa è farci l'amore.
Perché ho lasciato credere a Giusy che
avrei accettato le sue avance?
Timidezza? Curiosità? Oppure molto più
semplicemente una pazza voglia di
provare qualcosa di diverso? E perché
proprio con Giusy? Forse perché è una
gran fica! E' strano che sia io a dirlo,
no?
A lei va senz’altro il merito di
essere riuscita a sdoganare la mia parte
maschile. Eppure non sono lesbica,
credo! Sono consapevole d'essermi
comportata in maniera goffa, mostrandomi
impacciata, invece avrei dovuto
ribellarmi evitando di rimanere passiva
di fronte alle sue avance. Cazzo! Non so
nemmeno da che parte si comincia a fare
l'amore con una donna. Eppure ho la
consapevolezza del profondo turbamento
che Giusy ha saputo trasmettermi quando
ha posato la mano sul mio seno.
Una cosa però l'ho fatta! Assurda, ma
l'ho fatta. Me l'ha suggerita un medico
radiologo quando, tempo fa, ho prestato
servizio nel servizio di radiologia
della clinica in cui lavoro. In quella
occasione mi ha fatto dono di una
polverina fluorescente, credo sia
tungstato di calcio. La sostanza ha la
proprietà, se colpita da radiazioni
anche invisibili come i raggi X oppure
gli ultravioletti, di emettere una luce
azzurrina. E' su questo principio che
vengono impressionate le pellicole
radiografiche. Stasera, prima di
raggiungere il posto di lavoro, ho
provveduto a eseguire la ceretta alle
gambe. Dovevo farlo, no? Poi ho
eliminato i peli superflui radendomi
tutt'attorno alla fica e su quelli
rimasti ho cosparso un po’ di quella
polvere invisibile. Non so dire cosa mi
abbia spinto a farlo: forse dipenderà
dal fatto che sono afflitta dal
complesso della mancanza del pene, così
ho voluto rendere la mia fichetta
interessante agli occhi di un'amante
donna. Scherzi della mia inesperienza,
probabilmente.
Raggiungo l'ospedale alla guida della
mia Fiat Panda poco prima dello scoccare
delle 10.00. Lo spogliatoio è un
inferno, gente che va e gente che viene,
succede ogni sabato sera. Le ragazze che
da poco hanno terminato il turno di
lavoro si vestono in fretta mescolandosi
a chi come la sottoscritta sta per
prendere servizio. C'è pure Giusy,
naturalmente, e non posso fare a meno di
guardarla mentre si libera degli abiti
per rimanere con indosso un intimo
semitrasparente in pizzo nero. E'
bellissima! Mentre le passo vicino mi
sfiora con le labbra il viso lasciandomi
una striscia di saliva sulla guancia.
-
Ci vediamo più tardi. Alle quattro
precise in sala operatoria. - sussurra
al mio orecchio fulminandomi con un
velato sorriso.
Dopo avere etichettato le provette per i
prelievi di sangue che eseguirò ai
pazienti al mattino mi metto a leggere
delle riviste di moda. A cadenza
regolare eseguo delle brevi visite nelle
camere dove sono ospiti i degenti
affidati alle mie cure per verificare
che riposino tranquillamente. Poco prima
delle quattro mi dirigo verso la sala
operatoria ubicata a metà del corridoio
fra le sezioni dei ricoverati maschi e
femmine.
La
sala operatoria è illuminata da una
luce a raggi ultravioletti di colore
azzurro che serve a mantenere asettico
l'ambiente. Ho il cuore in subbuglio. Il
battito cardiaco è assai frequente per
l'eccessiva eccitazione che ho addosso.
L'istante in cui sarò di fronte a Giusy
sta per arrivare. Sono divorata dalla
paura, ma soprattutto da una curiosità
lasciva che si fa sempre più forte. Mi
rendo conto che l'idea dei preliminari
m'imbarazza da morire. Non ho alcuna
forza ispiratrice, né punti di
riferimento, e mi ritrovo a non sapere
cosa fare. Come dovrò comportarmi
quando entrerà? La saluto e le do un
bacio? Oppure le metto subito le mani
addosso? Mi spoglio o aspetto che sia
lei a spogliarsi per prima? Uffa, ma che
ne so!
Per uscire dall'impasse dei miei
pensieri inizio a svestirmi. Mentre levo
gli indumenti di dosso mi accorgo che
insieme alla stoffa della divisa sembra
andarsene tutto il mio (poco per la
verità) pudore. Una volta nuda levo
dalla tasca del camice la boccetta
d'Organza di Givenchy che mi sono
portata appresso. Spruzzo il profumo su
tutto il corpo, dopodiché,
completamente nuda, mi corico sul tavolo
operatorio. Divarico le cosce e appoggio
l’incavo in corrispondenza delle
ginocchia sugli alzagambe a uso
ginecologico, incurante della impudica
postura. In questa strana posizione, col
capo sopraelevato, posso guardare la
rada peluria della mia passera che,
grazie alla polvere di tungstato di
calcio, illuminata dai raggi
ultravioletti della sala operatoria,
brilla di colore azzurro. Non so che
dire: così combinata mi piaccio da dio!
Sono eccitata, il respiro mi si è fatto
affannoso, e oso sperare che nessuno
venga a importunarci durante questa
straordinaria nottata. Non è un caso
che Giusy mi abbia dato appuntamento in
questo posto remoto, penso.
La porta dell'antisala si apre. Il
rumore di passi si fa più vicino. Giusy
mi appare in tutta la sua straordinaria
bellezza di donna mediterranea. Anche
lei è nuda; deve essersi spogliata
nell'antisala prima di accedere qui. Il
suo corpo è una visione divina. Le
tette che avevo intravisto di sfuggita,
pochi giorni addietro nello spogliatoio,
si ergono come piramidi nel suo corpo
colore dell'alabastro. Il velo bianco
che indossa sopra il capo le scende
sulle spalle fino a sfiorare i capezzoli
che percepisco eretti come i miei.
Ho la passera bagnata d'umore.
Istintivamente con la punta della lingua
inizio a leccarmi il bordo della bocca.
Giusy si avvicina e con naturalezza
china il viso sul mio pube. Inizia a
sfiorarmi la vagina con la lingua e
bacia ripetutamente le grandi labbra che
debbono apparirle invitanti dal momento
che ho le cosce divaricate.
Senz’altro avrà fatto colpo su di lei
il colore azzurro dei peli del mio pube.
- Che idea geniale ho avuto a utilizzare
il tungstato di calcio!
Le sue mani scorrono discrete sulle mie
gambe e risalgono fino alle cosce. I
movimenti lenti si replicano identici,
poi con la lingua si sofferma a leccarmi
la pianta dei piedi, solleticandoli,
insinuandosi negli interstizi,
succhiando le dita una dopo l'altra.
La vagina mi si contrae con
impercettibili spasmi. Giusy inizia a
leccarmi anche l'altro piede. Alla
seconda contrazione non riesco a
contenermi ed esplodo in un primo lungo
orgasmo.
Mugolo come una donna pazza di piacere e
godo... godo!
Giusy risale con la lingua le mie cosce
fino alla passera e inizia a leccarmela
intorno alle grandi labbra e le morde
ripetutamente. Fa qualche incursione con
la punta della lingua all'interno della
vagina. Tutt'a un tratto sembra avere un
ripensamento. Solleva la testa e
avvicina la bocca alla mia. Le sue
labbra in quanto a morbidezza non hanno
nulla da invidiare all'intimità della
sua fichetta che da quella posizione
riesco a sfiorare con le dita.
Giusy continua a leccarmi la bocca
cercando e trovando la punta della mia
lingua che mi adopero a incrociare con
la sua. S'impadronisce delle mie tette
gonfie all’inverosimile e le strizza
solleticandomi i capezzoli. Vinco la mia
ritrosia fisica e inizio anch'io a darmi
da fare sospingendo la bocca sul suo
clitoride. Lo scappuccio e inizio a
succhiarlo. Debbo essere molto brava a
spremerlo perché la reazione di Giusy
non si fa attendere. Il suo corpo inizia
a tremare. E' lei adesso a urlare di
piacere come una forsennata. Ci
ritroviamo sdraiate sul pavimento della
sala operatoria con le guance affondate
fra le cosce dell'altra riempiendo di
piacere le nostre bocche.
Le sue labbra esperte mi succhiano il
clitoride con le stesse movenze con cui
sono abituata a succhiare il cazzo a un
uomo. Gli orgasmi si susseguono a
grappoli uno dopo l'altro nello spazio
di pochi minuti. Veniamo entrambe
appagate da tanto piacere.
Liberata da ogni residua inibizione
provo un irresistibile desiderio di
farla mia. Accarezzo le sue tette, sode
e di misura più consistente delle mie,
stordita da sensazioni spurie del tutto
nuove per me. Una sorta d'istinto
primitivo sembra guidare la mia azione.
Incomincio a leccarle le tette
tutt'intorno l'areola dei capezzoli
procurandole un sommo piacere. Oramai
sto assumendo una parte sempre più
attiva. Giusy sta fremendo di piacere
conquistata dai miei baci. Le nostre
lingue s'incrociano nelle bocche
titillandosi a vicenda.
L'inconsueto ruolo dominante mi eccita
in modo strano. Mi sento struggere dal
desiderio di penetrare la sua intimità
e possederla al più presto.
M'inginocchio ai suoi piedi e, dopo
averle allargato le gambe, prendo a
succhiarle ancora una volta il
clitoride. Un istinto sconosciuto mi
guida prepotente. La mia lingua scivola
nell'intimità del suo corpo. Con la
punta le stimolo il clitoride che
avverto essere più rigido e sviluppato
del mio. Succhio la sommità e subito
dopo vado alla radice, vado avanti a
succhiare fino a scomparire nei suoi
recessi mentre con due dita le penetro
la fica e la scopo.
Quello che le provoco è un duplice
orgasmo clitorideo e vaginale. Godo nel
sentirla urlare e fremere di piacere. Ho
la sensazione di avere fra le labbra un
immenso potere con cui mi è dato di
distribuire amore e piacere.
Giusy incrocia le gambe fra le mie e
inizia a sfregare il clitoride sulla mia
fichetta. Le nostre clitoridi ritte e
turgide prendono a strofinarsi. Sono
conscia che ha preso il sopravvento
sulla mia persona e sta per condurmi a
una danza a me sconosciuta. Liberata da
ogni ombra di ritegno non so per quanto
tempo riuscirò a portare avanti
quest'estasi erotica. Sto per
addentrarmi in un nuovo e inusuale
piacere quando il rumore di un
campanello che trilla con insistenza in
lontananza viene a interrompere il
nostro idilliaco incontro.
Un
paziente sta male. Qualcuno ha bisogno
d'aiuto, penso. In un attimo sono in
piedi. Afferro il grembiule, indosso il
camice, e mi rivesto. Nella fretta
ripongo nella tasca le mutande e il
reggiseno evitando d'indossarli. Non
abbiamo il tempo di salutarci e tutte e
due facciamo ritorno nel rispettivo
reparto.
Stanotte ho vissuto una esperienza
fantastica, anche se mi viene da pensare
che a renderla esaltante abbia
contribuito, non poco, la polverina che
ho depositato sul pube. E' stata lei a
farmi andare giù di testa, ne sono
certa. Che fosse proprio una polvere
magica? Direi proprio di sì, perché
ora che l'effetto sta per cessare inizio
a vedere le cose con occhi diversi. La
verità è che il cazzo è ben altra
cosa, niente può surrogarlo. Se non
sono nata maschio poco importa, sono
nata Farfallina e proseguirò a posarmi
là dove mi porta il cuore.
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