90 CENTIMETRI
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

     Sulla tastiera del cellulare digito il numero della centrale operativa dell'ospedale. Pochi squilli e una voce femminile mi dà risposta all'altro capo del telefono.
   - Ospedale... desidera?
   - Mi scusi signorina, è possibile avere notizie di un paziente di nome Giulio Ferrari? Si è procurato una lesione traumatica a un ginocchio durante una partita di pallone e vorrei sapere se è ancora ricoverato.
   - Le passo il reparto di ortopedia, rimanga in linea.
   Resto favorevolmente sorpreso dal caldo tono di voce della centralinista, molto diversa da quello cantilenante delle telefoniste delle aziende con cui quotidianamente ho rapporti di lavoro. 
   Assorto nei miei pensieri, e dalla musichetta della messa in attesa, sono riportato alla realtà da una voce maschile all'altro capo del telefono a cui rivolgo la medesima domanda che ho fatto alla centralinista.
   - Mi spiace, ma in questo reparto non abbiamo ricoverato nessun Giulio Ferrari, chieda alla centralinista di passarle il Pronto Soccorso, loro potranno esserle d'aiuto.
   Digito ancora una volta il numero del centralino dell'ospedale. La voce femminile che dà risposta è la stessa con cui ho interloquito in precedenza.
   - Ospedale...
   - Signorina può verificare se il signor Giulio Ferrari è nella lista dei ricoverati? Poc'anzi ho parlato con un infermiere della clinica ortopedica che mi ha suggerito di verificare se ha fatto il suo ingresso al Pronto Soccorso.
   - Se ha pazienza e rimane in linea, mentre do risposta alle altre telefonate, controllo sul terminale del computer se è ricoverato.
   - La ringrazio tantissimo. Rimango in linea mentre la solita musichetta fa da sottofondo agli interminabili momenti d'attesa.
   - Ho controllato. - interviene la centralinista. - La persona che lei sta cercando è stata dimessa.
   - Meglio così. - rispondo, desideroso di non lasciarmi sfuggire l'occasione di approfondire la conoscenza con chi è all'altro capo del telefono.
   - Mi scusi se insisto, ma volevo congratularmi con lei per il modo carino con cui svolge il proprio lavoro. Non è cosa da poco, specie di questi tempi, incappare in persone gentili come lei. Mi farebbe piacere conoscerla di persona se ne avessi la possibilità. Perché non usciamo insieme stasera? Potremmo andare mangiare una pizza e poi recarci in discoteca.
   - Perché no. - risponde di getto, sorprendendomi non poco. - Cesso il servizio alle otto e mezza. Se passi a prendermi potremmo trascorrere una piacevole serata in compagnia.
   - Alle otto e mezza sarò lì. A proposito... il mio nome è Fabio.
   - Quando ti presenti alla portineria dell'ospedale devi dire che vieni da me. I custodi mi conoscono, tutte le sere c'è qualcuno che mi riporta a casa. Mi chiamo Milena, ma qui tutti mi chiamano Milly. Beh, ora ti saluto, ho un paio di telefonate in attesa, ciao! Ci vediamo stasera.
   La telefonata s'interrompe. Non sto più nella pelle. Una giornata che pareva nata sotto cattivi auspici promette di concludersi con una nottata di sesso.

   Alle 20.30 mi presento davanti alla portineria dell'ospedale alla guida del mio Bmw. I custodi mi indicano dove è ubicato il centralino telefonico. Percorro un breve viale e mi ritrovo davanti a un piccolo edificio. Sulla porta c'è piazzata una targa: "Azienda Ospedaliera Centrale Telefonica". Scendo dall'auto e mi precipito alla porta. Busso.
   - Avanti, è aperto. - dà risposta una voce femminile.
   Giro la maniglia ed entro.
   - Ciao! Ancora un minuto e sono pronta.
   Ciò che i miei occhi vedono mi lascia impietrito. Davanti ho una ragazza di una trentina d'anni alta non più di novanta centimetri. Milly è una nana.
   - Andiamo? Io sono pronta.
   Scende dal seggiolino e mi viene incontro intenzionata a scambiare dei convenevoli baci sulle guance. Fletto le ginocchia e contraccambio il gesto.
   Da com'era iniziata la giornata dovevo immaginarlo che sarebbe finita male. Che il personale addetto a questo tipo di attività sia affetto da qualche menomazione fisica lo dovevo mettere in conto. Adesso dove la conduco questa donna? Devo inventarmi una scusa plausibile e rinunciare a portarla in giro. Ora capisco perché c'è sempre qualcuno che viene a prenderla per accompagnarla a casa ogni sera. I suoi genitori, magari!
   Milly mi prende per mano e insieme ci avviamo verso l’automobile. 
   - Hai deciso dove condurmi a mangiare la pizza? - mi chiede appena ha preso posto sul sedile della vettura accanto a me. 
   - Veramente non ho molta fame, ma conosco un posto isolato in campagna dove spacciano una ottima pizza. 
   - Perché non andiamo in qualche pizzeria del centro. Al "Cannone" ci vanno tutti i giovani della città. Andiamo lì, dai, e poi non ci sono mai stata.
   D'improvviso mi sento crollare il mondo addosso. E' lì che il sabato sera sono soliti recarsi a cena molti dei miei amici. Ci farò una figura di merda se mi presento in compagnia con questa tizia qui.
   - Dai, metti in moto, abbiamo tutta la notte davanti a noi. - strilla depositando la mano sulla mia che tengo appiccicata al volante.
   Raggiungiamo il centro della città in pochi minuti. Giro attorno l'isolato dove è situata la pizzeria e mi metto alla ricerca di un posto dove parcheggiare l'automobile. Lo trovo in un viottolo poco distante dal locale. 
   A piedi, con Milly al fianco, m'incammino verso il ristorante. A chi ci guarda dobbiamo sembrare una coppia male assortita. Io alto un metro e ottanta, lei novanta centimetri.
   La sua andatura è caracollante a causa delle gambe arcuate e i tacchi alti. In compenso ha un viso dolcissimo. Dal modo in cui parla sembra dotata di una intelligenza fuori dal comune.
   La conversazione a tavola non languisce, soprattutto per merito suo. Per quanto mi riguarda non desidero altro che la giornata termini al più presto.

   La serata in pizzeria trascorre in modo piacevole. Per fortuna nessuno dei miei amici è presente nel locale. Beati loro! Sicuramente avranno trovato qualcosa di meglio da fare piuttosto che trascorrere la serata in compagnia di una nana.
   - Ora che abbiamo terminato di cenare perché non andiamo a fare quattro salti in discoteca?
   Il vino bianco che sto sorseggiando mi va di traverso. Emetto alcuni colpi di tosse prima di risponderle, ma lei insiste.
   - Sì, dai, andiamo a "L'Altro Mondo", c'è sempre un casino di gente lì. - afferma sorridendo.
   - Ma... veramente è tardi.
   - Tardi? Ma, sono appena le undici. Domani è domenica, e avremo a disposizione tutto il tempo necessario per riposare.
   Non sono in grado di oppormi. Milly si avvia verso l'uscita del ristorante. Pago il conto e la raggiungo.

   La discoteca dista pochi chilometri dalla città. Impieghiamo una ventina di minuti per arrivarci e altrettanti per trovare un posto dove parcheggiare l'autovettura. Una baraonda di ragazzi e ragazze da sfogo alla gioia di vivere muovendosi sulla pista da ballo al suono di una musica sudamericana. Il buio e la confusione mi sono di aiuto e mi consentono di nascondermi alla vista di eventuali conoscenti. Milly è scatenata. Non vuole saperne di starsene seduta al tavolino ad ascoltare la musica. Afferra la mia mano e mi trascina sulla pista da ballo.

   Sono le tre di notte quando usciamo dalla discoteca.
   - Ora ti riporto a casa. - le dico.
   - Si, grazie. Ti assicuro che non dimenticherò mai questa serata, è stata molto importante per me. 
   Il tragitto sulla strada di ritorno sembra più corto di quello dell'andata. 
   - Ecco, abito lì. - dice, quando raggiungo Via De Gasperi. - Parcheggia all'ombra di due platani.
   A quest'ora della notte non c'è anima viva in giro. Qualche rara autovettura transita per la via e scuote il silenzio di una città semiaddormentata.
   - Questa sera mi hai fatto il regalo più bello della mia vita. Vorrei ricambiare in qualche modo la tua cortesia.
   Per nulla imbarazzata si libera della gonna e subito dopo della camicetta. Senza che possa fermarla s'inginocchia nello spazio sotto il volante e prende posto fra le mie gambe. Colto di sorpresa non so che fare. Lei è più veloce del mio stupore, abbassa la lampo dei miei pantaloni e mi estrae il cazzo.
   Le sue piccole mani iniziarono a masturbarmi.
   - No! Ma cosa fai, cosa ti viene in mente. - dico, cercando di allontanarla.
   - Ti voglio fare godere! E' l'unica maniera che conosco per ringraziarti.
   Le sapienti movenze delle sue dita inturgidiscono il cazzo che si erge diritto fra le mie cosce. Non oppongo alcuna resistenza e la lascio che prosegua nell'opera che ha iniziato. Dall'angolo della bocca le scendono gocce di saliva come se fosse in procinto di assaporare il suo dolce preferito. E' scatenata. Prima di stasera non avevo mai visto una donna in quello stato. Con una mano inizia a massaggiarmi i testicoli, mentre con l'altra continua a menarmi il cazzo fino a farmi male, infine decide di sputare un grumo di saliva sulla cappella.
   La mano scorre sul cazzo con molta naturalezza. Nessun'altra donna prima di lei mi ha fatto una sega in questo modo. Solleva il capo e mi guarda in viso, poi affonda di nuovo la bocca sulla cappella.
   Mi scopro a fantasticare sulle sue labbra così soffici da fare invidia alla morbidezza di una fica. Lei continua a farmi godere accarezzandomi a turno i testicoli e il cazzo. Lo sfregare della cappella sulla superficie delle sue labbra mi dona attimi d'irrefrenabile piacere. Le gambe iniziano a tremarmi a ogni penetrazione. Sborro irrigidendomi in tutto il corpo, trascinando anche lei in un vortice di piacere.
   Milly non vuole ingoiare lo sperma, cerca di trattenere il liquido in una mano ma le fuoriesce fra le dita. La osservo divertito durante questa manovra. Prendo dal cruscotto un paio di fazzoletti di carta e glieli porgo. Milly risale dalla scomoda posizione sotto il volante e torna a sedersi al mio fianco. La luce dei lampioni illumina il suo corpo candido e i seni minuti su cui spiccano le areole dei capezzoli appuntiti.
   - Ti è piaciuto? - mi chiede.
   - Sì molto, e a te?
   - Anche a me. - risponde.
   Premo il pulsante che comanda i sedili ribaltabili e li abbasso. I nostri corpi vengono a trovarsi l'uno di fianco all'altro.
   Il cazzo mi si arrapa ancora una volta. La prendo per i fianchi e la pongo a cavallo sul mio bacino. Afferra il cazzo e se lo infila nella fica inarcandosi all'indietro con la schiena per facilitare la penetrazione.
   Eccitato come sono vengo dopo pochi colpi. Non ho neanche il tempo di estrarlo e le sborro nella vagina.

* * * * *


   E' trascorso un anno da quella sera. Dopo d'allora non ho più rivisto Milly. Sto correndo nei viali del parco Garibaldi vestito in tenuta da jogging quando mi sento chiamare da una voce in lontananza.
   - Ehi! Fabio. Non mi riconosci? Sono io, Milly. Non ti ricordi di me?
   Ho completamente cancellato dalla mente Milly e la serata trascorsa in sua compagnia. Colto di sorpresa non posso fingere di non conoscerla.
   - Ciao! Come va? Vedo che sei in buona compagnia. - dico.
   Milly muove avanti e indietro una carrozzina mentre se ne sta seduta su di una panchina.
   - Hai visto che bella sorpresa, sono diventata mamma!
   - Complimenti. Beh, ho fretta, devo andare a lavorare. Ciao! Spero di rivederti ancora.
   Mi allontano e riprendo la corsa. Quando sono a una decina di metri da Milly mi sento chiamare ancora una volta. Mi giro.
   - A proposito ti farà piacere sapere che l'ho chiamato Fabio, come te.
   Sorrido e continuo nella mia corsa. In fondo mi fa piacere che quel bel bambino dalla pelle nera abbia il mio stesso nome.

 

 

 
 

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