PRONTO SOCCORSO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

    Il trillo del telefono rompe il silenzio che a quest'ora della notte governa la corsia della clinica dove sono di turno. Metto da parte le pagine patinate di Novella 2000 che stavo leggendo e avvicino il ricevitore dell'apparecchio telefonico all'orecchio.
   - Pronto. – do risposta con voce assonnata.
   - Chiamo dal Pronto Soccorso. Sono il dottor Godetti. - sono le parole pronunciate da una voce maschile all'altro capo del telefono. – Abbiamo una urgenza di tipo urologico che vorrei trasferire nel vostro reparto. Avete disponibilità di letti?
   - Sì, due. - mi faccio garante.
   - Bene, allora i portantini condurranno un paziente nel vostro reparto.
   La comunicazione s'interrompe senza che il medico del Pronto Soccorso si prodighi nel comunicarmi altre informazioni sul tipo di patologia di cui è affetto l’uomo.

   Nella clinica urologica dove presto servizio da un paio di anni come infermiera confluiscono sempre più spesso, perlomeno rispetto al passato, donne e uomini affetti da patologie indotte da pratiche sessuali devianti. Di recente sono stata testimone di un caso in cui un uomo, alla ricerca di un piacere solitario, si è presentato in clinica con infilato nell'uretra del filo elettrico, piuttosto sottile, raggomitolato nella vescica. Superando non poche difficoltà il chirurgo endoscopista è riuscito a estrarlo senza ledere le pareti dell’uretra.
   La settimana scorsa è giunto in reparto, ricoverato d'urgenza, un uomo con il pene scorticato. Una porta sospinta dal vento gli aveva spiaccicato il pene contro lo stipite mentre girava nudo dentro casa. La versione favoleggiata dal paziente era in palese contrasto con i danni al pene. Dopo gli accertamenti del caso si è appurato che le lesioni erano state provate da morsi di animale, probabilmente un cane: il suo.
   Alla luce delle numerose vicende nefaste di cui sono stata spettatrice, svolgendo il lavoro da infermiera, mi sento a disagio ogni volta che mi appresto a ricevere in reparto pazienti ricoverati d'urgenza, specie di notte, quando sono l'unica infermiera in servizio.

   Due portantini piuttosto anziani fanno capolino dalla porta dell'ascensore. Spingono una barella e vengono nella mia direzione. Il viso dell'uomo disteso sulla lettiga è marcato dalla sofferenza. Faccio cenno ai due portantini di seguirmi appresso e li conduco nell'ambulatorio riservato alle emergenze. Sopraggiunge il medico di guardia, che nel frattempo ho provveduto a tirare giù dal letto, e legge il foglio d'accompagnamento rilasciato dal medico del Pronto Soccorso, poi si rivolge a me.
   - E' un caso di priapismo!
   Mentre i portantini si allontanano mi metto a spogliare il paziente levandogli gli indumenti che ha addosso coadiuvata dal medico. Ogni nostro movimento è accompagnato da gemiti di sofferenza da parte del paziente. Impieghiamo un po' di tempo per liberarlo dai vestiti. Quello che appare ai nostri occhi, quando gli abbassiamo le mutande, non è un bello spettacolo. Il pene, di dimensioni superiori ai 15 cm, si erge dritto come un birillo fra le cosce. Il colorito è bluastro per il persistere di sangue venoso nei corpi cavernosi. Il tessuto ematico, non riuscendo a defluire normalmente nel circolo venoso, gli ha causato la tumefazione dell'organo sessuale e provoca all’uomo un dolore indicibile.
   - Mi spieghi, con calma, cosa le è accaduto. - chiede il medico.
   Intimorito dall'inusuale situazione in cui si è venuto a trovare l'uomo inizia a raccontare la sua storia.
   - Dottore anche lei è un uomo e può capire come accadono certe cose. Stavo facendo l'amore e avevo il pene turgido come mi è accaduto rare altre volte, ma non riuscivo a eiaculare. Ho seguitato a cavalcare la donna con cui mi ero appartato nonostante lo strano dolore che avvertivo al pene, senza riuscire a svuotarmi. Spossato ho provveduto a estrarlo dalla vagina e solo allora ho notato il colorito bluastro. Ho lasciato trascorrere un po' di tempo confidando che da lì a poco si sarebbe sgonfiato, ma non è accaduto. E il dolore aumentava. Allora ho deciso di recarmi al Pronto Soccorso. Cos'altro avrei potuto fare? 
   - Ha fatto uso di sostanze eccitanti?
   - Beh, un'ora prima del rapporto sessuale ho assunto alcune compresse di Viagra.
   - Quante? Molte? Lo sa che esistono dosaggi diversificati da 25-50-100 mg. Una dose massiccia potrebbe dare origine a gravi disturbi alla salute per chi le ingerisce.
   - Credo di averne ingerito tre compresse da 100 mg. Ci tenevo a fare bella figura con la donna con cui mi sono accompagnato.
   L'uomo mostra d'avere una quarantina d'anni. Ha i capelli brizzolati, specie sulle tempie, e le basette lunghe. Gli abiti accartocciati ai piedi del letto sono di foggia elegante. Il viso spigoloso e asciutto si coniuga alla perfezione con il resto del corpo muscoloso e all'apparenza agile. Distratta dai miei pensieri sono riportata alla realtà dalle parole del medico.
   - Si rende conto che ha ingerito una dose eccessiva e pericolosa di un farmaco? I danni biologici avrebbero potuto essere ben più gravi, ma chi glielo ha fatto fare?
   Il paziente resta muto. Una lacrima gli riga la guancia. Gira il capo sul cuscino per nascondere il volto rigato dal pianto.
   - Lo mettiamo a letto. - Ordina il medico volgendo lo sguardo nella mia direzione. - Possibilmente in una camera singola. Somministragli 10 gocce di Contramal ogni 12 ore. Inoltre fagli un impacco con della pomata di Voltaren tutt'attorno al pene. Fai attenzione a non depositarne troppo sul glande. La mucosa è sottile e delicata, il farmaco potrebbe provocargli delle irritazioni. Ah, mettigli anche una borsa di ghiaccio sulla parte dolente. Domani il primario deciderà cosa è meglio fare per lui.
   Mi adopero nel fare indossare al paziente un camice di carta e lo trasferisco sulla barella, dopodiché lo conduco in camera.
   Una volta trasferito a letto per evitare che il pene venga a contatto con le lenzuola inserisco un archetto metallico a livello del bacino in modo che l'uomo sia libero nei movimenti. Avvolgo attorno al pene alcune garze impregnate di una pomata di Voltaren e deposito la borsa di ghiaccio sopra il pube. Prima di andarmene mi viene spontaneo porgergli un bacio sulla guancia.
   Sto per uscire dalla camera e mi sento chiamare.
   - Lei è un angelo.
   - No. Mi chiamo Erika, ma qui tutti mi chiamano Farfallina, mi chiami così anche lei. Arrivederci e buonanotte. 

                                          * * *

   Ritorno in clinica a distanza di due giorni dalla notte in cui è stato ricoverato il soggetto affetto da priapismo. Ho goduto del riposo settimanale e riprendo il turno in corsia.
   - Tutto bene? - chiedo a Sandra che scorgo seduta dinanzi al tavolo della guardiola. - A proposito, come sta il paziente affetto da priapismo?
   - Purtroppo non sta bene. Ha un dolore atroce lì. Lo costaterai di persona quando andrai a medicarlo.
   Scambio le consegne con le mie colleghe e le saluto, dopodiché passo a setaccio tutte le camere del reparto per verificare che i pazienti non abbiano problemi di sorta.
   - Come sta signor Cervetti? - dico quando metto piede nella stanza dell'uomo affetto da priapismo che alcune notti addietro ho accolto in reparto.
   Il viso del paziente non è dei più distesi. Se al momento del ricovero aveva tutta l'aria di essere preoccupato adesso è persino terrorizzato. Le lacrime gli scendono copiose sul volto e disegnano rivoli gemmati sulle guance. La scena mi commuove. Mi siedo al bordo del letto e gli accarezzo il viso asportando le lacrime con le dita della mano.
   - Sono contento che lei sia tornata. Sto male, molto male.
   - Le cambio la medicazione e vedrà che starà meglio.
   Scopro il lenzuolo e tolgo l'archetto metallico messo lì per evitare che il pene venga a contatto con il tessuto della coperta. Asporto le garze della medicazione con cautela. Il pene appare di un colorito ancora più violaceo rispetto a quando l'ho visto l'ultima volta. Sostituisco le garze con difficoltà, provocandogli anche dolore.
   - Signor Cervetti, non deve preoccuparsi. Ho letto nel diario delle consegne che domani mattina la sottoporranno a un piccolo intervento chirurgico. Lo farà in anestesia locale e non sentirà alcun dolore, dopodiché tornerà a essere come prima.
   - Dice così perché vuole sollevarmi nel morale, ma so bene che non sarò più lo stesso.
   - Di certo non potrà sostenere la stessa attività che l'abuso del Viagra le consentiva, ma ritornerà a essere una persona normale, glielo assicuro. Ho già assistito alla guarigione di pazienti con patologie analoghe alla sua.
   - Lei è molto dolce, ma come posso crederle.
   - Deve avere fiducia, vedrà che la situazione si risolverà per il meglio. La saluto, auguri per domani. Ciao! Ciao!
   Stampo un bacio sulla fronte dell'uomo ed esco dalla camera.

* * *

   Oramai sono trascorsi dieci giorni dall'intervento chirurgico che ha rimosso l'ostruzione meccanica che impediva ai corpi cavernosi del pene del signor Cervetti di tornare alla normalità. Il rapporto d'amicizia che intrattengo con il paziente si è fatto più confidenziale. Ogni volta che ho un po' di tempo libero mi reco nella sua stanza e scambio qualche chiacchiera con lui. Sfogliando il diario delle consegne apprendo che le sue dimissioni sono prossime.

   - Allora ci siamo, eh! E' arrivato il gran giorno, domani farai ritorno a casa, sei felice, no?
   Roberto, questo è il suo nome, è supino sul letto e mi guarda con degli occhi lucidi. Non sono più abituata a vederlo triste. Tutt'a un tratto inizia a piangere come un bambino. 
   - Sono un fallito, ecco quello che sono. Non riuscirò mai più ad avere rapporti sessuali con una donna, lo so.
   Presa da sentimenti materni mi siedo al lato del letto e inizio ad accarezzargli il dorso della mano che tiene stesa sopra il copriletto. Gliela sollevo e avvicino la guancia alle sue dita, poi inizio a sfiorarle con le labbra e le inondo di baci. Ostinata afferro l'elastico dei pantaloni del pigiama e glieli abbasso facendoli scivolare sino ai suoi piedi.
   Ha gambe pelose come piacciono a me. Mi getto a capofitto con la bocca fra le sue cosce. Stuzzico la sua virilità con dei morsi alla radice dei peli. Il gonfiore sotto gli slip non mi trova impreparata. Mi alzo in piedi e con disinvoltura gli abbasso il tessuto delle mutande sino alle ginocchia. L'uccello che solo pochi giorni prima mi aveva impressionato nella sua deformità adesso mi appare pieno di grazia. Mi fermo e osservo le forme di colorito bruno e immacolato che lo caratterizza. L'intervento chirurgico lo ha rimesso a nuovo. La mia bocca, piena di saliva, anela ad assaporare il rotolo di carne che mi sta davanti. Inizio a strofinare le dita sullo scroto e ne soppeso la consistenza.
   D'impulso incomincio a leccargli le palle, poi senza fretta risalgo alla radice dell'uccello e proseguo fino alla cappella. Ad ogni leccata il corpo di Roberto vibra di piacere. Ciò accresce il desiderio che ho di mordergli la cappella.
   Stringo il cazzo fra le dita e le faccio scorrere tutt'attorno alla superficie. Inumidisco la cappella con della saliva per facilitare lo scorrere della mano. Quando la punta della lingua sfiora la cappella, Roberto emette dei gemiti di piacere.
   - Sì... Sì... mi piace. Mi fai godere, mi fai godere.
   Lecco l'uccello e nel contempo gli massaggio le palle. Inebriata dalla forte eccitazione ho l'impressione di perdere i sensi. Sto per smarrire il lume della ragione, preda di un delirio d'irresistibile piacere, ma non riesco a trattenermi.
   Le pulsazioni dell'uccello paiono accelerarsi a contatto con le dita. Infilo nella bocca la cappella e la succhio. Un movimento sussultorio del bacino accompagna la penetrazione nella gola. Mani e labbra entrano in simbiosi con il suo moto delle anche. Il cazzo entra ed esce dalla bocca in maniera rapida.
   Con la lingua sfioro l'orifizio uretrale solleticando Roberto di nuovi piaceri. Tengo fermo l'uccello con la mano e inizio a leccare il frenulo. L'uccello si contrae in spasmi. Lo ingoio spingendolo contro le adenoidi sul fondo della gola.
   Con le labbra posso sfiorarne la radice tanto l'ho assorbito nella bocca. E' un piacere assaporare il profumo che emana un cazzo quando è sfregato, ha un flagranza particolare che sprigiona soltanto negli attimi che precedono l'eiaculazione. Roberto irrigidisce il corpo trascinandomi in un vortice di piacere. Viene sborrandomi nella bocca.
   Non estrae l'uccello, ma lascia che possa godere sino all'ultima delle sue pulsazioni. Non lascio disperdere una sola goccia del prezioso nettare. Lecco con cura quel poco di sperma che mi è fuoriuscito dalle labbra. Infine l'uccello perde di consistenza e si ammoscia.

   Roberto è perfettamente guarito. Mi rialzo dal letto e apro i bottoni del camice. Prendo da una tasca una forbice e abbasso il bordo delle mutandine. Taglio un ciuffo di peli attorno alla fica e glieli porgo. Saluto Roberto certa che non lo rivedrò mai più.
   Noi infermiere viviamo circondate dalla sofferenza e dal dolore, ma non riusciamo a farci l'abitudine. Ecco perché abbiamo tanto bisogno d'amore.
 

 

 

 
 

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