QUE RESTE 
T-IL DE NOS AMOURS

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
 
    
Quando Giancarlo si alzò da letto era mezzogiorno. Teneva la lingua impastata, l'alito gli puzzava da fare schifo, e allo stomaco avvertiva un forte bruciore. Furono sufficienti pochi risciacqui alla bocca, eseguiti col collutorio, per scacciare i cattivi odori. Assonnato, gli occhi semichiusi, si recò in bagno e trovò rifugio nel box della doccia, deciso a togliere dalla pelle le sgradevoli tracce di sudore.
   La cerimonia nuziale era programmata per il tardo pomeriggio. A disposizione gli restavano soltanto poche ore di libertà, dopodiché avrebbe sposato Letizia; la donna con cui aveva deciso di condividere il futuro.
   L'ultima serata da scapolo l'aveva trascorsa in compagnia degli amici facendo il pieno di champagne alla festa d'addio del celibato. Sulla strada del ritorno si era intrattenuto a festeggiare l'avvenimento nel letto di una donna, ma non era quello di Letizia sua prossima sposa.

   L'acqua calda della doccia, oltre a togliergli dalla pelle ogni traccia di sudore, ebbe il pregio di togliergli anche la spossatezza. Mentre il flusso d'acqua scivolava sulla pelle andò col pensiero a Letizia, e si trovò a ripercorse con la memoria le tappe della loro relazione.
   Si erano conosciuti venti anni addietro sui banchi dell'università. Conseguita la laurea Letizia aveva proseguito il suo percorso formativo specializzandosi in Medicina Interna, lui invece aveva preferito, soprattutto per ragioni economiche, trovare subito un lavoro. E lo aveva trovato come assistente medico presso il Servizio di Medicina del Lavoro. Le loro strade si erano di nuovo incrociate qualche anno più tardi, casualmente, quando, una sera d'inverno, si erano trovati ad assistere a uno spettacolo cinematografico.
   Giancarlo era arrivato all'Astra, un cinema d'essai situato alla periferia della città, in anticipo rispetto l'inizio della proiezione del film "Baci Rubati". La pellicola, rientrava nell'elenco di film di una rassegna cinematografica dedicata a François Truffaut, il suo regista preferito. Stava indugiando nel foyer del cinema, intento a fumare una sigaretta, mantenendo gli occhi fissi dinanzi a una locandina del film, quando una mano gli sfiorò la spalla. Si girò e incrociò lo sguardo di Letizia.
   - Ciao! Che piacere rivederti a distanza di tanto tempo. - disse la donna.
   - La sorpresa è tutta mia. Non avrei mai immaginato d'incontrarti alla proiezione di un film di Truffaut.
   - Sincerità per sincerità anch'io sono sorpresa nel ritrovarti qui, in una gelida serata d'inverno, ad assistere alla proiezione di un film icona del sessantotto. Ah, già, forse è questo il motivo per cui stasera sei qui, vero?
   - Ti sbagli, sono qui perché mi piacciono i film di Truffaut, in particolare quelli che hanno come protagonista Antoine Doinel. Sono in molti, soprattutto quelli della mia generazione, a riconoscersi in questo personaggio. Antoine è un po' tutti noi, con i suoi pregi, i sogni e i difetti. Un uomo alla ricerca di una identità in un mondo popolato solo di apparenze.
   - Anch'io apprezzo i film di Truffaut. - replicò Letizia. - Magari in maniera un po' diversa dalla tua. Sono più legata alle storie d'amore come: "La signora della porta accanto" o "Adele H." Sono questi i film del regista francese che prediligo.
   Subito dopo presero posto, uno accanto all’altra, sulle poltroncine della platea e durante la proiezione del film scambiarono una infinità di commenti, discorrendo come non era mai accaduto in passato.
   Entrambi avevano quarant'anni e alle spalle un intenso vissuto. Quella sera, per una serie di circostanze fortuite, germogliò una intimità che in seguito sarebbe sfociata in qualcosa di più complicato che una semplice amicizia.
   Uscendo dal cinema si erano trovati a canticchiare le note di "Que reste t-il de nos amours?" una vecchia canzone di Charles Trenet, le cui musiche facevano da motivo conduttore al film di Truffaut che tanto li aveva emozionati.
   Intrattenendosi a parlare con Letizia l'aveva trovata profondamente cambiata, infatti, non era più la ragazza viziata e piena di sé che aveva conosciuto ai tempi dell'università. Il lavoro in ospedale, il contatto con i problemi della povera gente, l'avevano trasformata in una donna.
   Tra colleghi di lavoro di Letizia c'era chi aveva sollevato più di una illazione sulla sua identità sessuale, insinuando persino che fosse lesbica, infatti, pareva impossibile che una donna bella come lei, piena di corteggiatori, non avesse un uomo accanto. Anche a Giancarlo ai tempi dell'università era sorto più di un dubbio sui gusti sessuali di Letizia.
   Dopo il fortuito incontro, avvenuto nel foyer di un cinema, avevano preso a frequentarsi. La congenialità dei caratteri, la forte attrazione sessuale, li aveva condotti subito a letto. Si erano mostrati sempre più spesso in pubblico, specie durante i fine settimana, sorprendendosi nello scoprire le tante affinità che avevano in comune.
   Prima di fare coppia fissa con Letizia la sua vita sentimentale era stata tempestosa, costellata da una infinità di amori e altrettanti fallimenti. Aveva convissuto in tempi diversi con un paio di donne senza riuscire a instaurare con nessuna un rapporto duraturo. Colpa del suo carattere schivo che molte compagne avevano scambiato per presunzione.
   Giancarlo era cosciente del fatto che la convivenza sotto lo stesso tetto con un'altra persona era il punto debole di ogni rapporto di coppia. Ma la relazione con Letizia, a differenza delle storie vissute in precedenza, aveva delle basi solide. Soprattutto c'era stima reciproca e una intesa sessuale perfetta. Lei però non aveva mai accettato che lui la penetrasse nel culo, ma Giancarlo non aveva mai desistito nel suo intento rinnovandole a più riprese quella richiesta, ma ricevendo ogni volta altrettanti rifiuti. In compenso sapeva fare molto bene una cosa che molte donne spesso si rifiutano di fare: leccargli il buco del culo.

   Terminata la cerimonia avrebbero trascorso la notte nella villa dei genitori di Letizia. Sarebbero ripartiti per il viaggio di nozze il mattino seguente per raggiungere in automobile Pont-Aven, cittadina della Bretagna dove in passato avevano trascorso insieme le vacanze.
   Dopo la doccia Giancarlo si coricò sul divano distraendosi a guardare un film alla tivù. Il trillo del telefono lo riportò alla realtà.
   - Pronto.
   - Ciao! Come stai? Hai trascorso una buona nottata?
   - Letizia, non essere sciocca. Sai benissimo come vanno a finire le cene fra amici. Si beve, si beve. Sino a quando qualcuno cade per terra ubriaco e tutti si accorgono che è stato superato il limite e si torna a casa. A proposito, tu stai bene?
   - Sì, sto aspettando le mie amiche, mi aiuteranno a vestirmi. Qui accanto ho mio fratello. E' giunto stamani in aereo da Boston. A proposito ti manda i suoi saluti.
   - Ricambiali, dopo la cerimonia avremo tutto il tempo per parlare.
   - Ciao, ci vediamo in chiesa. Mi raccomando se sorge qualche complicazione telefonami.
   - Sì, ciao.
   Alla cerimonia sarebbero stati presenti poche decine di invitati. I genitori di Giancarlo erano entrambi deceduti, e di parenti stretti aveva solo Cinzia, sua sorella, di qualche anno più giovane, che gli avrebbe fatto da testimone alla cerimonia nuziale. La madre e il padre di Letizia invece godevano di ottima salute, mentre il fratello, medico pure lui, era tornato apposta dagli Stati Uniti per assistere alla cerimonia e avrebbe fatto da testimone alla sposa.

   La celebrazione del rito nuziale ebbe inizio con una decina di minuti di ritardo sull'ora prevista. Letizia, che per tutta la giornata era stata spigliata e brillante, ebbe una crisi di pianto nel momento in cui era in procinto di uscire da casa. Fu costretta a ricorrere all'aiuto delle amiche per ripristinare il trucco del viso prima di raggiungere la chiesa.
   La cerimonia di nozze era stata fissata nella chiesetta di Barbiano, una pieve romanica, piccola e graziosa, collocata sulle prime colline della città. Letizia si presentò davanti al portone della chiesa, accompagnata dal padre, con un abito bianco di raso e uno strascico lungo alcuni metri tenuto sollevato da due damigelle. La celebrazione liturgica, condotta nella più rigorosa semplicità, era in netto contrasto con la raffinatezza e l'eleganza della maggioranza degli invitati, poco meno di un centinaio. 
   Dopo che i fratelli di Giancarlo e Letizia, chiamati a fare da testimoni, presero posto accanto agli sposi, iniziò il rito religioso durante il quale gli sposi scambiarono le fedi nuziali e la promessa di fedeltà e rispetto reciproco per il resto della vita.
   Nel parco della villa dei genitori di Letizia fu servita la cena. L'agenzia di katering, cui era stata demandata l'organizzazione del trattenimento, aveva provveduto a disporre numerosi tavoli sotto dei gazebo illuminati da un'infinità di candele e dal chiarore delle stelle.
   La serata trascorse briosa. Il taglio della torta mise fine alla cena. Alle due di notte gli ultimi ospiti lasciarono la villa. Nell'edificio rimasero solo alcuni parenti di Letizia. Sarebbero ripartiti il mattino seguente insieme agli sposi dopo essersi intrattenuti a dormire nella villa.
   Stremati per lo stress accumulato durante la giornata Giancarlo e Letizia s'infilarono sotto le lenzuola.
   - Buonanotte. - disse Letizia. - La nostra luna di miele la inizieremo domani. Adesso riposiamoci. - sussurrò all'orecchio di Giancarlo. Infine si addormentarono abbracciati l'uno all'altra.
   Verso le tre di notte Giancarlo si svegliò di soprassalto. Un vento forte stava provocando lo sbattere delle imposte della finestra contro il muro determinando un gran fracasso. Protese la mano verso l'altra metà del letto, ma non ci trovò Letizia. Mise i piedi a terra e si avvicinò alla finestra per fissare l'imposta che sbatteva. Si diresse verso il bagno e premette l'interruttore della luce. Il locale era vuoto. Letizia non stava nemmeno lì. Preoccupato per l'assenza della moglie uscì dalla camera con indosso i soli pantaloni del pigiama. Scese le scale e raggiunse il pianoterra. Esplorò la sala da pranzo e tutte le altre stanze, compresa la cucina. Arrivò sino alla porta che conduceva al parco.
   Quando raggiunse il prato gridò più volte il nome di Letizia senza ottenere nessuna risposta. Tornò nella villa e risalì la scalinata che conduceva alle camere. Stavolta non andò nella direzione della sua stanza da letto, girò a destra verso quelle degli ospiti. Arrivò fino al termine del corridoio senza notare nulla di strano. D'improvviso gli sembrò di udire un rumore simile a un lamento provenire da una delle stanze. Si avvicinò alla porta da cui proveniva il suono e pose l'orecchio all'uscio.
   La lieve pressione del capo contro la porta, malamente chiusa, fu sufficiente ad aprire uno spiraglio di pochi centimetri. Incuriosito dal persistere del lamento, posò lo sguardo nella stanza.
   La luce di una abat-jour illuminava in maniera soffusa la stanza da letto. Un uomo stava disteso sul letto. La donna accovacciata al suo fianco tratteneva fra le dita il cazzo e lo faceva scorrere nella bocca. Sorpreso dalla scena Giancarlo tirò indietro il capo senza rendersi conto di chi fossero i corpi dei due amanti.
   Un dubbio lo colse.
   Infilò di nuovo gli occhi nella fessura ed ebbe la conferma che la donna era Letizia.
   L'uomo che stava masturbando era il fratello.
   Se ne stava supino sul letto, le mani intrecciate dietro il capo, con gli occhi completamente chiusi e stava godendo del pompino che gli stava facendo la sorella.
   La cassa toracica si espandeva in maniera disordinata seguendo il ritmo della mano di Letizia. L'uomo ansimava e biascicava delle parole all'indirizzo della sorella.
   Ammutolito Giancarlo rimase a guardare la scena senza dare vita a una qualsiasi reazione. Dal modo in cui i fratelli stavano facendo l'amore intuì che l'episodio non doveva essere casuale, probabilmente l'incesto si protraeva da lungo tempo.
   Letizia seguitò a succhiare il cazzo del fratello, senza affanno, quasi a volere prolungare all'infinito quegli attimi di piacere. Inginocchiata lambiva con la lingua la cappella, resa lucente dalla saliva, stringendo il cazzo fra le dita che guidava avanti e indietro nella bocca.
   Tutt'a un tratto Giancarlo si rese conto che Letizia stava facendo l'amore col fratello nell'identico modo che era solita fare con lui, ma stavolta c'era un altro uomo a giacerle accanto.
   Dopo l'iniziale smarrimento si ritrovò stranamente eccitato, con il cazzo duro. Non gli importava più della presenza del fratello di Letizia, scrutava solamente i gesti della sua donna. 
   Il corpo perfettamente abbronzato di Letizia scintillava di luce riflessa dai granuli di sudore che le imperlavano la pelle e faceva da contrasto con quella pallida dell'uomo.
   Letizia portava a compimento il pompino esercitando una forte pressione con le labbra strette attorno il cazzo in modo da produrre maggior godimento al fratello. Tutt'a un tratto aumentò decisamente la velocità dell'azione della bocca fino a quando il fratello la scostò. Lei si mise carponi sul letto e rimase in attesa. L'uomo fece scivolare un paio di dita fra le labbra, inumidendole di saliva, dopodiché le avvicinò all'ano di Letizia. Con poco garbo inserì nell'orifizio un dito e lo fece ruotare più volte in modo d'allargare il tessuto della parete dell'intestino.
   Al momento della penetrazione Letizia gemette, poi lasciò che lo sfintere del culo si dilatasse. L'uomo prese fra le dita il cazzo e lasciò che dalla bocca defluisse un filo di saliva che andò a depositarsi sulla cappella. Con una mano afferrò un fianco di Letizia mentre con l'altra puntò il cazzo contro l'ano. La manovra fu facilitata dalla disponibilità della donna che rese possibile l'ingresso del cazzo nel culo.
   Una smorfia di dolore comparve sul suo viso. Il fratello le afferrò con la mano l'altro fianco e iniziò a muovere il bacino in avanti inculandola senza ritegno. Letizia rimase immobile senza scrollare il bacino come invece era solita fare quando si faceva scopare nella figa. I capelli sciolti e la pelle madida di sudore le conferivano un aspetto selvaggio.
   - Sì... sì... fammi godere! - disse supplicando il compagno di letto.
Biascicò queste parole ansimando, mentre il fratello affondava il cazzo nel culo a ritmo serrato, quasi a volere sborrare in breve tempo. Tutt'a un tratto tirò fuori la cappella dall'ano e penetrò Letizia nuovamente, ripetendo la manovra infinite volte sino a quando lei urlò:
   - Basta. Ti prego. Basta! Mi fai morire.
   Giancarlo rimase stupito dalle frasi urlate da Letizia. Allora gli fu chiaro perché si era sempre rifiutata di farsi inculare da lui. Probabilmente era l'unico modo che aveva per rimanere fedele al sentimento che la legava al fratello.
   La cappella dell'uomo era diventata gonfia a dismisura e assunto un colore violaceo. Dall'orifizio della donna, abbastanza dilatato, uscì un minuscolo rivolo di sangue, testimonianza dell'accanimento con cui il fratello stava ostinandosi su di lei.
   - Sì... sì... fammi male. Puniscimi! Merito d'essere castigata. Fallo un'altra volta, come facevamo da ragazzi. Sì, dai, fallo... fallo! Ancora!
   Marco, pur rallentando il ritmo, riprese a penetrarla.
   - Sì, fallo! Ti supplico ancora. Puniscimi! Non merito che questo puniscimi! Puniscimi! Punisci la tua sorellina cattiva.
   A quelle parole l'uomo, madido di sudore, tirò fuori l'uccello dal sedere della donna e, dopo un attimo d'esitazione, lo infilò più in basso nella fessura della figa.
   - Sì, è quello il suo posto. E' lì che lo voglio. Fammi godere... Ti prego, ancora una volta! Perché questa sarà l'ultima volta, poi non lo faremo più, mai più.
   L'uomo le afferrò le mammelle e continuò a spingere il cazzo dentro la vagina, come un tenero amante. Giancarlo assistette alla scena dalla porta semichiusa. Annichilito, umiliato, incapace di una qualsiasi reazione, continuò a osservare i due amanti. Fu Letizia a scuoterlo dallo stato catatonico in cui era precipitato. 
   - Vengo! Vengo! - gridò la donna. - Vengo! Giancarlo! Vengo! Giancarlooo!
   All'apice del piacere pronunciò il suo nome: Giancarlo, com'era solita fare quando lui la scopava. Subito dopo quell'affermazione il fratello di Letizia venne sborrando sulla schiena della sorella accovacciandosi su di lei.

   - Allora è deciso. - disse Marco. - Non lo faremo più. Questa è stata l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore. Faremo in modo che rimanga un dolce ricordo. Vuoi bene al tuo Giancarlo?
   - Sì, tanto. Non credo che esista un uomo buono e generoso come lui.
   Giancarlo indietreggiò dalla sua postazione e a passi felpati fece ritorno nella sua camera. Ripose le ciabatte di fianco al letto e prese posto sotto le lenzuola. Le ultime parole che Letizia e il fratello si erano scambiati, e la decisione d'interrompere per sempre il loro rapporto, lo convinse a recedere da qualsiasi progetto di ritorsione.
   La scena alla quale aveva assistito non gli era parsa del tutto strana, ma un motivo c'era. Anche lui e Cinzia, sua sorella, subivano la medesima attrazione di Letizia e del fratello. La sera precedente, infatti, dopo la cena d'addio al celibato, si era comportato allo stesso modo di Letizia. Aveva fatto l'amore con Cinzia, trascorrendo la notte a casa sua, in quel letto che tante volte avevano condiviso da ragazzi.

   Si era coricato da una decina di minuti quando udì la porta della camera schiudersi. Letizia si stese sul letto e riprese posto accanto a lui.
   La sveglia squillò nella camera alle sette precise. Impiegarono poco tempo per fare la doccia e vestirsi. Consumarono la colazione, poi alle otto lasciarono la villa.
   Giancarlo si mise alla guida della Volvo station-wagon diretto al casello dell'autostrada del Sole. A mezzogiorno erano a Chambéry, in Francia.
   Una volta in territorio francese sintonizzò l'autoradio sulle frequenze di Radio Nostalgie, una emittente in FM che trasmetteva musica degli anni sessanta. Stavano immettendosi sull'A43 in direzione di Lione quando dalle casse acustiche udirono la voce di Charles Trenet che cantava la loro canzone: Que reste t-il de nos amours?

 

 

 
 

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