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NONNA
ELVIRA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Un
armadio, due sedie, un tavolo e un paio
di letti sono sistemati uno accanto
all'altro dentro la stanza. Nonna Elvira condivide
l'esiguo spazio della camera con la
signora Leonida, un'altra ospite della
casa di riposo.
Nonna Elvira è ospite fra
le mura di Villa Maddalena da cinque
anni. Vengo a farle visita il sabato
pomeriggio quando sono libera da impegni
di lavoro, ma ogni volta che la vedo mi
si stringe il cuore per la commozione.
Oggi è sabato e ho
approfittato del tempo libero che ho a
disposizione per venire a trovarla.
Nonna è seduta accanto al
letto. Ha lo sguardo assente, perso nel
vuoto. La compagna di stanza, la signora
Leonida, è uscita dalla stanza per
andare a passeggio nel parco.
- Ciao, nonna! Sono io,
Erika. Come stai?
Nonna ruota il capo nella
mia direzione. Mi fissa a lungo senza
pronunciare una sola parola. Il viso è
solcato da rughe profonde. Gli occhi
sono lucidi. Mi elargisce un sorriso, ma
anche stavolta sembra non riconoscermi.
- Mamma si è raccomandata
affinché ti consegnassi dei biscotti da
intingere nel latte quando fai
colazione. Ti ho portato i tuoi
preferiti. I Bucaneve, te li ricordi
vero?
Tolgo dalla borsa una
confezione di dolcetti e l'appoggio sul
tavolo davanti a lei. Quando scorge
l'involucro un sorriso prende forma sul
suo viso. La mano tremula afferra il
sacchetto e lo avvicina al petto.
Nonna Elvira ha novantadue
anni. E' nata il 9 maggio del 1920. Il
padre di mestiere faceva l'orologiaio,
la madre casalinga. Sesta e ultima di
una nidiata di fratelli ha trascorso
l'infanzia e l'adolescenza ospite di un
collegio gestito da suore. I genitori,
indigenti, l'avevano affidata
all'Istituto della Divina Misericordia
all'età di sei anni. Nel collegio ha
consumato la primavera della sua vita
restandovi rinchiusa sino alla maggiore
età.
A Nonna Evira non è mai
piaciuto parlare del periodo in cui è
rimasta confinata in collegio. Quando
ero piccola e facevo i capricci,
rifiutandomi di mangiare il minestrone,
mi raccontava della fame che aveva
patito negli anni trascorsi in collegio,
della mancanza di affetti, della
solitudine e delle tante lacrime
versate.
Raccontava che sua madre
andava a farle visita soltanto una volta
al mese. Insieme trascorrevano solo
pochi minuti, dopodiché se ne tornava a
casa lasciandola di nuovo sola per
andare ad accudire gli altri cinque
figli.
Durante la permanenza
nell'Istituto gestito dalle suore
raramente le era capitato di uscire da
quelle mura. Succedeva in occasione dei
funerali di qualche benestante. In quel
caso lei e le compagne erano costrette
dalle suore, che ne ricavavano un misero
profitto, ad assistere a cerimonie
funebri intonando inni sacri in onore
del defunto.
Dalla finestra, l'unica
presente nella stanza che ospita nonna,
entra qualche raggio di sole. Guardo nel
parco e scorgo gruppi di anziani seduti
sulle panchine.
- Hai voglia di fare
quattro passi nel parco?
- No, oggi non ne ho
voglia. Quello che desidero è tornare a
casa. Quand'è che torniamo a casa?
La domanda ha il peso di un
pugno allo stomaco. Non so cosa
risponderle.
- C'è Luigi che mi
aspetta, se torna a casa e non mi trova
si arrabbia, dovresti saperlo.
Luigi, mio nonno, è morto
da più di cinquant'anni. Nonna era
incinta di sei mesi quando fu chiamato
alle armi. Spedito a combattere un
conflitto inutile sul fronte albanese,
l'8 settembre 1943 era stato catturato
dai militari tedeschi e deportato nel
campo di concentramento di Mauthausen.
Quando il suo cadavere è
bruciato in uno dei forni crematori
aveva soltanto 27 anni.
Nonna Elvira non ha
conosciuto altro uomo all'infuori del
suo Luigi. E gli è rimasta fedele per
tutta la vita. Sul comodino, vicino al
letto, due cornici argentate contengono
le fotografie degli uomini della sua
vita: Luigi, suo marito, e Sergio, mio
padre.
I ritratti, entrambi
ingialliti, sono una delle poche cose
che si è portata appresso quando
l'abbiamo accompagnata in questo posto.
Ieri ho compiuto
trent'anni. Sono ancora giovane, eppure
la mia vita è costellata da una lunga
serie di errori. Uomini sbagliati,
tradimenti e aborti sono il pesante
carico di vita che mi porto appresso.
Sino a oggi ho vissuto pericolosamente,
infischiandomene di tutto e di tutti,
soddisfacendo ogni tipo di piacere, ma
quando vengo in questo luogo e scorgo
sul comodino l'immagine ingiallita di
nonno Luigi non posso fare a meno di
mettere in discussione il mio modo
d'intendere la vita.
Il buio della sera fa
capolino sulla cinta muraria della casa
di riposo. Fra poco sarà servita la
cena. La compagna di stanza di nonna ha
fatto ritorno dalla passeggiata. Insieme
a lei apparecchio la tavola.
- Ma lo sa che lei è una
bella ragazza? Com'è fortunato chi la
sposerà.
- Io non ho nessuno
signora, nessuno... - rispondo.
Poco più tardi, quando
nonna ha terminato di cenare l'aiuto ad
andare a letto. Le faccio dono di un
ultimo bacio e l'accarezzo sulla
guancia, poi fuggo dalla casa di riposo.
Quando raggiungo casa
m'infilo nel box della doccia e subito
dopo sono pronta per uscire a
divertirmi. E' sabato sera. Ho tutta la
notte davanti a me, anche stavolta sono
certa che troverò qualcuno in grado di
lenire le pene della mia solitudine.
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