IO SO CHE TU SAI CHE IO SO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
Io e Fabio siamo sposati da quindici anni. Prima di conoscerlo ero appetita da uno sciame di corteggiatori e non avrei avuto difficoltà a scegliere uno qualsiasi degli uomini che mi gravitavano d'intorno, ma da subito lui mi era parso speciale, diverso da tutti gli altri. 
    Lavoravamo tutt'e due nel medesimo ospedale. Io come impiegata, lui come tecnico di laboratorio ma oltre all'attività lavorativa era impegnato in quella di sindacalista. 
   Dotato di notevole capacità oratoria era consapevole di riuscire ad attirare su di sé l'attenzione delle donne incantate nell'ascoltare le sue parole. E io ero una di loro.
   Gli occhiali muniti di montatura a tartaruga, associati agli spessi baffi, pendenti sul labbro superiore, gli conferivano un'aria da intellettuale. Mi sono innamorata di lui al primo istante, anche se fisicamente non era granché.
   L’attività sindacale lo teneva costantemente impegnato, cosicché cominciai ad andargli dietro ovunque, giorno e notte, compatibilmente con i miei impegni di lavoro. Gli obblighi sindacali lo conducevano a essere sempre in prima fila nei cortei e nel dare solidarietà agli operai delle fabbriche occupate.
   Eravamo diventati inseparabili tanto che molti dei nostri amici erano convinti che fra noi ci fosse un legame che andava ben oltre la semplice amicizia, ma non era così. Paolo sembrava non decidersi a prendere l'iniziativa e io desideravo che lo facesse al più presto.
   Allora la presi io per prima.
   Una sera mentre eravamo a cena con alcuni amici decisi che era giunto il momento di scoparmelo. A tutti i costi non volevo lasciarmi sfuggire l'occasione per riuscire a farlo. 
     Uscendo dal ristorante chiesi a Fabio di accompagnarmi a casa. Quando mi trovai in auto sola con lui lo supplicai di condurmi a vedere un film porno in uno dei cinema a luci rosse della città, sostenendo che non c'ero mai stata e  non avrei mai avuto sufficiente coraggio per mettervi piede da sola.
   Era mia intenzione suscitare in lui un forte desiderio sessuale e condurlo a vedere un film porno avrebbe potuto sbloccarlo, dal momento che la mia sola presenza pareva non stimolarlo a sufficienza. Faticai non poco a convincerlo a entrare nel cinema a luci rosse, ma alla fine accettò di accompagnarmi.
   Entrammo nella sala di soppiatto mentre sullo schermo Moana Pozzi era impegnata a succhiare un cazzo. Furono necessari alcuni minuti per abituarci alla semioscurità della sala.
   Le poltrone della platea erano occupate da una quindicina di persone, perlopiù coppiette e uomini anziani. Quando prendemmo posto a metà sala, una ragazza asiatica e un'altra dalla pelle nera erano impegnate a carezzarsi le tette sullo schermo. Le immagini lesbo del film e la presenza di Paolo seduto accanto a me contribuirono ad accrescere il mio stato d'eccitazione.
   Un altro uomo, al posto di Fabio, avrebbe intuito abbastanza facilmente che ero disponibile nei suoi confronti. Lui no. Già in altre occasioni gli avevo manifestato ciò che provavo per lui, mai però l’avevo fatto in maniera così sfacciata.
   Rimasi a lungo in attesa di un suo gesto. Mi sarei accontentata di uno sguardo ammiccante o di un semplice bacio sulla bocca. Fabio invece sembrò non accorgersi della mia presenza, seguitò a guardare le immagini porno che si alternavano sullo schermo senza staccare gli occhi dal film.
   Se non mi fossi decisa a prendere l'iniziativa, approfittando di quella occasione, chissà quanto tempo sarebbe trascorso prima che si sbloccasse.
   Quando l’attrice, protagonista della pellicola, una mora dalle tette siliconate, slacciò la cinghia dei pantaloni del partner io la imitai e feci scivolare la mano sui pantaloni di Fabio. Prima che potesse fare opposizione fui svelta ad abbassargli la zip della patta e infilare le dita nella stretta apertura.
   A lui diedi a intendere di seguire con particolare attenzione le immagini sullo schermo mentre in realtà badavo soltanto a stringergli l'uccello che non era granché duro. La mia fica al contrario era bagnata fradicia. Fabio si girò verso di me ed ebbe a dire:
   - Ma che fai? Ti sei ammattita?
   Non ero ammattita, ma stufa della sua riservatezza. Morivo dalla voglia di succhiargli il cazzo più di ogni altra cosa al mondo. Lasciò scivolare il culo in avanti sulla poltrona e si abbandonò al ritmo della mia mano. E l'uccello prese vigore.
   Dissimulammo quello che stava succedendo fra di noi fingendo d'essere interessati soltanto alle immagini del film proiettato sullo schermo. In verità, una cosa la fece, allargò le cosce: probabilmente per non sporcarsi gli abiti di sperma. Quando la sborrata si rivelò imminente abbassai il capo fra le sue cosce e ingoiai la cappella fra le labbra.
   Ne aveva una gran quantità di sperma nelle palle! 
   Sono sempre stata golosa di quel liquido lattiginoso, mi delizia il sapore di sperma e prima d'ingoiare quello di Paolo non avevo mancato d'inghiottirne in grande quantità, con altri uomini, in altre occasioni.
   Eccitata com’ero impiegai parecchi secondi per riprendermi. Ripulii la cappella tutt'intorno, con la lingua, e gli riposi il cazzo dentro i pantaloni, dopodiché richiusi la cerniera.
   La nostra storia è iniziata quella sera, sulle sudice poltrone di un cinema a luci rosse. Rotto il ghiaccio con quell'ingoio, il nostro rapporto proseguì senza scosse, o almeno così mi è sempre parso.
   fabio, in effetti, non si è mai dimostrato un grande amatore. Nei rapporti di sesso sono sempre stata io a prendere l'iniziativa. Anzi, con l'andare del tempo è diventato sempre meno passionale e poco propenso a fare l'amore. Fosse dipeso da lui non l'avremmo mai fatto. Ogni volta inventava una scusa per evitare di scopare.
   A letto era un tradizionalista, lo faceva nella posizione del missionario, senza trasporto, in modo freddo. Da parte mia invece mi eccitavo e godevo nel succhiargli le palle, l'uccello e il buco del culo. Sarei stata disponibile a quanto di più strano mi avesse proposto pur di sentirlo soddisfatto. 
   In tanti anni non mi ha mai leccato la fica e nemmeno infilato il cazzo nel buco del culo. Eppure, nonostante tutto, sono stata bene in sua compagnia, perlomeno fino a sei mesi fa, quando ho scoperto la verità. Forse l'ho sempre saputa, ma non ho mai voluto confessarla a me stessa, rimuovendo dalla mente anche il minimo sospetto.
   Un pomeriggio, mentre ero in cucina intenta a stirare una camicia, Fabio mi disse che si sarebbe recato al vicino ipermercato per acquistare una cartuccia d'inchiostro per la stampante del computer. 
   La giornata era uggiosa. Da poco aveva terminato di piovere. Prese l'ombrello, indossò l'impermeabile e uscì da casa. Lasciai trascorrere pochi istanti, infilai un giubbotto antivento e gli andai appresso in sella alla bicicletta, premurandomi di starmene a debita distanza per non farmi scoprire. 
   L'ipermercato Coop dista solo una decina di minuti dalla nostra abitazione, lo si raggiunge facilmente a piedi, attraversando i giardini pubblici.
   Tallonai mio marito senza farmene accorgere. Stranamente non prese la direzione più breve per raggiungere l’ipermercato, attraversò il viale centrale del parco e s'incamminò per un sentiero sterrato fra le piante di una fitta boscaglia. Lo seguii trascinandomi appresso la bicicletta, nascondendomi alla sua vista dietro gli alberi e le siepi. Tutt’a un tratto, nello stesso sentiero, comparve un uomo molto più giovane di mio marito. Entrambi rallentarono il passo lanciandosi una breve occhiata nell'istante in cui transitarono uno accanto all'altro. Fatti alcuni passi girarono il capo all'indietro osservandosi a vicenda per qualche istante. Mio marito tolse da una tasca l'accendino, tornò indietro di alcuni passi e accese la sigaretta che pendeva dalle labbra del ragazzo, dopodiché scambiò alcune parole con lui.
   Il ragazzo uscì dal sentiero e s'inoltrò nella boscaglia, appoggiò la schiena contro il fusto di una grossa quercia e rimase in attesa. Fabio lo seguì docile.
   Quando gli fu vicino gli abbassò la patta dei pantaloni e gli prese in mano il cazzo. La scena fu talmente rapida e inaspettata che mi trovò impreparata. Rovinai in ginocchio sul prato, ammutolita e con un senso di disperazione nel cuore. Fabio iniziò a menare il cazzo dell'occasionale compagno in maniera convulsa restando in piedi davanti a lui. Dai suoi gesti s'intuiva che aveva fretta di terminare il rapporto omosessuale. 
   I movimenti rapidi della mano dovevano servire ad accelerare il piacere del compagno. Fabio, che con me non prendeva mai l'iniziativa, in quella situazione si dimostrò fin troppo intraprendente. Dopo poco tempo che glielo menava s'inginocchiò ai piedi del ragazzo e ingoiò il cazzo nella bocca, come fa un prostituto.
   Ci sapeva fare con la bocca. Non lo ingoiò tutto, il cazzo, pur agendo di fretta avvolgeva la cappella con le labbra e la succhiava come fosse un sorbetto. Di tanto in tanto estraeva la punta della lingua e sfregava l'uretra.
   Tenendo stretto il cazzo con le dita alla radice lo fece scivolare nella bocca, mentre con l'altra mano prese a massaggiare le palle all'ospite. Di fronte a quella scena incominciai a piangere. Ero incredula, non poteva essere il mio Fabio la persona che stavo guardando. Lui era diverso, non avrebbe mai messo in atto simili sconcezze. 
   Il pompino fu abbastanza breve. Dopo pochi minuti il ragazzo sborrò in bocca a mio marito che subito dopo si rialzò. Il ragazzo, dopo avere riposto il cazzo nei pantaloni, si allontanò accennando un saluto.
   Non ricordo esattamente ciò che accadde, presa dalla rabbia e dallo sdegno mi rialzai, afferrai la bicicletta e m'incamminai per il sentiero dirigendomi verso casa. Nella fretta incespicai più volte sul terreno facendo un gran chiasso. Non cercai nemmeno di nascondermi alla vista di Paolo. Mentre correvo in bicicletta seguitai a piangere per tutto il tragitto che mi separava da casa.
   Che comportamento avrei dovuto tenere? Dirgli che avevo visto tutto e che sapevo che era un vizioso pervertito? Oppure chiedergli delle spiegazioni? Ma quali? Tutto era fin troppo chiaro: Fabio era gay. Avevo sbagliato a seguirlo ai giardini pubblici. Immaginavo che per amante avesse una donna e non dei ragazzini. 

   Fabio tornò a casa dopo un'ora. Con sé non aveva le cartucce d'inchiostro, disse che aveva cambiato idea e aveva fatto una passeggiata al Parco Ducale. Non accennò all'accaduto e io finsi di credergli, e seguitai a occuparmi delle faccende domestiche.
   La cena si svolse in modo surreale. Per tutta la sera non mi guardò negli occhi, eppure dietro le spesse lenti aveva uno sguardo che poche altre volte gli avevo visto, e che non potrò mai dimenticare. Era triste, ansioso, e al contempo sollevato. Doveva avermi visto ai giardini. Forse sperava che lo aiutassi a togliersi quell'enorme peso dallo stomaco, invece scambiai solo frasi convenzionali. Dopo cena guardammo un film in tivù, dopodiché ce ne andammo a dormire.

   Sono trascorsi sei mesi da quel pomeriggio al parco. Conduciamo la medesima vita di prima, con la sola differenza che a letto non lo cerco più. A lui sta bene così, entrambi facciamo finta che non sia successo niente, anche se: Io so che lui sa che io so.

 

 

 
 

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