L'ESIBIZIONISTA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
   In una città di piccole dimensioni come Parma il mezzo di locomozione più diffuso è la bicicletta. La utilizza il professionista per recarsi al lavoro, lo studente per andare a scuola, e la massaia per fare la spesa.
   Anch'io ho l'abitudine di utilizzarla nei miei spostamenti. Mentre pedalo in sella alla bicicletta provo piacere nel sentirmi addosso gli sguardi degli uomini che sbirciano fra le mie cosce.
   D'estate ho l'abitudine d'indossare gonne corte, molto aderenti, che si arricciano a ogni pedalata e salgono su, su, per le cosce lasciando intravedere il tessuto delle mutandine.
   Mi piacerebbe essere molto più smaliziata e provocante. Un giorno o l'altro potrei uscire di casa senza mutandine per costatare che tipo di reazioni susciterei negli uomini. Un giorno forse lo farò, ora mi accontento di osservare le reazioni del "mio" muratore.

   Ogni mattina, recandomi in sella alla bicicletta al lavoro in ospedale, ho l'abitudine di percorrere il solito itinerario. E' in una casa in ristrutturazione che si affaccia su una di queste strade che un muratore, da un po' di tempo,  vedendomi arrivare, si sporge dalle impalcature e richiama la mia attenzione con un triplice fischio, dopodiché mette in mostra l'uccello immancabilmente dritto come un birillo.
   Da quando è stato avviato il cantiere, circa sei mesi, la scena si ripete identica ogni mattina. Sarei tentata di chiedergli come fa ad avere sempre l'uccello in piena erezione, però mi trattengo dal farlo anche se non so per quanto tempo saprò trattenermi dal porgergli questa domanda.
   Potrei cambiare percorso, è vero, scegliere un'altra strada per recarmi al lavoro, ma il triplice fischio del muratore è un richiamo cui non so sottrarmi. Lo considero un saluto, un divertente augurio di una buona giornata e niente più.

   Appena giunta in clinica ho preso le consegne dalle colleghe infermiere del turno di notte e sono stata informata che durante la notte era accaduto un fatto strano, anzi, senza precedenti. 
   Dal Pronto Soccorso era giunto in reparto un paziente sulla cui cartella clinica il medico di guardia aveva registrato soltanto le iniziali, mentre i regolamenti dell'Azienda Ospedaliere prevedono la registrazione del nome e cognome e di tutti i dati identificativi.
   Dalle mie colleghe di lavoro sono riuscita a sapere che si tratta di un personaggio molto importante. Pare che appartenga a una delle famiglie più facoltose della città, di quelle che gestiscono il potere politico ed economico. E' questa la ragione per cui gli è stato concesso l'anonimato.
   Il signor G.G. (questa è la sigla con cui è registrato nell'elenco dei ricoveri), è stato operato d'urgenza dallo stesso primario della clinica. Il Professor Conconi è stato chiamato a casa dal medico di guardia e, appena ricevuta la telefonata, è corso in ospedale per effettuare in prima persona il delicato intervento chirurgico.
   Dopo l'operazione il signor G.G. è stato trasferito in terapia post-intensiva per poche ore, poi trasportato in una delle camere a pagamento che l'Azienda Ospedaliera ha attivato di recente nel nosocomio.
   Sfoglio le pagine della cartella clinica del signor G.G curiosa di scoprire il tipo di patologia di cui è affetto. In una pagina trovo scritto: Intervento al retto per C.E. L'abbreviazione, per quanto ne so, dovrebbe indicare "Corpo Estraneo". Mi consulto con le colleghe, ma nessuna è a conoscenza della natura del corpo estraneo che ha reso necessario l'intervento chirurgico. Potrebbe anche trattarsi di una neoplasia, ma non ne sono certa, chissà!
   Sto riponendo nell'armadio le lenzuola fresche di bucato, provenienti dalla lavanderia, quando uno squillo del campanello richiama la mia attenzione. Il quadro elettrico illumina il numero 22. Corrispende alla camera dove è degente il signor G.G. Metto da parte il carrello con le lenzuola e mi dirigo verso la stanza.
   - In cosa posso esserle utile? - chiedo appena metto piede nella camera.
   - Signorina, sia gentile, ci porti una tazza di tè. - mi chiede una donna vestita in modo elegante, con tailleur grigio, giacca blu, e una camicetta con pizzo volant di colore rosa. - Il professor Conconi esige che mio marito si alimenti esclusivamente con cibi liquidi.
   Il tono autoritario con cui la donna ha espresso la richiesta sembra più un ordine piuttosto che una richiesta. Di carnagione chiara, capelli biondi che le scivolano sulle spalle, mostra d'avere una trentina d'anni ed è alta quasi quanto me. L'uomo coricato sul letto è un tipo calvo, porta occhiali con spesse lenti da miope e sembra avere una cinquantina d'anni. 
   - Vado in cucina e glielo preparo. - comunico alla donna.
   - La prego, faccia alla svelta.
   L'accento della voce è straniero, nordico probabilmente. Forse è svedese o danese, penso.
   Quando faccio ritorno nella stanza sono trascorsi soltanto una decina di minuti. Sistemo il vassoio con la teiera e la tazza sul ripiano del comodino, dopodiché mi allontano.
   - Sia gentile signorina, mi dia una mano a sistemare mio marito seduto nel letto.
   Aiuto l'uomo a sollevarsi e gli inserisco una ciambella di gomma sotto i glutei in modo che la parte operata non venga a contatto con il materasso. Prendo la tazza del tè e gliela porgo. Sorseggia la bevanda e subito dopo si rimette sdraiato sul fianco. Sto per uscire dalla stanza quando la donna mi si avvicina e nell'incavo della scollatura m'infila una banconota da cinquanta euro, poi mi sorride.
   - E' per il suo disturbo. 
   Mi ha fatto piacere ricevere il denaro in regalo. Non è cosa da tutti i giorni ricevere una mancia di questa entità, ma resto infastidita dal modo volgare con cui mi ha consegnato la banconota.
   Intrattenendomi con una strumentista di sala operatoria, apprendo qual è la vera natura del corpo estraneo che i chirurghi hanno estratto dal retto del signor G.G: si tratta di una zucchina.
   L'oggetto diventa argomento di discussione fra noi infermiere. C'è chi, bene informata fra le mie colleghe, sostiene che durante una insolita pratica erotica, la moglie, per imperizia, si sia lasciata prendere la mano e il prezioso ortaggio è risalito lungo il retto, rendendo necessario l'intervento chirurgico per estrarlo.

   Nel corso della mattinata mi reco più volte nella stanza del signor G.G. Dopotutto in qualche modo devo meritarmi i cinquanta euro di mancia. E inizio a entrare in confidenza con la moglie.
   Si chiama Helga ed è danese. Ha lasciato il suo paese allorché è entrata alle dipendenze di una importante azienda alimentare che ha sede nella provincia di Parma. Parla cinque lingue. Questo, a suo dire, le ha permesso in pochi anni di fare carriera fino a occupare il posto di responsabile marketing dell'area commerciale dell'azienda, e in un secondo tempo di sposarne il proprietario.
   Helga inizia a darmi del tu e m'invita a fare lo stesso con lei. L'accontento affascinata dai modi così diversi rispetto a quelli di noi donne mediterranee.
 

* * *

    E' trascorsa una settimana dall'operazione che ha liberato la zucchina dal culo del signor G.G. Quando entro nella camera Helga è in piedi vicino alla finestra. Indossa un abito nero di seta a fiori. Le faccio i complimenti per la foggia dell'abito e le sorrido.
   - Anche tu Erika hai un bellissimo corpo, staresti bene con addosso un abito come questo. Provalo, dai, così potrai costatare di persona che non sto mentendo.
   - Sarei imbarazzata. E poi questo non è il luogo adatto per farlo.
   - Perché devi sentirti a disagio? Mio marito dorme e se dovesse svegliarsi non farebbe caso a questa cosa.
   Helga non attende la mia risposta. Cala la cerniera dietro la schiena e l'abito le scivola lungo lo scheletro precipitando sul pavimento. Il corpo nudo di Helga mi appare nella perfezione delle sue forme. Addosso le è rimasto soltanto un perizoma nero che a stento le copre la fica. Il corpo, di un colore bianco latte, pare scolpito da un artista tanto è aggraziato nelle forme. Le gambe lunghe e affusolate si allargano sul bacino slanciando l'addome verso l'alto. I seni assai minuti hanno le areole dei capezzoli di colore rosa e sono straordinariamente appuntiti.
   - Dai, spogliati, non fare storie. Non posso restare in questo stato per lungo tempo.
   Scossa da tanta insistenza mi libero del camice e del grembiule, poi mi avvicino a lei. I nostri corpi, giunti a stretto contatto, evidenziano le differenze. La mia pelle è abbronzata, la sua è candida come la neve. Mi aiuta a infilarmi l'abito facendolo scorrere dai piedi verso l'alto. Le mani scivolano sulla mia pelle insieme alla seta dell'abito. Helga sfiora con le dita i miei fianchi soffermandosi a esplorare con la mano i miei seni con l'intento di correggere, dice lei, le pieghe dell'abito. Avverto la freschezza del vestito di seta così leggero e impregnato del profumo della sua padrona e sono eccitata dalla strana situazione in cui mi sono venuta a trovare.
   - Mamma mia com'è bello, chissà quanto costa. Non potrei mai permettermi di acquistare un abito come questo, mi ci vorrebbero dieci stipendi!
   - Se lo vuoi è tuo, te lo regalo. Io ne ho altri simili a questo. Anzi, dal momento che nell'armadietto ho un paio di jeans e una maglietta di ricambio, puoi tenerlo, te lo regalo!
   Helga sfiora la mia guancia con una carezza e mi dà un bacio sulla piega della bocca.
   - Ti ringrazio, ma non posso accettarlo. E' un regalo troppo costoso, non saprei come sdebitarmi.
   - Non ti preoccupare, siamo amiche no?
   Nel togliermi l'abito giro lo sguardo verso suo marito e noto che ha cambiato postura nel letto. Sta riverso sul fianco e il viso è girato nella nostra direzione. Gli occhi sono socchiusi. Chissà se avrà assistito alla prova d'abito.
   - Beh, allora ti ringrazio.
   Contraccambio la carezza e le do un affettuoso bacio sulla guancia.

* * *

   Sono intenta a riassestare il carrello delle medicazioni quando il citofono, collegato alle stanze dei pensionanti, si mette a trillare.
   - Sono il marito di Helga. - dice una voce concitata all'altro capo del filo. - Signorina Erika, venga subito. Mia moglie sta male.
   Lascio in sospeso il lavoro e mi precipito nel corridoio. Raggiungo la camera di degenza e vado in soccorso di Helga. Quando entro nella stanza trovo l'uomo sdraiato sul letto. Helga non c'è.
   - E' di là, in bagno, sotto la doccia. Credo stia poco bene, l'aiuti!
   Dalla posizione in cui mi trovo, vicino al letto, scorgo la porta del bagno. Helga è seduta sul pavimento. L'acqua fuoriesce dal bulbo della doccia e scorre sulla pelle nuda della donna. Il corpo è parzialmente ricoperto da schiuma da bagno e brilla di innumerevoli riflessi colorati. La soccorro e m'inginocchio accanto a lei.
   - Ehi! Ma che scherzo è questo, che ti succede? - chiedo in maniera bonaria, perché non voglio spaventarla.
   - Sto male, molto male. La causa sei tu, Erika. Ti ho desiderata dal primo momento che ho fatto la tua conoscenza, e non faccio altro che pensare a te. Sei la padrona dei miei pensieri e non riesco a stare lontana da te.
   Mentre sussurra queste parole l'acqua continua a scendere a fiotti dal bulbo della doccia bagnandomi da capo a piedi. Sorpresa dall'inaspettata dichiarazione non so cosa risponderle. Le sue parole mi fanno immenso piacere perché anch'io subisco il medesimo fascino verso la sua persona.
   Non ho tempo per trovare una risposta adeguata alle sue confidenze. Helga si rialza, infila una mano nella scollatura del mio camice, poi mi afferra una tetta fra le dita. Il tocco, del tutto inaspettato e rude, ma tanto auspicato, fa cadere le mie ultime difese, se mai ci sono state. Prosegue a sbottonarmi il camice inzuppato d'acqua facendolo cadere ai miei piedi. Le mani frugano fra le mie mutandine fino a raggiungere la passera.
   Non sono abituata a subire un approccio così rude, con le donne preferisco un contatto dolce e delicato, con lei invece sta succedendomi tutto il contrario. E' come scoprire un mondo del tutto sconosciuto. Il contatto delle dita sulle mie grandi labbra mi provoca un sussulto immediato. Sa come prendermi, la gattina.
   L'acqua continua riscaldare i nostri corpi. Me ne sto in piedi con la schiena appoggiata al muro con il corpo di Helga che aderisce al mio. Ha il capo chino sulla mia guancia e con la mano seguita a toccarmi la fica. Prigioniera delle sue attenzioni lascio che mi sfili di dosso mutandine e reggiseno e rimango nuda come lei.
   I nostri corpi scivolano l'uno sull'altro dolce preliminare a future emozioni. Anch'io desidero toccarle la passera. Infilo due dita nella fessura e la penetro. Le pareti sono morbide come quelle dei petali di una rosa. Ce l'ha molto più lubrificata della mia. Sono sorpresa dalle contrazioni dell'utero mentre la scopo con le dita. Sfrego il clitoride con passaggi delicati e sfuggenti.
   Siamo così impegnate nella conoscenza dei nostri corpi che nemmeno faccio caso alla presenza del signor G.G. che dal suo letto di sicuro ci starà osservando.
   Le tette minute di Helga s'infossano nelle mie. La punta dei capezzoli mi pungono la pelle. La cosa mi eccita a tal punto che tolgo le dita dalla passera e mi aggrappo con entrambe le mani alle sue tette.
   Con gli uomini sono costretta a toccarmele da sola mentre mi scopano, stavolta stringo fra le dita quelle di una altra donna e mi eccito nell'accarezzarle. Non mi è mai capitato di toccare donne dai seni con i capezzoli rosa.
   Succhio l'areola, straordinariamente estesa fino a quando Helga si mette a urlare, ma non so se è per il troppo piacere oppure per il dolore che le sto provocando. Anche lei inizia ad accarezzarmi i seni che a confronto dei suoi devono sembrarle dei meloni. Il contatto delle mani provoca sul mio corpo dei fremiti di passione.
   Ho un orgasmo, finalmente, mentre siamo concentrate nell'esplorare le nostre intimità. Neanche ci accorgiamo dell'acqua che seguita a scendere dal bulbo della doccia. Se i nostri corpi hanno già fatto conoscenza i nostri visi fino a ora si sono solo sfiorati.
   Helga si allontana dal mio corpo. Mi afferra da dietro i capelli e li trascina dietro la schiena obbligandomi a stendere la mandibola verso l'alto. Posso specchiarmi nei suoi occhi azzurri e lei nei miei scuri come la notte. Dopo alcuni secondi di silenzio le nostre labbra si avvicinano. Rivoli d'acqua scendono sulle nostre bocche infuocate di piacere. L'incontro delle nostre labbra è così dolce che ho l'impressione d'essere un tutt'uno con la mia amata.
   Le punte delle lingue si cercano e le dita non sono da meno. La sua mano afferra la mia e la porta a contatto del suo clitoride. Inizio a sfregarlo con movimenti lenti che accelero di tanto in tanto. Lei posa la mano sulla mia passera e inizia a masturbarmi. Siamo in sincronia. L'orgasmo che ne segue ci trova accomunate. Veniamo insieme, trattenendo le urla nella bocca dell'altra.
   Durante l'amplesso non abbiamo scambiato una sola parola facendo sesso in modo incredibilmente naturale, merito delle sue origini nordiche e della spregiudicatezza dei suoi modi che hanno contribuito a liberarmi da ogni paura.
   Helga, non paga, s'inginocchia ai miei piedi e inizia a leccarmi la fica. Divarico ancora di più le gambe per ricevere la lingua. M'incalza furiosa penetrandomi sempre più violentemente. Allargo le labbra della passera con le dita e assecondo i suoi movimenti sospingendo il pube in avanti.
   Non impiega molto tempo a farmi raggiungere l'orgasmo. Urlo di piacere, contraendo in mille spasmi le pareti della vagina. Improvvisamente mi rendo conto della strana situazione in cui sono venuta a trovarmi. Chiudo il rubinetto della doccia e invito Helga a consegnarmi uno dei suoi accappatoi. 
   Guardo fuori dalla porta a vetri e noto che il marito sta pulendosi l'uccello con un fazzoletto, probabilmente ha goduto per tutto il tempo di quella avventura.
   Mi precipito fuori dalla stanza con indosso l'accappatoio che Helga si è premurata di consegnarmi. 
   Quando sono nel corridoio scendo la scalinata che conduce negli spogliatoi per indossare un camice da lavoro asciutto.

* * *

   Il signor G.G. è pronto per essere dimesso dalla clinica. Sono impegnata a scrivere sul quaderno delle consegne quando la suoneria del citofono squilla.
   - Signorina Erika? - chiede la voce all'altro capo del citofono.
   - Sì, sono io, dica pure.
   - Sono Helga. Signorina può venire nella nostra camera?
   - Un attimo e sono lì.
   C'è qualcosa di strano nel tono della sua voce. E' tornata a essere autoritaria come il giorno in cui ho fatto la sua conoscenza.
   - Senta signorina... - mi assale Helga appena entro in camera. - Mio marito e io le siamo grati per tutto ciò che ha fatto per noi in questi giorni e desideriamo esprimerle la nostra riconoscenza con un regalo.
   Helga toglie dalla borsetta una mazzetta di banconote e me le porge. A occhio e croce sono un migliaio di euro o poco più.
   - Perché questo regalo? - dico. - Non merito una cifra del genere.
   - Non si preoccupi signorina, se li è guadagnati. - interviene il marito. - Lei ha saputo renderci felici. Mia moglie e io avevamo fatto una scommessa. Helga sosteneva che sarebbe riuscita a fare all'amore con lei, io invece ero convinto del contrario. Ho perso la scommessa e quindi pago.
   Dopo aver pronunciato queste parole il marito di Helga mi porge la mazzetta di banconote. Presa dall'ira le afferro, mi avvicino a Helga e gliele getto sul viso.
   - Una troia, ecco quello che sei, una troia!
   Giro i tacchi ed esco dalla stanza.

   Stamani mentre raggiungevo in bicicletta il posto di lavoro sono transitata per l'ennesima volta dinanzi al cantiere del mio amico muratore. 
   Come ogni mattina il suo triplice fischio ha richiamato la mia attenzione, mi sono girata e lui era là, come sempre, con l'uccello in bella mostra. Per la prima volta l'ho salutato con un cenno della mano facendogli segno di seguirmi. Non so cosa sia successo, forse ha messo male un piede o l'ha colto di sorpresa il mio invito. Sta di fatto che è precipitato dal secondo piano dell'edificio in costruzione ed è atterrato sopra un cumulo di sabbia.
   Soccorso dai compagni è stato ricoverato d'urgenza in ospedale. Ora è degente nel mio reparto. Fortunatamente non si è procurato nessun danno grave, ha solo una gamba fratturata. Dovrò prendermi cura anche di lui?
   Sono nata Farfallina e vado là dove mi porta il cuore.

 

 
 

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