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UN
CLISTERE PER LUCIA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
I
miei
quarant'anni li porto abbastanza bene.
Purtroppo non ho la pelle morbida e liscia come quella
di una adolescente, però a differenza
di molte ragazze di quell'età non ho né
cellulite né smagliature. Sono alta 1
metro e 68 centimetri, peso 57 chili e
vesto indumenti di taglia 44. Siete
curiosi di conoscere le mie misure
anatomiche? Beh, non ho difficoltà a
rivelarvele: 94-62-94.
Appartengo al genere di
donna che gli uomini amano definire in carne. Insomma sono una gran
fica! Sì, una gran fica! Accidenti!
Quella sono io.
Sono stata sposata per
dieci anni con un uomo che adoravo e
da cui ero amata alla follia. Infatti, era pazzo!
Pazzo di me. E io ero disposta a
sottostare a qualsiasi sua stravaganza pur di
vederlo sessualmente appagato. Queste mie parole
potrebbero sembrarvi banali, lo so, ma
tutto nella vita è relativo, vero?
Nei dieci anni di vita
coniugale non l'ho mai tradito. Eppure
le occasioni per farlo non mi
sono mancate. Non mi credete? Certo che
è così, lo giuro!
Tutte le volta che facevamo
l'amore l’eccitazione lo portava a
perdere il senno della ragione. I
travestimenti e le fantasie erotiche che
metteva in atto mi
coinvolgevano in maniera anche troppo
pericolosa. Magari questa rivelazione
potrebbe sembrarvi persino esagerata, lo so, ma posso
assicurarvi che quando facevamo l'amore sapeva coinvolgermi in giochi avventati e dagli esiti imprevedibili.
Ogni occasione era propizia
per mettere in atto una delle fantasie
erotiche che elaborava la sua mente
malata. Io lo assecondavo e accettavo di
buon grado tutto ciò che mi proponeva.
Soggiacevo alle sue richieste perché lo
amavo, e avrei fatto qualsiasi cosa mi
avesse obbligato a fare se fosse servito a farlo
godere.
Ricordo che una mattina si
presentò dinanzi la porta di casa
travestito da imbianchino. In quella
occasione pretese che mi denudassi,
dopodiché iniziò a spennellare il mio
corpo con della vernice per alimenti.
Una volta consolidata la tinta sulla
pelle iniziò a leccarmi, asportando
ogni traccia della patina con cui aveva
provveduto a colorarmi il corpo.
Un pomeriggio si presentò camuffato da
idraulico con indosso una tuta blù. Che cosa
voleva? Verificare che la mia fica non
avesse perdite di alcun tipo. Otturò la
fessura che ho fra le cosce utilizzando come tappo il
cazzo scopandomi in piedi sul
pianerottolo.
In un'altra occasione si
presentò camuffato da portalettere e
pretese d'imbucarmi dei biglietti da
cento Euro nel buco del culo mentre mi
scopava.
Un'altra volta fece ritorno
a casa con indosso un grembiule da
fornaio e il viso cosparso di farina. In
quella occasione non riuscii a
trattenere le risa e mi rifiutai di
lasciarmi penetrare da una baguette.
Quella fu una delle rare volte in cui
non accettai di soddisfare una delle sue
perverse fantasie erotiche.
Ogni camuffamento lo
eccitava, ma soprattutto gradiva dare
sfogo a quei mascheramenti che avevano a che
fare con le professioni sanitarie.
Spesso mi deliziava presentandosi nella
stanza da letto camuffato da infermiere,
medico, radiologo, biologo o quant'altro
gli passava per la mente.
Ieri, durante
l'espletamento di una laboriosa pratica
medica, è accaduto l'irreparabile. Ma
prima ancora, qualche settimana fa,
tornando a casa dal lavoro, mi aveva
obbligato a sottostare a una particolare
pratica erotica obbligandomi a subire un
enteroclisma. Una pratica che gli dava
grande
soddisfazione, tanto che aveva preso l’abitudine di
espletarla sulla mia persona assai di
frequente.
Dopo avere sciolto
delle scaglie di sapone di Marsiglia in tre litri d'acqua
tiepida in una sacca di plastica, si
presentò nella stanza da letto con indosso la
divisa da infermiere.
Nuda, sdraiata sul letto, in attesa
che iniziasse la seduta medicamentosa, vidi
la sua figura apparire sullo stipite della
porta. In una mano impugnava la sacca
colma del liquido saponoso, nell'altra
stringeva un deflussore in plastica
collegato a una sonda che avrebbe
collocato nel mio culo.
Prima di iniziare il trattamento
medicamentoso si premurò di lasciare
cadere alcune gocce di vaselina
sull'estremità della sonda, poi si
rivolse a me.
- Si metta sul fianco
sinistro signorina. – disse con modo
autoritario.
Alla vista di quell'enorme
quantità di liquido non vi nascondo che
fui colta dal panico. Non riuscivo a
capacitarmi che una mistura di tre litri d'acqua
saponosa potessero essere contenuti
nelle anse del mio intestino. Nelle
occasioni precedenti ne aveva
adoperato meno della metà di acqua e la cosa vi
assicuro che mi preoccupò. Pochi
istanti dopo, con fare deciso, mi
sollevò una natica mettendo in
luce, suppongo, l'ingresso dell'ano.
- Stia ferma signorina, mi lasci fare tutto a me, vedrà che non
sentirà alcun male.
Collocò un dito
impiastricciato di vaselina
all’ingresso dell'ano e stese
l'unguento intorno e dentro lo sfintere.
- Per facilitare l'ingresso
della sonda dovrà spingere con
forza i muscoli dell'ano verso
l'esterno, come quando va di corpo. Ha
capito?
- Sì, va bene, farò come
vuole lei. – lo rassicurai.
Protendere il culo
all'infuori era un tipo d'atteggiamento
che ero solita adottare tutte le volte
che voleva sodomizzarmi.
Ma fra il sottile calibro della sonda e
il rotolo di carne che gli pendeva fra
le cosce non c'era proporzione.
Si premurò di appendere la
vaschetta dell'irrigatore a un chiodo
piantato nella parete, là dove in
precedenza c'era appeso un quadro, e rimase in attesa.
La legge dei vasi
comunicanti, secondo quando si premurò
d'informarmi, avrebbe fatto precipitare
il liquido nell'addome senza bisogno di
fare ricorso ad alcuna pressione. Non percepii alcun
tipo di dolore quando spinse la sonda
nella ampolla rettale e più su
nell'intestino, anzi, fu molto delicato
e professionale nell'eseguire la
manovra.
- Esegua dei respiri
profondi senza affannarsi, vedrà
che non sentirà alcun male. - furono le
uniche parole che pronunciò mentre
presenziava alla caduta del liquido nel
mio addome.
Sul suo viso traspirava una
forte emozione. Lo percepii dal modo in
cui inghiottiva di continuo la saliva,
cosa che gli succedeva soltanto quando
era particolarmente eccitato. Mentre il
liquido precipitava nell'addome agì più
volte sulla valvola del deflussore
interrompendo o riattivando la caduta
del liquido nell'intestino. Quando ormai
erano rimasti pochi centilitri d'acqua
nel serbatoio iniziai ad avvertire un
certo dolore alle viscere, solo allora
decise di togliermi la sonda dal culo.
La depositò ai piedi del letto e subito
dopo iniziò a spogliarsi.
- Affinché il clistere
abbia un effetto benefico sul paziente
occorre rimescolare l'intestino con
un'asta. Allo stesso modo in cui si
mescola la polenta. Adesso glielo
mostro.
Si mise supino sul letto e
mi invitò a pormi cavallo sopra il suo
addome, appoggiata sulle mie ginocchia,
nella posizione dello smorzacandela,
cavalcandolo come una amazzone.
Fui abile nel risucchiare
il cazzo nella fica godendo del piacere
della penetrazione. I movimenti
del corpo di mio marito, da prima lenti
e squisitamente delicati, aumentarono
attimo dopo attimo di maggiore
consistenza. Accelerò il movimento del
bacino rimescolando il liquido saponoso che
conservavo nelle viscere. Il dolore
all'addome si accompagnò al piacere del
cazzo che avvertivo salire e scendere a
contatto della mucosa della fica. Madida
di sudore, accaldata come in un giorno
d'agosto, percepii un dannato piacere
nell'essere scopata in quel modo.
Iniziai a contrarre la muscolatura della
vagina attorno al cazzo calcandolo spasmodicamente come in una morsa. Per
nessuna ragione al mondo lo avrei
lasciato fuggire dalla fica, tanto era
intenso il piacere che sapeva arrecarmi.
Mentre mio marito seguitava
a scoparmi iniziai a toccarmi il
clitoride solleticandolo con le dita
bagnate del mio umore. La pancia prese a
dolermi nel momento in cui il liquido
riempì ogni anfratto dell'intestino
premendo contro la parete addominale.
- Come può constatare la
terapia che le sto somministrando ha
degli effetti benefici su di lei. Se ne
accorgerà nei prossimi giorni, vedrà
che starà molto meglio.
Queste parole precedettero
il momento in cui raggiunsi l'orgasmo e
urlai tutto il mio piacere. Mai avrei
immaginato di conseguire un simile
godimento. Nel trambusto cominciai a
perdere del liquido e qualche colpo
d'aria da dietro, ma fui contenta
d'essere stata curata in maniera così
professionale dal mio
"infermiere".
Carlo mi mise carponi sul
letto e, facilitato dall'umido che
circondava l'orifizio anale, introdusse
il cazzo nel mio intestino senza
angustiarsi per gli eccessivi schizzi
d'acqua lurida che fuoriuscivano
dall'ano. Eccitato dalla colata di
cacca, frammista a sapone liquido, che
gli stava sporcando l'addome aumentò il
ritmo della scopata fino a quando
raggiunse l'orgasmo e venne dentro di
me.
Gelida come una statua di
marmo mi ritrovo distesa su uno dei
tavoli
dell'obitorio. Ieri mio marito è
tornato a casa ossessionato dall'idea di
essere un medico anatomo-patologo. Preso
da un raptus di follia mi ha fatto
distendere sul letto e mi ha squarciato
l'addome utilizzando un bisturi, poi mi
ha lasciata morire dissanguata. Ai
carabinieri giunti sul posto perché
allarmati dai vicini di casa che avevano
udito le mie urla, ha raccontato che era
solo un gioco. Sua intenzione, una volta
eseguita l'autopsia, era di passare a
rianimarmi.
Lo amo e se rinascessi sarei pronta a riprendere
da capo il nostro rapporto d'amore,
stavolta però a parti invertite.
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