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NONNI
DA MARCIAPIEDE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Mirko
aveva svolto, per quarant’anni,
l’attività d'infermiere
barcamenandosi nelle corsie
dell'Ospedale Maggiore, prendendosi cura
delle persone malate, svuotando padelle
e pitali. Raggiunta l’età della
pensione consumava le giornate
frequentando il Dopolavoro del Circolo
Sanità ubicato dietro il parcheggio del
Palasport.
Gli piaceva giocare alle carte,
specie con i vecchi compagni di lavoro,
sfogliare le pagine Gazzetta di Parma,
dedicandosi principalmente nella lettura
dei necrologi, ma soprattutto impegnandosi
in lunghe partite di biliardo.
A metà pomeriggio la temperatura
dell’aria misurava trent'otto gradi
all'ombra. Seduto intorno a uno dei
numerosi tavoli, sistemati nell’area
cortilizia del Dopolavoro, era impegnato
nella lettura delle pagine rosa della
Gazzetta dello Sport, bevendo a piccoli
sorsi della Malvasia, un vino
dall’aroma assai simile al Moscato.
L'aria era umida, collosa sulla
pelle. Tutt'a un tratto iniziò a sudare
copiosamente. Senza una ragione precisa
prese ad ansimare rumorosamente al pari
di un assordante mantice. Si alzò
dalla sedia che occupava e fra lo
stupore generale si mise a urlare frasi
sconnesse, minacciando di morte le
persone che occupavano i tavoli attorno
a lui.
Qualcuno attribuì il
malore a un colpo di sole, altri a una
notizia che Mirko aveva letto sulle
pagine rosa del giornale. Nessuno, lì
per lì, ebbe chiara la ragione che gli
aveva scatenato quell'improvviso stato
di confusione mentale. Quel che so per
certo è che occorsero otto braccia per
riportarlo all'impotenza.
I militi della Croce Rossa,
accorsi sul posto con due ambulanze,
condussero Mirko al Pronto Soccorso fra
gli sguardi attoniti delle persone che a
quell'ora del pomeriggio frequentavano
il Dopolavoro.
Mirko rimase ospite di una casa
di cura per malattie mentali per un
periodo di sei mesi, dopodiché tornò
ad essere un uomo libero.
Il forzato ricovero lo aveva
segnato in maniera durevole. Dimesso
dalla casa di cura prese l'abitudine di
camminare, dall'alba al tramonto, lungo
la strada che dai Mercati Generali
conduce all'aeroporto Giuseppe Verdi.
Strada battuta nelle ore serali e per
tutta la notte da prostitute e
transessuali in attesa di clienti.
Senza un’apparente
ragione aveva preso l'iniziativa di
raccattare i preservativi che nottetempo
i clienti delle prostitute abbandonavano
sul ciglio della carreggiata e nei prati
circostanti, svolgendo l'insolito lavoro
con la medesima tenacia e precisione che
lo aveva contraddistinto nella
professione d'infermiere.
Nell'espletamento di quella
strana occupazione, sorreggeva tracolla
un cestino di vimini, lo stesso che in
passato aveva utilizzato per recarsi a
pesca. Era lì che custodiva i
profilattici recuperati nel suo
girovagare per strada durante l’intera
giornata.
Alle prime luci dell'alba,
consumato un cappuccino al bar dei
Mercati Generali, s'incamminava lungo la
strada che conduceva all'aeroporto
scandagliando con un bastone il terreno
erboso, fra gli alberi di gaggia, dove
nottetempo i clienti consumavano i loro
coiti.
Mirko conosceva ogni
anfratto ai lati della carreggiata dove
le prostitute si appartavano. Questo gli
consentiva di rintracciare, in breve
tempo, un gran numero di preservativi.
Qualche camionista, incrociandolo mentre
espletava l'insolito lavoro di pulizia,
arrestava l'automezzo e lo salutava.
C'era chi gli offriva una
sigaretta, chi un bicchiere di vino,
oppure semplicemente gli batteva una
pacca sulla spalla. Lui ringraziava
tutti con un sorriso, dopodiché
riprendeva il proprio lavoro.
A mezzogiorno era solito
fermarsi all'ombra di una gaggia per
consumare il pranzo. Un tozzo di pane,
farcito con mortadella oppure pancetta,
era quanto di meglio poteva cibarsi. Al
termine del fugace pasto fumava una
sigaretta, dopodiché riprendeva il
cammino. A fine giornata, dopo avere
svuotato il cesto di vimini, colmo di
preservativi, in uno dei cassonetti
della spazzatura, inforcava la
bicicletta e faceva ritorno a casa.
Nel modesto appartamento
che occupava, un bilocale al terzo piano
di una casa a ringhiera dell'Oltretorrente,
nessuno stava a attenderlo. I figli,
sposati e con prole a carico, si erano
da tempo allontanati da casa. Gina, la
moglie, era deceduta qualche anno
addietro poco prima che lui si
congedasse dal lavoro in ospedale. A
volte, di sera, per non restare solo si
recava a trovare Eliana, là nel viale
dove la donna era solita prostituirsi:
il medesimo dove durante il giorno
raccattava i preservativi abbandonati
dai clienti delle prostitute.
Mirko era in intimità con
Eliana. Frequentava la prostituta già
da prima che la moglie si spegnesse. La
donna aveva una sessantina d'anni e li
dimostrava tutti. Alta non più di un
metro e cinquanta, grassoccia, indossava
una vistosa parrucca bionda. La
capigliatura posticcia le era utile per
mascherare l'incipiente alopecia
conseguenza di una precoce caduta dei
capelli.
Eliana evitava di sorridere
ai clienti per non mostrare i pochi
denti incastonati nelle gengive. La sua
clientela era costituita in massima
parte da anziani, ma non le mancavano
richieste da parte di giovani
nordafricani che si accoppiavano con lei
stante le modeste tariffe che praticava.
C'era chi sosteneva che da giovane fosse
carina, ma dopo un’intera vita
consumata a battere sui viali della si
era ridotta a una larva di donna che né
l'oscurità né il pesante maquillage
del viso riuscivano a mitigare.
Mirko
era solito congiungersi con Eliana su un
cencioso materasso
di crine. Lo stesso che il magnaccia
della donna provvedeva, ogni notte, a
fare uscire dal bagagliaio della propria
Fiat Ritmo per poi stenderlo nel prato,
e ritirarlo al mattino.
Quello di cui Mirko aveva
bisogno era di un po' di tenerezza e
compagnia. Eliana era la sola donna
capace di offrirgli entrambe le cose.
Prima di consumare il coito
trascorrevano del tempo a chiacchierare
per la strada. Eliana stava ad
ascoltarlo mentre era impegnata a
adescare qualche cliente, ma gli uomini
che transitavano dinanzi alla sua
postazione, salvo qualche rara
eccezione, dopo averla guardata bene da
vicino si allontanavano senza nemmeno
chiederle la tariffa che praticava.
Mirko era solito confidarle
le proprie pene. Eliana lo ascoltava con
pazienza elargendogli affettuosi
consigli. Imbottito com’era di
psicofarmaci non possedeva una grande
carica sessuale, e faticava a fare
diventare duro l'uccello. Eliana
ricorreva alle astuzie del proprio
mestiere per portarglielo in erezione.
Mica sempre ci riusciva, ma quando
succedeva Mirko la prendeva da dietro,
alla pecorina, inginocchiandosi sul
materasso su cui stendevano le membra
altri disperati come lui.
Quando Eliana, nonostante
gli sforzi, non riusciva a fargli
diventare duro l'uccello, allora non
voleva essere pagata, ma Mirko insisteva
per compensarla, sostenendo che
nell'espletamento del proprio lavoro
ognuno deve ricevere il giusto tributo e
lei quei soldi se li era guadagnati
comunque.
Mirko è stato travolto da
un'autovettura ed è morto. E' accaduto
mentre ripuliva siepi, prati e
marciapiedi di Via dei Mercati dai
preservativi. Avrebbe potuto essere mio
padre, il tuo o quello di ciascuno di
noi, avrebbe potuto essere un pervertito
o un maniaco sessuale. Ma qualunque cosa
egli fosse mi mancherà. Se n'è andato
in silenzio, da solo, con un
preservativo stretto fra le dita. Sulla
Gazzetta di Parma, nella pagina dei
necrologi, nemmeno un rigo.
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