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NIENTE
BACI
SULLE LABBRA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
I l
convoglio della ferrovia metropolitana
avanza rapido nel sottosuolo di Parigi.
Le carrozze sono affollate di persone appiccicate come
sardine in scatola,
estranee una all'altra, assorte nei loro
pensieri, taciturne, come se fossero prive
della parola. Tutt'a un tratto la
motrice rallenta la corsa. Il convoglio
si arresta dinanzi alla banchina della
stazione di Etienne Marcel, poco
distante da Les Halles.
Il crepitio dei freni delle
carrozze precede di poco l'apertura
della porta a soffietto che si spalanca
davanti ai miei occhi. Il flusso di
persone alle mie spalle mi sospinge
verso il marciapiede e mi trascina fuori
dallo scompartimento.
Un musicante stende la mano
al mio passaggio mendicando qualche
moneta. Ignoro il gesto incalzata dalla
folla di persone che mi pressano alle
spalle sospingendomi verso l'uscita
della stazione della metropolitana.
La motrice del convoglio
riprende la corsa nel momento in cui sto
per mettere piede sulla scala mobile.
Quando raggiungo l'uscita della stazione
il cielo è carico di nubi
scure e pioviggina. Apro l'ombrello e
m'incammino verso boulevard De Bonne
Nouvelle, distante qualche centinaio di
metri dalla stazione di Etienne Marcel.
Cammino sul marciapiede
cercando di eludere le pozzanghere. Ai
piedi non calzo scarpe con tacchi da 12
cm. come solita fare quando calco il palcoscenico,
ma comode scarpe da running, ragione per
cui non corro il rischio di incespicare
sul lastricato sconnesso e reso viscido
dalla pioggia.
Nessun accessorio del
guardaroba rappresenta la femminilità
meglio dei tacchi a spillo. Le mie amiche li trovano irrinunciabili perché
ci fanno sembrare più alte e slanciate.
Raramente mi capita di abbinare
minigonne cortissime con tacchi a spillo
di dieci, o addirittura dodici centimetri. Quando mi è accaduto ho
avuto la chiara impressione di mettere
in imbarazzo i partner con cui mi
accompagnavo, questo perché madre
natura mi ha dotata di una struttura
scheletrica piuttosto sviluppata.
Indosso scarpe décolleté nere,
provviste di tacchi a spillo, soltanto
quando mi esibisco sulla scena nel
locale dove lavoro perché attribuiscono
una significativa eleganza al mio corpo
nudo, mentre fuori dal posto preferisco
calzare scarpe comode.
Oggi è venerdì e come
ogni fine settimana Rue Saint Denis è
affollato di uomini e donne con gli
ormoni in subbuglio. Le prostitute che a
ogni ora del giorno e della notte,
affollano i marciapiedi della strada, si
danno da fare nell'adescare clienti,
disposte a soddisfare qualsiasi tipo di
necessità sessuale.
Il Sacré Coeur, il
teatrino-hard dove sono diretta, è uno
dei locali più apprezzati di Rue Saint
Denis. E' lì che mi guadagno da vivere
mostrandomi nuda davanti agli obiettivi
di fotografi hobbisti interessati a
immortalare il mio corpo nelle diverse
posture.
L'insegna al neon di colore
azzurro, raffigurante il corpo di una
sirenetta, posta all'ingresso del Sacré
Coeur, è accesa. Mancano pochi minuti
alle 17.00 quando metto piede nel foyer
del locale.
- Buonasera. - saluto.
- Sei in ritardo come al
solito, Brigitte. - mi rimprovera
Jean-Jacques, uno dei gestori del Sacré
Coeur.
- Ma no, dai, sono le
cinque soltanto adesso!
- Ci sono già dei clienti
in attesa che ti esibisca sulla pedana, fai presto a spogliarti, dai.
- Due minuti e sono pronta,
accidenti a te.
- Sì, va bene. - sbuffa
spazientito toccandomi il culo con il
palmo della mano mentre gli passo
accanto diretta verso il camerino.
Levo gli abiti di dosso e
resto nuda. Infilo un paio di scarpe
scollate con tacchi di 12 centimetri,
indosso una parrucca a caschetto di
colore blu, opero un breve maquillage al
viso, ed esco dal camerino con indosso
la vestaglia da camera.
Ecco, adesso li vedo, i
clienti sono una decina e tutti
ammassati attorno alla pedana. Impugnano
la macchina fotografica e sono animati
dalla smania di eseguire uno scatto dopo
l'altro appena darò inizio alle pose.
C'è anche una donna fra
loro, ed è una presenza piuttosto
insolita per il locale. Da un paio
di mesi si fa vedere ogni venerdì.
Mostra d'avere una quarantina d'anni,
non di più, ma li porta bene. Stasera
veste con jeans e un maglione a
girocollo. Ha capelli lunghi di colore
castano che insiste a mantenere raccolti
dietro il capo a coda di cavallo. Se ne
sta in disparte ed è in attesa che mi
spogli del tutto.
Mi libero della vestaglia e
lascio che scivoli sul parquet della
pedana. Mi piace esibire il corpo nudo a
estranei. Muovermi sulla pedana in
maniera voluttuosa al ritmo di una
musica che accompagna la mia esibizione,
ostentare il sex appeal di cui abbonda
il mio giovane corpo, mostrando le
labbra umide della passera mi fa stare
bene. Ma chi mi sta davanti, puntandomi
contro l'obiettivo di una reflex come
fosse un grosso fallo, non è in grado
di comprenderlo, penso.
Mi avvicino al cubo che
occupa il centro della scena e mi ci
siedo sopra circondata da un branco di
uomini determinati a mettere a setaccio
ogni centimetro quadro del mio corpo.
La donna non tiene il
mirino della macchina fotografica
accostato all'occhio come fanno gli
uomini che invece insistono a
fotografarmi. Sembra più interessata a
esplorare il mio corpo in modo autentico
anziché attraverso la lente di un
obbiettivo. E' un rito il suo, soltanto
dopo avermi scrutata a fondo incomincerà
a scattare fotografie e lo farà senza
farsi distrarre dalla presenza degli
uomini che mi stanno d'intorno.
Divarico le cosce quel poco
che serve a rendere visibile il tessuto
roseo della passera, dopodiché fletto
le ginocchia e chino il culo fino a
toccare il legno del parquet. Gli scatti
degli apparecchi fotografici si fanno più
fitti, gli uomini si danno di gomito,
spingendosi uno contro l'altro, per
assicurarsi la migliore delle
inquadrature. Distendo le labbra della
passera, aiutandomi con le dita di
entrambe le mani e mostro in modo
integrale la rosea natura e il bocciolo
del clitoride.
Mi rialzo quasi subito e
inizio a camminare tutt'attorno il cubo
con movimenti lenti favorita dalla
musica eseguita al pianoforte da Susanne
Ciani.
Non provo avversione per il
branco di pervertiti che mi stanno
attorno. Ognuna delle persone che mi sta
fotografando nasconde una propria
storia, ciascuno ha una fantasia erotica
da soddisfare. Pagherei non so cosa per
conoscerle, soprattutto quella che
alberga nella testa della donna che se
ne sta in disparte e ancora non ha
iniziato a fotografarmi.
La vedo che mi guarda come
si ammira una statua, ma io sono fatta
di carne e ossa e questo suo modo di
agire non mi lascia indifferente, anzi
mi eccita da morire.
Muovo il corpo carezzandomi
la pelle al ritmo della musica scandita
dalle note del pianoforte. Guardo di
continuo nella direzione in cui è
appostata la donna provocandola col mio
sguardo da adescatrice. Lei ha sentore
di quanto sto facendo perché accosta il
mirino dell'obbiettivo all'occhio e
inizia fotografarmi.
Avvicino le dita a un
capezzolo e lo stiro più volte verso
l'esterno pizzicandolo. La donna mi gira
d'intorno mentre inseguo lo sguardo del
suo obbiettivo ruotando il corpo nella
sua direzione come una cagna in calore.
Alle sette di sera, dopo
tre turni di lavoro sulla pedana, con
avvicendamento dei clienti, torno
definitivamente nel camerino e
incomincio a rivestirmi.
Quando esco dal Sacré
Coeur ha cessato di piovere. Prendo la
direzione del Royal Blue, un bistrot
dove sono solita consumare pasti
frugali.
A quest'ora il locale è
colmo di gente, mi avvicino al bancone e
chiedo a Gaspard se c'è un posto a
sedere.
- I tavoli sono tutti
occupati, mi spiace. Ma posso sistemarti
a un tavolo impegnato da una sola
persona, se ti va. Che ne pensi?
- Mah. Adesso guardo chi c'è
in giro.
Scruto con curiosità i
tavoli alla ricerca di una persona che
sia di mio gradimento. Non impiego molto
tempo a individuare il tavolo che fa al
caso mio. Lo occupa una donna, una che
conosce il mio corpo più di qualunque
altra persona, e muoio dalla voglia di
conoscere a fondo il suo.
- Andrei volentieri a
sedermi là, a quel tavolo. - dico
estendendo il braccio nella direzione di
un tavolo a ridosso della vetrina che si
affaccia sulla strada. - Ti spiace
accompagnarmi e chiedere alla signora
che lo occupa se posso sedermi di fronte
a lei?
- Figurati, adesso ti
accompagno, segui me.
Gaspard mi precede
mischiandosi fra i tavoli occupati dai
clienti. Raggiungiamo il tavolo che gli
ho indicato e ci fermiamo dinanzi alla
donna.
- Mi scusi, le crea
disturbo se faccio accomodare la
signorina al suo tavolo? Gli altri sono
tutti occupati e...
La donna alza lo sguardo
nella mia direzione e mi fissa, poi
senza mostrare alcun imbarazzo di sorta
si rivolge a me.
- Prego si accomodi
signorina.
- Torno fra poco per
l'ordinazione. - mi assicura Gaspard
prima di allontanarsi.
E' il momento giusto per
chiederle il nome. Sono curiosa di
saperlo, ma prima di accomodarmi mi
presento.
- Il mio nome è Brigitte.
- Il mio, Monique. - dice
mentre con la lama di un coltello divide
la porzione di camembert che sta nel
piatto alla sua sinistra, davanti alla
casseruola dell'insalata.
- Bel nome, davvero,
complimenti!
- Non l'ho scelto io, me lo
hanno attribuito i miei genitori il
giorno che sono nata.
- Eh, sì, anche a me è
accaduto la medesima cosa. - convengo
abbozzando un sorriso.
Ho i capezzoli sull'attenti
intenzionati a trapassare l'esile
tessuto della camicetta. Stavolta,
contrariamente al solito, tocca a me
guardarla con attenzione mentre avvicina
una scheggia di formaggio alla bocca,
distendendo le labbra, mostrando una
corona di denti bianca e bene allineata.
- Com'è il camembert?
- Abbastanza buono,
proviene da Saint-Mère-l'Eglise.
- Ah! - soggiungo dando a
intendere d'essere stupita dalla sua
affermazione.
Gaspard ha fatto ritorno al
nostro tavolo. Sta al mio fianco ed è
in attesa che effettui l'ordinazione
mentre consulto la carta dei menù.
- Dunque, Brigitte, hai
deciso?
- Portami delle tartine con
del prosciutto crudo delle Landes, e una
insalata di verdure al coriandolo.
- Basta così?
- Ah, da bere portami del
beaujolais.
- Dolce niente?
- Quello lo prendo più
tardi. Che ne pensi se ordinassi del
gelato al torrone con su un coulis di
lamponi?
- Al posto tuo starei
attenta a non ingrassare, col mestiere
che eserciti ogni grammo di grasso ti è
nocivo all'aspetto.
- Ma va là.
- A me invece dovrebbe
portare delle altre quiches di cipolle.
- lo interrompe Monique.
- Va bene, provvedo subito,
fra poco torno da voi.
Il tavolo dove siamo sedute
è piccolo, a malapena può accogliere i
piatti che Gaspard ci porterà fra poco,
ma c'è Monique, e solo questo
m'importa.
- Noi due ci conosciamo
vero? - la provoco.
- Può darsi, e poi
incontro molte persone nel corso della
giornata e non mi ricordo di tutte.
Sarebbe pressoché impossibile, non
crede?
- Oh, sì, ha ragione.
Eppure mi sembra di averla vista anche
oggi, al Sacré Coeur, un locale di
spettacoli hard distante pochi passi da
qui.
- Ah, sì?
- Ne sono certa, non posso
sbagliarmi.
- E allora che c'è di così
strano?
- Niente, solo che mi fa
piacere trovarmi seduta a questo tavolo
in sua compagnia.
- Anche a me fa piacere.
- Forse sono troppo
curiosa, ma posso sapere che lavoro
svolge?
La domanda sembra
infastidirla non poco, rimane per
qualche istante senza parlare, poi
riprende a conversare come se niente
fosse accaduto.
- Lavoro? Perché mi ha
chiesto se lavoro?
- Beh, mi sembra una
domanda abbastanza normale.
- Crede?
- Sì, certo, altrimenti
non gliel'avrei fatta.
- No, non lavoro. E lei?
- Studio, sono iscritta
all'università.
- Ah!
- Si era fatta l'idea che
mi spogliassi soltanto?
- No, è che...
- Non mi ha ancora detto
che cosa fa nella vita? - la interrompo.
- Amo!
Gaspard viene a troncare la
conversazione che con tanta fatica sono
riuscita a imbastire con Monique. Quello
che stiamo conducendo è un gioco delle
parti, la cosa mi diverte più di quanto
sa eccitarmi con il suo modo di
atteggiarsi. Ero sul punto di scoprire
qualcosa di pruriginoso sul suo conto,
ma la comparsa di Gaspard ha sciupato
tutto.
- Ecco, Brigitte, questo è
quanto hai ordinato. - annuncia Gaspard
mentre depone sul piano del tavolo le
pietanze e la caraffa di vino sfuso.
Quando desideri il gelato mi fai un
fischio.
- Si, grazie.
- A lei signora le quiches
di cipolle.
- La ringrazio, è molto
gentile.
Le tartine di prosciutto
hanno un sapore gradevole, ne ingerisco
due in tutta fretta, poi comincio a
rimpinzarmi lo stomaco d'insalata. Lo
stesso fa Monique assaporando le quiches
di cipolle.
- Si mangia bene qui. -
dice la mia compagna.
- Non sempre, ma ci vengo
volentieri, soprattutto perché è uno
di quei posti dove è possibile fare
nuove amicizie.
- Come stasera?
- Perché no?
- Non credi che dovremmo
finirla con questa commedia? -
suggerisco.
Monique non mi dà
risposta. Ancora una volta sembra
intenzionata a prendere tempo, ma io non
ne ho da sprecare. Ho voglia di lei,
desidero scoparmela al più presto, e
sono decisa a giocarmi le poche chanse
che ho a disposizione.
- Cosa te lo fa credere? -
replica dandomi del tu pure lei.
- Il fatto che da un po' di
tempo vieni a fotografarmi al Sacré
Coeur.
- E questo cosa ti ha fatto
pensare?
- Non lo so. - mento.
- Sei davvero convinta che
sono attratta da te?
- Non è forse vero?
- Cosa c'è di strano? -
afferma guardandomi diritta negli occhi.
- Niente, è abbastanza
evidente dal modo in cui scatti le foto.
- E tu?
- E tu, cosa?
Seguo il movimento delle
sue labbra mentre articola le parole e
mi prende una dannata voglia di curvare
la bocca sulla sua e baciarla, ora,
davanti a tutti. Lei deve averlo intuito
perché scimmiotta un sorriso che mi sa
tanto di presa in giro. Non sono una
sprovveduta, donne con pruriti simili al
suo ne ho conosciute diverse, ma lei
possiede un fascino speciale, diverso da
tutte le altre, e non so cosa sia.
- Non mi hai spiegato perché
ogni venerdì vieni al Sacré Coeur.
- E tu perché posi nuda in
quel teatrino?
- Per guadagnare un po' di
Euro, che altro!
- Soltanto?
- Mah!
- Non è forse vero che ti
ecciti a mostrarti nuda?
- Sì, è vero, che c'è di
strano?
- Nulla.
- Appunto!
- Allora se ti chiedessi di
posare nuda solo per me lo faresti?
La stanza dove abbiamo
trovato rifugio è quella di un albergo
a ore. Inizio a spogliarmi e Monique mi
emula liberandosi di jeans e maglione.
Vista da vicino, con indosso un intimo
di pizzo nero, si mostra ancora più
bella di quando mi è parsa da vestita.
Possiede fianchi stretti, mentre le
gambe sono affusolate e le tette
appaiono ancora sode forse perché non
troppo grandi. Il culo non mostra tracce
di cellulite né l'addome ha segni di
smagliature. Il viso privo di rughe è
dolce per la mancanza di trucco anche se
le labbra mettono in evidenza la
presenza di un lucidalabbra.
Monique è lesta nel fare
scivolare la bocca sulla mia
pignorandomi le labbra in un tenero
bacio. Le tolgo di dosso l'intimo che le
copre il sesso e lei fa lo stesso
liberandomi del perizoma di tulle nero e
del reggiseno, dopodiché mi ritrovo
distesa su letto con lei sopra.
Il contatto con la sua
pelle mi provoca un lungo brivido caldo
che attraversa il mio corpo scuotendolo
più volte. Lascio che la sua mano guidi
la mia e mi ritrovo fra le dita lo
spessore di un mio capezzolo reso
turgido per l'eccitazione. Lo accarezzo
e lei fa lo stesso sfiorandomi con le
dita l'altro capezzolo. I movimenti
delle dita accrescono lo stordimento di
cui sono in parte responsabile avendo
accettato di seguirla fin qui.
Quante altre donne avranno
subito il medesimo effetto che ha su di
me? Oppure sono io la prima ad avere
subito le sue attenzioni? No, è
impossibile, penso, mentre mi abbandono
alle sue carezze.
Le dita delle mani scorrono
leggere sulle mie gambe e risalgono fino
all'inguine. Il tocco sulla pelle è
lieve, quasi impercettibile, i movimenti
delle dita sono lenti e ripetuti più
volte.
Sono scossa e vittima di
una sequela di brividi. Ruoto più volte
il capo sul guanciale per effetto delle
carezze e mugolo di piacere. Monique
s'inginocchia ai miei piedi, china il
capo e risale con la lingua lungo le
cosce fino a raggiungere ciò che ho di
più prezioso e tengo custodito a due
dita dal buchetto del culo.
Monique provvede a
divaricarmi le ginocchia e si tuffa con
le guance fra le mie cosce spandendo la
lingua sulla vagina dischiusa. Inizia a
leccarmela con delicatezza, ma si
allontana quasi subito lasciandomi di
stucco. Solleva il capo e avvicina la
bocca, satura dell'umore della mia
passera, alle mie labbra e mi bacia.
Sfioro con le dita la fessura della sua
passera e raggiungo il bocciolo del
clitoride. La sua figa in quanto a
morbidezza è pari alle labbra che sto
baciando.
Monique prosegue a scoparmi
nella bocca penetrandomi più volte con
la punta della lingua. La imito facendo
in modo d'incrociarla con la mia
titillandoci contro.
Le tette gonfie mi
provocano dolore. Lo stesso sta
succedendo anche a lei, penso. Quando mi
arrischio a toccarle un capezzolo per
strizzarlo Monique si ritrae e va a
distendersi sul letto al mio fianco. La
inseguo e mi tuffo col capo fra le sue
cosce. Sospingo la bocca sul clitoride,
dopodiché incomincio a succhiarlo avida
come una cagna in calore.
I movimenti delle mie
labbra sembrano compiacerla perché
inizia a mugolare di piacere. Mentre le
succhio il clitoride lei si accarezza le
tette esibendosi in una sequela di
gemiti che accrescono il mio desiderio
di possederla, allora decido d'infilarle
due dita nella vagina.
Brava la sono per davvero
nel succhiarle il clitoride perché il
corpo di Monique incomincia tremare e
lei si lascia sfuggire frasi in
apparenza senza senso. Non riesco a
contenerla, si divincola dal mio
abbraccio e ci ritroviamo di nuovo
abbracciate con la bocca incollata a
quella dell'altra.
Non sono riuscita a farle
raggiungere la pienezza dell'orgasmo e
ne sono dispiaciuta, ma non ho tempo per
rammaricarmene perché Monique provvede
a sistemarmi supina e mi è sopra.
Le sue labbra affondano sul
mio clitoride. Fa uso delle stesse
movenze con cui sono solita stordire i
miei compagni di letto quando gli
succhio il cazzo. Un primo orgasmo
giunge liberatorio lasciandomi
inebetita, mentre quelli che si
succedono nel volgere di pochi minuti
sono delle miscele esplosive tanto ne
resto sconvolta.
Mi divincolo dal suo
abbraccio per non rimanere travolta dal
piacere. La testa mi scoppia, il cuore
sembra uscirmi dal petto e mi ritrovo in
un bagno di sudore. Impiego un po' di
tempo per riprendermi.
Boulevard de Sebastopol
come ogni fine settimana è affollato di
autovetture. Lo percorriamo a piedi,
tenendoci per mano mentre i fari delle
macchine c'illuminano. Impieghiamo più
di venti minuti per raggiungere
l'incrocio con Place de Chatelet. Non mi
va di lasciarla andare via così,
nemmeno ho il coraggio di chiederle dove
mi sta conducendo. Procediamo rasenti il
fiume sino a Place de l'Ecole dove c'è
una stazione del metrò.
- Beh, è giunto il momento
di salutarci.
- Di già?
- E' tardi, devo
assolutamente fare ritorno a casa.
Non oso chiederle chi la
sta aspettando, ma so già quale
potrebbe essere la sua risposta.
- Ci rivedremo ancora?
- Forse. - mi dà risposta.
Un ultimo bacio sulla
guancia e Monique si allontana. La vedo
scendere lungo la scalinata che conduce
ai binari della ferrovia metropolitana,
alla fermata di Pont Neuf, fino a
scomparire alla mia vista.
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