COMPAGNO DI SCUOLA, 
COMPAGNO DI NIENTE...

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

           La neve aveva iniziato a cadere sulla città alle prime luci dell'alba. A distanza di dodici ore la precipitazione nevosa non era ancora cessata. Le strade di Reggio erano imbiancate da uno spesso manto di neve come non accadeva da diversi anni.
   Gli spartineve, entrati in azione, avevano reso praticabili le principali strade del centro città, mentre i mezzi spargisale avevano fatto la loro comparsa sulla tangenziale per prevenire il formarsi del ghiaccio.
   Lucilla si era messa alla guida della Fiat Multipla, diretta a Parma, nonostante le condizioni climatiche sconsigliassero il viaggio. Immettendosi sulla tangenziale si era trovata in coda a una processione di autoarticolati che procedevano a rilento, con i tergicristalli che faticavano a rimuovere i fiocchi di neve dal parabrezza.
   Per niente turbata dal maltempo proseguì nel viaggio che l'avrebbe condotta a Parma stimolata dalla curiosità d'incontrare, dopo tanti anni, gli ex compagni di classe del liceo Tasso.
   Aveva accettato l'invito alla rimpatriata con entusiasmo, ma non poteva immaginare che il convivio si sarebbe svolto in una serata da tregenda causa la fitta nevicata che imperversava su tutta la pianura padana.
   A tenerle compagnia, mentre procedeva a passo da lumaca sulla tangenziale, c'erano le canzoni divulgate da Radio Nostalgia su cui aveva sintonizzato le frequenze dell'autoradio. I brani erano i medesimi che era solita ascoltare quando, all'età di diciotto anni, trascorreva interi pomeriggi sdraiata sul divano, con le cuffie dello stereo appiccicate alle orecchie, sognando un principe azzurro che sarebbe dovuto approdare nella sua vita per portarla via. Ma nessun principe azzurro aveva mai bussato alla sua porta.
   Malgrado ciò si era sposata e aveva messo al mondo due figli. Alle persone che le gravitavano d'intorno dava l'impressione d'essere una donna appagata, ma non la era, persuasa che le mancasse qualcosa per esserlo, ma nemmeno lei sapeva cosa fosse.

   Mentre le spazzole dei tergicristalli seguitavano a imbastire trame arabesche sul parabrezza i fiocchi di neve scivolavano via, trasportati dalle spazzole di gomma, ma tornavano ogni volta insistenti, sempre uguali, in un processo che sembrava non dovesse mai giungere a termine.
   A Pieve Modolena, all'intersezione della tangenziale con la Via Emilia, una colonna di autoarticolati e autovetture, in doppia fila, indugiava all'incrocio con i motori accesi.
   Superato l'impasse dell'incrocio con la Via Emilia, la strada nella direzione di Parma era libera, seppure ammantata da uno strato di neve pressata. Proseguì il viaggio sino ai centri abitati di Cella, Villa Cadè e La Gaida. Mentre stava per abbandonare la provincia di Reggio Emilia, per immettersi in quella di Parma, presero forma nella sua mente, a brevi ondate, le sembianze di alcuni ex compagni di liceo.
   Le venne spontaneo chiedersi quanti di loro erano cambiati nell'aspetto e se sarebbe stata in grado di riconoscerli, ma soprattutto era curiosa di verificare se avessero mantenuto intatta la cultura ribelle e sovversiva di quando avevano diciotto anni.
   Il ricordo degli ex compagni di scuola era associato a episodi divertenti, ma soprattutto ai piccoli e grandi amori consumati con alcuni di loro.
   Tutt'a un tratto si scoprì a sorridere come un'idiota, con i fiocchi di neve che la ipnotizzavano illuminati dai fari dell'automobile, mentre ricordava episodi di cui era stata protagonista.
   L'avvenimento era relativo a uno dei cosiddetti "viaggi d'istruzione" durante i quali, i liceali, sono soliti andare a zonzo per le città d'arte facendo visita a luoghi ricchi di storia per apprendere quegli insegnamenti che a scuola, a detta degli insegnanti, sarebbero meno coinvolgenti.
   Le gite scolastiche erano soprattutto una opportunità di evasione dalla routine scolastica, una occasione per trascorrere un po' di tempo fuori casa, lontano dai genitori, in compagnia degli amici, ma anche motivo per la nascita di nuovi amori, specie durante le lunghe notti bianche e i pigiama party improvvisati nelle camere d'albergo.
   Durante una di quelle gite scolastiche, con meta Firenze, aveva subito le attenzioni di una compagna di classe. E con lei aveva intrattenuto la prima e unica esperienza lesbica della sua vita.
   Alice, la ragazza con cui aveva praticato del sesso saffico, era speciale. Bella come poche altre liceali era il sogno erotico di tutti i ragazzi del liceo Tasso. Ma nessuno di loro poteva vantare di averci scambiato anche un semplice bacio. Dicevano che era snob, che se la tirava, invece era solo lesbica.
   Quando l'insegnante che fungeva da accompagnatrice della gita aveva assegnato a lei e Alice una camera con letto matrimoniale, da dividere insieme, non l'aveva sfiorata l'idea che l'amica fosse lesbica, né di dovere subire le sue attenzioni.
   Al momento di andare a letto Alice si era tolta tutti gli indumenti, persino gli slip, dopodiché si era infilata sotto le lenzuola e le si era appiccicata addosso con la scusa di procurarsi un po' di calore.
   Le mani di Alice si erano mostrate impazienti di conoscerla a fondo. Le dita dell'amica le erano scivolate sulla pelle, sotto la stoffa del pigiama e l'avevano carezzata delicatamente.
   Sorpresa ed eccitata da quella strana intimità non aveva trovato la forza per scostarsi. Aveva lasciato che l'amica le fasciasse le tette e i capezzoli e subito dopo, in modo sfacciato, le cosce.
   Aveva subito quelle attenzioni senza ritrarsi, meravigliata dall'eccitazione che l'amica aveva saputo trasmetterle con quelle carezze, ma soprattutto per essersi ritrovata, suo malgrado, con la fica in liquefazione come le succedeva quando si masturbava.
   Alice non aveva faticato granché ad accorgersene. Percepito l'umore che le inumidiva la fica le aveva lambito il clitoride, divenuto turgido, e lo aveva carezzato a lungo fino a farla gemere di piacere, dopodiché le aveva divaricato le gambe e si era gettata a capofitto con le guance fra le cosce.
   Si era dannata l'anima a leccarle la fica. Le aveva succhiato il clitoride fino a farla urlare di piacere prima ancora di farle raggiungere l'orgasmo. Non paga aveva insistito a succhiarglielo oltre ogni limite sopportabile, stirandole nello stesso tempo i capezzoli con le dita, pizzicandoli, torcendoli, facendole scuotere il corpo di tremori inconsulti fino a farle dire: - Basta! -
   Quella notte avevano seguitato a fare del sesso fino allo sfinimento, poi si erano addormentate congiunte in un unico abbraccio che avevano mantenuto fino al momento del risveglio.
   Prima di quella fortuita circostanza non aveva mai fatto sesso con nessun'altra donna, anche se una certa attrazione per i corpi femminili l'aveva sempre avuta. Essere sedotta da una donna l'aveva messa in crisi, soprattutto perché aveva portato alla luce una parte di se stessa che non voleva accettare.
   Dopo la pazza notte trascorsa a fare sesso con Alice aveva  provato vergogna per quanto era accaduto. E in seguito aveva evitato la sua compagnia. Alice invece aveva tentato in tutti i modi di circuirla, infine, vedendosi rifiutata, aveva accettato di malavoglia di mettersi da parte.

   Vent'anni erano trascorsi da quando, superato l'esame di maturità, era uscita dal liceo Tasso. Terminati gli studi liceali si era catapultata nella vita, quella vera, con forte senso di responsabilità superando con disinvoltura i tanti problemi che le erano piovuti addosso come macigni nel volgere di pochi anni.
   Alla prematura morte dei genitori, periti in un incidente stradale, era stata costretta a trovarsi un lavoro per mantenersi agli studi universitari. Per qualche anno aveva lavorato come propagandista, bussando alle porte delle abitazioni, esibendo prodotti per la cura del corpo. Una volta conseguita la laurea in lettere e filosofia aveva intrapreso la carriera d'insegnante.
   A Guastalla, piccolo paese della Provincia di Reggio in riva al Po, aveva preso avvio la professione di docente. E nella scuola media del paese aveva conosciuto l'uomo che sarebbe diventato il padre dei suoi figli.
   Dell'età dei sogni, quella del liceo, Lucilla custodiva un ricordo indelebile. Avvicinandosi a Parma le tornarono alla mente molti degli avvenimenti, specie quelli di lotta studentesca, che l'avevano vista protagonista insieme ai compagni del liceo. Manifestazioni studentesche, occupazioni della scuola, erano ricordi vivi e incominciò a chiedersi se della cultura ribelle sua e dei compagni, quando s'illudevano che fosse possibile realizzare una società più giusta e attenta ai bisogni della persona, fosse rimasto qualcosa nel loro cuore come lo era nel suo, ma non ne era affatto certa.
   Quando superò il cartello stradale che indicava l'ingresso a Parma le venne spontaneo mettersi a cantare una canzone di Antonello Venditti, una delle tante, al pari di quelle di Fabrizio De Andrè e Claudio Lolli, Paolo Pietrangeli e Giovanna Marini, che era solita intonare insieme ai compagni di scuola.

Mezzogiorno, tutto scompare,
"avanti! tutti al bar".
Dove Nietsche e Marx si davano la mano
e parlavano insieme dell'ultima festa
e del vestito nuovo, fatto apposta
e sempre di quella ragazza che filava tutti (meno che te)
e le assemblee e i cineforum i dibattiti
mai concessi allora
e le fughe vigliacche davanti al cancello
e le botte nel cortile e nel corridoio,
primi vagiti di un '68
ancora lungo da venire e troppo breve, da dimenticare!
E il tuo impegno che cresceva sempre più forte in te...
"Compagno di scuola, compagno di niente
ti sei salvato dal fumo delle barricate?
Compagno di scuola, compagno per niente...

   Il ristorante dove era stata organizzata la convention si trovava alla periferia nord della città. Per raggiungerlo decise di procedere per la tangenziale, anziché percorrere le strade del centro storico che presumeva fossero occupate da cumuli di neve.
   Raggiunse la Bettola Rossa con mezz'ora di ritardo sull'ora convenuta per la cena. Il parcheggio del ristorante era occupato da sub e auto fuoriserie e la cosa la spaventò.
   Mise piede nel ristorante con una certa emozione. Il cuore, sottratto alla vista dei commensali dalla pelliccia di visone, pareva uscirle dal petto tanta era forte l'emozione. Appena dentro il locale intravide la grande tavolata a forma di U dove erano riuniti gli ex compagni del liceo. La sua comparsa non passò inosservata, infatti, una voce maschile pronunciò il suo nome.
   In molti, vedendola, si alzarono dalla sedia e le andarono incontro per abbracciarla. Imbarazzata iniziò a distribuire baci a uomini e donne cercando di ricordare di ognuno il nome senza riuscirci, infine si portò al centro della tavolata alla ricerca di un posto dove sedersi.
   - Qui, di fronte a me, c'è un posto libero. - disse una voce femminile alle sue spalle.
   Girò lo sguardo nella direzione della voce. Soltanto allora si avvide della presenza di Alice. Era stata lei a informarla di quella possibilità e le sorrideva. La guardò confusa e si stupì nel costatare che l'amica non era, affatto, cambiata nell'aspetto, nonostante fossero trascorsi parecchi anni dall'ultima volta che si erano viste.
   Alice aveva mantenuto intatta la medesima bellezza selvaggia di quando aveva diciotto anni, seppure con qualche ruga sul viso.
   Mentre le volgeva lo sguardo non riuscì a fare a meno di chiedersi se il proprio volto, al pari di quello dell'amica, avesse mantenuto la medesima freschezza, ma sapeva bene che non era così.
   - Sì, dai, vieni a sederti fra me e Carlo. - disse un tipo pelato che Lucilla ebbe difficoltà a riconoscere in Martoni, il più debosciato e intelligente fra i compagni di classe.
   - Mi libero della pelliccia e sono da voi.
   Mentre sistemava la pelliccia su una delle grucce dell'attaccapanni si accorse di avere su di sé gli occhi dei maschi, probabilmente incuriositi dall'ampio décolleté che lasciava intravedere le forme giunoniche delle tette.
   Si avvicinò di nuovo al tavolo e andò ad accomodarsi sulla sedia indicatale da Alice.
   - Non ti ricordavo così piena, lì davanti. - disse Carlo, uno dei più rozzi fra i compagni del liceo.
   - Non sbagli! In effetti, non è tutta roba mia, ma è merito del chirurgo plastico se ho tette così.
   - Ma va, dici davvero? Te le sei rifatte? - disse Martoni piuttosto interessato alla cosa.
   - Lo trovi così strano?
   - No, anzi, stai molto bene con quel paio di bocce sul petto. Mia moglie insiste da un pezzo per farsele rifare, ma sono io che non voglio avere a che fare con delle palle gelatinose, oppure sbaglio?
   - Dai, ragazzi, smettetela di dire stronzate. - lo interruppe Alice. -
Lucilla sta molto bene con le tette rifatte! Se devo essere sincera ci avevo fatto un pensiero anch'io, ma c'è chi mi ha suggerito che non ne ho ancora bisogno.
   - Forse perché le hai troppo piccole e a te non cadono giù. - la interruppe Carlo.
   - Seeee... - disse Alice accostando il palmo delle mani sotto il bordo delle tette, spostandole verso l'alto, per mostrare a tutti i presenti la consistenza.
   - Cazzo! Sei rimasta la stessa esibizionista di sempre. - la zittì Martoni con tono di disapprovazione.
   Lucilla rimase a guardare con curiosità le tette dell'amica, per niente sorpresa dalla loro consistenza. Ricordava di averle strette nelle mani e succhiate fino allo sfinimento durante la notte di sesso sfrenato trascorsa nell'albergo di Firenze molti anni prima, e rimase stupita nel vederle ancora sode.

   La serata filò via tra risate e aneddoti scolastici narrati dai commensali. Alice, più di chiunque altro compagno di classe la lusingò di complimenti, ma non solo quelli, infatti, durante la cena, più di una volta stese il piede sotto il tavolo dandosi da fare a sfiorarle le gambe, senza farsene accorgere dagli altri commensali, carezzandola, rendendole manifesta ancora una volta l'attrazione che provava per lei.
   Il contatto ripetuto con il piede suscitò in Lucilla un forte turbamento come le era accaduto nell'unica notte trascorsa insieme all'amica.
   A mezzanotte qualcuno dei convitati propose di spostarsi al Dadaumpa, un locale da ballo a ridosso della tangenziale, per fare quattro salti in piena libertà. L'idea trovò consenzienti quasi tutti i presenti.
   Lucilla, preoccupata per le avverse condizioni meteorologiche, rifiutò l'invito. A nulla servirono le insistenze dei compagni per farla recedere dal proposito.
   Quando il gruppo di ex liceali si trovò fuori dal ristorante la neve seguitava a cadere fitta e lenta, e aveva ricoperto le autovetture parcheggiate nel piazzale di uno spesso strato bianco.
   - Mi dai un passaggio verso casa?
   Era stata Alice a farle quella richiesta. Esitò prima di risponderle conscia che l'amica desiderava da lei molto più che un semplice passaggio.
   - Non vai con gli altri a ballare?
   - No.
   - Perché.
   - Se stasera sono qui è solo perché ero curiosa di incontrarti. Detesto questo genere di convivi, specie fra ex liceali.
   - E cosa ti aspettavi da me?
   - Niente. Solo costatare se eri cambiata. E poi avevo voglia di parlare un po’ con te.
   - Non sei venuta al ristorante con la tua macchina?
   - No, sono arrivata in taxi.
   - E' inutile che ti chieda la ragione di questo, vero?
   - Non immagini il perché?
   - Dovrei?
   - Penso di sì.
   - Dai, sali sulla mia macchina che ti accompagno a casa.
   Lucilla indicò ad Alice la portiera della Multipla che si aprì appena azionò il telecomando.
   Sedute una di fianco all'altra si avventurarono sulla strada ricoperta da uno spesso strato di neve. Soltanto quando raggiunsero la rotonda che conduceva alla tangenziale chiese all'amica quale direzione prendere.
   - Beh, adesso dove vado?
   - Dove vuoi.
   - Non fare la cretina, dai, dimmi dove abiti.
   - Potremmo trovare rifugio in una camera d'albergo come quella notte a Firenze, ricordi?
   Lucilla lo ricordava bene, infatti, non aveva pensato ad altro mentre da Reggio viaggiava verso Parma. Nel tragitto si era persino chiesta cosa avrebbe provato incontrando Alice. Ora lo sapeva, perché aveva la fica in liquefazione.
   - Dai, dimmi dove abiti.
   - Non lo so più. - rispose l'amica con tono sarcastico.
   - Uffa!
   Senza troppi preamboli Alice posò il palmo della mano sopra una coscia di Lucilla come fosse sua intenzione assicurarsi della disponibilità. Lucilla non fece resistenza, lasciò che l'amica si affaccendasse nel fare scorrere le dita sull'autoreggente, palpandole la coscia fino a raggiungere l'inguine. Solo allora, col petto gonfio e il respiro in affanno, riuscì a pronunciare qualche parola.
   - Cosa vuoi da me?
   - Te l'ho detto. Voglio una notte come quella che abbiamo trascorso a Firenze tanti anni fa.
   - Ma non siamo più le stesse, abbiamo quasi quarant'anni.
   - E sei bellissima.
   - Dai, non fare la stupida.
   - Dimmi la verità, te lo dice mai tuo marito quanto sei bella?
   - Abbiamo due figli e altro a cui pensare. Tu sei single, non puoi capire certe cose.
   - Quello che so è che ti desidero come allora.
   - Ma va.
   - Credi a me, sono sincera.
   - Dimmi piuttosto da che parte devo andare. Vado dritto? Verso il centro? Oppure mi dirigo verso la tangenziale? Nella direzione di Piacenza o Reggio? Vuoi deciderti!
   - Uhm...
   - Beh?
   - Vai dritto.
   - Va bene, ma dove andiamo?
   - Non ti preoccupare, vai dritto.

   Lucilla arrestò la corsa della Multipla sotto le volte del parcheggio di un supermercato attiguo al palasport come le aveva indicato Alice. Una volta spento il motore della vettura si ritrovò stretta fra le braccia dell'amica e si lasciò depredare di quanto aveva di più prezioso: il rispetto di se stessa.

   Nevicava quando, alle quattro del mattino, lasciò Parma per fare ritorno a Reggio. La Via Emilia era sgombra di neve per il passaggio dei mezzi dell'Anas che durante la notte avevano provveduto a spingerla ai margini della sede stradale. Mentre guidava non riuscì a fare a meno di pensare ai momenti trascorsi con Alice, sdraiate nel sedile posteriore della Multipla, coperte dalla pelliccia di visone che aveva fatto da trapunta dopo che si erano spogliate, baciate, guardate e desiderate. Sul corpo aveva il buon odore della pelle dell'amica e ancora tanta voglia di lei.
   Vent'anni erano stati necessari per capire tutto questo, ma in cuor suo era certa che non sarebbero passati molti altri giorni prima d'incontrarsi ancora con Alice, perché questo era quanto si erano ripromesse di fare salutandosi.

 

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore.
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.