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NECROPHILIA
LOVE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Parma
è un enorme puttanaio, una città che,
giorno dopo giorno, mi succhia via
l'anima. Il popoloso quartiere dell'Oltretorrente
dove abito assomiglia sempre più a una
zona a luci rosse. Strade e marciapiedi
sono occupati notte e giorno da
transessuali e prostitute, perlopiù
romene, nigeriane e cinesi, ma
soprattutto da ragazzi con il buco del
culo grande come caverne che per poche
decine di euro si offrono a chi ne fa
richiesta senza che nessuno s’indigni.
A me tutto questo mettersi
in mostra non infastidisce, anzi,
puttane e trans mi mettono addosso il
buonumore, specie quando cercano di
adescarmi spendendosi in apprezzamenti
lusinghieri nei miei confronti. Nemmeno
trovo insopportabile la sporcizia, il
tanfo, la trascuratezza e lo stato di
abbandono delle strade che appestano
l'aria con l'odore di piscio e cacca. A
volte mi lascio tentare dalle
provocazioni di trans e puttane e mi
faccio succhiare l'uccello da qualcuna
di loro,
senza crearmi troppi problemi
sull'identità di chi me lo prende in
bocca, anche se il massimo del piacere
lo raggiungo con Irina, una prostituta
polacca che bazzica nel quartiere ed è
l'unica capace di soddisfare le mie
fantasie erotiche. Trovo eccitante non
sapere se è maschio o femmina la
persona che me lo prende in bocca e si
fa
sborrare in faccia quando vengo.
Stasera tornando a casa mi
sono imbattuto in Jovanka, una puttana
cecoslovacca che si prostituisce sul
marciapiede dirimpetto alla mia
abitazione. Bionda, piacente, un
po' troppo in carne per i miei gusti,
esibiva un intimo di pizzo nero, molto
sexy, sotto la pelliccia leopardata. In
quel momento, incartato com'ero nei miei
pensieri, ho ignorato le sue avance.
Invece dopo cena mi sono ritrovato con
l'uccello in tiro a guardare le immagini
di un film, con protagonista Nikole
Kidman, in onda su uno dei canali
televisivi del digitale terrestre. Senza
rendermene conto mi sono messo a cercare
fra i DVD, impilati su un
ripiano della libreria, uno dei film
porno con protagonista Fujiko Kano, la
mia pornostar preferita. Una volta
rintracciato il DVD l'ho inserito nel
lettore e ho
premuto il tasto play.
Seduto sulla poltrona del
salotto ho iniziato a spararmi una sega
mantenendo lo sguardo fisso sullo
schermo del televisore. Mi piacciono i
film porno con le loro esagerazioni,
infatti, mi basta soffermarmi a guardare
un nudo femminile e qualche situazione
piccante per avere una scarica di
brividi nel basso ventre. Trovo
eccitanti le orge, le pornostar, le
puttane, i cibi piccanti, i formaggi
puzzolenti e tutto ciò che fa schifo.
Non sono un depravato psichico né un
pervertito, ma mi considero simile a tutti gli altri
uomini.
Mentre mi toccavo l'uccello
ho seguitato a lasciare cadere della
saliva sulla cappella in modo che la
mano riuscisse a scorrere dolcemente
senza irritarmi la pelle. Data l'età,
da poco ho festeggiato i sessantadue
anni, sono venuto con un paio di
schizzetti di sperma e niente di più,
mentre la ragazza giapponese
protagonista della pellicola seguitava,
instancabile, a succhiare la ciminiera
di trenta centimetri di cui era dotato
il suo partner. Stavo pulendomi la
cappella con un fazzoletto di carta
quando sullo schermo ha sborrato anche
lo stallone. Lo ha fatto con dei getti
incredibili di sperma indirizzati sul
viso della ragazza come se al posto
dell'uretra c'avesse un idrante.
Lo stabile dove abito, al
quarto e ultimo piano di un fatiscente
caseggiato privo d'ascensore, popolato
fino a una qualche anno fa da una
dozzina di famiglie composte da due, tre
o quattro persone, è colonizzato da
gruppi di extracomunitari che occupano
gli alloggi in gruppi di dieci o
quindici persone. L'unico a occupare un
appartamento da solo sono rimasto io.
Alla maggioranza della gente non piace
vivere da isolati, a me invece sì. Non
saprei vivere con una persona accanto.
Dalla finestra della cucina
osservo i movimenti delle puttane che si
prostituiscono nella strada sottostante.
Viste da lontano, illuminate dalle
fioche luci notturne, le prostitute mi appaiono più carine rispetto a quando
mi capita di osservarle da vicino. E'
pur vero che per venti o trenta euro un
uomo non può sperare di scopare una
gran figa, ma spendendo qualche decina
di euro in più è possibile svuotare le
palle con una delle rare bellezze che si
prostituiscono in qualche appartamento
del quartiere invece che scopare per la
strada.
Accendo una sigaretta
mentre seguo l'insistente via vai di
autovetture che perlustrano la strada.
D'improvviso un Bmw station wagon
arresta la corsa davanti a due culone di
pelle scura ferme sul marciapiede in attesa di
clienti. L'uomo si intrattiene con le
puttane per qualche minuto parlando
attraverso il finestrino, dopodiché
riparte. La medesima scena, con
interpreti diversi, si ripete di
continuo a ogni ora del giorno e della
notte.
Da quando sono in pensione
mi sono appesantito avendo messo su un po' di chili, ma non me
ne preoccupo, sto bene così. Non mi
aspetto niente dalla vita. Sopravvivo!
Ho lavorato per quarant'anni come
necroforo all'Istituto di Medicina
Legale dell'Università e adesso sto
godendomi il meritato riposo. In
ospedale ho rimesso piede circa un anno
fa quando ho accompagnato zia Concetta
al Pronto Soccorso, altrimenti non ci
avrei mai fatto ritorno. Riprendere
contatto con l'ambiente ospedaliero non
mi ha nuociuto, anzi, dopo quella visita
ho ripreso a frequentare la struttura
ospedaliera ogni giorno.
Nella sala d'attesa del
Pronto Soccorso pratico del volontariato
prestando assistenza alle persone che ne
hanno bisogno. Soltanto fra le mura
della cinta ospedaliera mi sento vivo.
Ormai sono considerato una istituzione e
la cosa non mi è affatto sgradita perché
anch'io ho bisogno di aiuto.
Da poco è spuntata l'alba
di un nuovo giorno. Sono sveglio da più
di un'ora e seguito a rigirarmi nel letto.
La sega che mi sono sparato ieri sera,
guardando il film con protagonista
Fujiko Kano, mi ha riacceso la libido.
Era ora!
Mi alzo da letto e mi
avvicino alla finestra. Prima di recarmi
in bagno volgo lo sguardo giù nella
strada. I marciapiedi, bagnati dalla
pioggia, sono sgombri di prostitute, ma
non lo saranno per molto tempo; di
questo ne sono sicuro.
Seduto sulla tavolozza del
water mi accendo una sigaretta. Mentre
sono intento a defecare osservo una foto
del calendario del mensile Max
appiccicata alla parete. Monica Bellucci,
ritratta in una posa sexy, mostra le
grazie del suo corpo ed è un gran bel
vedere. La bellezza dell’attrice nella
posa che la ritrae è tutto meno che
angelica. La preferisco di gran lunga a
Elenoire Casalegno il cui calendario
occupava la medesima parete fino a
qualche mese fa.
Mi trovo a defecare,
stitico come sono, con un trombo
emorroidale che sanguina. L'uccello mi
è diventato duro. Succede tutte le
volte che spingo il culo in fuori per
cagare. Mi piace masturbarmi mentre
cago. Di solito lo faccio sniffandomi le
ascelle. L'odore di sudore mi eccita
anche se alla mia età la libido non è
più quella di un tempo. Mi piacerebbe
farmi succhiare l'uccello mentre cago e
a farlo vorrei che fosse qualche
puttana, magari Irina. Prima o poi
glielo chiederò.
Una volta che ho rimesso
piede nella camera da letto mi vesto in
tutta fretta. In cucina mi premuro di
accendere il televisore. Mentre preparo
il caffè do ascolto alle notizie del
telegiornale di Italia1 che più che un
notiziario assomiglia a una agenda di
pettegolezzi e cronaca nera.
La giornata è piovosa e un
po' malinconica. Sono le nove e dieci
quando scendo le scale a grande velocità
per raggiungere la strada. I vestiti che
ho addosso puzzano terribilmente di
sudore, forse avrei fatto bene a sostituirli. Non cambio mutande e
canottiera da almeno una settimana e mi
faccio schifo da solo. Mentre sospingo
la bicicletta fuori dal portone di casa
mi imbatto in una mulatta che ancheggia
sul marciapiede camminando avanti e
indietro a piccoli passi. Ha il corpo in
ordine dalla testa ai piedi, con un culo
sodo che sporge dalla gonna e
mette scompiglio nel paesaggio
tutt'intorno. Una scopata di prima
mattina non ci starebbe male, anzi,
sarebbe un toccasana per il mio morale a
terra, ma ho dell'altro per la testa.
Mi piace muovermi per la
città in sella alla bicicletta. Pedalo
sempre di fretta quando percorro le
strade del centro. Procedo veloce perché
ho paura a fermarmi e incontrare
qualcuno che potrebbe riconoscermi. Non
voglio sentirmi rivolgere le solite
domande da amici e amiche sul modo in
cui trascorro il tempo libero da quando
sono in pensione. Sarebbe
imbarazzante confessare che trascorro le
giornate al Pronto Soccorso.
Dopo la pioggia caduta
durante la notte sulla città le strade
sono piene di pozzanghere. Qualche
preservativo galleggia sull'acqua
residuo delle scopate notturne intorno
alla mia abitazione. Salgo in sella alla
bicicletta e prendo la direzione
dell'ospedale.
Sommerso nel traffico
cittadino mi ritrovo a fare lo slalom
fra la selva di automobili costrette a
muoversi alla velocità di una lumaca.
L'edificio del Pronto
Soccorso è una struttura moderna dalle
forme architettoniche ispirate alla
testuggine di una enorme tartaruga.
Quando raggiungo il seminterrato, la cui
architettura sostiene l'enorme
testuggine, sono le dieci e cinque
minuti. Sistemo la bicicletta in una
delle rastrelliere. Assicuro il telaio
con la catena antifurto a un tubo
metallico e mi ritrovo a procedere a
piedi per la scalinata che conduce
all'ingresso del Pronto Soccorso.
Quando passo dinanzi al
bancone dell'accettazione incrocio lo
sguardo di una infermiera.
- Ciao, come va? Oggi sei
in ritardo, eh.
A salutarmi è Elena, una
delle tre infermiere che in questo
momento occupano lo spazio dietro il
bancone della accettazione. Ha la
camicetta della divisa sbottonata che
lascia intravedere il solco fra le
tette, ed è un gran bel vedere.
- Colpa della pioggia
caduta stanotte. E' questa la ragione
per cui sono rimasto a letto più del
solito. Se devo essere sincero ho
faticato parecchio ad alzarmi. Stavo
bene al caldo sotto le coperte. Ci sono
novità? Qualcuno ha bisogno del mio
aiuto?
- Da quando ho preso
servizio non è accaduto niente di
particolare. Spero che la giornata
prosegua in questo modo, ma tocco ferro.
Da un momento all'altro potrebbe
accadere di tutto, lo sai bene anche tu,
no?
- Beh, vado a sedermi su
una delle poltrone. - dico mentre Elena
ha ripreso a battere le dita sulla
tastiera del computer.
- Se qualcuno ha bisogno di
aiuto ti chiamo. - dice senza staccare
gli occhi dal monitor che le sta
davanti.
Giro le spalle a Elena e mi
dirigo verso la sala d'attesa. Nelle
ultime file delle poltroncine scorgo una
ragazza che piange e singhiozza. E'
giovane, mostra d'avere vent'anni o poco
più. Accanto a lei c'é una donna
anziana. Probabilmente è la madre,
penso. Mi siedo su una poltroncina
dirimpetto a loro e mi lascio alle
spalle lo schermo al plasma, sistemato
su una parete, dove scorrono dei
fotogrammi su cui appare la scritta
"Ospedale informa". Focalizzo
il mio interesse sulla ragazza che mi
sta davanti affascinato dalle labbra
sporgenti.
Condurre una esistenza
solitaria non è una scelta recente,
l'ho fatta e portata avanti nel tempo
fin da quando ero bambino. Sono
cosciente che è una scelta un po'
stramba. Eppure non me ne sono mai
pentito, ma non posso vivere volendomi
bene soltanto con la mia mano. In realtà,
di tanto in tanto, qualche donna riesce
sedurmi: puttane perlopiù, ma amo
troppo la solitudine per arrendermi a
qualche donna.
Sto pensando ai cazzi miei
quando, tutt'a un tratto, la ragazza
viene lasciata sola dall'anziana donna che le stava seduta accanto ed è
intenzionata a raggiungere una delle
uscite del Pronto Soccorso. Mi concentro
sulle tette che sporgono dalla camicetta
della ragazza spinte in alto da un
reggiseno push up. Mi ritrovo con
l'uccello duro ed è la seconda volta
che mi succede oggi. Sto per alzarmi
dalla sedia, deciso ad avvicinarmi alla
ragazza quando due tipi dal fisico
atletico la raggiungono. L'abbracciano e
incominciano a piangere tutt'e tre.
Ritorno sui miei passi e vado a sedermi
su una poltroncina diversa da quella che
ho occupato in precedenza, in un altro
settore della sala d'attesa.
Ho trascorso la mattina
dispensando informazioni alle persone
bisognose di aiuto. A mezzogiorno decido
di consumare il pranzo trasferendomi
nella tavola calda attigua al Pronto
Soccorso. Il ristorante contrariamente
al solito non è affollato di clienti.
Occupo un tavolo vicino a una delle
finestre in modo da volgere lo sguardo
verso la strada. Nel tavolo accanto al
mio riconosco le figure di tre medici
che prestano servizio al Pronto
Soccorso. Chiacchierano animatamente fra
loro e mostrano d'avere un'aria
soddisfatta.
Ordino un piatto di riso
allo zafferano, del petto di pollo e un
contorno d'insalata. Una volta consumato
il pranzo cammino per i viali del parco
comunale, confinante con l'area
ospedaliera, e mi ritrovo a difendermi
dalle insistenti richieste di un
vu-comprà che a tutti i costi vorrebbe
affibbiarmi delle patacche di orologi da
polso e in subordine degli occhiali da
sole finti Ray-Ban. Mi alleggerisco di
un paio di euro e compro una confezione
di fazzoletti di carta. Alle tre del
pomeriggio sono di ritorno al Pronto
Soccorso.
La notizia del ricovero
d'urgenza di una ragazza somala, vittima
di una presunta violenza sessuale a
opera di un prete, si diffonde a macchia
d'olio nella sala d'attesa del Pronto
Soccorso
- E' vero quello che si
vocifera a proposito della ragazza
somala violentata da un prete? - dico
rivolto a Adriana, una delle anziane
infermiere che prestano servizio dietro
il bancone dell'accettazione, con cui
intrattengo un rapporto di amicizia.
- Violentata è dir poco. -
dice spiattellandomi una smorfia che
lascia presagire qualcosa di più turpe.
- Perché?
- Gli inquirenti stanno
cercando di ricostruire la dinamica
delle violenze subite dalla ragazza. I
poliziotti la stanno interrogando in uno
degli ambulatori.
- Corrisponde al vero che
l'autore delle violenze è un prete?
- Altroché! E' un vecchio
sporcaccione che l'ha tenuta segregata
in una cantina della canonica,
incatenata a una parete per più di un
mese, obbligandola a ogni genere di
sevizie.
- E' accaduto in città?
- No. Penso che il
sacerdote sia parroco in un paese di
campagna.
- Che schifo! - dico certo
di ottenere i suoi favori. Adriana si
allontana dal computer dove sta
inserendo dei dati, volge il capo nella
mia direzione, e seguita a parlare.
Forse desidera confidarsi.
- Sembra, dico sembra, che
l'abbia trascinata morente dentro una
vasca di cemento, pronta per essere
sepolta in una buca che si era premurato
di scavare nel giardino della canonica
servendosi di un piccolo escavatore
preso a prestito da un parrocchiano. E'
stato quest'ultimo ad accorgersi di
quanto stava accadendo e avvisare la
polizia.
- Accidenti! - dico.
- Eh, sì.
- E il prete che fine ha
fatto?
- Boh! Non lo so, di sicuro
lo avranno arrestato. E' presumibile che
l'accusa sia quella di tentato omicidio.
- Tu l'hai vista la
ragazza?
- L'ho adocchiata di
sfuggita. Adesso è di là, in
ambulatorio, accudita da medici e mie
colleghe. In tanti anni di servizio al
Pronto Soccorso sono rimasta
impressionata nel vedere in che stato
l'ha ridotta quell'animale di un prete.
- Si sa di preciso cosa le
ha fatto?
- Non lo immagini?
- Beh, al giorno d'oggi,
con i depravati che ci sono in giro, c'é
d'aspettarsi di tutto; non credi?
- Come lo hanno scoperto?
- Quello che so te l'ho già
detto, il resto lo leggeremo domani sul
giornale. Si dice che il prete abbia
confessato l'intenzione di seppellire la
ragazza nella buca.
- Seppellirla ancora viva?
- E' probabile.
- Ma cosa lo avrà spinto a
commettere una simile azione di
violenza?
- Uno che compie un atto
del genere deve essere per forza un
pervertito. Non credi?
- Eh, sì, condivido la tua
tesi.
- I preti sono tutti dei puttanieri, ne sanno una più del
diavolo, quelli.
- Si sa come l'ha
conosciuta.
- Sembra che l'abbia
adescata in parrocchia. Probabilmente la
ragazza credeva di avere trovato nel
prete un amico, una persona su cui fare
assegnamento e alla quale,
probabilmente, confidarsi, invece si è
rivelato il suo carnefice.
- Probabilmente l'ha
imbevuta di sogni e illusioni e lei ha
creduto a quelle parole.
- Ci sono preti scaltri e
astuti che approfittano delle debolezze
di molte donne e soprattutto di bambini
e adolescenti per obbligarli a
indicibili sevizie.
- Qualche mese fa ho letto
su giornale la notizia di una donna
americana che per molti anni ha subito
le violenze sessuali da parte di sette
preti. E da uno di loro ha avuto una
figlia.
- Più di tutto mi fanno
ribrezzo i preti gay che violentano i
ragazzini.
- Mi auguro che la
diffusione della notizia di una ennesima
violenza possa servire da lezione a
molte persone a non fidarsi dei preti.
- C'è da sperare che non
sia sieropositivo come quel prete di
Genova che adescava bambini e li
sottoponeva ad abusi sessuali.
- No!!! - dico stupito da
quella che sembra una rivelazione.
- Eh, sì.
- Beh, adesso ti lascio al
tuo lavoro. Io me ne torno a casa, ci
vediamo domani. Ciao.
- Ciao.
Cazzo! Mi hanno sottratto
la bicicletta. Questa mattina l'avevo
sistemata nel seminterrato del Pronto
Soccorso, assicurata alla rastrelliera
con una catena antifurto a maglia
quadra, e adesso non c'è più. Mi
guardo intorno sgomento, ma l'unica
traccia certa della mia bici è la
catena spezzata abbandonata per terra.
Succede a molte persone di
subire il furto della due ruote, e questa volta è accaduto a me. Merda!
Sono cosciente che il furto di una
bicicletta non interessa a nessuno, anzi
non vale nemmeno la pena che mi rechi
dai carabinieri a denunciare il furto,
tanto non la recuperò comunque. Cerco
di controllare la mia rabbia inesplosa
mentre invece vorrei urlarla a gran
voce.
Decido di fare ritorno a
casa a piedi per smaltire la collera che
ho addosso. Sconsolato mi incammino per
la pista ciclabile che attraversa il
parco attiguo all'ospedale. In fondo, a
pensarci bene, si tratta soltanto di una
bici, sarebbe andata peggio se mi
avessero rubato l'automobile o si
fossero introdotti nel mio appartamento
mettendolo sottosopra.
La bicicletta ha il pregio
di farmi sentire padrone del mio tempo e
dei miei spazi a differenza di quanto
succede quando sono alla guida di una
automobile. Penso a questo mentre
cammino per la pista ciclabile,
parzialmente illuminata da qualche raro
lampione, quando, nella foschia che
accompagna le tenebre della sera, scorgo
su una panchina una coppia di giovani
che fanno l'amore. Il ragazzo sta seduto
sulla panchina mentre la ragazza gli sta
a cavallo. Mantengono le labbra
appiccate e si baciano liquefacendosi.
Mi viene persino il dubbio che siano
degli esibizionisti, ma non è così,
probabilmente a quell'età hanno gli
ormoni in subbuglio e non hanno saputo
resistere alla tentazione di scopare.
Abbandono la pista
ciclabile e con cautela mi avvicino ai
due innamorati. Nascosto nella fitta
boscaglia mi soffermo a osservare la
performance erotica della coppia. I due
ragazzi ci vanno giù forte, per nulla
preoccupati dall’essere scoperti da
qualcuno che transita per la pista
ciclabile.
La ragazza ha la gonna
arricciata oltre le cosce e dondola il
culo avanti e indietro sul cazzo del
compagno. Ansimano e godono di piacere
guardandosi dritti negli occhi. Mi
ritrovo con l'uccello duro che preme
contro la stoffa dei pantaloni eccitato
dalla scena di cui sono testimone. E' la
terza volta che mi succede di averlo
duro oggi e alla mia età non è cosa di
poco conto. Abbasso la cerniera, tiro
fuori la cappella, e incomincio a
masturbarmi.
E' da voyeur stare a
guardare due adolescenti che scopano.
Purtroppo non riesco a vedere il loro
sesso, ma è sufficiente starmene a
guardarli mentre scopano per eccitarmi.
Lei respira con affanno, quasi
boccheggia. Lui mantiene le mani attorno
il culo della compagna e ne accompagna
l'altalenante spostamento su e giù.
Seguito a masturbarmi sconcertato dalla
eccitazione che l'inusuale situazione mi
sta procurando. Vorrei avvicinarmi
ancora di più, ma temo di essere
scoperto. Tutt'a un tratto, alla mia
destra, avverto un rumore di foglie
calpestate. Giro il capo verso quella
direzione e, qualche metro dalla mia
postazione, scorgo la figura di un uomo
rintanato dietro un albero. Smetto di
masturbarmi, allarmato dalla presenza
maschile, ma riprendo a farlo quando mi
accorgo che pure lui è impegnato a
masturbarsi. Passo dopo passo mi si
avvicina mantenendo l'uccello ben
stretto nella mano e si rivolge a me.
- Eccitante stare a
guardare quei due, non trovi?
Non so cosa rispondergli.
La situazione in cui mi sono venuto a
trovare è così insolita che non so
cosa replicare.
- Ce l'hai bello duro, eh!
- dice lasciando cadere lo sguardo nella
direzione del mio uccello.
Evito di rispondergli, ma
non smetto di toccarmi sebbene
disturbato dalla sua presenza. Oramai
sono prossimo a venire, ancora pochi
colpi di mano e potrei sborrare.
D'improvviso l'uomo lascia cadere la
mano sulla mia mano stretta attorno
l'uccello e fa l'atto di impadronirsene.
Sorpreso dal gesto dell'intruso faccio
un passo indietro.
- Non vuoi che ci scambiamo
le mani? Dai, stringi il mio cazzo, sono
certo che ti piacerà masturbarmi!
Mi disinteresso della
presenza dei due ragazzi che, ignari di
quanto sta accadendo intorno a loro,
seguitano a scopare sulla panchina.
Nemmeno do ascolto alle parole dell'uomo
che seguita a rivolgermi delle
attenzioni mentre mi allontano dopo
avere chiuso la cerniera dei pantaloni.
Impiego all'incirca
mezz'ora per
fare ritorno a casa. Ci sarei arrivato
prima se fossi salito su uno degli
autobus che transitano ogni dieci minuti
in prossimità dell'ospedale, invece ho
camminato per tutto il tempo confuso
com'ero dopo quanto mi è accaduto nel
parco.
Un ciccione palla di lardo
sta contrattando una prestazione con
Irina. E' lei la prostituta con cui sono
solito intrattenermi quando ho voglia di
scopare. Mi avvicino al marciapiede dove
la ragazza staziona e agito la mano in
segno di saluto, con la speranza che non
accetti le proposte dell'uomo che le sta
ronzando intorno.
- Sei libera? Vieni via con
me? - dico quando le sono vicino.
- Sì.
Non abbiamo bisogno di
contrattare il tipo di prestazioni né
il prezzo. Irina è una delle rare donne
con cui ho modo di mettere in atto le
mie fantasie erotiche. Con lei mi
comporto allo stesso modo di quando
scopavo i cadaveri di donne che
giacevano nude sul tavolo di
necroscopia, allorché prestavo servizio
all'Istituto di Medicina Legale. A Irina
importa soltanto che io sia soddisfatto.
Solo questo le sta a cuore, oltre al
fatto che la pago profumatamente.
Sul tavolo da cucina su cui
dovrà prendere posto ho provveduto a
stendere una tovaglia cerata di colore
bianco. Mentre sì spoglia guardo Irina
con curiosità. Bionda, pelle chiara
come il latte, possiede un corpo
incredibilmente bello nonostante gli
anni trascorsi a prostituirsi per la
strada.
Distesa sul tavolo, i seni
marmorei troppo perfetti per essere
naturali, mostra splendidi capezzoli
colore lilla. Lo sguardo mi cade sul
ciuffo di peli del pube di colore
paglierino. Non c'è niente di più
arrapante che una figa depilata, con le
grandi labbra che nascondono quelle
piccole e la fanno assomigliare al
bocciolo di una rosa.
Irina mantiene gli occhi
socchiusi, con il tronco e gli arti
sufficientemente rigidi come quando
all'Istituto di Medicina Legale avevo a
che fare con i cadaveri di donne, e
provvedevo alla loro pulizia, prima di
sistemarle nelle celle frigorifere
insieme alle altre salme.
Lavorare in necroscopia,
coadiuvando i medici nella dissezione di
cadaveri, recuperando organi utili per
le autopsie non mi dava grandi
soddisfazioni. Il mio era un mestiere
usurante, seppure pagato bene, ma a
quello sporco lavoro ci avevo fatto il
callo, anzi avevo persino trovato il
modo di procurarmi un certo piacere
scopando i cadaveri di belle ragazze,
prediligendo più di tutte quelle
vergini.
Nudo con indosso un
grembiule di plastica trasparente che mi
arriva fino ai piedi, allacciato al collo, del tutto simile a quello che un
tempo utilizzavo nella dissezione dei
cadaveri, mi avvicino al tavolo dove è
distesa Irina. Illuminato dalla luce
della lampada il suo corpo emana un
erotismo sottile e delicato. E'
meravigliosa.
In una bacinella colma
d'acqua, moderatamente calda, ho
provveduto a diluire una certa quantità
di disinfettante che mi servirà per
purificare la sua pelle. Agito con la
mano la soluzione fino a quando ottengo
della schiuma. Ora sono pronto a
prendermi cura del suo corpo.
Irina è rimasta immobile
per tutto il tempo senza dire una
parola. Il suo corpo ha l'innocenza di
una adolescente. Faccio scorrere con
delicatezza la manopola di spugna,
impregnata della soluzione di
disinfettante, sul suo viso. Esercito
una lieve pressione sulle guance, il
mento e la fronte, attratto dalle forme
carnose delle labbra. Scendo con la mano
verso il torace e detergo di
disinfettante le tette. Sono perfette;
da farci una spagnola. Quando sfioro il
monte di Venere ho una erezione mostruosa. Non vedo l'ora di
sbatterglielo dentro, il cazzo!
Ha una figa grossa e
odorosa. Scivolo con la manopola sulle
cosce e le detergo di disinfettante
prima una e poi l'altra, infine procedo
a purificarle le gambe spingendomi fino
alla punta dei piedi. Il primo bacio che
le do è fra gli interstizi dei piedi.
Trovo che sia eccitante per lei e anche
per me. Di solito non pratico questo
esercizio, memore delle occasioni in cui
procedendo alla pulizia dei cadaveri
molto spesso trovavo della poltiglia
nera fra le dita, ma con Irina è un
vero piacere, infatti, non riesce a
controllarsi di fronte all'insistenza
dei miei baci. Scuote di lato la gamba
opponendosi ai miei baci che suppongo le
abbiano procurato il solletico.
Abbandono sul pavimento la bacinella e
il guanto di spugna. Mi libero del
grembiule e mi avvicino al tavolo su cui
sta sdraiata Irina.
Sono pronto a possederla.
Le accarezzo a lungo le labbra della
figa. Adesso ce l'ha bagnata ed è
abbastanza odorosa. Infilo un dito
dentro e lo muovo avanti e indietro, poi
ne inserisco un secondo. Quando stringo
fra le dita il clitoride lei geme di
piacere. Vado avanti a strofinarle
l'escrescenza erettile mentre Irina ha
più di un tremito alle gambe. Spero che sia vero piacere quello che
prova e non finga, ma dopotutto non ha
molta importanza.
Dopo un po' che la masturbo
mi annuso le dita. Hanno un buon odore,
dolce e fragrante, niente di sudicio.
Una vera tentazione per la mia lingua.
Introduco per la seconda volta le due
dita nella figa e all'atto della
penetrazione lei geme ancora. Trascino
il corpo di Irina verso di me fino a
farle piegare le ginocchia sul bordo del
tavolo in modo che le gambe penzolino
verso il basso. Le allargo le cosce e
davanti ai miei occhi ho la visione del
paradiso. Lascio cadere la bocca sulla
figa e la bacio. So bene che questo
spaccato di carne ha accolto cazzi a non
finire, la cosa invece di schifarmi mi
eccita a dismisura, nemmeno mi preoccupa
l'eventualità non troppo remota che
possa infettarmi. Non è la prima volta
che lecco la figa di Irina e non mi è
mai accaduto niente di brutto.
Leccare una figa è quanto
di più bello c'è in natura. Seguito a
blandire la lingua sulle grandi labbra
eseguendo dei movimenti circolatori,
evitando di tuffarmi nell'abisso delle
piccole labbra. Quando mi decido a farlo
stringo fra le labbra l'escrescenza del
clitoride e comincio a succhiarlo
svuotandoci sopra una grande quantità
di saliva. Vado avanti a succhiare
fintanto che ho la lingua anchilosata e
l'uccello che fa del fumo per quanto è
duro. Ormai sono pronto a scoparla.
Abbranco le natiche di Irina e con la
forza delle braccia l'attiro verso me.
Infilo l'uccello nella figa e incomincio
a muovermi avanti e indietro con la
cappella aiutandomi con dei colpi di
schiena. Mi ritrovo ad ansimare di
piacere, sudato fradicio, mentre Irina
mugola o finge di farlo. Abbandono le
mani dalle natiche e le afferro le
tette. Le strizzo i capezzoli che
sembrano scoppiare, tanto sono turgidi
fra le mie dita, e trattengo una
irrefrenabile voglia di morderli.
Mi sembra d'impazzire tanto
sono eccitato. Mi piace stare dentro dei
lei, ci resterei per tutta la sera.
Invece non impiego molto tempo a venire,
contrariamente a quanto mi succede
quando mi sparo una sega.
Non so perché faccio tutto
questo, forse è soltanto un forte
desiderio di morte. Intanto spero che
domani sopraggiunga un altro giorno.
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