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MISFATTO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Quando
alla Centrale Operativa della Questura
giunse la segnalazione del ritrovamento
del cadavere di una donna, abbandonato
sul ciglio della strada che conduce
all'aeroporto, il commissario Giacomazzi
si recò di persona sul posto con tre
agenti della squadra mobile.
L'omicidio, secondo
quanto lasciò intendere il medico legale,
era stato consumato sul finire della
notte, presumibilmente verso le 5.00.
L'assassino aveva infierito sul corpo
della donna in maniera devastante,
pugnalandola più volte all'addome e
alla schiena per poi lasciarla nuda e
agonizzante sul ciglio della strada,
senza nemmeno preoccuparsi di procurarle
la morte prima di darsi alla fuga.
Il corpo senza vita
era stato ritrovato da un netturbino
impegnato a eseguire la pulizia di quel
tratto di strada. Dalla cabina della
spazzatrice stradale, di cui era alla
guida, aveva intravisto il corpo della
donna soltanto qualche istante prima che
le grosse setole della spazzatrice
venissero a contatto con il corpo
inanimato, dopodiché si era premurato
di avvertire il 113.
Il commissario Giacomazzi,
da parecchi anni in servizio alla
Questura di Parma, preferiva di gran
lunga occuparsi di indagini pertinenti
misfatti e delitti, anziché svolgere
investigazioni che riguardavano i reati
contro il patrimonio. La segnalazione
del ritrovamento del cadavere di una
donna, in una zona della città
avvelenata dalla presenza di prostitute, l'aveva incuriosito.
Quando giunse sul posto la
prima cosa che fece fu di sollevare il
lenzuolo che i militi della Croce Rossa
si erano premurati di collocare sopra il
cadavere per proteggerlo dallo sguardo
dei curiosi. Osservando il corpo
inanimato della donna, adagiato sul
prato, la prima impressione che ne
ricevette fu che fosse rimasta vittima
di una violenza sessuale messa in atto
da uno squilibrato.
Violentare una donna,
sodomizzarla fino a ucciderla, era una
delle fantasie erotiche che rincorrevano
sempre più spesso nella sua mente. Più
volte si era chiesto se fosse stato in
grado di commettere uno stupro, specie
quando gli capitava di interrogare donne
vittime di abusi sessuali, ma non aveva
mai saputo darsi una risposta anche se
la cosa lo eccitava parecchio.
Il corpo martoriato della
donna era riverso sul terreno con il
ventre e il capo spiaccicati all'ingiù.
La pelle era imbrattata di fango e di
sangue raggrumato intorno alle ferite
provocate dalle numerose coltellate
inferte dall'assassino.
Tutt'a un tratto, mentre
stava osservando con malcelato interesse
le ferite, si trovò con il cazzo che
gli pulsava sotto il tessuto dei
pantaloni. Gli succedeva spesso di
eccitarsi quando era spettatore di scene
caratterizzate dalla presenza di sangue. E di questo se ne compiaceva.
Si soffermò a lungo a
guardare le rotondità del culo della
vittima attratto dalla semiluna delle
natiche, ma soprattutto dal buco del
culo come spesso gli succedeva quando
guardava il corpo di una donna. Messa da
parte l'immagine del culo passò a
ispezionare ogni tratto del corpo alla
ricerca di una qualsiasi traccia che
potesse spiegare il delitto, attento a
non modificare la posizione del cadavere
prima che sul posto sopraggiungessero i
colleghi della scientifica per condurre
i rilievi del caso, ed effettuare
qualche fotografia.
Quando su una delle caviglie della donna
scorse un tatuaggio,
raffigurante una piccola farfallina, fu
attraversato da un brivido in tutto il
corpo. Esitò prima di esporre alla luce
il volto della donna. Il dubbio che il
cadavere potesse essere quello di una
prostituta che lui conosceva piuttosto bene
lo colse mentre si chinava su di lei. Ne
ebbe conferma quando scostò capelli che
le nascondevano il volto e rimase
pietrificato nel costatare che si
trattava di Katinka.
La sua amicizia con la
ragazza era iniziata qualche mese
addietro. In quella occasione, a capo di
una squadra di poliziotti, era giunto
sulla Strada degli Argini, là dove la
ragazza era solita prostituirsi, dopo
che un cliente aveva telefonato alla
sala operativa della questura
denunciando di essere stato derubato del
portafoglio da una prostituta. A suo
dire la ragazza era salita sulla
automobile di cui lui era alla guida e,
senza che se ne accorgesse, gli aveva
rubato il portafoglio.
In quella occasione la
presenza dei fari rotanti e lampeggianti
delle pantere della polizia, accorse sul
posto dopo la denuncia dell'uomo, aveva
scatenato un fuggi fuggi generale delle
prostitute che stazionavano sulla strada
a ridosso degli argini del torrente. Per
sfuggire alla retata molte di loro si
erano acquattate nella fitta vegetazione
sottraendosi alla vista dei poliziotti.
Soltanto Katinka aveva cercato scampo
fuggendo verso il corso d'acqua, decisa
a guadarlo per raggiungere l'altra riva
e mettersi in salvo, ponendo a
repentaglio la propria incolumità
stante la forte corrente delle acque.
Nel guadare il
torrente Katinka era stata trascinata
via dalla impetuosità della corrente e
si era trovata in balia delle acque.
Spaventata aveva cominciato a urlare
attirando l'attenzione della
pattuglia di poliziotti impegnati a
perlustrare il terreno circostante
l'argine del torrente.
Il commissario Giacomazzi
non aveva esitato un solo istante a
togliersi il cinturone che sorreggeva il
fodero con la rivoltella. Liberatosi di
giacca, pantaloni e scarpe, si era
buttato nelle acque gelide per
soccorrere la poveretta.
Raggiungerla e
trascinarla a riva non era stato
difficile, nemmeno era stato necessario
effettuare una qualsiasi manovra di
rianimazione. Ma per maggiore sicurezza
aveva provveduto a farla trasportare in
autoambulanza al Pronto Soccorso, perché
sotto shock dopo quella pericolosa
avventura.
Dopo quell'accadimento lui
e Katinka si erano di nuovo incontrati.
Sovente si era limitato a fingere di
controllarle i documenti. Ma il più
delle volte l'aveva fatta salire sulla
propria autovettura finendo per
appartarsi con lei in uno degli anfratti
lungo la strada degli argini.
Katinka non lo considerava
un cliente come tutti gli altri. Lei
sola aveva capito quali fossero i suoi
istinti sessuali. Tutt'e due lo sapevano bene.
Lei non si ribellava quando la sodomizzava,
anzi non gli faceva pagare alcunché. A
titolo di favore era solita dirgli.
Scorgere fra l'immondizia
il corpo senza vita di Katinka,
sfigurato dalle ferite da taglio, provocò
nel commissario Giacomazzi un conato di
vomito che a stento riuscì a
trattenere. Si allontanò dalla scena
del delitto sorprendendosi nel costatare
che, nonostante tutto, aveva mantenuto
il cazzo duro come gli succedeva ogni
volta che si trovava di fronte a scene
delittuose di cui erano vittime le
donne. Si avvicinò all'Alfa 159 con cui
era giunto sul posto, dopodiché si mise
in contatto telefonico con la Centrale
Operativa della Questura per chiedere
l'intervento della squadra scientifica.
A lui sarebbe toccato
appurare la natura dell'omicidio e
l'autore. Al momento dell'aggressione la
ragazza era completamente nuda e questo
gli era parso abbastanza strano.
Infatti, nessuna delle prostitute che
batteva la zona degli argini del
torrente si spogliava completamente
quando si appartava con un cliente per consumare un
coito in uno degli anfratti polverosi,
fra piante e cespugli, a ridosso della
strada.
Con lui Katinka non si era
mai spogliata del tutto. Riflettendoci
se ne sorprese, forse perché
contrariamente a quello che lui pensava
lei lo aveva sempre considerato un
cliente come tutti gli altri e basta.
Il fatto che fosse stata
denudata rendeva probabile l'ipotesi del
raptus omicida di natura sessuale. Ma
restava in piedi l'ipotesi che il
delitto fosse una punizione maturata nel
giro di chi, in quella porzione di
territorio, controllava la prostituzione
della comunità delle lucciole dell'Est.
Escluse che il movente del
delitto potesse essere attribuito a una
rapina, anche se nel prato attorno al
cadavere non c'era nessuna traccia della
borsetta che la ragazza portava tracolla
sempre con sé.
Probabilmente sarebbe
rimasto un delitto impunito come tanti
altri avvenuti nel mondo della
prostituzione. Non valeva la pena
perdere troppo tempo a indagare. In fin
dei conti Katinka era soltanto una
puttana.
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