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LA
RIFFA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Quando
Afrodite comparve sulla porta d'ingresso
del Dopolavoro Ferroviario
levai lo sguardo dalle pagine rosa della
Gazzetta dello Sport e girai lo sguardo
nella sua direzione.
Alcuni anziani, impegnati a
giocare alle carte a un tavolo accanto
al mio, fecero altrettanto interrompendo
la partita di tressette. La donna bucò
la densa cortina di fumo che aleggiava
nel locale, attraversò la sala e si
avvicinò al bancone
della
mescita, poi la vidi
simpatizzare con Walter; il gestore del
bar.
Incuriosito da
quell'insolita presenza tralasciai la
lettura del giornale sportivo e puntai
gli occhi sull'avvenente silhouette
della donna. Il portamento
elegante stonava con quello delle
persone che occupavano i tavoli del
dopolavoro,
frequentato durante il giorno da
pensionati e studenti mentre la sera, sino a notte fonda, da
professioniste del sesso avvezze ad
adescare clienti nei viali prospicienti
la stazione ferroviaria.
Alta di statura, corpo a
clessidra, calzava scarpe lucide di
colore nero con tacchi da dodici
centimetri. Le calze, a rete nere,
mostravano nella parte posteriore una
cucitura verticale, piuttosto sottile,
che conferiva alle gambe, affusolate e
strette alle caviglie, un aspetto
particolarmente seducente.
Indossava un soprabito
rosso, molto appariscente, con una
striscia di velluto nero sul bavero
attorno il collo. Una gonna nera le
torniva le natiche e le giungeva poco
sopra le ginocchia. Una camicetta
bianca, con striscia di stoffa
arricciata sul davanti, in
corrispondenza della linea dei bottoni,
dissimulava le forme dei seni.
Il viso, di forma tonda e
ben modellato, si caratterizzava per il
naso all'insù e i capelli neri a
caschetto. Quest'ultimo dettaglio
anatomico attirò più di ogni altro
particolare della sua figura la mia
attenzione. Stavo studiando i suoi gesti
e le espressioni del viso quando la vidi
estrarre dalla borsetta un pacchetto di
Marlboro e avvicinare una sigaretta alla
bocca.
Le labbra, carnose e
colorate di un rosso fuoco, avvolsero il
filtro della bionda e Walter fu lesto
nel porgerle la fiamma di un accendino.
Rimasi a fissarla per un po' di tempo,
poi mi alzai dalla sedia e con malcelato
distacco mi avvicinai al bancone.
Raccattai due boeri dal
contenitore della pesca del boero e ne
scartocciai uno. Prima d'iniziare a
leggere il biglietto, celato
nell'involucro, inghiottii il boero che
si sciolse riempiendomi la bocca di
Alchermes.
- Stavolta non hai vinto.
Riprova. - dissi leggendo il messaggio a
Walter e alla sua graziosa ospite.
- Vuole aprirne uno lei,
signorina?
Presi dal bancone l'altro
boero e lo depositai sul palmo della
mano, poi glielo porsi.
- Magari è più fortunata
di me.
- Non credo! A essere
sincera non lo sono affatto.
- Una donna che ha in dote
tanta bellezza come lei deve per forza
essere fortunata nella vita. - dissi
incalzando il sorriso malizioso con cui
aveva declinato l'invito.
Prese il boero dalla mano e
lo liberò dall'involucro. Afferrò il
biglietto e iniziò a leggere la frase
impressa sulla striscia di carta.
- Hai vinto dieci boeri!
- Evviva! Glielo avevo
detto che sarebbe stata favorita dalla
sorte.
Walter prese da dietro il
banco un sacchetto colmo di boeri e ne
estrasse una decina che appoggiò sul
bancone.
- La vincita va divisa a
metà. - dissi.
- La ringrazio, mi
accontenterò di assaggiarne uno, tanto
per gradire. Dolci ne mangio già
abbastanza e non voglio perdere la linea
per un peccato di gola.
Avevo letto da qualche
parte che la cioccolata oltre a essere
un alimento ad alto contenuto energetico
è anche munito di un notevole valore
simbolico, specie nei rituali di
corteggiamento amoroso. In quell'istante
considerai che era l'occasione giusta
per verificare se quella tesi era
attendibile o meno.
- L'avevo avvertita. Lei è
una donna fortunata! Tentiamo un'altra
volta il destino, sia così gentile da
indicarmi un numero fra quelli della
riffa.
Walter nella settimana che
precede il Natale era solito organizzare
una riffa, com'è tradizione di ogni bar
che si rispetti. Il primo premio
consisteva in un cesto di prodotti
alimentari, così il secondo e pure il
terzo premio. La ruota del lotto
prescelta per l'estrazione dei numeri
era quella di Milano.
- Badi bene che ogni numero
ha un preciso significato. - mi avvertì.
- Lei di che segno zodiacale è?
- Sagittario... almeno
penso. Sono nato il 14 dicembre.
- Uhm... lo immaginavo, si
vede che è un tipo romantico e amante
delle belle cose. Fortunato in amore
vero?
- Beh, sì, almeno credo.
- Allora le consiglio di
giocare il 69.
- Eh!
- Sì ha capito bene, il 69
che c'è di strano.
- Niente... solo che mi fa
venire in mente qualcos'altro.
- Ah, voi uomini siete
tutti uguali. State sempre a pensare le
stesse cose. Sto parlando sul serio,
giochi il numero che le ho consigliato.
Stetti al gioco,
consapevole che la sua era soltanto una
provocazione ed era sua intenzione
prendermi per i fondelli. Presi dal
portafoglio una banconota da cinque euro
e l'allungai a Walter.
- Prendi nota del numero
sessantanove. - ripetei, sorridendo.
- Che nome metto nella
casella? - domandò.
- Quello mio e della
signorina, naturalmente. - dissi
volgendo il capo in direzione della
donna
- A proposito, io mi chiamo
Lorenzo e lei?
- Non ha importanza, metta
pure il suo nome e basta.
- Ma no.
- Si è fatto tardi, debbo
andare.
Si scostò dal bancone e
salutò Walter con un cenno della mano.
Prima di allontanarsi si girò verso di
me.
- Auguri per la riffa.
Attraversò il locale e uscì
dalla porta a vetri del bar.
- Gran figa! - dissi
rivolgendomi a Walter.
- Eh... sì - ribatté.
- Ma chi è?
- Una insegnante d'inglese,
dà ripetizione a mia figlia.
- Ah.
Walter, contrariamente alle
sue abitudini, non approfondì la
conversazione, si accomiatò con un
sorriso e andò a rifugiarsi nel
retrobottega, solo allora andai a fare
visita alla sala del biliardo.
A quell'ora del pomeriggio
l'ambiente era stipato di persone. Le
luci di quattro plafoniere, sospese a
mezz'altezza sopra il panno verde del
tavolo da biliardo, circoscrivevano il
campo da gioco con i loro fasci
luminosi. Intorno alle sponde del
biliardo c’erano accalcate una decina
di persone attente a seguire i movimenti
delle biglie, rosse e gialle, che due
giocatori lanciavano alternativamente
sul piano verde.
Rimasi per un po' di tempo
a osservare l’andamento del gioco,
dopodiché mi avvicinai a uno dei
flipper e scaricai in quel passatempo
l'inquietudine che mi portavo addosso.
Il sabato successivo,
giorno di estrazioni al gioco del Lotto, il
numero 69 risultò il secondo estratto
sulla ruota di Milano. Vinsi un cesto di
prodotti alimentari. Per la precisione
un panettone, un torrone, un salame e
una bottiglia di spumante d'Asti.
Dopo il lungo l'inverno
giunse la primavera. Alla guida del Bmw
stavo percorrendo la strada che da
Felino conduce al Passo della Cisa
quando, sul lungo rettilineo che precede
il paese di Ravarano, m'imbattei in una
Golf bianca ferma sul ciglio della
carreggiata.
Una donna vestita con jeans
e maglione era ritta in piedi con la
schiena accostata alla portiera della
macchina, e volgeva lo sguardo nella mia
direttrice di marcia. Rallentai la
velocità del Bmw incuriosito dalla
strana presenza femminile. Vedendomi
arrivare la donna si scostò dalla Golf
e prese ad agitare la mano nella mia
direzione. Probabilmente in segno di
soccorso, pensai.
Quando giunsi a pochi metri
dalla Golf mi resi conto che la donna
era la stessa che, tempo addietro, aveva
contribuito a farmi vincere un premio
alla riffa di Natale del
Dopolavoro Ferroviario. Pigiai il pedale
del freno e arrestai il Bmw qualche
decina di metri oltre la vettura
parcheggiata a lato della strada,
dopodiché innestai la retromarcia e
affiancai la Golf.
La donna fu lesta ad
avvicinarsi alla vettura di cui ero alla
guida. Solo allora abbassai il vetro
della portiera.
- E' destino che
c'incontriamo di nuovo. - dissi.
Rimase sorpresa dalla mia
battuta, era evidente che non si
ricordava di me, pensai. Ma fui attento
a ricordarglielo.
- Ci siamo conosciuti al
Bar del Dopolavoro Ferroviario, ricorda?
Lei mi suggerì un numero da giocare
alla riffa, il 69.
- Ah, sì, ora ricordo. -
assentì, lasciandosi sfuggire un timido
sorriso.
- Cosa le è successo?
- Sono rimasta a secco di
benzina.
- Uhm... sì può
rimediare. C'è un benzinaio al prossimo
paese. Salga in macchina che
l'accompagno.
- Non vorrei esserle di
troppo disturbo.
- Sono in debito con lei,
ricorda?
- A proposito di che?
- Della vincita alla riffa con
il numero 69!
- Ma no... non mi dica che
è risultato davvero vincente quel
numero.
- A dire il vero è stato
il secondo estratto sulla ruota di
Milano. Ho vinto un cesto di prodotti
alimentari. Ma non rimanga lì, in mezzo
la strada, salga in auto che
l'accompagno.
La donna si portò sul lato
opposto a quello di guida e salì in
auto.
- Ero ferma da mezzora, ma
non è transitata nessuna macchina.
- E' una strada poco
frequentata, questa. - dissi. - Che ne
pensa se ci presentiamo - suggerii. - Mi
chiamo Lorenzo e lei?
- Afrodite.
- Scherza?
- No, dico sul serio. -
disse separando le cosce appena
accavallate.
- Piuttosto, lei che ci fa
da queste parti? - chiese.
- Sono un rappresentante di
articoli per profumeria, sto facendo
visita ad alcune clienti.
- Su per la montagna?
- Ci vengo una volta o due
ogni anno. Ma perché non smettiamo di
darci del lei. Che ne dici se ci diamo
del tu?
- Va bene. Sono d'accordo!
- E tu che ci fai da queste
parti?
- Insegno inglese nella
scuola media di Berceto, stamani avevo
degli scrutini, e adesso sono
maledettamente in ritardo.
- Hai bisogno del cellulare
per avvertire la direzione scolastica?
- Ti ringrazio, ma ho già
provveduto ad avvertirli con il mio
telefonino.
Il paese di Ravarano
distava solo due chilometri. Accompagnai
Afrodite alla stazione dei carburanti:
l'unica presente nel paese.
Due pompe di benzina e una
di gasolio trovavano posto davanti
all'unico bar del posto. Riempita una
tanica da cinque litri tornammo alla sua
auto. Travasai la benzina nel
bocchettone del serbatoio della Golf
senza difficoltà. Afrodite girò la
chiave d'accensione e il motore, dopo
qualche iniziale borbottio, si mise in
moto. Solo allora abbassò il vetro
della portiera e si rivolse a me che per
tutto il tempo ero rimasto fermo sulla
strada.
- Ora sono in debito con
te. Non so come fare per ringraziarti.
- Un modo ci sarebbe.
- Quale?
- Accettare un invito a
pranzo.
Esitò qualche istante
prima di rispondere, poi si lasciò
sfuggire un ampio sorriso.
- Perché no, ma sì, dai.
- Potremmo andare Bergotto,
lì c'è una trattoria dove si mangia da
dio, ti va d'andarci?
- Sì, conosco il posto. Va
bene.
- Ci troviamo lì, verso
l'una?
- Okay.
Ci lasciammo dandoci
appuntamento a poco più tardi. Erano le
10.00 di una splendida mattina di
primavera e la giornata era solo
all'inizio.
A pranzo Afrodite si
dimostrò una donna perspicace e pronta
alla battuta, le piaceva ridere e
scherzare, ma soprattutto bere. Col
trascorrere del tempo le sue parole
divennero sempre più salaci e imbottite
di allusioni sessuali. Ebbi persino la
sensazione che stesse per spogliarmi con
lo sguardo. Restammo seduti a tavola un
paio d'ore, infine dopo avere consumato
il caffè uscimmo dalla trattoria e le
spiaccicai una proposta.
- Ti va di fare una breve
passeggiata? Sarà utile per smaltire il
pranzo...
- Sì, va bene, dai,
andiamo.
C'incamminammo per un
sentiero che si addentrava in un bosco
di castagni. Il sole filtrava fra le
foglie degli alberi, mosse dal vento,
disegnando sul terreno ombre variopinte
di figure animate. Camminare a contatto
del suo corpo mi eccitò non poco. Il
cazzo, diventato duro, mi era d'impiccio
nei movimenti, rendendomi impossibile un
passo disinvolto. Probabilmente Afrodite
se ne rese conto, ma si guardò bene dal
formulare allusioni di qualsiasi tipo.
Proseguimmo a camminare nel sentiero
sterrato scherzando e ridendo fino a
quando raggiungemmo un punto panoramico
distante dieci minuti di strada dal
ristorante.
- Ti piace questo posto? -
domandò.
- Sì, certo, è molto
bello.
Mi girai e le cinsi le
braccia intorno ai fianchi. Lei mi lasciò
fare. I nostri sguardi s'incrociarono.
L'ultima cosa che vidi, prima di lasciare
cadere le labbra sulla sua bocca, furono
le palpebre dei suoi occhi che si
schiusero prima che congiungessi le
labbra con le sue.
Ci scambiammo un lungo
bacio. Afrodite mi attirò a sé con
decisione, mi cinse le braccia attorno
il collo, poi mi strinse forte.
Raramente mi era capitato d'abbracciare
una donna di statura uguale alla mia e
ciò mi procurò un certo disagio. Le
ingombranti sporgenze delle tette
premevano contro il mio petto. Ne
percepivo le forme, i sussulti, e le
punte turgide dei capezzoli. Abbandonai
le mani attorno ai suoi fianchi e le
fasciai le natiche.
Attirai con forza il culo
verso di me e presi a strofinarle il
cazzo contro l'addome. Continuammo a
baciarci arrotolando le lingue una
sull'altra. Lei ci sapeva fare, non
apparteneva alla specie di donne prive
di iniziativa e sottomesse al maschio,
anzi! Mi abbassò la lampo dei pantaloni
e c'infilò la mano. Afferrò fra le
dita il cazzo e lo liberò, poi iniziò
a masturbarmi.
Appoggiai la schiena contro
un castagno ad alto fusto e iniziai a
godere della bocca di Afrodite
inginocchiata ai miei piedi. Non cessò
nemmeno un istante di masturbarmi mentre
mi succhiava il cazzo, fintanto che
d'improvviso cessò di succhiare. Sollevò
il capo e restò a guardarmi a lungo.
L'espressione dei suoi
occhi sprizzava una carica di erotismo
fuori dal comune. Inglobò la cappella
nella bocca e riprese a succhiare.
Restai sorpreso dalla sua
determinazione, non paga mi slacciò la
cinghia dei pantaloni e li abbassò
sull'erba insieme ai boxer.
Cazzo, se ci sapeva fare!
Consentì al cazzo d'infilarsi fino in
gola accanendosi a leccare la cappella.
Non tardai molto a eiaculare sborrandole
fra le labbra. Lei ingurgitò fino
all'ultima goccia lo sperma spremendomi
le palle con le dita, poi si liberò
degli indumenti e si coricò sull'erba.
Divaricò le gambe mostrandomi per
intero il roseo colore della fessura che
teneva fra le cosce, chiaro invito a
penetrarla.
Afrodite, vista dall'alto,
pareva più bella e desiderabile di
quanto l'avevo immaginata prima di
scorgerla senza abiti addosso.
M'inginocchiai fra le sue cosce, chinai
il capo e iniziai a leccarle l'addome
eseguendo brevi movimenti della lingua,
soffermandomi a baciarle l'ombelico.
Risalii col capo lungo il
ventre fino a stringere fra le labbra le
punte dei capezzoli. I morsi che diedi
in breve successione alle due sporgenze
erettili fecero trasalire Afrodite.
Emise dei brevi lamenti che accompagnò
con dei gemiti di piacere. Seguitai a
leccarle le mammelle dilungandomi con la
lingua ad assaporare la pelle morbida e
calda.
Il cazzo tornò a essere
turgido, sollecitato dal crescente
desiderio di penetrarla al più presto.
Mi sollevai e iniziai a leccarle la fica
glabra perché priva di peli d'intorno.
Mi feci largo con la lingua e l'affondai
in profondità nella fessura. Afrodite
iniziò a toccarsi il clitoride con le
dita umide di saliva.
Respirava con affanno e
dimenava tutto il corpo. Il bacino
cominciò a sussultare per le
contrazioni che le provocavo leccandole
la fica. Accostai il clitoride alle
labbra e cominciai a succhiarlo. Era
gonfio, turgido e perfettamente eretto.
Con la punta della lingua ne sollecitai
l'estremità e continuai a succhiarlo
fino a quando avvertii delle forti
contrazioni percorrerle lo scheletro,
solo allora aumentai la secrezione di
saliva sul minuscolo corpo erettile e
presi a succhiarlo con maggiore vigore.
Lei cercò di liberarsi dalla morsa che
le attanagliava il clitoride. Cercò in
tutti i modi di allontanarmi con le
braccia, ma la tenevo bloccata al
terreno premendole il bacino con le mani
e le fu impossibile liberarsi dalla mia
stretta.
- Ti prego... ti prego. -
sussurrò più volte, ansimando di
piacere. - Smettila... smettila, ti
prego. Sì... sì... godo!
La sentii venire più
volte. Gli orgasmi si susseguirono uno
dopo l'altro nel volgere di poco tempo.
Urlava di piacere, scuotendo il bacino
che continuavo a tenere bloccato con la
forza delle braccia, mentre succhiavo il
clitoride.
- Basta... Basta... Mi fai
male... Ti prego.
Mi staccai con le labbra
dal bocciolo che spuntava dal sottile
involucro di carne e mi rivolsi a lei.
- Dove te lo metto? -
dissi, alludendo al cazzo che tenevo
nella mano.
- Dove vuoi... - rispose,
senza alcun imbarazzo.
Le avevo posto quella
domanda certo che avrebbe risposto
"dappertutto meno che nel culo",
invece si dichiarò disposta a farsi
penetrare anche lì.
La misi carponi sul prato e
m'inginocchiai dietro lei. Sussultò
quando la penetrai nella fica. Misi le
mani sopra i suoi fianchi e incominciai
a muovermi in sincronia col suo bel culo
che da quella posizione mi appariva in
tutta la sua straordinaria bellezza.
La fica era infradiciata
d'umore. Cominciai a fare scorrere il
cazzo nella fessura. Alternai movimenti
lenti ad altri rapidi in breve
successione per non eiaculare troppo
precocemente. Lei dimenava il culo e
sembrava non essere sazia del mio cazzo.
Gemeva e mormorava parole senza senso.
Tutt'a un tratto si sfilò e mi fece
coricare supino sul prato. Divaricò le
gambe e si mise inginocchiata sopra di
me. Prese in mano il cazzo e lo infilò
nella fica, poi iniziò a danzare col
bacino attorno al cazzo.
Da sotto potevo scorgere
l'espressione del suo viso. Teneva le
palpebre serrate e mordeva le labbra con
i denti mentre si contorceva con le
natiche.
- Sì... Sì... Mi fai
godere... - gemette.
Restai immobile anche
quando giunse all'orgasmo e si
accartocciò su di me. Fu in quel
momento che decisi d'incularla. La
sistemai di nuovo carponi e, dopo averle
umettato il buco del culo, adoperando un
dito infradiciato di saliva, la penetrai
senza troppe difficoltà.
La strozzatura della carne
avvolse per intero il cazzo. Furono
sufficienti pochi colpi per venire. Le
sborrai nell'intestino raggomitolandomi
sulla sua schiena percorso da fremiti in
tutto il corpo.
Nel tardo pomeriggio, di
ritorno in città, mi recai al Dopolavoro Ferroviario. Il locale a
quell'ora era colmo di persone. Un
gruppo di ragazzini era impegnato a
giocare al calciobalilla infastidendo
con gli schiamazzi gli anziani
impegnati a giocare alle carte. Diedi
una occhiata alla bacheca del Parma Club
Ferrovieri, ma non c'erano affissi nuovi
avvisi, allora andai dritto verso il bancone.
-
Ciao Walter.
- Ciao.
-
Dammi un bitter analcolico.
- Subito.
Prese dal frigidaire, sotto
il bancone, la bottiglia e la svuotò
nel bicchiere.
- A proposito, sai chi ho
incontrato oggi?
- Chi?
- Hai presente quella gran
fica che lo scorso inverno mi aiutò a
vincere il secondo premio alla riffa?
- Parli di Afrodite?
- Sì proprio lei.
- Un tipo davvero
particolare.
- Particolare? Speciale,
direi! - soggiunsi.
- Beh, sì.
Presi a sorseggiare il
bitter, Walter si allontanò e andò
servire un bicchiere di vino bianco a un
altro cliente. Mi guardai intorno e
constatai che la vita, in quel posto,
procedeva uguale come tutti i giorni
senza cambiamenti.
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