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MICIA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Il
pelo dell'animale, particolarmente
fluente, era lucente come la seta. Il
gatto persiano era raggomitolato sul
parapetto della finestra, seminascosto
da una tenda bianca con pois rossi,
unica barriera agli sguardi indiscreti
delle persone. Il felino rincorreva con
lo sguardo gli storni che volteggiavano
sopra il cavedio dove si affacciava
l'unica finestra della mia abitazione.
Il monolocale dove
alloggiavo si trovava all'ultimo piano
di un edificio d'altri tempi da poco
ristrutturato. Nella soffitta dirimpetto
alla mia, dall'altra parte del
pianerottolo, albergava il gatto siamese
insieme alla graziosa padroncina.
La ragazza era capitata
nella casa in modo del tutto
inaspettato, congiuntamente alla
pioggia, una domenica mattina in
compagnia dei genitori. In pieno accordo
avevano scaricato dall'automobile una
grande quantità di masserizie e preso
possesso del mini appartamento.
Dietro le tende della
finestra, nascosto alla loro vista, ero
rimasto a osservarli mentre
trasportavano le suppellettili su per le
scale. Minosse, il gatto persiano dal
manto bianco e gli occhi blu,
imprigionato dentro una grossa gabbia
metallica, era stato l'ultimo a prendere
possesso dell'alloggio.
La ragazza assomigliava in
maniera inquietante a Mia Farrow, famosa
attrice americana. Di corporatura
minuta, pelle chiara, mostrava dei
capelli fulvi con un taglio corto. Il
viso vivace era colorato di lentiggini e
manteneva uno sguardo tenero e
appassionato.
Qualche giorno prima l'avevo
intravista, in compagnia di un agente
immobiliare, quando aveva fatto la sua
comparsa per visionare l'appartamento.
Scorgendola ero rimasto stupito dalla
similarità del viso con quello della
attrice americana. Anche gli abiti a
fiori, lunghi fino sotto le ginocchia,
di tessuto leggero e semitrasparenti,
che era solita indossare mi ricordavano
quelli dell'ex moglie di Woody Allen.
Raramente indossava il
reggiseno. I capezzoli, piccoli e
piuttosto sporgenti, foravano il tessuto
delle camicette che era solita mettersi
addosso. Era iscritta al primo anno di
Lettere e Filosofia, lo avevo appreso
dalla sua viva voce un pomeriggio che
c'eravamo incrociati sul pianerottolo
mentre faceva ritorno a casa.
- Penso che dovremmo
presentarci, non credi? Dopotutto
occupiamo l'appartamento allo stesso
piano. - dissi tendendole la mano. - Il
mio nome è Lorenzo. Il tuo?
- Viviana... Il mio nome è
Viviana. - disse timidamente,
acconsentendo a stringermi la mano.
- Se hai bisogno d'aiuto
sono specializzato in piccole
riparazioni domestiche. Fai un fischio e
arrivo.
- Ti ringrazio, ne terrò
conto al momento opportuno.
Scambiammo qualche opinione
sulla facoltà di Lettere e Filosofia a
cui era iscritta, dopodiché si allontanò
senza intrattenersi a parlare oltre il tempo
necessario.
Occupavo un bilocale di 45
mq. e ci vivevo da solo. Ero prossimo a
laurearmi in Medicina e trascorrevo gran
parte delle giornate in clinica
impegnato a fare tirocinio. Il poco
tempo libero lo impegnavo a fare footing
nel vicino Parco Ducale. Non avevo una
ragazza fissa, ma intrattenevo rapporti
di sesso con molte di loro.
Viviana dava l'impressione
di condurre una vita solitaria. La sua
presenza nell'appartamento dirimpetto al
mio, specie di sera, mi era rivelata
dalla luce del tubo catodico che
colorava la stanza d'azzurro. Rare volte
mi era capitato d'incontrarla in
compagnia di un uomo. Aveva tutta l'aria
d'essere un tipo schivo e solitario.
L'unica sua compagnia era Minosse: il
gatto.
Il felino aveva una mole
piuttosto massiccia. Possedeva una testa
larga, senza angolosità, con guance
paffute. Gli occhi, ampi, rotondi e
lucenti, di colore blu, erano in armonia
col mantello bianco della pelliccia.
Raramente usciva dalle mura domestiche,
le poche volte che lo avevo visto
scendere le scale stava imprigionato
all'interno di una gabbia di metallo che
la sua padroncina sorreggeva a fatica.
Un giorno, mentre uscivo di
casa, mi capitò d'incrociare Viviana
nel pianerottolo e mi soffermai a
parlare con lei del suo gatto.
- E' splendido il tuo
gatto. Ha l'aspetto di un animale
tranquillo.
- E' un gatto che esige
molto affetto. Ma lui lo contraccambia
con l'allegria che porta dentro casa.
- Un po' aristocratico,
forse.
- Quando occorre sa anche
tirare fuori le unghie e farsi
rispettare. - disse sorridendo.
Stare a conversare del
gatto stemperò la sua riservatezza. Si
dilungò a parlare della bestiola e i
suoi occhi presero vita.
- A differenza dei gatti
soriani che, per quanto ne so, sono
tutti di indole nomade, il tuo è il
classico gatto d'appartamento.
- Sì, è un gatto che ama
la casa. E' affettuoso, ma non solo con
me. Lo è con chi è gentile con lui.
Durante la conversazione
Minosse rimase per tutto il tempo
sdraiato sul parapetto della finestra,
con lo sguardo fisso nella nostra
direzione, miagolando di tanto in tanto.
- Da mangiare cosa gli dai?
- E' un grosso problema il
cibo. Sto attenta a non esagerare con le
crocchette di carne, preferisco nutrirlo
con riso bollito e latte. Non voglio
farlo ingrassare troppo. Purtroppo fa
una vita sedentaria.
- Ma come fai a tenergli la
pelliccia così ben curata e lucente? -
dissi indicando Minosse sdraiato sul
davanzale della finestra.
- Eheheh... non è facile.
Il mantello richiede continui interventi
con la spazzola per la presenza di
pulci.
- Ma è così difficile
tenerlo pulito?
- Faccio uso di shampoo
secco, questo mi permette di
conservargli la pelliccia nel massimo
splendore. Ma quando è molto sporco, e
succede assai raramente, allora lo lavo
con del sapone neutro.
- E lui sta fermo?
-Sì.
- Un gatto ha bisogno del
medesimo affetto di cui ha necessità un
bambino. - dissi aprendomi in un largo
sorriso.
- Sì, direi proprio di sì.
Beh, ora ti saluto. Devo preparare da
mangiare per me e Minosse.
La salutai soddisfatto
perché ero riuscito a entrare in
confidenza con lei sfruttano un
argomento che le era caro: il gatto.
Una sera, tornando a casa,
intravidi Minasse appisolato su uno
degli zerbini al primo piano dello
stabile e ne rimasi stupito. Quando gli
fui vicino alzò il capo e miagolò. Mi
chinai e accarezzai lo spesso mantello
dell'animale. Si drizzò sulle quattro
zampe, cominciò a girarmi d'intorno, e
prese a strusciarmi il muso contro le
gambe facendo le fusa.
La presenza dell'animale
sullo zerbino, lontano dall'abitazione
di Viviana, mi sembrò alquanto strana.
Presi Minosse fra le braccia e risalii
le scale tenendolo stretto al petto.
Il gatto non si sottrasse
all'abbraccio. Quando raggiunsi
l'abitazione di Viviana spiccò un salto
sul pavimento e posò il muso contro la
porta.
Suonai il campanello
dell'abitazione e rimasi in attesa che
Viviana si affacciasse sulla porta.
Premetti di nuovo il pulsante, ma
neanche stavolta nessuno venne ad
aprire.
Dagli scuri della finestra,
lasciati socchiusi, filtrava la luce di
una lampada. Qualcuno doveva pur esserci
nell'appartamento, pensai. Stavo per
andarmene quando Minosse appoggiò una
zampa sulla porta e come per magia
l'uscio si schiuse.
Il gatto s'infilò nella
stretta apertura ed entrò
nell'appartamento. Dopo che Viviana
aveva occupato il locale non ci avevo
mai messo piede. Sulla tavola,
apparecchiata per due persone, una
bottiglia di vino teneva compagnia a una
caraffa d'acqua. Il cesto del pane
conteneva tre sfilatini. In un angolo
della stanza notai il monitor di un
computer acceso. Lo schermo mostrava
l'immagine digitale di uno screen saver
con protagonisti alcuni pesciolini di
diverso colore.
Mi ero perso a guardare lo
schermo e non avevo fatto caso a Minosse
che nel frattempo si era avvicinato alla
porta del bagno e aveva cominciato a miagolare
strusciando il muso contro il legno.
Quando gli fui vicino avvertii, in modo
chiaro, il rumore dell'acqua che usciva
da un rubinetto.
- Viviana!... Viviana! -
gridai più volte. Non ricevendo
risposta ruotai la maniglia e scostai la
porta.
La stanza da bagno era
sommersa da una nube di vapore. Viviana
era distesa nella vasca. Il capo riverso
da un lato sporgeva a fior d'acqua fra
la schiuma di sapone. Sul pavimento, a
poca distanza dalla vasca, individuai
una bottiglia di Johnnie Walker vuota.
Serrai il rubinetto da cui
uscivano fiotti d'acqua calda.
M'inginocchiai davanti alla vasca e
afferrai uno dei polsi della ragazza,
quello più vicino a me.
Le pulsazioni erano
rallentate, ma sufficientemente
percepibili.
- Ehi, Viviana. Rispondi! -
dissi scuotendole il viso.
- Uhm... - gemette semi
cosciente.
La coltre di schiuma che
stazionava a fior d'acqua cominciò a
diradarsi mostrandomi per intero il
corpo nudo della ragazza. Le tette erano
minute, con capezzoli spessi e
appuntiti. L'areola era di colore rosa.
L'inguine era coperto da un sottile
strato di peluria, appiattita
dall'acqua, di colore arancio.
Ammaliato dal candore della
carnagione, che virava al rosa a causa
del calore dell'acqua, rimasi a
guardarla inebetito. Decisi che non
potevo lasciarla in quelle condizioni
dentro la vasca. Non fece resistenza
quando l'abbracciai. Il capo le cadde
all'indietro mentre la trasportavo fuori
dalla stanza da bagno.
La camera da letto era a
pochi passi. Lasciai cadere il corpo
della ragazza sul letto, dopodiché
cominciai a rovistare nei cassetti del
comò alla ricerca di un canovaccio con
cui asciugarle la pelle. Afferrai la
prima salvietta che mi capitò fra le
mani e mi avvicinai al letto.
Con un certo imbarazzo
incominciai a fare scorrere
l'asciugamano sulle tette e le braccia
di Viviana. La manovra sembrò destarla
dal torpore in cui era precipitata,
infatti, dimenò il capo strusciando col
mento le spalle.
La situazione in cui mi ero
venuto a trovare era strana. Tenevo le
mani sopra il corpo di una donna, ma non
riuscivo a fare a meno di pensare alle
ragioni che l'avevano condotta in quello
stato.
Quando le accostai
l'asciugamano all'inguine, denso di peli
colore dell'oro, il corpo della ragazza
ebbe sobbalzo. Mi dilungai a carezzarla
fra le cosce, poi lasciai cadere la mano
sulla fica e toccai fuggevolmente le
labbra. Stavolta Viviana non si
scompose. Cominciai a strofinare le dita
sulla fica con maggiore insistenza
insinuandomi nella fessura che percepivo
umida. Allora ricominciò a smaniare e
ruotare il capo da una parte all'altra
del cuscino. Fui preso da un
incontenibile desiderio di scoparla.
Sbottonai la patta dei pantaloni e feci
uscire la cappella dalle brache.
Il cazzo mi doleva per la
troppa eccitazione. Seguitai a toccarle
la fica con le dita, mentre con l'altra
mano mi accinsi a spararmi una sega.
Avevo il fiato grosso ed
ero in affanno. Desideravo venire lì,
davanti a lei, al più presto. Viviana
era troppo ubriaca per accorgersi di ciò
che stavo facendo, ma il suo corpo
sembrava percepire il calore delle mie
carezze.
Mi resi conto che il
clitoride era turgido ed eretto.
Strofinai le dita sulla sporgenza
carnosa e mi deliziai nell'udire i
mugolii che uscivano dalla bocca della
ragazza. Le labbra della fica erano
lucide e colavano umore. Asportai un
poco di quel liquido con le dita e lo
distribuii sulla cappella per facilitare
lo scorrere della mano mentre mi
masturbavo.
La penetrai nella fica con
due dita e iniziai a scoparla
avvalendomi delle appendici della mano.
Nel momento in cui cominciò a dimenarsi
e accostò le cosce attorno alla mano
percepii che stava godendo. Dalla bocca
le uscirono dei lamenti. A più riprese
strillò un nome di donna: Rossana.
Andai avanti a menarmi
l'uccello, senza cessare di scoparla con
le dita, fintanto che le sborrai
sull'addome. Tutt'a un tratto Minosse
sbucò nella camera e cominciò a
girarmi d'intorno strusciando il muso
sulle gambe mentre con l'asciugamano
toglievo lo sperma dall'addome di
Viviana che nel frattempo, rasserenata
dal massaggio che le avevo praticato, si
era messa a dormire.
Prima d'andarmene mi
avvicinai al monitor del computer con
l'intenzione di spegnerlo. Nell'istante
in cui sfiorai la tastiera l'immagine
dei pesciolini che facevano da screen
saver sullo schermo scomparve e rivelò
il testo di una e-mail.
Incuriosito cominciai a
leggere il contenuto della lettera. Solo
dopo averla letta mi fu chiaro il motivo
che aveva spinto Viviana a ubriacarsi in
quel modo. Arrestai il sistema operativo
e spensi il computer, dopodiché
abbandonai l'appartamento.
*
* *
Affacciato alla finestra, i gomiti
appoggiati sulla balaustra, stavo a
osservare Minosse mentre fumavo il
mozzicone di una sigaretta. L'animale
volgeva lo sguardo nella mia direzione,
probabilmente incuriosito dalla mia
presenza. Viviana fece capolino alle
spalle del gatto e prese ad
accarezzarlo. Quando incrociai i suoi
occhi accennò un sorriso e agitò la
mano nella mia direzione. Contraccambiai
il gesto di saluto con un cenno del capo
e un sorriso.
Erano trascorsi alcuni mesi
dalla sera in cui l'avevo tolta dalla
vasca da bagno e trasportata nel letto.
Viviana non aveva mai fatto cenno a
quell'episodio, probabilmente non
ricordava nemmeno che ero stato io a
strapparla da una situazione di estremo
pericolo. Dopo avere letto il testo
della e-mail ero certo che nessun altro
uomo avrebbe avuto occasione di toccare
la sua incantevole fica, tinta di un
voluttuoso colore arancio.
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