La
notizia, davvero insolita, compariva di
spalla sulla prima pagina della Gazzetta
Padana con il titolo "Guerra al
lupo". Il predatore, secondo quando
sosteneva il redattore dell'articolo,
aveva preso possesso del territorio
montano dell'Appennino
tosco-emiliano-ligure riproducendosi in
gran numero, specie nell'ultimo
decennio, sfuggendo al controllo
zoologico degli organi preposti. Per
questa ragione, dopo anni di
protezionismo ambientale, la Prefettura
aveva reintegrato la caccia al lupo,
sentenziando, di fatto, il principio
d'incompatibilità tra il ritorno
dell'animale allo stato brado e la
pastorizia appenninica, stante i
continui attacchi alle greggi di pecore
e le vacche al pascolo.
- Accidenti! Hai letto la
notizia che compare sulla prima pagina
della Gazzetta?
- A proposito di cosa?
- L'autore dell'articolo
sostiene che il nostro territorio
montano è invaso dai lupi.
- E allora?
- Come sarebbe a dire
allora? Mi stai conducendo in uno
chalet, sperduto sulla montagna, lontano
un paio di chilometri dal paese più
vicino e non dovrei essere preoccupata?
- Ma non farmi ridere.
Gianni e sua moglie ci abitano da inizio
estate e non hanno avvertito pericoli di
sorta. Magari adesso incomincerai a
tormentarmi con la storia dei lupi
mannari o dei vampiri come hai fatto lo
scorso anno quando siamo stati in
vacanza in Romania, eh?
- Non distrarti e smettila
di dire stronzate. Fai piuttosto
attenzione a come guidi, accidenti! Per
poco non andavi a sbattere contro quel
Mercedes.
La strada che stavano
percorrendo era costellata di molte curve e
da pochi tratti rettilinei. Dopo avere
superato il paese di Borgo Val di Taro
avevano proseguito in direzione di
Montegroppo, distante una decina di
chilometri dal grande centro abitato
punto di riferimento per gli abitanti
della vallata.
Lo chalet dove avrebbero
trascorso il week-end distava un paio di
chilometri dal Passo Cento Croci da cui
si accedeva al territorio ligure.
- Sapevi che l'Appennino è
popolato dai lupi?
- Sapevo che la zona è
infestata dai cinghiali, quello sì, ma
non mi è passato per la mente che ci
fossero anche dei branchi di lupi come
è riportato nell'articolo del giornale.
- Chi ha redatto l'articolo
scrive che i pastori dei greggi sono
stati autorizzati dalle autorità a
sparare ai lupi.
- Accidenti! Si vede che ce
n'è un gran numero sparso per la
montagna. Quando nella mente mi figuro
un lupo non posso fare a meno di pensare
a uno di quei film sui licantropi che
tanto hanno successo oggigiorno. Hai in
mente quelli in cui un uomo morso da un
lupo ne resta contagiato e assume le
sembianze di lupo mannaro?
- Ti spiace se cambiamo
argomento di conversazione? Sai bene che
poi mi vengono gli incubi quando sento
parlare di queste cose.
- I medici sostengono che
la licantropia è una malattia nervosa e
come qualsiasi altra patologia viene
trattata dalla medicina. Chi ne è
affetto non patisce né l'aumento dei
peli né la crescita dei denti, ma è
indotto ad assumere gli atteggiamenti
tipici di un lupo mettendosi a ululare e
camminare su quattro zampe nelle notti
di luna piena.
- Uffa, smettila di farmi
paura!
- Secondo la tradizione
popolare l'uomo lupo subisce una
trasformazione in seguito all'influsso
della luna piena.
- E stanotte è luna piena,
eh.
- Si, certo, è in queste
notti che l'uomo si trasforma in un mostro
ululante e compie efferati delitti.
- Sei uno stronzo!
- Una pallottola d'argento è l'unico modo
capace di ferire o uccidere un
licantropo.
- Adesso mi racconterai che
sono esseri invulnerabili ed è
impossibile ucciderli, vero? Oppure che
è possibile ucciderli soltanto con
proiettili benedetti, meglio se
d'argento, eh! Ma vaffanculo!
- E dai, non prendertela,
scherzavo.
- Fai di tutto per mettermi
paura addosso. Sei un imbecille, ecco
quello che sei.
- Non dirmi che presti fede
a queste credenze popolari, eh? Sono
solo leggende metropolitane.
- Accidenti! La volta in
cui ho visto in televisione il film
"Un Lupo mannaro americano a
Londra" non ho dormito per
un'intera settimana. Avevo sedici anni e
ne ero rimasta terrorizzata.
- Sei proprio ingenua.
- Ecco, ci siamo, ha aperto
bocca Riccardo il temerario.
- E' vero, non sono un temerario, ma la sera quando vado a
dormire non sogno l'arrivo di un vampiro
che viene a morsicarmi la giugulare,
come succede a te dopo che hai visto un
film dell'orrore in tivù.
- Uffa! Ancora con questa
storia dei vampiri.
- Va bene, dai, non
parliamone più.
Lo chalet in pietra e legno
di cui sarebbero stati ospiti per il
week-end distava un paio di chilometri
dopo Montegroppo ed era completamente
isolato. Ci arrivarono percorrendo un
breve tratto di strada sterrata, subito
dopo avere abbandonato quella
provinciale che conduceva al Passo Cento
Croci.
In passato erano già stati
ospiti in quella casa e conoscevano a
menadito il territorio tutt'intorno. Si
meravigliarono di non trovare Gianni e
la moglie Tina ad attenderli. Scesero
dall'auto e si guardarono intorno alla
ricerca di una qualsiasi traccia dei
loro ospiti.
Il terreno dove arrestarono
la vettura era umidiccio per effetto
della pioggia caduta di recente. Oltre
al solco lasciato dai pneumatici della
loro Golf sul terreno erano presenti
diverse impronte di zampe di animali.
- Guarda qui! - disse
Marianna indicando le tracce sul
terreno.
- Sembrano impronte di
animali.
- Di qualche lupo. Magari!
- Ricominci con questa
storia?
- Non potrebbero esserlo
per davvero?
- Forse, ma non credo che i
lupi si avvicinino all'uomo, perlomeno
non in queste zone di montagna, per
farlo dovrebbero essere in branchi molto
numerosi.
Riccardo si chinò e fece
scorrere la mano sul terreno sfiorando i
margini delle impronte, poi si alzò in
piedi.
- Uhm... sì, sembrano
impronte d'animale.
- Forse queste tracce hanno
a che fare con l'assenza di Gianni e sua
moglie.
- Ma no, dai, non
spaventiamoci per niente. Saranno andati
nel bosco a raccogliere funghi. Nelle
montagne qua attorno ce n'è in
abbondanza.
- Fino a quest'ora della
sera?
- Non c'è nemmeno la loro
macchina parcheggiata. Probabilmente
saranno andati a Borgotaro a fare delle
spese, non credi?
- Sì, forse.
Il sole volgeva al tramonto
quando entrarono nello chalet. Non si
stupirono nel trovare la porta
d'ingresso socchiusa, ipotizzando che
Gianni e Tina l'avessero lasciata
scostata apposta per loro.
L'interno della casa
appariva in perfetto ordine. Dopo avere
visitato soggiorno e cucina salirono al
piano superiore e ispezionarono le tre
stanze da letto. Quando scesero
nell'ingresso dello chalet le ombre
della notte stavano sommergendo le
montagne tutt'intorno.
- Beh, che facciamo? -
disse Marianna.
- Niente! Adesso ci sediamo
in soggiorno e aspettiamo che Gianni e
Tina si facciano vivi. Cosa ci rimane da
fare altrimenti?
- Manca poco alle nove,
strano che non siano qui.
- Aspettiamo... aspettiamo,
arriveranno prima o poi, no?
- E' strano che non ci
abbiano avvertito. Avrebbero potuto
farlo chiamandoci sul cellulare oppure
spedendoci un SMS.
- Magari non siamo
raggiungibili con il segnale del gestore
del nostro telefono.
Si misero seduti sul sofà,
sistemato al centro del soggiorno, di
fronte al caminetto, in attesa che
qualcuno dei loro ospiti si facesse
vivo.
- Sento un certo languore
allo stomaco. Ho fame! - disse Marianna
dopo un po' che erano seduti.
- Non annoiarmi con questa
storia, se proprio hai voglia di
mangiare apri il frigorifero e guarda se
c'è qualcosa da mettere sotto i denti.
Marianna si alzò in piedi
e si trasferì in cucina. Tornò poco
dopo nel soggiorno.
- Niente, non c'è niente!
Il frigorifero è completamente vuoto.
Accidenti!
- Strano, molto strano.
- E adesso cosa facciamo?
- Aspettiamo.
- Incomincio a essere
preoccupata. Se non arriva nessuno entro
breve tempo come ci comportiamo?
- Andiamo a dormire.
- Forse dovremmo scendere
in paese e denunciare la scomparsa di
Gianni e Tina ai carabinieri.
- Ma non fare la sciocchina
cosa vuoi che gli sia accaduto? E poi
l'assenza della loro macchina sta a
indicare che si sono allontanati
spontaneamente. Aspettiamo ancora un po'
poi andiamo a letto. Va bene?
- Sì, facciamo così.
La camera degli ospiti di
cui presero possesso era arredata con
mobili di riciclo, ma tenuta in perfetto
ordine.
- Prenderò freddo se dormo
nuda sotto le coperte? - disse Marianna.
- Non penso, comunque io
terrò sulla pelle la canottiera.
Si levarono gli abiti e si
infilarono sotto la trapunta di piumino,
poi smorzarono la luce.
Il materasso era di crine e
piuttosto duro, al contrario della rete
metallica del letto che si infossava a
ogni piccolo movimento.
Dalla finestra, lasciata
con gli scuri aperti, filtrava la luce
della luna che illuminava a giorno la
camera.
- E' notte di luna piena. -
disse Marianna guardando il cielo
attraverso i vetri.
- Daccapo con questa storia
del lupo mannaro.
- Sì, ho paura a dormire
in questa casa stanotte.
- Non fare la sciocchina.
Riccardo l'attirò a sé
deciso a trasmetterle quel senso di
protezione di cui la compagna aveva
bisogno. Marianna era finita sotto le
lenzuola senza nulla addosso, come era
solita fare tutte le sere quando andava
a dormire. Lo stato di smarrimento e il
calore che emanava il suo giovane corpo
la rendevano desiderabile, e ancora una
volta accese nel compagno il desiderio
di fare l'amore con lei.
Riccardo avvertiva su di sé
la punta dei capezzoli turgidi della
moglie abili nel volergli trapassare il
torace. Fece scivolare la mano fra le
cosce di Marianna e l'accarezzò. Gli
piaceva introdurre le dita fra i peli
del pube, carezzarle le grandi e piccole
labbra, lisciarle il clitoride
compiacendosi nel farla godere di quelle
galanterie.
Quando facevano l'amore
piaceva a entrambi assumere un ruolo
diverso dal loro solito, ne misero in
atto uno nuovo anche quella sera.
- Nelle notti di luna piena
il licantropo resta privo della sua
mente umana, assume quella di un comune
lupo mannaro, e diventa pericoloso come
sta succedendo ora a me.
- Sì, davvero? - disse
Marianna mordendogli il collo con un
lungo bacio che lo fece trasalire di
piacere fino a irrigidirsi in tutto il
corpo.
- Il licantropo smarrisce
ogni tipo d'inibizione e manifesta il
suo essere selvaggio con la crescita di
una fitta pelliccia di peli su tutto il
corpo, la coda e gli artigli.
- Sì, dai, affonda la coda
nella mia passera. Fallo ora, dai.
Riccardo le divaricò le
cosce e affondò la lingua nella vagina,
poi cominciò a leccarla bestialmente artigliandole i glutei con entrambe le
mani, mantenendole il corpo
immobilizzato sul letto. Dalla bocca di
Marianna uscirono dei gemiti di piacere
che si fecero più intensi nel momento
in cui Riccardo incominciò a succhiarle
il clitoride.
- Sì, così... così. Mi
piace quando lo succhi in questo modo.
Cazzo, se mi fai godere!
Il modo che avevano di fare
l'amore seguiva percorsi consolidati.
Riccardo si adoperava nel leccarle la
figa trasmettendo alla compagna il
calore necessario per raggiungere più
di un orgasmo prima di essere scopata
nella vagina oppure sodomizzata nel culo.
Riccardo s'intestardì nel
volerle leccare il clitoride,
succhiandolo a più riprese, fintanto
che Marianna prese a urlare quando ebbe
raggiunto l'acme del piacere. Liberatasi
dell'abbraccio del compagno lo fece
sdraiare sul letto e condusse la
cappella nella bocca. Il pompino durò a
lungo, impegnando Marianna.
Sembrava che Riccardo non
dovesse mai eiaculare, fintanto che,
esausta per il protrarsi dell'amplesso,
si decise a condurlo a termine ficcando
un dito nel culo del compagno di letto
sapendo quanto gli fosse gradito. Lo
faceva raramente, anche se la
sollecitava spesso a farlo, ma quella
sera agì con troppa violenza facendolo
urlare perché invece di un solo dito
gliene ficcò due nel culo.
Il grido di dolore si
confuse con l'ululato che proveniva da
fuori lo chalet e spaventò Marianna.
- Hai sentito? - disse
Marianna scollando le labbra dalla
cappella di Riccardo.
- Cosa?
- Mi stai prendendo in
giro?
- Perché?
- Vuoi sostenere che non
hai sentito degli ululati eh?
- Non li ho sentiti,
accidenti a te! Stavolta hai esagerato a
mettermi non so cosa nel culo.
- Va bene, dormiamo, basta
così.
Marianna gli volse le
spalle e si mise sul fianco nel letto,
negandosi. Rifiutando, di fatto, di
succhiargli il cazzo.
- Si può sapere cosa ti
prende adesso?
- Niente. Fatti una
dormita.
Riccardo, dopo il rifiuto
della compagna, appoggiò la cappella
fra le natiche di Marianna e cominciò a
strusciarsi contro.
- Smettila!
- Fatti inculare, dai.
- No!
Riccardo, visti inutili
tutti i tentativi, si addormentò con il
cazzo accostato al culo della compagna
dopo essere stato lì per venire.
Avrebbe potuto masturbarsi, ma non lo
fece.
Le luci dell'alba
raggiunsero Marianna e Riccardo distesi
una accanto all'altro sul letto. Il
rumore provocato dal propulsore di una
autovettura svegliarono la donna.
- Hai sentito? - disse
Marianna scuotendo il corpo del
compagno.
- Cosa c'è? - rispose
Riccardo assonnato.
- Ho sentito dei rumori
provenire dal cortile.
- Sarà qualche lupo
mannaro che se ne torna a casa.
- Dai non fare il cretino.
Alzati e vai a vedere di cosa si tratta.
- E' appena l'alba.
- Alzati e vai a vedere.
- Prima me lo succhi e
porti a termine il pompino che hai
interrotto ieri sera, dopodiché mi alzo
e vado a vedere se davvero c'è qualcuno
altrimenti te lo scordi.
- Che stronzo che sei. Ti
faccio vedere io se ho abbastanza
coraggio oppure no.
Dopo che Marianna fu uscita
dalla stanza Riccardo si riaddormentò.
Al risveglio, non trovando la compagna
accanto a sé, si mise in apprensione e
andò a cercarla. Scese dal letto,
indossò i jeans, e uscì dalla camera.
A piano terra non trovò nessuno. Lo
chalet era completamente vuoto come
l'aveva trovato al suo arrivo la sera
precedente. Marianna era scomparsa,
svanita nel nulla. I carabinieri,
avvertiti della sua sparizione e di
quella di Gianni e della moglie Tina,
setacciarono per mesi le montagne
tutt'attorno, ma non trovarono nessuna
traccia dei loro corpi.
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