LO SPOSO PUO' 
BACIARE LA SPOSA.

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

 

     "Perché non diamo vita a un gruppo rock?" - fu questa la proposta che Lorenzo snocciolò all'amico Giancarlo, mentre erano sotto la doccia, dopo una interminabile partita a tennis giocata al Circolo Ariosto. 
   Qualche giorno più tardi, dopo avere contattato un velleitario cantante chitarrista, un bassista, e un aspirante batterista, tutti ex compagni di liceo, gettarono le basi di quella che sarebbe diventata la loro band. 
   Messo insieme un quintetto di ambiziosi musicisti presero in affitto un garage e lo adattarono a studio per le prove. Tappezzarono le pareti con un doppio strato di pannelli di polistirolo, necessari per attutire il rumore provocato dagli strumenti musicali, dopodiché, armati di grande entusiasmo, si misero a strimpellare cover di brani famosi.
   Alla band diedero il nome "Le Jene" in onore di Quentin Tarantino, regista dell'omonimo film, anche se Ugo, il batterista del gruppo, avrebbe voluto dare al complesso musicale un nome più sobrio. Furono necessari parecchi mesi di prove prima che il gruppo raggiungesse una buona amalgama, impegnandosi a fare delle prove almeno tre sere la settimana, per tutto l'inverno, fintanto che misero insieme un repertorio di una cinquantina di brani musicali prima di debuttare in pubblico. Debutto che avvenne in occasione della sagra del paese, un agglomerato di piccole case situato nella Bassa Parmense, sulla riva destra del Po, a ridosso dell'argine maestro. 
   Successivamente, nel corso degli anni, più di un membro della band abbandonò il gruppo, sostituito di volta in volta da un nuovo orchestrale, cosicché del gruppo di amici che inizialmente avevano dato vita alla band l'unico rimasto attivo era Lorenzo. Anche il genere musicale, oltre alla denominazione del gruppo, aveva subito delle trasformazioni, passando dal rock demenziale a un genere molto più tradizionale con il nome: "Gli Aironi Neri".
   Con il nuovo nome la band raggiunse una certa notorietà, cosicché erano molte le associazioni e i privati che ne sollecitavano la presenza, specie in occasione di sagre, feste e matrimoni. Ma il sogno dei componenti il gruppo musicale, gente che suonava esclusivamente per passione, era di riuscire, prima o poi, a incidere un album con le loro canzoni, prospettiva niente affatto remota, specie dopo che nella band aveva esordito come voce solista Sissy, una bassista preparata ed espressiva, in grado di interpretare un vasto repertorio di canzoni e, grazie all'avvenente presenza, aveva contribuito a dare maggiore rilevanza alla band.

   Una nebbia fitta, assolutamente fuori stagione, nascondeva la villa settecentesca, situata in aperta campagna, dove Lorenzo era atteso. Per arrivarci, una volta abbandonata la strada provinciale, dovette percorrere un lungo tratto sterrato, dalla larghezza assai ridotta, reso pericoloso dalla presenza di un canale d'irrigazione che costeggiava la strada, profondo un paio di metri, colmo d'acqua, come ce ne sono tanti nelle campagne della Bassa Parmense.
    Quando era stato interpellato da un facoltoso industriale della Bassa per intrattenere con la sua tastiera gli ospiti di una festa privata, senza l'ausilio degli altri orchestrali, aveva accettato la proposta immediatamente, senza farsi troppi scrupoli, allettato dalla generosa offerta economica. L'unica condizione postagli dall'imprenditore, oltre a suonare, era che avrebbe dovuto mantenere la bocca cucita su tutto ciò che avrebbe visto e udito durante la cena. Ma accettando quella condizione non avrebbe potuto immaginare sino a che punto si sarebbero spinti i commensali durante la festa.

   Bloccata la corsa del Bmw station-wagon davanti alla villa si affrettò a scaricare dall'autovettura gli strumenti musicali e l'impianto di amplificazione. A disposizione avrebbe avuto tutto il tempo necessario per eseguire qualche prova dell'audio prima che arrivassero gli ospiti.
   Al centro dell'ampio salone delle feste dove fu accompagnato trovava posto una tavola, lunga più del normale, apparecchiata con estrema raffinatezza. Una tovaglia di cotone bianco con ricami di pizzo, candelabri in cristallo con candele colorate di rosso, composizioni floreali, posate d'argento, piatti di porcellana bianca arricchiti con lo stemma di un antico casato, probabilmente quello a cui apparteneva il padrone di casa, erano gli elementi che caratterizzavano l'ampia tavolata. La cura dei minimi particolari, come si conviene a quella che doveva essere una cena molto importante, esprimeva quanta attenzione aveva riposto il ricco imprenditore per stupire i commensali.

   Gli ospiti raggiunsero la villa alla spicciolata. Verso le nove di sera gli invitati, all'incirca una decina, tutti uomini attempati, consumarono gli aperitivi standosene in piedi, ossequiati da un paio di sexy cameriere, agghindate da conigliette, con addosso soltanto un grembiulino bianco, orlato di pizzo, che le lasciava scoperte le natiche prive di mutandine. Gli uomini seguitarono a parlare fra loro, senza sbroccare alla vista delle ragazze, dopodiché presero posto a sedere intorno alla tavola.
   Non accadde niente di particolare per tutto il tempo in cui consumarono la cena. L'atmosfera seguitò a essere vivace e allegra, con i commensali distratti a parlare fra loro di problemi di economia e finanza, salvo limitarsi a qualche sguardo malizioso verso le nudità delle sexy cameriere e a qualche palpata di culo. Il facoltoso padrone di casa, confuso fra gli ospiti, dava l'impressione di essere soddisfatto dell'andamento della serata a cui Lorenzo stava contribuendo con dei brani musicali.
   Allo scoccare della mezzanotte le luci nel salone si attenuarono. Una delle conigliette si premurò di accendere le candele rosse, collocate sulla tavola, dopodiché, accolte da un rumoroso battimano, nel salone fecero la comparsa un gruppo di sei ragazze completamente nude. 
   Per niente a disagio nel ruolo dispensatogli dal padrone di casa, le giovani si avvicinarono ai commensali e si misero a dispensare carezze, baci, e sorrisi agli attempati ospiti. Quelli fra loro che si ritrovarono davanti al naso la figa calva delle ragazze, furono prontamente conquistati dall'odore riccamente intenso e penetrante che emanava il corpo delle giovani. Cosicché, soggiogati da quelle eccitanti presenze femminili, uno dopo l'altro ficcarono il viso fra le cosce delle ragazze e si diedero da fare a leccare la figa di ciascuna. 
   Mentre le giovani passavano da una lingua all'altra, spostandosi intorno al tavolo, facendo credere agli ospiti di trarre godimento dal contatto con le varie lingue, Lorenzo, seppure sconcertato da quanto stava accadendo, andò avanti a suonare mantenendo un aplomb apparentemente distaccato senza mai staccare gli occhi dalla sala.
   Le ragazze, giovani e carine, avevano tutta l'apparenza di essere a proprio agio nell'esercitare quel ruolo. Una in particolare, dai capelli neri, lunghi e mossi, e dalle forme giunoniche, attirò la curiosità di Lorenzo che, seppure impegnato alle tastiere, non staccò mai gli occhi dal corpo della ragazza che, a differenza delle compagne, ansimava rumorosamente, dando a intendere agli anziani commensali di essere prossima a raggiungere l'orgasmo. 
   La ragazza non stava un attimo ferma col culo, lo scuoteva in continuazione ogni volta che veniva a contatto con la lingua dei commensali, dando l'impressione a chi la guardava di bagnarsi come una fontana fra le cosce a motivo dell'eccessiva eccitazione.
   Era lampante che gli uomini traevano immenso piacere nel leccare la figa alle ragazze. Uno dei commensali, un tipo calvo, pelle e ossa, dall'aspetto macilento, infilò due dita nella figa della ragazza mora, quella che per lungo tempo aveva attirato l'attenzione di Lorenzo, e si mise a masturbarla, divorandola con gli occhi fra le cosce, dopodiché prese a stimolarle il clitoride con i polpastrelli senza mai rallentare il movimento delle dita. Lei lo lasciò fare fintanto che, sollecitata da quel tocco, si lasciò andare a più di un urlo di piacere eccitando ancora di più l'uomo che probabilmente non vedeva l'ora di venirle in bocca. 
   Tutt'a un tratto le spinse il capo verso il basso e la obbligò a inginocchiarsi sul pavimento davanti a lui. Abbassò la cerniera dei pantaloni e tirò fuori il cazzo turgido, poi accompagnò la bocca della ragazza verso di sé. Lei prese il cazzo nella mano e con la lingua, tutta fuori dalle labbra, prese a leccare la cappella dopo averla inumidita con dell'abbondante saliva. L'anziano ospite rimase per tutto il tempo comodamente seduto sulla sedia, mentre la ragazza grugniva per il poco ossigeno che aveva a disposizione per respirare. Nel frattempo anche le altre ragazze si erano date da fare acquietando i viziosi capricci degli altri commensali spompinandoli uno dopo l'altro. 
   Lorenzo non tolse mai lo sguardo dalla ragazza mora indaffarata a soddisfare i bisogni dei commensali, anche dopo che aveva fatto eiaculare l'uomo a cui si era dedicata per primo, ingurgitando tutto lo sperma nello stomaco. 
   L'idea che quella ragazza stesse riempiendosi la bocca dello sperma dei commensali eccitò Lorenzo all'inverosimile. Andò avanti a suonare, incredulo e muto davanti all'orgia che andava consumandosi davanti ai suoi occhi, con il cazzo duro e gli ormoni in subbuglio sino a stordirsene. 
   Avrebbe voluto essere al posto di uno degli anziani ospiti, indaffarati a fare sesso con le ragazze assoldate dal padrone di casa, ma pure lui, al pari delle escort, era stato ingaggiato per deliziarli di piacere con la musica, perché era nei patti presi con l'industriale cui aveva assicurato, all'atto dell'ingaggio, che nulla non sarebbe mai uscito dalle sue labbra di quanto avrebbe visto e udito nella villa.

   Alle tre di notte, dopo avere riverito il padrone di casa, gli ospiti si accomiatarono. Anche le ragazze sparirono dal salone lasciando dietro di sé una festosa scia di libidine. Lorenzo si occupò di riordinare gli strumenti musicali e li caricò sulla station-wagon. Stava per abbandonare la villa quando l'imprenditore gli si fece incontro e gli consegnò un assegno di cinquemila euro. Stringendo nella mano quel foglio di carta si chiese quanto denaro avrebbero incassato le ragazze come compenso delle loro prestazioni. 
   Comunque, soddisfatto del denaro ricevuto, cifra cinque volte superiore a quanto guadagnava in un mese di lavoro da impiegato, espresse gratitudine verso il padrone di casa. 
   Quando lasciò la villa diretto a Parma la nebbia era un muro impenetrabile. Impiegò all'incirca un ora a percorrere i trentacinque chilometri che lo separavano dalla città ducale.

   Un anno dopo lo straordinario evento che aveva visto Lorenzo esibirsi nella villa di campagna, dove era stato testimone di un orgia, un assurdo accadimento lo riportò a riflettere su quella fantastica notte. Accadde quando un caro amico, già componente della band, lo invitò a presenziare alle proprie nozze.
   Il giorno della celebrazione del matrimonio, vestito con un inappuntabile abito da cerimonia, Lorenzo occupava uno dei primi banchi della basilica in attesa che dalla porta principale facesse la sua comparsa la sposa. Quando la ragazza, in abito bianco, sottobraccio al padre, percorse il corridoio centrale della chiesa e si avvicinò all'altare, dove ad attenderla c'era il futuro sposo insieme al sacerdote che avrebbe officiato la funzione religiosa, non ebbe difficoltà a riconoscerla. La promessa sposa non era altro che la ragazza mora che un anno addietro aveva visto, in modo confuso, intrattenere gli ospiti nella villa dell'orgia. Sconcertato da quella rivelazione si chiese cosa avrebbe dovuto fare. Rivelare tutto all'amico Giancarlo oppure fare finta di niente? 
   In precedenza, assistendo a un qualsiasi matrimonio, non gli era mai accaduto di udire la frase "Se qualcuno ha qualcosa da dire lo dica adesso oppure taccia per sempre" come spesso avviene in qualche film americano. Ma lì, in quella chiesa, i due promessi sposi non erano i protagonisti di una soap opera di successo come Beautiful. Erano due persone normali con i loro problemi, così lasciò che la cerimonia avesse inizio sino a quando sentì la voce dei due sposi pronunciare i fatidici:
   - Vuoi tu Giancarlo prendere me come tua legittima sposa?
   - Sì.
   - Vuoi tu Lorena prendere me come tuo legittimo sposo?
   - Sì.
   Il sacerdote concluse la cerimonia con il classico:
   - Vi dichiaro marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa.
.
   ...e vissero felici e scontenti.

 

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore.
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.