In
città giravano strane voci sul conto
delle donne moldave. Arrivate a Parma in
gran numero, alla fine degli anni
novanta, avevano trovato una facile
occupazione assistendo persone anziane
non autosufficienti. Alcune di loro,
mettendo a profitto l'arma della
seduzione, avevano concupito la fiducia
di anziani soli inducendoli a sposarle,
dopodiché, una volta entrate in
possesso del patrimonio del novello
sposo, avevano divorziato pretendendo di
essere liquidate con cospicue somme di
denaro.
Nell'area di parcheggio di
Via Kennedy, prospiciente il
settecentesco Parco Ducale, le moldave
residenti in città si davano
appuntamento ogni sabato mattina.
Stazionavano a gruppi attorno ai veicoli
commerciali dei corrieri impegnati a
fare la spola dalla Moldavia verso
l'Italia e viceversa. I camioncini
rimanevano parcheggiati nelle piazzole
del parcheggio per l'intera giornata,
dopodiché, verso sera, gli autisti
ripartivano con il carico di pacchi e
bagagli che le donne moldave
recapitavano in patria ai loro
famigliari.
Sprofondato nel sedile
della Ford Fiesta, celato alla vista
delle donne moldave, Giuseppe carezzava l'idea di avvicinarsi a una
di loro e proporle di seguirlo a casa
propria. A settant'anni conservava un
aspetto giovanile e un fisico
presentabile, anche se di virile gli era
rimasto ben poco fra le cosce.
Dopo dieci anni di
vedovanza soffriva di solitudine e
avvertiva il bisogno di una presenza
femminile accanto a sé. Una donna con
cui trascorrere la giornata e la sera
addormentarsi davanti allo schermo della
televisione abbracciati l'uno all'altra,
ma non aveva mai trovato sufficiente
coraggio per mettere in atto il suo
proposito, rimandando ogni volta la
decisione al sabato successivo.
Dopo settimane di
appostamenti e mancati abbordaggi smise
di recarsi al parcheggio dove ogni
sabato si davano appuntamento le donne
moldave. Entrò in crisi e gli prese una
dannata voglia di lasciarsi morire di
solitudine.
La sua vita cambiò il
giorno in cui la signora Balestrazzi,
l'inquilina che occupava l'appartamento
dirimpetto al suo, assunse una donna
moldava per fare da badante al marito
immobilizzato a letto da un ictus
cerebrale.
Irina, la donna moldava che
assisteva il Balestrazzi, mostrava
d'avere una quarantina d'anni, non di più.
Era un tipo anonimo, non troppo bella,
con qualche dente d'oro sull'arcata
dentaria della mascella. Giuseppe se la
trovò davanti a sé, sul pianerottolo,
una mattina che stava uscendo di casa
per recarsi ad acquistare il giornale
all'edicola.
- Buongiorno. - disse
sorpreso nel trovarsela dinanzi a sé.
Lei contraccambiò il gesto
di saluto con un lieve movimento del
capo, poi girò la chiave nella toppa
della serratura e scomparve dentro
l'appartamento dei coniugi Balestrazzi.
Dopo quel fugace incontro gli capitò
altre volte di incontrarla. E lei ogni
volta ricambiò il saluto con un sorriso
e qualche parola in italiano. Infine
Giuseppe prese coraggio e saggiò la
disponibilità della donna a prendersi
cura di lui.
- Vorrei che si prendesse
cura della mia casa, la pagherei bene
sa.
- Mi spiace, purtroppo sono
impegnata ad assistere il signor
Balestrazzi, mica posso abbandonarlo. -
fu la risposta che Irina gli diede in un
incerto italiano.
- Se in futuro le capiterà
di avere necessità di un posto di
lavoro deve promettermi che verrà ad
abitare da me.
- Sì, certo che glielo
prometto. - sorrise, poi entrò
nell'abitazione della famiglia che
l'ospitava.
Irina mantenne l'impegno,
infatti, dopo la morte del
Balestrazzi, prese servizio da Giuseppe,
al quale non parve vero di avere
finalmente una donna dentro casa.
Irina si sistemò nella
camera che un tempo era stata occupata
da Marco e Giuliana, i figli di
Giuseppe, da tempo allontanatisi da
quella abitazione.
La presenza di Irina
restituì a Giuseppe nuova linfa vitale
e riempì di nuovi significati le sue
giornate. Nei mesi in cui la donna era
stata a servizio dai coniugi Balestrazzi
aveva imparato a cucinare alla maniera
italiana, ma non mancò di stupirlo nel
preparargli appetitose pietanza moldave.
Irina era solita muoversi
dentro l’appartamento con nient'altro
sulla pelle che la vestaglia. Perlomeno
questo fu ciò che Giuseppe intuì
mentre era impegnata nei lavori
domestici. A volte gli era capitato di
scorgere le nude forme dei capezzoli
allorché Irina si chinava per
raccogliere degli oggetti dal pavimento.
Erano tette non troppo grosse, ma
seducenti quanto basta per turbarlo nel
profondo.
Ogni volta che ne aveva
l'occasione Giuseppe si strusciava
contro il corpo di Irina. Lei lo
lasciava fare, incoraggiandolo, di
fatto, a ripetere quel gesto. La
presenza della donna dentro casa gli provocò
un forte risveglio
della libido. E alla sua età non era
cosa da poco, ma col passare dei giorni
non si accontentò soltanto di
strusciarsi contro il corpo della donna.
Quello che desiderava era di scoparla se
gli fosse capitata l'occasione per
farlo.
Le voluttuose forme d'Irina
divennero per Giuseppe una vera
ossessione. Cominciò a spiarla
attraverso la toppa della serratura
della porta del bagno ogniqualvolta vi
si appartava. Gli piaceva stare a
guardarla mentre faceva scendere le
mutande e sedersi sul water di maiolica.
Lui godeva di quei brevi attimi
d'intimità. E poi se la divorava con
gli occhi quando, uscendo dal box della
doccia, rimaneva ad asciugarsi davanti
alla specchiera del bagno.
Irina possedeva forme
sinuose. Non era in soprappeso, ma un
certo stato di grasso le appesantiva il
corpo. A Giuseppe erano sempre piaciute
le donne in carne, specialmente se provviste di un paio
di occhi azzurri come quelli di Irina.
Desiderava palparla,
strusciare il pene contro le natiche,
nella speranza che gli diventasse duro,
ma non aveva sufficiente coraggio per
farlo. Diede a intendere alla donna il
proprio interesse con qualche regalo:
profumi, soprattutto, spingendosi a
donarle anche qualche capo di biancheria
intima acquistato al discount, che lei
mostrò di gradire.
*
* *
Una mattina, mentre osservava Irina impegnata a fare scorrere uno straccio
umido sul pavimento, lei si rivolse a
lui.
- Ti piacciono le mie
tette?
A Giuseppe quella domanda gli giunse inaspettata,
irrigidendolo.
- Perché mi fai questa
domanda?
- Ho l'impressione che ti
attraggano moltissimo, o sbaglio?
- No, affatto. - rispose
Giuseppe con un certo imbarazzo.
- Ti piacerebbe toccarle?
- Eh?
- Ti ho chiesto se ti va di
palparle.
- Sì, certo.
Irina lasciò cadere lo
spazzettone sul pavimento e si avvicinò
a Giuseppe. Sciolse il legaccio che le
cingeva la vita e aprì la vestaglia,
poi gli prese una mano e l'accompagnò
sopra una tetta.
Giuseppe, sbalordito nel
trovarsi Irina nuda davanti a sé, provò
un certo disagio. Stava per realizzarsi
il sogno di carezzare quel corpo e gli
pareva di non essere all'altezza del
compito assegnatogli dalla donna. Lasciò
cadere le dita sulla tetta e col fiato
sospeso accarezzò il capezzolo. Non
toccava l'areola di una mammella da
tempo memorabile e questo gli conferì
maggiore sicurezza nel momento in cui
sentì Irina irrigidirsi in tutto il
corpo. Non si domandò se la donna
stesse fingendo o fosse turbata sul
serio, ma poco gli importava. Depose
l'altra mano sul petto di Irina e
strinse fra le dita entrambi i seni.
- Ti piacciono?
- Sì, molto. - rispose
Giuseppe sempre più eccitato.
Irina serrò la vestaglia e
lasciò Giuseppe con un palmo di naso,
dopodiché riprese a strofinare il
pavimento con lo spazzettone.
Eccitato da quanto la donna
gli aveva fatto vedere Giuseppe si portò
alle spalle di Irina e accostò le mani
intorno alle tette, poi le appoggiò il
pene contro le natiche.
- Dai smettila, lasciami
lavorare. Non voglio.
- Mi piaci.
- Non fare lo stupido,
potrei essere tua figlia.
- Che t'importa, lasciami
fare. - disse proseguendo a strusciarsi
contro le natiche.
- A me, sì che importa. -
disse Irina prima di divincolarsi
dall'abbraccio.
Giuseppe tornò alla carica
nei giorni successivi, ma incontrò ogni
volta una considerevole resistenza da parte
della donna. Un pomeriggio che stava
coricato sul letto, mezzo addormentato,
Irina andò a fargli visita.
Si presentò sulla porta
della camera con indosso un intimo di
seta, di colore rosa. Uno di quelli che le aveva comperato al discount che
erano soliti frequentare.
- Posso venire a scaldarmi
accanto a te?
Giuseppe non le diede
risposta, buttò da una parte la coperta
e Irina scivolò fra le lenzuola. La
donna avvolse il corpo dell'uomo e gli
trasmise il calore della propria carne,
poi gli prese una mano e la condusse
sulla fica lasciando che gli carezzasse
le labbra e il clitoride, infine gli
prese il pene nella mano e lo masturbò.
L'erezione fu sufficiente a
farlo godere. Giuseppe scivolò con la
lingua fra le cosce della donna e
cominciò a leccarla arrestandosi sul
clitoride che aspirò dentro la bocca.
Sollecitata da Giuseppe, la donna
manifestò il proprio piacere scuotendo
il bacino fino a raggiungere l'orgasmo,
perlomeno questa fu l'impressione che
lui ne ricevette. Lei si gettò
sul corpo dell'uomo e riprese a
masturbarlo, poi lasciò che la
penetrasse adagiandosi con tutto il
corpo sopra di lei.
Quello che ne seguì fu un
periodo felice. Giuseppe parve
consumarsi di energie montando il corpo
di Irina. Un valido aiuto glielo diede
lo specialista andrologo cui si era
rivolto. Il farmaco che il medico gli
prescrisse permise a Giuseppe una
seppure modesta attività sessuale.
Stare insieme a Irina lo
fece sentire di nuovo giovane. E quando
la donna gli propose di sposarlo lui
accettò.
Dopo la cerimonia nuziale
Giuseppe si ritrovò a essere padre di
una bella bimba, ma forse sarebbe meglio
dire patrigno, poiché la ragazza non
era frutto del suo sangue, ma venuta
alla luce venti anni prima.
Natlinka era il risultato
di una passione giovanile di Irina. La
ragazza, per tutto il tempo che la madre
aveva lavorato in Italia, era
rimasta in affido alla nonna, in
Moldavia, ma dopo che Irina si era
sposata l'aveva raggiunta ed era andata
ad abitare con lei e Giuseppe, cui non
sembrò vero di ritrovarsi fra le mura
domestiche una presenza femminile più
giovane della moglie.
*
* *
Giuseppe è stato trovato privo di vita,
riverso sul pavimento, ai piedi della
tromba delle scale. E' accaduto qualche
mese dopo la venuta in città di
Natlinka, la sua figlioccia. Nessuno ha
saputo spiegare in che modo sia
precipitato dal quinto piano. Colpa di
un malore, forse, ma fra la gente c'è
chi non la pensa in quel modo.
Irina e sua figlia
seguitano ad abitare nell'appartamento
che è stato di proprietà di Giuseppe e
ora è diventato il loro. Irina ha
acquisito il diritto alla reversibilità
della pensione del marito e ha ripreso a
fare assistenza alle persone anziane,
anche Natlinka ha iniziato a fare lo
stesso mestiere.
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