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LE
GEMELLE BULGARELLI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Mi
sono imbattuto nelle gemelle Bulgarelli
una mattina di qualche anno fa. La mia
autovettura, un Bmw diesel, si era
rifiutata di mettersi in moto
obbligandomi, mio malgrado, a utilizzare
il pullman di linea per raggiungere il
posto di lavoro in città.
Salendo sul torpedone non
trovai un posto libero dove sedermi,
rimasi in piedi, nel corridoio centrale,
aggrappato al corrimano, sballottato da
una parte all'altra del pullman causa le
ricorrenti frenate e accelerazioni che
l'autista imponeva al mezzo pubblico.
A una fermata in aperta
campagna, poco prima che il pullman
raggiungesse l'abitato di Felino, due
bellissime ragazze salirono sul
torpedone. Erano somiglianti come
gocce d'acqua. Vestivano nell'identico
modo. Persino i guanti di lana, a
strisce orizzontali colore
dell'arcobaleno, indossati per
proteggere le mani dal freddo, erano
identici. La frangia di capelli, dritta
a tendina, copriva la fronte a entrambe
e sfiorava le sopracciglia. Ambedue
avevano una fossetta sulla guancia
destra che si rivelava nel momento in
cui sorridevano. Anche il timbro della
voce era del tutto simile.
Scesero dall'autobus
allorché il mezzo pubblico, giunto a
Parma, arrestò la corsa dinanzi
all'Istituto d'Arte Toschi, dopodiché
si sottrassero alla mia vista entrando
nel portone d'ingresso alla scuola
trascinandosi appresso lo zainetto che
si premurarono di sistemare sulle
spalle.
Le settimane seguenti, alla
guida del Bmw, transitando dinanzi alla
pensilina dove avevo visto le gemelle
salire sul torpedone, mi capitò
parecchie volte di scorgerle in attesa
del bus. E in più di una occasione fui
tentato di offrirle un passaggio, ma non
mi azzardai a farlo.
Da allora sono trascorsi
dieci anni e la mia professione ha avuto
sviluppi molto positivi. Ora sono a capo
dell'ufficio marketing della VetroMobil,
una fra le più importanti aziende
vetrarie italiane.
Un opificio per la
lavorazione artigianale di oggetti di
vetro affianca lo stabilimento
principale della VetroMobil. E' in
quella dependance che esperti artigiani
producono, grazie all'abilità delle loro
mani, oggetti per l'arredo e articoli di
bigiotteria: soprattutto pendenti per
ciondoli, bracciali e orecchini.
E' accaduto durante uno dei miei
rari sopralluoghi ai laboratori
dell'opificio che mi è capitato
d'intravedere, sedute a un tavolo da
lavoro, le gemelle che anni addietro ero
solito scorgere alla fermata della
pensilina in attesa di salire sul
pullman che le avrebbe condotte in città.
Entrambe erano impegnate a dare forma a
piattine di rame modellandole a goccia e
a cuore.
Utilizzavano dei minuscoli
cilindri di canne di vetro policromi che
lavoravano di precisione, accostandoli
gli uni agli altri con le abili mani,
disegnando forme particolari con molta
disinvoltura. Tutt'e due indossavano un
camice da lavoro di colore cenere,
aperto sul davanti, che ne lasciava
intravedere l'incavo fra le tette sode e
lucenti per il sudore generato dalle
alte temperature dell'ambiente.
Erano trascorsi parecchi
anni dall'ultima volta che le avevo
scorte, in attesa del pullman, sotto la
tettoia di una pensilina. Guardandole
con ammirazione mi accorsi che si erano
fatte ancora più belle.
- Complimenti. Siete molto
brave. Avete gusto nella composizione
dei colori. Vi piace questo tipo di
lavoro?
- Sì, certo. - rispose una
delle due, senza peraltro alzare il
capo, impegnata nella lavorazione del
pendente.
- Dovreste mettere un
cartellino di riconoscimento sul camice,
altrimenti è impossibile per chiunque
distinguervi una dall'altra.
- Non importa, a noi sta
bene così. - rispose seccata una delle
due.
- Forse dovrei presentarmi.
- dissi - sono il dottor Marcotti.
Dirigo l'ufficio marketing. Se avete
delle idee oppure suggerimenti per
migliorare la qualità dei prodotti che
escono da questo settore fatemelo
sapere. Ve ne sarò grato.
- Il mio nome è Agnese. -
disse una delle due dopo avere sollevato
il capo dall'oggetto in vetro a cui
stava lavorando. - Lei è mia sorella
Eleonora. - soggiunse indicando la
gemella. - Idee ne avremmo tante. Magari
non tutte realizzabili, ma se ne può
parlare. Vale la pena discuterne se lo riterrà opportuno.
- Sì, certo. Ne
riparliamo.
Agnese, quella delle
gemelle con cui avevo maggiormente
interloquito, si avvicinò a un piccolo
forno e inserì nella bocca di mattoni
refrattari un ciondolo grezzo. I
minuscoli cilindri colorati, sotto
l'azione del calore, si saldarono fra
loro formando un disco compatto. Rimasi
ad assistere alla difficile operazione
di fusione sorpreso dall'abilità con
cui la ragazza stava portando a termine
la fusione. Quando tolse dal forno il
monile, quest'ultimo risultò
perfettamente regolare nella forma e nel
disegno.
- Davvero un ottimo lavoro.
- dissi.
- Una volta raffreddato
dovrò sottoporlo a molatura e
lucidatura, poi sarà pronto. Ma davvero
non ha mai assistito a operazioni di
questo tipo?
- So bene che può apparire
strano, ma è così. - mentii.
- E' da molto che lavora
per questa azienda?
- Quindici anni.
- E voi. - replicai.
- Sei mesi.
La ragazza si accomodò al
tavolo da lavoro e riprese il suo posto
accanto alla sorella, poi incominciò a
distribuire minuscole canne di vetro
colorate dentro una piattina di rame a
forma di cuore.
- Beh, allora ci
risentiamo. - dissi prima di
allontanarmi.
- Sì, sì. - confermarono
all'unisono.
M'incamminai verso la porta
d'uscita dell'opificio confidando di
riuscire ad approfondire la loro
conoscenza nell'immediato futuro. E
l'occasione capitò qualche giorno più
tardi.
Stavo allontanandomi dal
parcheggio dello stabilimento, al
termine della giornata di lavoro, quando
incappai in Agnese e Eleonora
indaffarate dinanzi al cofano di una
Lancia Y. Mi avvicinai alla vettura con
l'intenzione di aiutarle.
- Qualcosa non va? - dissi.
- Ah, è lei.
- Posso aiutarvi?
- L’automobile non vuole
saperne di partire.
- Benzina ce n'è?
- Sì. - disse una delle
due sorelle - La vettura è di seconda
mano, l'abbiamo acquistata qualche mese
fa, ma ha sempre funzionato bene.
- Se volete ci provo io a
metterla in moto.
- Si, certo, ci farebbe un
grosso favore.
Mi sistemai alla guida
della vettura e girai la chiavetta della
messa in moto. Il motorino d'avviamento
diede alcuni brevi sussulti e si fermò
quasi subito.
- E' la batteria. - dissi
una volta sceso dalla vettura.
- E adesso come facciamo a
fare ritorno a casa? - disse una delle
due rivolgendosi alla sorella.
- Vi accompagno io, se
volete.
- Abitiamo fuori città, a
diversi chilometri di distanza da qui.
- Presumo abitiate ancora a
Robbiano in quella fattoria immersa
verde che sta a pochi passi dalla strada
provinciale.
- E lei come fa a saperlo?
- chiese una delle ragazze, la stessa
che poc'anzi mi aveva consegnato le
chiavi della vettura.
- Magari vi sembrerà
strano ma vi conosco da molto tempo, da
quando frequentavate il liceo e tutte le
mattine salivate sul pullman che vi
conduceva a scuola.
- Strano, ero certa
che non ci fossimo mai incontrati,
altrimenti me ne sarei ricordata. -
disse l'altra ragazza avvicinandosi a
me.
- Adesso l'importante è
che vi accompagni a casa. Domani
chiameremo l'elettrauto. Lui provvederà
a sostituirvi la batteria.
- Si, facciamo così. -
suggerì la ragazza più vicina a me.
- Non perdiamo altro tempo,
salite in macchina. Vi accompagno.
Agnese prese posto sul
sedile anteriore del Bmw. Eleonora si
accomodò su quello posteriore. Mi
affaccendai nell'apparire simpatico,
premurandomi di metterle a loro agio.
Ero imbarazzato e nello stesso tempo
eccitato. Loro invece non si mostrarono
per niente impacciate dalla mia
presenza.
- Ma lei dove abita? -
chiese Agnese, una volta lasciata la
periferia della città alle nostre
spalle.
- La mia abitazione dista
solo una decina di chilometri da casa
vostra. Magari ci sarete passate dinanzi
una infinità di volte. Si trova sulla
sommità di una rupe e domina la valle
alla confluenza dei torrenti Bufrio e
Bradona.
- Accidenti ma è un
castello! Che bello deve essere
abitarci. - disse Eleonora entusiasta.
- Si, è una antico maniero
in pietra e sassi.
- Ci abita con sua moglie?
- Chi, io? Mica sono
sposato. Fino a un anno fa ospitava
anche mia sorella, poi si è unita in
matrimonio ed è andata ad abitare in
città.
- Cavoli! - imprecò
Agnese. - Mi piacerebbe proprio
visitarlo.
- Sentite ragazze perché
non ci diamo del tu. Mi sento in
imbarazzo a darvi del lei, in fin dei
conti ho solo qualche anno più di voi.
Che ne dite?
- Sì, certo. - disse
Agnese che delle due sorelle sembrava la
più disponibile.
- Se lo desiderate potete
visitarlo anche adesso. Anzi sapete che
faccio? Vi invito a cena. Che ne dite?
- Ah! Bene. - disse
Eleonora premurandosi di appoggiare le
braccia sullo schienale della poltrona
di guida dove stavo seduto.
- Telefonate ai vostri
genitori e avvertiteli che restate fuori
a cena.
- Sì, hai ragione. -
approvò Agnese.
Tolse dalla borsetta il
cellulare e digitò una serie di numeri.
- Mamma sono Agnese.
Stasera io e Eleonora restiamo fuori a
cena.
Trascorse qualche secondo
in cui ripeté più volte le stesse
parole.
- Va bene. Va bene. Uffa!
Ho capito... non ti preoccupare. Mica
siamo delle bambine, ciao, ciao.
Terminata la conversazione
ficcò l'apparecchio nella borsetta e mi
sorrise compiaciuta.
*
* *
Lasciai che fossero loro due a occuparsi
della preparazione della cena, io mi
riservai di reperire alcune bottiglie di
Bonarda dell'Oltrepo Pavese custodite
nella cantina.
- Questo posto è
bellissimo. Peccato che siamo arrivate
al tramonto.
- E' sì... purtroppo non
avete potuto godere dello straordinario
panorama che si gode dalle finestre.
- E' un vero peccato.
- Potreste fermarvi qui a
dormire. Domani vi riporto tutt'e due al
lavoro. La casa ha stanze da letto in
abbondanza, singole e matrimoniali.
- Matrimoniale! - strillò
Eleonora. - Restare sotto le coperte in
due, nello stesso letto, in una casa
estranea, ci farà stare meglio. - mi
rassicurò. - Siamo soltanto a pochi
chilometri da casa nostra, ma
preferiremmo stare insieme.
- Sì, certo. - convenni.
Restammo a chiacchierare
per il resto della serata attorno alla
tavola imbandita scolando più di una
bottiglia di vino. Entrambe erano
affascinate dall'architettura della
dimora che le ospitava. Senza che ne
facessi cenno si dichiarano disponibili
a eseguire dei lavori di restauro alle
finestre, sostituendo molte delle
vetrate.
- Beh, che ne dici ti va
l'idea.
- Sì certo, ma penso che
ci vorrà molto tempo per portare a
termine un lavoro così impegnativo.
- Potremmo venire qua nei
fine settimana, se ti va. Sono certa che
delle vetrate colorate spargerebbero
nell'ambiente una forte carica di
calore, chiunque entrando nella casa ne
resterebbe conquistato.
- Sì, sì, ci penserò. -
dissi.
Rimasi affascinato dai modi
garbati di entrambe. Le affinità che
avevano in comune andavano ben oltre la
semplice somiglianza fisica, anche il
modo pensare e di agire era il medesimo.
A mezzanotte accompagnai le
miei ospiti nella camera dove avrebbero
trascorso la notte. La stanza si trovava
al primo piano dell'edificio, accanto
alla mia, la stessa occupata tempo
addietro da mia sorella.
- Mi spiace, ma non posso
mettervi a disposizione indumenti
femminili per la notte. Se avete
necessità di un pigiama posso cedervi
uno dei miei.
- Non importa. Ci
arrangeremo con quello che abbiamo
indosso.
- Ah, il bagno è lì. -
dissi indicando la porta nell'angolo
della stanza a fianco del letto. - Gli
asciugamani sono nell'armadietto.
- Okay, grazie di tutto. -
dissero ambedue.
- Buonanotte allora.
Serrai la porta alle mie
spalle e mi precipitai nella mia camera.
Non accesi la luce. Mi avvicinai alla
parete che confinava con la stanza dove
erano alloggiate le ragazze. Senza
fare troppo rumore staccai da un parete un
dipinto e avvicinai l'occhio a un foro
che avevo praticato nel muro tempo
addietro. Lì avevo inserito una cannula
ottica che permetteva di scorgere un
area di 180° della stanza delle
ragazze. L'avevo installata quando la
camera era occupata da mia sorella. Mi
piaceva spiarla nell'intimità della
stanza mentre si faceva scopare da
qualche occasionale compagno di letto.
Mi allontanai dalla parete
e, tentoni, nella semioscurità, mi
avvicinai all'amplificatore dello stereo
sistemato vicino al letto. Accesi
l'apparecchio augurandomi che il
minuscolo microfono, occultato nel
quadro affisso alla parete, sopra la
spalliera del letto d'ottone della
camera di mia sorella funzionasse.
Dalle casse acustiche
uscirono le voci di Agnese ed Eleonora.
- Beh, cosa ne pensi di
Lorenzo?
- E' un tipo figo. Davvero
simpatico.
- Anche la casa non è
male.
- Quest'uomo deve essere
pieno di soldi, te lo dico io.
Diedi ascolto con curiosità
ai loro discorsi seguendo con lo sguardo
le movenze dei loro corpi senza riuscire
a distinguere chi delle due fosse Agnese
e chi Eleonora. Si liberarono degli
abiti e delle calze autoreggenti e
restarono col solo intimo addosso. Il
tipo di reggiseno e il perizoma che
indossavano era identico. I tanga,
colore chiaro di luna, avevano degli
inserti in pizzo che li rendevano
microtrasparenti e lasciavano
intravedere i peli del pube.
I corpi di Agnese ed
Eleonora erano abbronzati con le forme
lievemente tonde. I glutei apparivano
sporgenti e in carne. Tutt'e due si
muovevano per la stanza con molta
naturalezza, per nulla a disagio in un
ambiente sconosciuto a entrambe.
- Vado in bagno per prima.
Ti spiace? - disse una delle due.
- No, fai pure Leo.
Quest'ultima andò verso la
stanza da bagno e sparì oltre la porta.
Agnese si coricò sul letto e rimase
distesa a guardare il soffitto.
Vederle spogliarsi mi aveva
provocato un certo turbamento. Avevo il
cazzo duro e lo sentivo pulsare, seppure
imprigionato fra le brache. Slacciai la
cintura, sbottonai la patta e lasciai
che mutande e pantaloni scivolassero sul
pavimento. Afferrai il cazzo nella mano
e cominciai a masturbarmi.
Quando Eleonora fece
ritorno nella camera era nuda.
- Vado io? - disse Agnese.
- Fai pure. Il bagno è
tutto tuo.
La ragazza entrò nella
stanza da bagno e chiuse la porta alle
sue spalle. Eleonora si avvicinò a una
delle abat-jour sistemate sui comodini e
accese la luce. A piedi scalzi attraversò
la stanza fino alla porta d'ingresso.
L'interruttore che comandava le luci del
candeliere, pendente dal soffitto, era
posto sulla parete a fianco della porta.
Pigiò l'interruttore e la camera fu
illuminata dalla calda luce
dell'abat-jour.
Avevo seguito con molta
attenzione il dimenare del fondoschiena
della ragazza mentre girovagava da un
punto all'altro della stanza,
ancheggiando in modo naturale,
producendo piccoli sobbalzi alle tette
che apparivano compatte e non troppo
grosse.
Agnese sbucò dalla porta
del bagno poco dopo e s'infilò sotto le
lenzuola del letto matrimoniale facendo
compagnia alla sorella.
- Si sta bene qui. E'
davvero carino, non trovi?
- Uhm... sì. - rispose
Eleonora.
Agnese accarezzò il volto
della sorella e lasciò cadere le labbra
sulla bocca di Eleonora. Non fu un bacio
fraterno quello che si scambiarono, lo
subodorai subito, infatti, cominciarono
a mescolare le bocche in maniera
scomposta penetrandosi a vicenda con la
lingua.
Lesbiche e incestuose. Ecco
quello che erano! E io ero stato così
sciocco da non averlo intuito. Mentre le
guardavo attraverso il buco nella parete
proseguii a masturbarmi. Era la prima
volta che vedevo due donne fare l'amore.
Rimasi sorpreso dalla spontaneità dei
loro gesti, dalla raffinata eleganza con
cui si toccavano, rispettose una
dell'altra, con le bocche fuse,
indivisibili, stuzzicandosi con la
lingua nelle cavità.
Mentre ascoltavo i mugolii
che uscivano dalle casse degli
altoparlanti seguitai a menarmi il cazzo,
ma ogni volta che stavo per raggiungere
l'apice del piacere rallentavo l'azione
della mano per non eiaculare troppo
precocemente, godendo del piacere che
sapeva darmi la visione di loro due che
facevano l'amore sul letto che era stato
di mia sorella.
Mi era capitato altre volte
di guardare mia sorella scopare con
qualche amichetto, ma guardare due
lesbiche fare l'amore, e per di più
gemelle, mi aveva eccitato
all'inverosimile lasciandomi col fiato
in gola.
I corpi nudi delle gemelle
Bulgarelli erano ammucchiati uno
sull'altro al centro del letto,
oscenamente esposti, liberati dal
lenzuolo che fino a poco prima li
ricopriva. Le ragazze presero ad
arrotolarsi su se stesse una infinità
di volte fintanto che una delle due ebbe
ragione dell'altra.
Quella che giaceva sopra
teneva bloccata la sorella sotto di sé
con la forza delle braccia, poi cominciò
a sfregare i capezzoli contro le tette
dell'altra e seguitò a farlo a lungo
accrescendo il mio piacere. Era
maledettamente eccitante vederle fare
l'amore in quel modo. Quella delle due
che stava sopra interruppe l'azione e
con la forza delle braccia divaricò le
cosce alla sorella. Cominciò a
strusciare il pube contro la figa
dell'altra, poi finirono con
l'incrociare le cosce e incominciarono
sfregare il clitoride una contro l'altra
senza sosta.
La luce giallastra
dell'abat-jour rendeva luminosa la pelle
di ciascuna delle sorelle attribuendo a
entrambe un aspetto lucente. Ero
estasiato dal corpo flessuoso della
ragazza che stava sopra e pareva la più
assatanata delle due. La vidi calare la
mano nella vagina della sorella e
infilarle due dita nella fessura.
Delle ragazze che
occupavano il letto, oltre la sottile
parete, non sapevo distinguere chi delle
due fosse Agnese e chi Eleonora. A dire
il vero in quel momento non m'importava
granché di saperlo. Avrei voluto
esserci io sul letto al posto della
ragazza che penetrava con le dita la
sorella, invece mi accontentai di
restare a guardarle.
Andarono avanti a lungo a
toccarsi, poi la ragazza che stava sopra
si lasciò cadere con la schiena sul
materasso di piume. L'altra le divaricò
le cosce e si mise in ginocchio,
accucciata davanti alla figa della
sorella. Avvicinò la bocca alla
fessura, lucida di umori, e cominciò a
leccarla mantenendo le mani serrate
sulle braccia della sorella, impedendole
di sfuggire alla presa delle proprie
labbra che le succhiava il clitoride.
- Basta... basta. - supplicò
la ragazza che subiva i passaggi di
lingua sul clitoride.
L'altra continuò a
succhiare inumidendo di saliva la
sporgenza erettile della sorella
fintanto che la sentì gemere di
piacere. Non paga la penetrò con le
dita fino a farla urlare.
- Basta!!!... Basta!!!...
Ti prego... Ti prego.
Anch'io venni con loro e
sborrai nella mano lasciando che lo
sperma tracimasse dalle dita e il
liquido filamentoso prendesse terra.
Si accartocciarono una
sull'altra, congiungendo i corpi madidi
di sudore, dopodiché, esauste e
soddisfatte, si misero supine a guardare
il soffitto, poi una delle due si
rivolse alla sorella.
- Il posto è davvero
romantico.
- Se Lorenzo c'invitasse
ancora potremmo renderlo partecipe di
qualche scopata senza rivelargli ciò
che c'è fra noi. Che ne dici, ti va?
- Sì, non è male come
uomo, mi piacerebbe scoparmelo, e a te?
- Sì, anche a me.
- Beh, ne riparliamo.
Buonanotte.
- Notte...
La luce dell'abat-jour si
spense e mi ritrovai con la mano
imbrattata di filamenti di sperma.
Sono trascorsi quasi due
anni dalla sera in cui le gemelle
Bulgarelli sono state ospiti nella mia
dimora. Oggi molte delle vetrate del
maniero sono guarnite da composizioni di
vetro tagliato secondo una figurazione
grafica ideata da Agnese ed Eleonora.
L'ambiente della mia stanza da letto è
illuminato da un particolare tipo di
colori che si traduce in una forte
carica erotica per chi è coricato sul
letto. E' stato concepito in questo modo
appositamente da loro due. Entrambe
vengono spesso a farmi visita e dormono
nello stesso letto a baldacchino insieme
a me.
Per lungo tempo, facendo
l’amore tutt’e tre insieme, ho avuto
difficoltà nel distinguere chi delle
due è Agnese e chi Eleonora, poi per
renderle dissomiglianti ho fatto ricorso
a un artificio naturale. Ho obbligato
Agnese a radersi i peli della figa,
mentre Eleonora li
ha mantenuti intatti. E adesso so che
delle due l'Agnese è quella che fa i
pompini migliori.
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