LA TRAVIATA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
L'inaugurazione della stagione operistica del Teatro Regio, per la città di Parma, non è soltanto un evento culturale, ma anche mondano, politico e mediatico. Ignorare l'invito ad assistere all'opera che inaugura la stagione lirica è un gesto difficile da compiersi, specie per chi, come la sottoscritta, al Teatro Regio non ci aveva mai messo piede. Eppure avevo rifiutato la proposta di Rosita senza dispiacermene. Quella stessa sera il mio fidanzato aveva insistito affinché l'accompagnassi a una riunione mondana di lavoro, e non era mia intenzione deluderlo privilegiando uno spettacolo d'opera lirica alla sua compagnia.
   Rosita mi aveva avvertito della improvvisa disponibilità di un posto a teatro soltanto nel tardo pomeriggio, qualche ora prima dell'inizio dello spettacolo, dopo che un attacco febbrile aveva costretto la madre a letto impedendole d'assistere allo spettacolo dell'opera lirica.
   A lungo aveva insistito affinché accettassi l'invito, manifestando persino l'intenzione di mantenere libero il posto nel palco nel caso fossi riuscita a disimpegnarmi all'ultimo momento.

   Mancavano pochi minuti alle 19.00. Uscita dal box della doccia ero impegnata ad asciugarmi i capelli col phone, quando il cellulare si mise a trillare. Prima di rispondere alla chiamata osservai le cifre che comparivano sul display del telefonino. Il numero era dell'apparecchio di Riccardo, il mio fidanzato.
   - Pronto.
   - Ciao, bella!
   - Ciao, a che ora passi a prendermi?
   - Purtroppo c'è un imprevisto. - disse ostentando un tono di voce di chi è dispiaciuto.
   - Ah! E di che genere?
   - Niente d'importante, ma stasera devo presiedere una riunione urgente di un condominio fra quelli che amministro. Non sarò libero prima di mezzanotte. Me n'ero completamente dimenticato.
   - Non preoccuparti. - lo rinfrancai, seppure delusa. - So quanto ci tenevi a presenziare a quella festa, sarà per un'altra volta, dai.
   - Sì, certo, però mi spiace soprattutto per te.
   - Non fa niente, dai, ci vediamo domani sera.
   - Va bene, ti telefono, eh. Ora devo andare, ciao.
   - Ciao.
   Dispiaciuta la ero per davvero, ma il forfait di Riccardo mi mise nelle condizioni di accogliere l'invito di Rosita. Cercai il suo numero di telefono nella rubrica del cellulare e lasciai che l'apparecchio lo componesse automaticamente, dopodiché rimasi in attesa.
   - Pronto. - diede risposta la voce di Rosita.
   - Sono io, Erika. L'invito all'opera è ancora valido, oppure hai ceduto il biglietto a qualcun altro? 
   - No, ce l'ho ancora, perché?
   - Riccardo stasera ha un impegno, se ti fa piacere posso tenerti compagnia a teatro.
   - Sì, dai, sono contenta. Manca poco più di un'ora all'inizio della rappresentazione. Passo a prenderti a casa tua fra mezz'ora. Mi raccomando, fatti trovare pronta, eh. Lo spettacolo inizia alle otto precise.
   - Cavolo, ma allora ho pochissimo tempo a disposizione per prepararmi.
   - Direi proprio di sì.
   - E adesso che vestito mi metto addosso?
   - Ma dai, col tuo fisico puoi permetterti d'indossare anche uno straccio di vestito che farai comunque una ottima figura.
   - Dici?
   - Ciao, ti aspetto.
   Sfilai l'accappatoio dalla pelle e andai a sedermi dinanzi alla specchiera della stanza da letto. Impiegai poco tempo per truccarmi il viso e pettinarmi. Infilai un perizoma nero, trasparente sul davanti, e lasciai il reggiseno nel cassetto del comò. Tirai fuori dall'armadio l'unico abito da sera che posseggo e l'indossai. 
   Il colore nero dell'abito addolciva la silhouette del mio corpo. L'ampia scollatura a V metteva in dovuto risalto le forme delle tette che parevano tracimare dal tessuto tanto erano gonfie e sode. Tolsi dal cofanetto delle gioie un giro di perle e serrai il prezioso ornamento attorno al collo. Agganciai un paio di zirconi ai lobi delle orecchie e rimasi a rimirare l'effetto che facevano su di me allo specchio, soddisfatta dell'accoppiamento dei gioielli. Per ultimo calzai un paio di scarpe nere, lucide, a tacco alto, che conferivano alle gambe, visibili attraverso un lungo spacco laterale del vestito, un aspetto affusolato.
   Qualche minuto prima che le lancette dell'orologio oltrepassassero le sette e mezza il cellulare trillò.
   - Sono io, Rosita. Sto arrivando. Scendi giù in strada e aspettami sul marciapiede così non perdiamo altro tempo.
   - Va bene. - dissi.
   Poco dopo ero davanti al portone di casa. Rosita mi raggiunse quasi subito, arrestò la Golf a ridosso del marciapiedi e mi fece salire sull'auto. Mi accomodai sul sedile al suo fianco e proseguimmo verso il centro città. 
   - Contenta di andare a teatro? - disse quando l'auto si mise in moto.
   - Sì, certo.
   - Sei stupenda con addosso questo vestito. Il nero ti dona tantissimo.
   Mi sentii lusingata dai suoi complimenti e contraccambiai l'elogio con un sorriso di circostanza.
   - Hai deciso di mettermi in imbarazzo stasera?
   - No, dico sul serio. - rispose.
   - Ma dai, tu sì che sei elegante, non io.
   Stare in compagnia di Rosita mi faceva bene allo spirito. Tipo allegro e per certi versi spregiudicata coniugava queste virtù in maniera ottimale. In più di un'occasione mi aveva sciorinato delle avance. In cuor suo conservava la speranza che prima o poi sarei caduta fra le sue braccia, ma si sbagliava, perlomeno questo era ciò che pensavo. Facevo coppia fissa con Riccardo da quasi sei mesi e in tutto questo tempo gli ero sempre rimasta fedele, e non avevo nessuna intenzione di mettergli le corna.

   Sistemammo l'auto nel parcheggio sotterraneo della Pilotta, a due passi dal Teatro Regio, dopodiché c'incamminammo. Dopo una decina di minuti eravamo nel foyer del teatro già affollato di persone.
   La Traviata, opera inserita nella stagione estiva del Verdi Festival, aveva richiamato a Parma un grande numero di melomani da tutta l'Italia. Trovarmi a contatto con donne che ostentavano abiti e gioielli di valore inestimabile mi mise a disagio. Suggerii a Rosita di rifugiarci nel palco e lei esaudì il mio desiderio.
   Il palco dove prendemmo posto era di quarta fila, in una postazione centrale rispetto al palcoscenico. Le pareti erano tappezzate con un velluto damascato rosso porpora. Mi guardai attorno suggestionata dalla bellezza che sprigionava il teatro, entusiasta dell'ambiente in cui mi ero venuta a trovare. Il trillo di un campanello si sovrappose al brusio di voci di chi già occupava le poltrone.
   - Questo rumore cos'è? - chiesi a Rosita.
   - E' un primo avvertimento. La campanella indica che sta per iniziare la rappresentazione. Ne seguiranno altri due di squilli, dopodiché sarà pressoché impossibile accedere alla platea per chiunque.
   Le persone seguitarono ad affluire poco per volta nei palchi e in platea. Gli orchestrali, che da un po' di tempo avevano preso posizione ai loro posti, iniziarono ad accordare gli strumenti. Guardai con curiosità i volti delle persone che prendevano posto nei palchi e nella platea. Fra loro riconobbi molti personaggi famosi e mi sentii lusingata nel trovarmi ospite lì. Un secondo suono della campanella fece seguito al primo squillo. Le poltrone in platea erano quasi tutte occupate. I palchi straboccavano di persone sospese ai parapetti assorte a guardarsi d'intorno. Sulla soglia d'ingresso della platea, sotto il palco d'onore, incrociai il volto di Riccardo. 
   Indossava lo smoking e una cravatta a farfalla gli conferiva un aspetto fiero ed elegante. Non era solo, si accompagnava a una troietta ingioiellata come gran parte del donne che avevo intravisto nel foyer.
   Confusa da quella scoperta chiesi a Rosita di consegnarmi il binocolo che teneva stretto fra le dita. Guardai nella direzione delle poltrone dove i due avevano preso posto a metà platea e lo vidi.
   Era proprio Riccardo, non mi ero sbagliata. Un irrefrenabile impulso di rabbia mi colse. In quel momento avrei voluto scorticarlo per intero con le mie mani, sezionarlo a pezzetti e gettare le frattaglie in pasto ai maiali, tanto ero arrabbiata.
   - Perché fai quella faccia. Non sei contenta? - disse Rosita.
   - No, è che...
   Scoppiai in un pianto dirotto senza riuscire a contenermi. Piegai il capo sulla balaustra per non farmi scorgere dalla gente che mi stava d'intorno.
   - Ehi, dai, non fare così. Si può sapere cosa ti prende?
   Singhiozzavo e piangevo, piangevo e singhiozzavo. L'ultimo squillo della campanella mi sorprese con le lacrime che colavano sulle guance. Da lì a poco le luci si abbassarono fino a spegnersi del tutto, poi lo spettacolo ebbe inizio.
   Alzai il capo mentre sul palcoscenico prendevano forma le sagome di un salotto, in stile francese, del primo ottocento. Sul fondo della scena, alla destra del palcoscenico, faceva effetto un caminetto col fuoco acceso e con sopra uno specchio. Nel mezzo della scena trovava posto una tavola riccamente imbandita.
   Il coro delle voci prese a intonare un brano.
   Seduta sopra un divano, circondata da un gruppo di comparse, la soprano protagonista nel ruolo di Violetta intonò un verso. 
    Considerai che Riccardo non meritava nessuna delle lacrime che stavo consumando. Ma era uno di quei momenti in cui ci si sente crollare il mondo addosso e si è soli con se stessi.
   Il primo atto dell'opera giunse al termine dopo un'ora di spettacolo. Le luci si riaccesero poco per volta in platea e nei palchi. Riccardo e la sua compagna andarono verso il foyer. L'inseguii col binocolo mentre prendevano quella direzione.
   - Andiamo giù nel foyer?
   - No, ti prego, restiamo qua. - la supplicai.
   - Perché?
   - C'è qualcuno che non voglio vedere.
   - Chi?
   - Riccardo. E' qui con un altra!
   Rosita mi condusse nella sala attigua al palco, dall'altra parte del corridoio, dove i genitori della mia amica erano soliti consumare un piccolo pasto alla fine di ogni atto. Rosita aprì lo sportello di un frigo bar e mi offrì da bere.
   - Champagne?
   - Cosa... - dissi distrattamente.
   - Vuoi da bere?
   - Sì, certo, ne ho bisogno.
   Stappò una bottiglia di champagne e ne versò nei calici. Ci accomodammo su uno dei divanetti e restammo in silenzio per alcuni secondi assaporando il vino francese.
   - Come va? - disse.
   - Bene, bene.
   - E dai, non è mica la fine del mondo! I tradimenti fanno parte della vita. Oramai ci ho fatto il callo a essere cornificata. Gli uomini sono delle carogne.
   - Quello che più m'infastidisce sono le sue menzogne, cazzo! Avrei preferito apprenderlo dalla sua voce senza sbatterci il muso contro. 
   - Meglio così, perlomeno non dovrai ascoltare le bugie che ti avrebbe raccontato.
   Seguitai a bere champagne e parlare fintanto che lo squillo di un campanello ci avvertì che stava per iniziare il secondo atto dell'opera.
   - Ti spiace se resto qui ancora un po'? - dissi a Rosita.
   - No, fai pure, se decidi di fare ritorno nel palco non devi fare altro che attraversare il corridoio e aprire la porta.
   - Va bene.
   Rimasi sola con i miei pensieri e in compagnia con lo champagne. Ma dopo un po' scesi nel foyer e lo trovai vuoto. Per tutto il secondo atto rimasi seduta su un divanetto a crogiolarmi nei miei dispiaceri. 

   Sul palcoscenico era da poco iniziato il terzo atto quando andai a sedermi accanto a Rosita.
   - Come stai? - chiese quando le fui vicina.
   - Un po' brilla, ma sto bene. - risposi.
   Rosita lasciò cadere la mano sotto lo spacco laterale del mio abito e l'appoggiò sulla coscia come se volesse rassicurarmi. Non diedi molta importanza a quel gesto, anche se lo avrei dovuto fare, poi la sua mano si fece più audace. Cominciò a carezzarmi la parte più intima della coscia, da prima piano, con garbo, delicatamente, poi fece scorrere le dita sul ginocchio insistendo nel gesto.
   Mi era capitato altre volte di subire le attenzioni di una donna, anzi, con alcune c'avevo anche fatto sesso nonostante le avessi incontrate per caso in qualche locale.
   Di Rosita apprezzavo la signorilità dei gesti e il modo raffinato con cui sapeva esprimersi con le parole, ma non era il mio tipo di donna. Preferisco fare sesso con ragazze acerbe piuttosto che con donne mature, e Rosita con i suoi quarant'anni era troppo su di età per i miei gusti.
   L'abilità con cui faceva scorrere le dita sulla pelle mi provocarono una forte eccitazione. Ci sapeva fare, molto. Coniugava l'arte del contatto della carne con quella più raffinata della grazia per soggiogarmi. Allargai le cosce e lasciai che la mano si accostasse al tessuto del perizoma.
   Mentre compiva il gesto volgeva lo sguardo verso il palcoscenico, apparentemente interessata allo svolgersi dello spettacolo, ma la sua mano si muoveva indiscreta nella direzione della fessura della mia figa. Quando la raggiunse iniziò a sfregarla con le dita.
   Avrei voluto scostarmi, serrare le cosce, e farle capire che non doveva considerarmi una preda facile. Invece c'avevo la figa bagnata fradicia e godevo del contatto della sua mano. Andò avanti a lungo a toccarmi, poi accostò la bocca al mio orecchio e articolò poche parole.
   - Vieni, seguimi.
   Scostò le dita da sotto la veste, mi afferrò la mano e la strinse con la forza nelle sue dita. Alzandosi dalla poltroncina mi trascinò dietro di sé.
   Senza troppo riguardo mi sbatté la schiena contro una delle pareti in legno, nella parte più oscura del palco, lontano da sguardi indiscreti. Accostò le mani sulle mie tette e le inglobò fra le dita.
   Il suo viso appariva confuso nell'ombra. Percepivo l'alito del suo respiro su di me e non riuscivo muovermi per la paura. Le sue labbra si accostarono alle mie e si limitarono a una lieve contatto, dopodiché prese a pennellarmi di saliva il collo con la lingua. Tutt’a un tratto fui trafitta da un brivido intenso che mi attraversò lo scheletro dai piedi fino al cervello. Il mio corpo incominciò a tremare tutto. Non percepivo né la musica dell'orchestra né la voce degli interpreti dell'opera. Rosita fece scendere le spalline del mio vestito oltre le scapole e scoprì le tette, poi fece scivolare il tessuto fino ai miei piedi e mi lasciò nuda con indosso le sole mutandine.
   Avvicinò di nuovo le labbra alle mie e ne accolsi la lingua nella bocca. Adagiò le dita sui capezzoli e li strizzò. Anch'io feci lo stesso palpandole i capezzoli da sopra il vestito. Ero in affanno. Le lingue entravano e uscivano dalle bocche in maniera scomposta senza un attimo di pausa.
   Adoro baciare ed essere baciata. Lei lo sapeva fare divinamente, era instancabile in questo. La sua lingua frugava nella mia bocca con molta dolcezza scuotendomi violentemente. Ero sua, in tutti i sensi, conscia che avrebbe fatto di me tutto ciò che voleva. Si mise in ginocchio ai miei piedi e lambì con la bocca il foro del mio ombelico. Si soffermò a leccare l'introflessione della cicatrice, poi con le dita mi abbassò il perizoma e lo fece scivolare lungo le gambe, pose le guance fra le mie cosce e s'incuneò con le labbra nella fessura della vagina.
   Posai le mani dietro il suo capo e lo spinsi verso di me, poi divaricai le gambe. La lingua s'impiastricciò di umore. Rosita chiuse fra le labbra il bocciolo del clitoride e iniziò a succhiarlo. Mi lasciai cadere sul pavimento di legno e lei fu su di me. Perseverò nella sua opera di seduzione succhiandomi il clitoride fintanto che iniziai a gemere e tremare.
   Seguitai a mugolare di piacere a ogni movimento delle sue labbra che inglobavano per intero il bocciolo erettile, soprattutto quando con la punta della lingua lo vellicava.
   Le scosse di tremore del mio corpo si fecero più intense e raggiunsi l'orgasmo. Addentai un muscolo del suo braccio soffocando il grido di piacere che usciva dalla mia bocca. Lei non si diede per vinta, continuò a leccarmi la vagina fintanto che, raggiunto l'ennesimo orgasmo, riuscii a divincolarmi e col fiato sospeso mi rialzai in piedi.
   Nessuno degli occupanti dei palchi, ai lati del nostro, si accorse di quanto era accaduto. La musica e il canto avevano superato d'intensità i gemiti e i mugolii a cui mi ero lasciata andare. Mi rivestii in tutta fretta e presi posto sulla poltroncina accanto a Rosita che mi aveva preceduta alla balaustra.
   L'opera giunse all'epilogo. Violetta, malata di tubercolosi, giaceva inanimata sul letto. Morì poco dopo tra le braccia di uno straziato Alfredo. Il pubblico riversò sui protagonisti dell'opera un fragoroso applauso che durò qualche minuto. Le luci della sala, da prima soffuse, si fecero più intense e la gente cominciò poco per volta ad abbandonare il teatro.
   - Andiamo? - suggerì Rosita di cui tornai a vedere il volto.
   - Sì, dai.
   Abbandonammo il palco e percorremmo il lungo corridoio a forma di ferro di cavallo dell'intero piano. Nessuna delle due fece cenno a quanto era accaduto poc'anzi nel palco. Scendemmo per le scale e ci ritrovammo nel foyer. Lì incocciai nella figura di Riccardo e della sua compagna.
   - Impegnativa la riunione condominiale, eh? - dissi.
   - Ma... veramente...
   - 'Fanculo! Stronzo!
   Lo lasciai lì, con l'espressione meravigliata sul volto della compagna. Sottobraccio a Rosita mi allontanai dirigendomi verso l'uscita. Fuori, in strada, la notte era umida... come la mia figa.

 

 

 
 

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