BUNGA BUNGA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

    
   

Detesto servirmi della metropolitana per spostarmi in giro per la città. Lo considero un posto sudicio e malsano, dove potrei infettarmi entrando a contatto con pidocchi e zecche. Sennonché sono costretta a salire sulle carrozze ogni giorno, al pari di migliaia di persone, per recarmi sul posto di lavoro. 
   Il sottosuolo della metropolitana è un luogo talmente infimo e degradato che mi mette paura. Muovendomi negli intricati camminamenti, scale mobili, e gallerie vengo quotidianamente a contatto con un gran numero di extracomunitari e clochard che vi trovano rifugio; una ciurmaglia di sbandati che sopravvivono in condizioni di estremo degrado e scarsa igiene personale. E' questa la ragione che mi ha indotta a custodire nella borsetta una boccetta di amuchina. All'occasione me ne servo per lavarmi le mani quando entro a contatto con gli arredi della metro. So bene che non è granché come metodo di prevenzione perché non mi mette al riparo da germi e infezioni, ma qualcosa devo pur farla se non voglio contrarre malattie.
   L'aria che si respira nella metro abbonda di polveri ed è altamente tossica. Sono costretto a respirare 'sta merda due volte al giorno, per cinque giorni alla settimana, anche se ne farei volentieri a meno. A volte penso che potrei morire soffocata respirando per lungo tempo quest'aria putrida, invece anche stasera viaggio su uno dei convogli che mi porterà a casa.
   Ho talmente schifo della metro che a volte sarei tentata di raggiungere il posto di lavoro in automobile, anziché prendere posto su uno di questi vagoni puzzolenti. L'unico problema, se mai decidessi di mettere in pratica questa soluzione, è che impiegherei molto più tempo per raggiungere il posto di lavoro a causa del traffico caotico che impera sulle strade di questa città.
   La metro mi incute paura. In ogni momento ho la sensazione che potrei rimanere intrappolata nel sottosuolo e non uscirne più. Stasera, nello scompartimento, i sedili sono occupati in prevalenza da extracomunitari. Preferisco starmene in piedi piuttosto che viaggiare seduta accanto a gente di colore. 
   Questa mattina sono stata circondata da tre zingare. Erano tutte giovani e appestavano l'aria da fare schifo tanto era forte la puzza dei loro abiti. Hanno seguitato ad alitarmi in faccia la loro puzza, mentre con la mano tesa mi chiedevano l'elemosina. Impaurita ho stretto al petto la borsetta che portavo tracolla con tutta la forza che avevo in corpo fintanto che, alla prima fermata, sono scesa dalla carrozza, dopodiché ho aspettato che giungesse il convoglio successivo per riprendere la corsa verso il posto di lavoro.
   I tunnel mi danno il batticuore. Preferisco di gran lunga muovermi alla luce del sole evitando di utilizzare la metropolitana, anzi, lo farei anche adesso, nonostante la giornata piovigginosa. Una sgradevole sensazione di angoscia mi ha catturato dal primo pomeriggio e sembra non abbia nessuna alcuna intenzione di mollarmi tanto presto. Spero soltanto che questo stato di scoramento non duri troppo a lungo perché vorrei tornare al più presto a guardarmi l'ombelico.

* * * 

   Stasera sono sola dentro casa. Sulla città seguita a piovere. Distesa sul sofà, il capo appoggiato su un cumulo di cuscini, impilati uno sull'altro, sono in attesa di una telefonata che tarda ad arrivare. Non so darmi ragione di questo contrattempo e la cosa mi fa arrabbiare. Con Francesco siamo rimasti d'accordo che mi avrebbe telefonato prima delle sette per recarci a cena. Sono le nove e ancora non si è fatto vivo.
   Osservo le gocce di pioggia che picchiettano contro la finestra e non posso fare a meno di pensare che la mia vita sentimentale è un fallimento. Lo è da sempre, credo, al contrario della mia vita professionale piena di soddisfazioni. Francesco rappresenta l'ennesimo tentativo di impegnarmi in una relazione stabile. Ci frequentiamo soltanto da poche settimane e non posso fare a meno di chiedermi se è normale che sia innamorata di una persona che conosco da così poco tempo. Non so come definire questo sentimento, però mi sento fortemente attratta da lui, ma non vorrei che questa storia finisse come tutte le altre che l'hanno preceduta.

   Troppo spesso, quando faccio conoscenza con un uomo per cui provo interesse, mi trovo a fantasticare. Poi va sempre a finire che rimango delusa dalla realtà. Sono cosciente che dovrei accettare tutti gli uomini per quello che sono, soprattutto per le cose belle che li caratterizzano e da cui mi sento attratta. In questo modo non ne rimarrei mai delusa. 
   Con Francesco devo assolutamente mettere da parte le mie fantasie, perché se va a finire che mi coglie la malinconia, allora la mia fantasia preferita diventa quella di scomparire. 
   Sto per piangere, pensando a quanto sono cretina, ma vengo destata dallo squillo del telefono. Resisto alla tentazione di sollevare la cornetta e decido di lasciarlo squillare per alcuni secondi prima di rispondere. Non voglio dare l'impressione di essere in attesa della sua telefonata, se come spero Francesco è in linea.
   - Pronto? - dico sforzandomi di mantenere il tono della voce sufficientemente pacato.
   - Ciao, scusami del ritardo, ma non sono riuscito a liberarmi per tempo da un impegno. In ufficio avevo un cliente importante e non potevo interrompere il colloquio per telefonarti. Mi capisci, vero?
   - Non fa niente, non devi giustificarti.
   - Beh, mi spiace di averti lasciata in attesa. Sei pronta per uscire? Non dirmi che hai già cenato eh? 
   - No, affatto, ero certa che prima o poi mi avresti telefonato. - dico fingendo di non essere arrabbiata. - Quando è squillato il telefono ero coricata sul divano e stavo riflettendo.
   - Su cosa?
   - Ho rimuginato, fantasticato, per tutto il tempo che sono rimasta in attesa della tua telefonata.
   - Ah, sì?
   - Che c'è di strano? A te non capita mai di stare con la mente fra le nuvole e fantasticare?
   - Io ehm... ho solo fantasie erotiche.
   - Allora sei uno sporcaccione.
   - No, affatto.
   - Raccontami qualcuna delle tue fantasie, dai. - dico incuriosita dalla strana rivelazione.
   - Davvero sei interessata ad ascoltarle?
   - Sì, certo.
   - Beh, una delle mie fantasie più ricorrenti è quella in cui mi ritrovo a legare una donna alla ringhiera del letto. Lo farei utilizzando una corda abbastanza spessa, senza praticare dei nodi troppo stretti in modo da lasciarle la possibilità di liberarsi. Mentre è legata abuso di lei in vari modi, sino a quando si libera e mi lega a mia volta alla spalliera del letto per approfittarsi del mio corpo nei modi che ritiene più opportuni.
   - Ti piacerebbe metterlo in pratica con me questo diversivo?
   - Se ti va di fare dei giochi sadomaso li potremmo concretizzare insieme, magari anche stasera. Tu invece che fantasie erotiche c'hai? Sono curioso di sapere cosa ti gira per la testa.
   - Le fantasie erotiche sono fra le cose più intime di una donna, mica a tutte piace renderle pubbliche.
   - E tu non me ne vuoi raccontare almeno una?
   - Le fantasie hanno origine dal proprio vissuto, penso che ogni donna ne abbia diverse. Quello che voglio dire è che una fantasia erotica che mi eccita non è detto che sia valida anche per un'altra donna. Mi hai capito?
   - Sì, certo, ma raccontamene una, dai.
   - La fantasia erotica che preferisco, quella che più mi eccita, è abbastanza strana.
   - Scusa se t'interrompo, ma ti masturbi tutte le volte che ci fantastichi su?
   - A volte sì, ma non troppo spesso come sei portato a credere tu in questo momento.
   - Vai avanti allora, dai, racconta.
   - L'uomo con cui fantastico spesso di scopare non ha un volto preciso, ma so per certo che da qualche parte del mondo deve pure esistere, non credi? Me lo immagino alto più di un metro e ottanta, con la testa rapata a zero come va di moda oggigiorno. Ha spalle larghe, grandi pettorali, e fianchi stretti. Quest'uomo, che poi è un ragazzo, lavora in una pizzeria al taglio, di quelle che fanno le consegne a domicilio.
   - Uhm... ti sei scelta un tipo macho, eh.
   - Nella mia fantasia succede che gli ordino una pizza per telefono. Poco dopo si presenta davanti ala porta della mia abitazione stringendo nelle mani il cartone della pizza. Vado ad aprirgli vestita con abiti succinti, il più delle volte con indosso delle shorts e una canotta bianca. Lo faccio accomodare dentro casa, dopodiché quando sto per pagarlo mi accorgo di non avere moneta sufficiente per la mancia.
   - Possibile che tu non abbia quei soldi?
   - Uffa! Lascia che vada avanti nel racconto.
   - Va bene, dai, continua pure.
   - A quel punto il pizzaiolo dice. "Non fa nulla, non si preoccupi". Sta per andarsene deluso, dal momento che ho disatteso le sue aspettative, quando lo chiamo indietro. Sollevo la canotta, e scopro le tette prive di reggiseno, e gli dico: "Ti soddisfano come mancia queste che ti mostro?". Lui mi guarda compiaciuto e sorride. Non gli lascio il tempo di dire una sola parola perché lo trascino dentro l'appartamento. Mi inginocchio davanti a lui, gli sbottono la patta dei pantaloni, e gli faccio un pompino come dio comanda.
   - Ah!
   - Lui però non si accontenta solamente che glielo succhi. Prima di venire vuole anche scoparmi. Mi fa sdraiare sul pavimento, mi invita a liberarmi di shorts e mutande, dopodiché mi allarga le cosce e me lo ficca dentro tutto, il cazzo.
   - E ti masturbi quando hai questa fantasia?
   - Il più delle volte sì, te l'ho già detto.
   - E come va a finire la storia? Mangi la pizza?
   - Succede che a volte lo facciamo alla pecorina, come predilige lui, ma il più delle volte io sto sopra, nella posizione a smorzacandela perché in quella posa, dovresti saperlo, godo di più. Adesso raccontami una delle tue fantasie, dai.
   - Preferisco ascoltare le tue, sai eccitami moltissimo con le tue avventure galanti. Mi hai fatto venire il cazzo duro, ti fa piacere saperlo?
   - Beh, sì, certo.
   - Allora vai avanti, dai, raccontami un'altra fantasia.
   - Ma non andiamo a cena? E' tardi.
   - Sì, dopo che me l'hai raccontata.
   - Mica ti stai masturbando eh?
   - No, te lo assicuro, ma vai avanti. Raccontami un'altra delle tue ricorrenti fantasie.
   - Prima però raccontamene una delle tue, sono curiosa di sapere qual è la tua fantasia più ricorrente, quella che ti eccita di più.
   - Lo farò, te lo assicuro, magari nel dopo cena, adesso però raccontamene un'altra delle tue, dai. 
   - Dunque... un'altra delle mie fantasie più ricorrenti è quella dell'inviata speciale. Immagino d'essere una giornalista che lavora per le pagine rosa del più grande quotidiano sportivo italiano. Hai capito di cosa parlo?
   - Sì, certo, vai avanti.
   - Immagino di essere ospite nello spogliatoio di una squadra di rugby. Gli atleti hanno appena terminato la gara e io sono andata lì a intervistare uno dei giocatori. Il tipo che mi sta davanti è un mulatto molto sexy, un vero stallone da sballo. Tutt'a un tratto, mentre lo intervisto, abbassa i pantaloncini e mi mostra il cazzo bello in tiro. Mi toglie la gonna, scosta il tanga strappandomelo con la forza, dopodiché s'inginocchia ai miei piedi e incomincia a leccarmi la passera. Dopo un po' che la lecca, facendomi gemere di piacere, mi sbatte la schiena sopra una delle panche dello spogliatoio e mi scopa di brutto.
   - Ma i suoi compagni di squadra che fine hanno fatto? 
   - Uffa! Lascia che finisca di raccontarti. D'improvviso, mentre mi monta come un maiale assatanato, intorno a noi compaiono gli altri giocatori. Si piazzano tutt'intorno con il cazzo stretto nella mano e si masturbano, poi ciascuno di loro mi scopa a turno. Mi eccita da matti questa situazione, anche ora sono tutta bagnata, ci credi? 
   - Non lo metto in dubbio. Piuttosto, sei pronta per andare a cena? Ti passo a prendere fra poco e ti porto in un posticino davvero speciale.
   - Pronta la sono da un pezzo. - dico sfinita e con la vagina bagnata.
   - Adesso non esagerare.
   - Va bene, dai, però non mi hai raccontato la più ricorrente delle tue fantasie.
   - Lo saprai a cena, te l'ho detto.
   - Ci conto.
   - Allora fra dieci minuti sono sotto casa tua.

* * *

   Il locale dove Francesco mi ha condotto a cena è una trattoria situata alla periferia della città, poco distante dalla tangenziale, nella direzione che conduce all'aeroporto. Non ci avevo mai messo piede prima di stasera, ma lui ha insistito perché venissimo qua e io non ho saputo rifiutarmi. Che altro avrei potuto fare? 
   La trattoria è un posto strano. Infatti, occupa una stalla e un fienile appositamente ristrutturati. I tavoli in legno e le sedie impagliate conferiscono all'ambiente un'atmosfera campagnola. Il pavimento in cotto è chiazzato qua e là, probabilmente è unto di cibo. I tavoli attorno a quello dove un cameriere ci ha fatto accomodare sono occupati da donne che hanno l'apparenza di essere delle puttane, e dai loro clienti. 
   La luce è affidata ai lumi di candela che trovano posto sui tavoli e creano una atmosfera strana, magicamente elettrica, come se dovesse succedere qualcosa da un momento all'altro. Mi chiedo cosa ci siamo venuti a fare in un posto lercio come questo. Vorrei andarmene ma non trovo il coraggio per dirlo a Francesco, e nello stesso tempo sono affascinata dalla gamma di personaggi che abbiamo tutt'attorno. Uomini e donne sembrano avvertire il medesimo turbamento di cui sono soggetta anch'io, complici consapevoli dei momenti speciali che probabilmente ci attendono.
   Il tremolio del lume di candela sistemato sul nostro tavolo precede l'arrivo di un cameriere. Merda! La serata è appena iniziata e ho già voglia di scappare da questo posto.
   - Cosa posso servirvi? Avete già consultato la carta del menù? - dice il cameriere
   - Non abbiamo ancora deciso. - dà risposta Francesco.
   - Beh, allora ritorno quando avrete deciso.
   - Grazie.
   Aspetto che l'uomo si sia allontanato, dopodiché fulmino Francesco con una domanda. 
   - Posso sapere perché mi hai portato in un cesso come questo?
   - Che ha di strano?
   - Mi stai prendendo in giro? Credi che non mi sia accorta che le donne sono tutte puttane e gli uomini dei magnaccia o probabili clienti. - dico girando il capo e guardandomi d'intorno. - Non dirmi che non te ne sei accorto. 
   - E allora?
   - Come sarebbe a dire "allora"?
   - Non trovi che la cosa sia eccitante?
   - Beh, più che eccitarmi mi sento un po' a disagio, se permetti.
   - Io invece c'ho il cazzo duro. A me piace questo ambiente, tutte queste troie, magnaccia e genere di clienti mi mettono il fuoco addosso. Non sei contenta?
 

* * *

   Non sono riuscita a gustare appieno la costata ai ferri che, unitamente a un contorno patate arrosto, ho chiesto di servirmi al cameriere. Ne ho assaggiato meno della metà: un quarto forse. Francesco invece l'ha fatta fuori tutta la sua, anzi, c'è mancato poco che mangiasse anche l'osso.
   Rimaniamo ospiti della trattoria fino a mezzanotte. A quell'ora il viavai di puttane è diventato continuo, solo allora Francesco si decide a rivelarmi qual è la sua fantasia erotica ricorrente. La confessa a fatica, ma infine me la rivela.

   Stanotte con Francesco abbiamo fatto l'amore come non c'era mai accaduto prima. Quando mi ha condotta a casa dopo avermi confessato che la sua fantasia erotica ricorrente è quella di praticare il Bunga Bunga, un rituale di sesso violento, un'orgia anale, uno stupro di gruppo selvaggiamente brutale che si ispira a una pratica introdotta nel suo harem dal colonnello Gheddafi, ha voluto che assomigliassi in tutto e per tutto alle puttane che stasera ci hanno tenuto compagnia nella trattoria.
   L'ho accontentato e adesso me ne sto qui, coricata nel suo letto, accanto a lui. Francesco dorme saporitamente, io invece non riesco a prendere sonno. Ho lasciato che mi sodomizzasse nel culo come avrebbe fatto con una qualsiasi di quelle puttane che praticano il Bunga Bunga. Adesso ho un grande dolore all'ano, credo che mi stia sanguinando, ma non ne sono certa. L'inconfessabile fantasia erotica consisteva nel mettermelo nel culo, stuprandomi in maniera brutale come se tutt'e due facessimo parte del trenino del Bunga Bunga. E l'ha realizzata. 
   Dopo quanto è accaduto stasera preferisco di gran lunga prendere posto su uno dei convogli della metro, attorniata da zingare ed extracomunitari, anziché fare parte del trenino del Bunga Bunga. A nessuno avevo mai concesso il mio culo. Quello che provo adesso è solo vergogna. E vorrei realizzare anch'io una mia fantasia: scomparire. 

 

 

 
 

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


.E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.