LA SPOSA IMPERFETTA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

      Lorenzo non aveva avuto nessuna difficoltà nel pedinare la moglie, forse perché Viviana non aveva adottato nessun accorgimento per sottrarsi alla sua curiosità. Vivevano sotto lo stesso tetto da cinque anni e durante tutto questo tempo non l'aveva mai sfiorato l'idea che potesse tradirlo, perlomeno fino al giorno in cui una lettera anonima gli aveva tolto questa certezza.
   La missiva accusava Viviana d'adulterio. D'acchito, leggendola, aveva pensato a una burla montata ad arte da qualche buontempone, come lo erano molti dei suoi colleghi di lavoro, ma l'autore della lettera mostrava di conoscere troppo bene le abitudini sessuali di Viviana e questa particolarità l'aveva sconcertato.
   Per un'intera settimana aveva stemperato la rabbia che l'arrovellava, poi non aveva resistito alla tentazione di pedinarla. Nella busta, oltre alla lettera, il delatore aveva accluso anche una chiave. Sarebbe servita ad aprire la porta dell'appartamento dove Viviana e l'amante erano soliti incontrarsi.
   Ma quali erano gli intendimenti di chi aveva scritto la lettera? E poi com'era entrato in possesso della chiave? Queste e altre domande Lorenzo se l'era poste senza trovare una adeguata risposta, anche se nella sua mente tutte lo erano.

* * * 

   Quando a metà pomeriggio, in sella alla bicicletta, Viviana si allontanò da casa Lorenzo la seguì dappresso, mantenendosi a debita distanza per non farsi scorgere. Da una settimana la seguiva passo passo ovunque si spostasse, ma non l'aveva ancora vista entrare in nessun appartamento come denunciava la lettera anonima. Era stufo di perdere tempo a spiarla, ragione per cui era deciso a riprendere il lavoro l'indomani. 
   Si era assentato troppo a lungo dall'ufficio, prendendosi un periodo di ferie, all'insaputa della moglie. Stava riflettendo sulle pratiche che avrebbe dovuto sbrigare l'indomani in ufficio quando scorse Viviana sospingere la bicicletta dentro il portone di un antico palazzo, distante pochi passi da Piazza del Battistero.
   Arrestò la corsa e sistemò la propria bicicletta contro il muro di una casa. Assicurò il telaio con catena e lucchetto, dopodiché mise piede dentro il Caffè Moretti, dirimpetto al portone dove aveva visto sparire Viviana con la bicicletta.
   Un cameriere gli servì un espresso con l'aggiunta di un sorso di Fernet. Rimase nel locale per una decina di minuti, il tempo necessario per permettere a Viviana e all'eventuale amante di denudarsi e coglierli sul fatto, nel caso fosse stato veritiero ciò che era scritto nella lettera.
   Quando uscì dalla caffetteria il cielo era bianco, di una luminosità molesta agli occhi. Dei fiocchi di neve scendevano lentamente dal cielo lasciando sull'asfalto una impronta scura e umida. Attraversò la strada e si trovò dinanzi al portone dove Viviana aveva fatto il suo ingresso.
   Un corridoio male illuminato portava a un cortile interno da cui aveva origine una scalinata che conduceva ai piani superiori. Passò davanti alla porta di un ascensore, ma preferì salire le scale a piedi. I gradini di cotto della scalinata erano consumati nella parte centrale e scivolosi. Protese un braccio verso il corrimano e se ne servì per sostenersi nella salita.
   Non sapeva esattamente a che piano del palazzo avrebbe dovuto fermarsi, ma aveva bene impresso il cognome dell'intestatario dell'appartamento citato nella lettera anonima. Giunto al pianerottolo, al primo piano dell'edificio, si trovò di fronte a tre porte. Una targa in ottone era fissata sul legno di una porta. Sopra c'era inciso un nome: Ferrari, lo stesso indicato nella lettera anonima. Rimase incerto sul da farsi. Le mani gli sudavano e il cuore pareva uscirgli dal petto per la tensione accumulata.
   Da una tasca del Moncler tolse la chiave conservata nella lettera anonima e l'avvicinò alla serratura. Le ipotesi più disparate gli frullarono per la testa mentre indugiava davanti alla porta con la chiave stretta fra le dita. Colto da un cattivo presentimento esitò prima d'infilarla nella toppa. Finalmente si decise a farlo e la chiave scivolò dritta nel buco della serratura. Girò il polso e sentì lo scoccare della serratura. Impegnato a non fare troppo rumore mise piede nell'appartamento, dopodiché chiuse la porta dietro di sé.
   Un lungo corridoio, reso chiaro dalla luce proveniente da una finestra, gli si presentò davanti. L'appartamento era carente di rumori, l'unico apparteneva al rintocco del pendolo di un vecchio orologio a muro che faceva bella mostra di sé sopra una parete. Passò davanti alla porta della cucina, guardò all'interno, e proseguì oltre. Il salotto e una delle stanze da letto erano vuote. Si rammaricò di non avere portato con sé un'arma per difendersi in caso d'aggressione da parte dell'amante della moglie. Si guardò bene intorno, ma l'unica cosa adatta a difendersi da un eventuale aggressore fu un portaombrelli in ceramica con infilati dei bastoni da passeggio e un ombrello. Un lamento richiamò la sua attenzione. Volse il capo alla propria destra, nella direzione della stanza che stava per visitare, e la vide.
   L'immagine riflessa nella specchiera, posta in un angolo della camera, era il fondoschiena di Viviana. L'altro corpo nudo appiccicato a quello della moglie apparteneva ad Alina.
   Tutto si sarebbe aspettato, a conclusione dell'appostamento, meno che scoprire Viviana a letto con Alina. Com'era potuto accadere? Si domandò.
   Non entrò nella camera. Rimase sullo stipite della porta, nascosto alla vista delle due donne, a osservare l'immagine dei loro corpi nudi, riflessi nell'enorme specchio che si trovava in un angolo della stanza, illuminati dalla luce di una abat-jour.
   La specchiera sembrava messa apposta lì per permettergli di guardare Viviana e Alina mentre facevano l'amore. Lo stupore che lo colse fu tale che rimase pietrificato. Entrando nel palazzo non aveva fatto caso, preso com'era nell'inseguire Viviana, che Alina lavorava come commessa in uno dei negozi di abbigliamento che occupavano l'edificio a piano terra.
   L'appartamento doveva essere di proprietà del datore di lavoro di Alina, pensò. Ma questo non giustificava la presenza delle due donne nel letto. Indeciso sul da farsi rimase a guardare i corpi che si agitavano sul letto incollati l'uno all'altro. Non vedeva il corpo nudo della propria sorella, poco più che ventenne, da molto tempo. Dopo che si era sposato la vedeva raramente anche perché il loro rapporto era avvelenato dai trascorsi nella casa dei genitori.
   La pelle di Alina si mostrava bruna rispetto alla carnagione chiara di Viviana. Il contatto dei due corpi ne faceva risaltare le curve sinuose e delicate. Strette in un tenero abbraccio tenevano le tette premute contro quelle dell'altra strusciandosi i capezzoli.
   Sembrarono non accorgersi della sua presenza. Seguitarono a carezzarsi i capezzoli impastando di saliva i seni, scambiandosi la lingua da una bocca all'altra. Si meravigliò nel vedere Viviana, docile e conciliante, subire le attenzioni di Alina e ricambiarle. Non aveva mai considerato la possibilità che sua moglie fosse bisessuale e potesse mantenere rapporti sessuali con delle donne. Ciò non lo disturbava, ma lo incuriosiva, mentre di Alina manteneva una sua personale opinione.
   I corpi apparivano madidi di sudore. Viviana e Alina sembravano insaziabili nell'accarezzarsi fra le cosce e stropicciarsi i capezzoli. Seguitarono a baciarsi a lungo, poi Alina si scostò e si mise in ginocchio fra le gambe divaricate di Viviana. Tutt'a un tratto affondò le guance sulla fica della compagna di letto e cominciò a leccarla cibandosi del liquido che colava copioso dalla fessura.
   Alina teneva il bacino dell'amante ancorato al letto con la forza delle braccia evitando che si dimenasse. Viviana ansimava e ruotava di continuo il capo da una parte all'altra del cuscino, ostinata nel carezzarsi le tette e i capezzoli. L'effetto della lingua sulla fica fu immediato. Viviana cominciò a prodursi in gemiti eccitando Lorenzo che ne traeva godimento nel vederla in quello stato.
   Quando Alina cominciò a succhiarle il clitoride, facendolo scorrere fra le labbra, Viviana esplose mugolando di piacere. I gemiti e i sospiri si tramutarono in urla mentre cercava in tutti i modi di allontanare le labbra di Alina che invece seguitava a succhiare la sporgenza erettile della cognata. 
   L'orgasmo giunse rumoroso squassando Viviana da capo a piedi. Lorenzo rimase impressionato dalla scena a cui stava assistendo, anche se era solito produrre nella compagna orgasmi della medesima entità, ma assistervi, nascosto dietro una porta, era diverso, molto diverso. Il cazzo gli doleva per l'eccitazione. Avrebbe voluto toccarsi e spararsi una sega, ma non lo fece.
   Restarono a lungo annodate, fradice di sudore, in attesa di riaccendere la miscela esplosiva che le avrebbe portate a ricongiungersi. Viviana pareva stordita dopo i molteplici orgasmi che le aveva procurato la compagna di letto.
   Alina si alzò dal materasso e scomparve dalla cornice dello specchio. Lorenzo ebbe paura di ritrovarsela di fronte e fu preso dal panico. Non avrebbe saputo cosa dirle, ma l'immagine della sorella riapparve subito dopo nella specchiera. Stavolta non era nuda, ma sul pube indossava un particolare tipo di slip con delle fibbie ai fianchi che serviva a sorreggere un fallo in lattice colore della carne. La vide avvicinarsi a Viviana e invitarla ad aprire le cosce. Alina depose dell'unguento sull'estremità del fallo e ne collocò altrettanto sulla fica che si apprestava a scopare. Viviana prese per mano l'oggetto fallico e incominciò ad accarezzarlo. Divaricò le cosce e il fallo la penetrò nella fica dilatandola. Alina inarcò la schiena e sospinse in avanti il bacino. Lorenzo non perse un solo movimento dei corpi che si agitavano uno sull'altro appagandosi a vicenda. Rimase a guardarle con interesse e con il cazzo duro.
   Alina e Viviana seguitarono a muovere i corpi in perfetta sincronia e consumata esperienza. A Lorenzo fu chiaro che si erano congiunte altre volte in quella maniera. Questo gli fece male, anche se vederle scopare lo trovò molto eccitante.
   Viviana, da sotto, teneva le gambe allacciate al corpo di Alina con i calcagni poggiati contro le natiche della cognata e l'aiutava nei movimenti di penetrazione. Ansimavano entrambe come forsennate mentre scopavano e seguitarono a farlo a lungo, fino allo sfinimento. L'orgasmo di Viviana sopraggiunse scomposto, da farla stare male. Alina smise di scoparla, si adagiò sul corpo della compagna, e la coprì di baci sulla bocca.

   Nevicava quando Lorenzo uscì dal palazzo. Il cielo era buio e la strada appariva coperta da un sottile strato di neve. Qualche persona si affaccendava dinanzi alle vetrine illuminate dei negozi. La bicicletta, coperta da due dita di neve, era dove l'aveva lasciata. Tolse la catena che teneva legato il telaio al cerchio di una ruota, salì sopra la sella e prese la direzione di casa.
   Trascorsero alcuni giorni durante i quali Lorenzo non fece cenno a Viviana di quanto aveva visto, nemmeno era intenzionato a farlo in futuro. L'autore dell'anonima lettera era stata Alina, ormai ne era certo. Aveva aspettato tutti quegli anni per vendicarsi di lui che l'aveva deflorata quando era adolescente e aveva seguitato a scoparla a lungo fintanto che si era sposato. Si era presa la rivincita, vendicandosi, ma a Lorenzo non era ancora chiaro cosa avrebbe riservato il futuro a lui, Viviana e Alina.

 

 
 

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