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LA
RITARDATARIA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
A quest'ora
del mattino, fanno difetto un paio di
minuti alle 6.00, sarei già dovuta
essere sul posto di lavoro, invece sono
maledettamente in ritardo. Merda!
Alla guida dell’Opel Tigra procedo per
Via Dell'Abbeveratoia, verso il cancello
d'ingresso
dell'ospedale, ma stamattina ho
l'impressione che la strada abbia
qualcosa di diverso rispetto a quando
l'ho percorsa l'ultima volta, prima di
lasciare la città per le ferie estive.
Una serie di plance
pubblicitarie, collocate alla distanza
di 10- 15 metri una dall'altra,
ingombrano la banchina alla mia destra
fino alla sommità della strada dove è
collocato il parcheggio riservato alle
maestranze dell'ospedale.
Il degrado ambientale
originato dalla presenza dei pannelli
pubblicitari è sotto gli occhi di
tutti, anche un pirla lo noterebbe.
Suppongo che il desolante squallore di
questa scelta sia diretta conseguenza
dei risultati elettorali della primavera
scorsa.
Soltanto pochi giorni
prima di recarmi alle urne ero certo che
la gente di questa città avrebbe votato
per il candidato progressista,
soprattutto in conformità di una
campagna politica incentrata sulla
soluzione dei problemi sociali, invece i
parmigiani gli hanno preferito il
candidato di centro destra.
Probabilmente hanno ritenuto che sotto
la guida di questo sindaco avranno
maggiori opportunità per arricchirsi,
perlomeno alcuni di loro.
Sull'ultima plancia
pubblicitaria, posta vicina all'ingresso
del parcheggio dell'ospedale, c'è
affisso un manifesto che reclamizza un
reggiseno. La ragazza fotografata nel
manifesto, con indosso un intimo di
pizzo nero, è offuscata da una scritta
disegnata con lo spray che recita così:
"Il culo è la figa del 2000".
E' certamente opera
di qualche buontempone che si è
divertito a imbrattare il manifesto con
una scritta spiritosa, penso. Abbozzo un
sorriso ed entro nel parcheggio dove
abbandonerò l'automobile.
Scesa dalla vettura
percorro a piedi il tratto di strada che
mi separa dalla clinica dove presto
servizio come infermiera. Nel corridoio
dello scantinato che ospita gli
spogliatoi incrocio Paolo, un collega
della sezione dove sono ricoverati gli uomini.
- Ciao Erika, nessuno
ti ha detto che hai degli occhi tristi?
- E a te nessuno ha
mai detto che hai bisogno di farti una
doccia?
- Stronza!
- Ma vai a cagare.
Entro nello
spogliatoio riservato alle donne e
lascio che Paolo s'interroghi sul perché
dei miei modi villani. Che altro avrebbe
potuto aspettarsi da me? L'ultima volta
che ci siamo incontrati mi ha spinto con
forza contro una parete. Con la bocca
che puzzava di fumo più di un
portacenere ha tentato di baciarmi,
riuscendo soltanto a palparmi le tette.
L'ho respinto colpendolo con una
ginocchiata spiaccicata sulle palle. A quanto pare
non gli è stata sufficiente come lezione.
Sulla pelle ho ancora
il delicato odore del corpo di Renato
con cui ho trascorso la notte. E'
trascorso poco più di un quarto d'ora
da quando ci siamo lasciati e già sento
nostalgia del suo cazzo e delle mani che
mi hanno accarezzata. Lambisco con la
punta della lingua la superficie delle
labbra alla ricerca di improbabili
residui di sperma. Deglutisco la saliva
e mi libero della gonna. Tolgo la
camicetta e resto con il top in pizzo
che ho indossato prima d'uscire di casa.
Nel preciso istante in cui sto per
liberarmi delle autoreggenti Marta fa il
suo ingresso nello spogliatoio.
- Ciao Erika, tutto
bene?
- Sono in ritardo,
come al solito. Non è una novità no?
- Hai una magnifica
abbronzatura, dove l'hai presa?
- A Ibiza.
- Accidenti! Chissà
quante storie avrai da raccontarmi.
- Macché, ero in
compagnia di Renato, il mio attuale
compagno.
- Allora nessun
bagordo?
- Direi proprio di
no. Tu piuttosto, tutto bene con
Edoardo?
- Sì, tutto bene,
anche se comincio ad averne le palle
piene di questa relazione. Da quando
sono fidanzata con lui non posso più
dare sfogo alle cose che ero solita
compiere da single, però mi sta bene
così. Cavoli quanto ci siamo divertite
tu e io, eh!
Certo che me lo
ricordavo, come avrei potuto dimenticare
le serate trascorse in sua compagnia.
Esibiva la figa a cani e porci. Le
importava soltanto di stringere un cazzo
fra le cosce, nella bocca o nel culo,
per il resto non le fregava di niente, né
l'età dell'occasionale compagno né il
colore della pelle.
Ripongo le vesti
nell'armadietto e dall'attaccapanni
afferro la divisa da lavoro. Mentre
compio il gesto osservo la mia compagna
con curiosità. Dopotutto non è granché
bella, penso, anche se gli uomini
farebbero pazzie per scoparsela. Di vero
c'è che può vantare un voluminoso
curriculum, soprattutto per quanto
riguarda il numero di cazzi e fighe che
ha succhiato e leccato da quando la
conosco.
Marta è bisessuale,
ma sono in molti a dire che predilige
succhiare cazzi piuttosto che leccare
fighe, anche se per esperienza so che
non disdegna avventure con giovani
lesbiche.
La osservo mentre si
toglie il grembiule e la camicia da
infermiera. Sotto la divisa indossa un
pussh-up in pizzo bianco appena
sufficiente a tenerle in sede le tette.
Un perizoma di uguale colore mette in
debito risalto le natiche che altrimenti
risulterebbero amorfe. Mi torna in mente
l'unica occasione in cui abbiamo
scambiato delle affettuose carezze e
forse anche qualcosa di più.
E' accaduto a una
festa in cui ero troppo brilla per
rendermi conto di quanto stava
accadendo. In quell'occasione mi ero
trovata a condividere lo stesso letto
con lei e un ragazzo dalla pelle nera,
ma con il cazzo troppo ingombrante per
essere infilato fra le nostre cosce.
All'amico occasionale Marta aveva fatto
credere che ero lesbica, così c'eravamo
arrangiate fra noi, ma divertendoci a
masturbarlo.
- Mantieni il fisico
in perfetta forma anche tu, non c'è che
dire. - dico mentre tolgo dall'armadio
un paio di calze e gli zoccoli,
simulando un certo interesse nei suoi
confronti.
- E' sì, me lo
dicono in molti. Peccato che tu non ne
voglia approfittare.
- Ma dai, non fare la
sciocchina, sai bene come la penso in
fatto di sesso.
- Farei pazzie per
te, lo sai.
Ha pronunciato la
frase mentre sto per infilare una delle
autoreggenti elasticizzate, di colore
bianco, che sono solita indossare in
clinica. Tengo il tallone della gamba
appoggiato sul ripiano di una sedia e
faccio scorrere la calza di lycra verso
l'alto. Marta si avvicina e con
disinvoltura pone la mano sulla mia
coscia roteando le dita verso l'interno.
Scosto la gamba e infilo l'altra
autoreggente.
- Dai smettila, non
è il caso.
- Ci ho provato, può
accadere che cambi idea, no?
- Non credo proprio.
Indosso la camicia e
incrocio le spalline del grembiule
dietro la schiena, dopodiché fisso i
bottoni alle asole. Calzo gli zoccoli e
sono pronta a prendere servizio.
- Vado in reparto. Ti
saluto, ciao!
Marta, dopo essersi
denudata, si è infilata nella doccia ed
è impegnata a detergere il corpo di
sapone liquido. Va avanti a parlare e
non smette di provocarmi con le sue
sviolinate. Al mio saluto si sporge
dalla vetrata del box e mi saluta con un
ampio sorriso.
Dopo due settimane di
lontananza dalla clinica non è facile
tornare al lavoro in corsia. Ogni volta
che mi accingo a varcare la porta del
reparto, dopo un periodo di vacanza, mi
convinco che non ha senso spendere
l'esistenza realizzandosi nel lavoro.
Eppure sono circondata da persone che
fanno della carriera, del successo e del
denaro, l'unica ragione della loro vita.
Penso che siano dei
falliti a spendere la vita in quel modo,
forse non hanno niente di meglio da
fare. Resto dell'idea che bisognerebbe
lavorare un solo giorno alla settimana,
magari anche due, ma non di più. I
restanti giorni dovremmo dedicarli alle
amicizie, alla famiglia, ai figli, alla
conoscenza, al sapere, impegnandoci a
fare tutte le cose che ci piacciono,
magari facendo l'amore più spesso. Sì
l'amore, la cosa più bella che ci è
dato di godere su questa terra.
Salgo a piedi i
gradini che conducono in corsia e mi
trovo a ripensare a Renato: il mio
compagno. Mi manca, dannazione, mi
mancano i suoi baci, le sue carezze, mi
manca tutto di lui.
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